diff --git "a/Canti - Giacomo Leopardi.txt" "b/Canti - Giacomo Leopardi.txt" new file mode 100644--- /dev/null +++ "b/Canti - Giacomo Leopardi.txt" @@ -0,0 +1,8383 @@ +Giacomo Leopardi + +CANTI + + + + + +I. ALL’ITALIA + + + + +O patria mia, vedo le mura e gli archi + +E le colonne e i simulacri e l’erme + +Torri degli avi nostri, + +Ma la gloria non vedo, + +Non vedo il lauro e il ferro ond’eran carchi + +I nostri padri antichi. Or fatta inerme, + +Nuda la fronte e nudo il petto mostri. + +Oimè quante ferite, + +Che lividor, che sangue! oh qual ti veggio, + +Formosissima donna! Io chiedo al cielo + +E al mondo: dite dite; + +Chi la ridusse a tale? E questo è peggio, + +Che di catene ha carche ambe le braccia; + +Sì che sparte le chiome e senza velo + +Siede in terra negletta e sconsolata, + +Nascondendo la faccia + +Tra le ginocchia, e piange. + +Piangi, che ben hai donde, Italia mia, + +Le genti a vincer nata + +E nella fausta sorte e nella ria. + +Se fosser gli occhi tuoi due fonti vive, + +Mai non potrebbe il pianto + +Adeguarsi al tuo danno ed allo scorno; + +Che fosti donna, or sei povera ancella. + +Chi di te parla o scrive, + +Che, rimembrando il tuo passato vanto, + +Non dica: già fu grande, or non è quella? + +Perché, perché? dov’è la forza antica, + +Dove l’armi e il valore e la costanza? + +Chi ti discinse il brando? + +Chi ti tradì? qual arte o qual fatica + +O qual tanta possanza + +Valse a spogliarti il manto e l’auree bende? + +Come cadesti o quando + +Da tanta altezza in così basso loco? + +Nessun pugna per te? non ti difende + +Nessun de’ tuoi? L’armi, qua l’armi: io solo + +Combatterò, procomberò sol io. + +Dammi, o ciel, che sia foco + +Agl’italici petti il sangue mio. + +Dove sono i tuoi figli? Odo suon d’armi + +E di carri e di voci e di timballi: + +In estranie contrade + +Pugnano i tuoi figliuoli. + +Attendi, Italia, attendi. Io veggio, o parmi, + +Un fluttuar di fanti e di cavalli, + +E fumo e polve, e luccicar di spade + +Come tra nebbia lampi. + +Né ti conforti? e i tremebondi lumi + +Piegar non soffri al dubitoso evento? + +A che pugna in quei campi + +L’itala gioventude? O numi, o numi: + +Pugnan per altra terra itali acciari. + +Oh misero colui che in guerra è spento, + +Non per li patrii lidi e per la pia + +Consorte e i figli cari, + +Ma da nemici altrui + +Per altra gente, e non può dir morendo: + +Alma terra natia, + +La vita che mi desti ecco ti rendo. + +Oh venturose e care e benedette + +L’antiche età, che a morte + +Per la patria correan le genti a squadre; + +E voi sempre onorate e gloriose, + +O tessaliche strette, + +Dove la Persia e il fato assai men forte + +Fu di poch’alme franche e generose! + +Io credo che le piante e i sassi e l’onda + +E le montagne vostre al passeggere + +Con indistinta voce + +Narrin siccome tutta quella sponda + +Coprìr le invitte schiere + +De’ corpi ch’alla Grecia eran devoti. + +Allor, vile e feroce, + +Serse per l’Ellesponto si fuggia, + +Fatto ludibrio agli ultimi nepoti; + +E sul colle d’Antela, ove morendo + +Si sottrasse da morte il santo stuolo, + +Simonide salia, + +Guardando l’etra e la marina e il suolo. + +E di lacrime sparso ambe le guance, + +E il petto ansante, e vacillante il piede, + +Toglieasi in man la lira: + +Beatissimi voi, + +Ch’offriste il petto alle nemiche lance + +Per amor di costei ch’al Sol vi diede; + +Voi che la Grecia cole, e il mondo ammira. + +Nell’armi e ne’ perigli + +Qual tanto amor le giovanette menti, + +Qual nell’acerbo fato amor vi trasse? + +Come sì lieta, o figli, + +L’ora estrema vi parve, onde ridenti + +Correste al passo lacrimoso e duro? + +Parea ch’a danza e non a morte andasse + +Ciascun de’ vostri, o a splendido convito: + +Ma v’attendea lo scuro + +Tartaro, e l’onda morta; + +Né le spose vi foro o i figli accanto + +Quando su l’aspro lito + +Senza baci moriste e senza pianto. + +Ma non senza de’ Persi orrida pena + +Ed immortale angoscia. + +Come lion di tori entro una mandra + +Or salta a quello in tergo e sì gli scava + +Con le zanne la schiena, + +Or questo fianco addenta or quella coscia + +Tal fra le Perse torme infuriava + +L’ira de’ greci petti e la virtute. + +Ve’ cavalli supini e cavalieri; + +Vedi intralciare ai vinti + +La fuga i carri e le tende cadute + +E correr fra’ primieri + +Pallido e scapigliato esso tiranno; + +Ve’ come infusi e tinti + +Del barbarico sangue i greci eroi, + +Cagione ai Persi d’infinito affanno, + +A poco a poco vinti dalle piaghe, + +L’un sopra l’altro cade. Oh viva, oh viva: + +Beatissimi voi + +Mentre nel mondo si favelli o scriva. + +Prima divelte, in mar precipitando, + +Spente nell’imo strideran le stelle, + +Che la memoria e il vostro + +Amor trascorra o scemi. + +La vostra tomba è un’ara; e qua mostrando + +Verran le madri ai parvoli le belle + +Orme del vostro sangue. Ecco io mi prostro, + +O benedetti, al suolo, + +E bacio questi sassi e queste zolle, + +Che fien lodate e chiare eternamente + +Dall’uno all’altro polo. + +Deh foss’io pur con voi qui sotto, e molle + +Fosse del sangue mio quest’alma terra. + +Che se il fato è diverso, e non consente + +Ch’io per la Grecia i moribondi lumi + +Chiuda prostrato in guerra, + +Così la vereconda + +Fama del vostro vate appo i futuri + +Possa, volendo i numi, + +Tanto durar quanto la vostra duri. + + + + + +II. SOPRA IL MONUMENTO DI DANTE CHE SI PREPARAVA IN FIRENZE + + + + +Perché le nostre genti + +Pace sotto le bianche ali raccolga, + +Non fien da’ lacci sciolte + +Dell’antico sopor l’itale menti + +S’ai patrii esempi della prisca etade + +Questa terra fatal non si rivolga. + +O Italia, a cor ti stia + +Far ai passati onor; che d’altrettali + +Oggi vedove son le tue contrade, + +Né v’è chi d’onorar ti si convegna. + +Volgiti indietro, e guarda, o patria mia, + +Quella schiera infinita d’immortali, + +E piangi e di te stessa ti disdegna; + +Che senza sdegno omai la doglia è stolta: + +Volgiti e ti vergogna e ti riscuoti, + +E ti punga una volta + +Pensier degli avi nostri e de’ nepoti. + +D’aria e d’ingegno e di parlar diverso + +Per lo toscano suol cercando gia + +L’ospite desioso + +Dove giaccia colui per lo cui verso + +Il meonio cantor non è più solo. + +Ed, oh vergogna! udia + +Che non che il cener freddo e l’ossa nude + +Giaccian esuli ancora + +Dopo il funereo dì sott’altro suolo, + +Ma non sorgea dentro a tue mura un sasso, + +Firenze, a quello per la cui virtude + +Tutto il mondo t’onora. + +Oh voi pietosi, onde sì tristo e basso + +Obbrobrio laverà nostro paese! + +Bell’opra hai tolta e di ch’amor ti rende, + +Schiera prode e cortese, + +Qualunque petto amor d’Italia accende. + +Amor d’Italia, o cari, + +Amor di questa misera vi sproni, + +Ver cui pietade è morta + +In ogni petto omai, perciò che amari + +Giorni dopo il seren dato n’ha il cielo. + +Spirti v’aggiunga e vostra opra coroni + +Misericordia, o figli, + +E duolo e sdegno di cotanto affanno + +Onde bagna costei le guance e il velo. + +Ma voi di quale ornar parola o canto + +Si debbe, a cui non pur cure o consigli, + +Ma dell’ingegno e della man daranno + +I sensi e le virtudi eterno vanto + +Oprate e mostre nella dolce impresa? + +Quali a voi note invio, sì che nel core, + +Sì che nell’alma accesa + +Nova favilla indurre abbian valore? + +Voi spirerà l’altissimo subbietto, + +Ed acri punte premeravvi al seno. + +Chi dirà l’onda e il turbo + +Del furor vostro e dell’immenso affetto? + +Chi pingerà l’attonito sembiante? + +Chi degli occhi il baleno? + +Qual può voce mortal celeste cosa + +Agguagliar figurando? + +Lunge sia, lunge alma profana. Oh quante + +Lacrime al nobil sasso Italia serba! + +Come cadrà? come dal tempo rosa + +Fia vostra gloria o quando? + +Voi, di ch’il nostro mal si disacerba, + +Sempre vivete, o care arti divine, + +Conforto a nostra sventurata gente, + +Fra l’itale ruine + +Gl’itali pregi a celebrare intente. + +Ecco voglioso anch’io + +Ad onorar nostra dolente madre + +Porto quel che mi lice, + +E mesco all’opra vostra il canto mio, + +Sedendo u’ vostro ferro i marmi avviva. + +O dell’etrusco metro inclito padre, + +Se di cosa terrena, + +Se di costei che tanto alto locasti + +Qualche novella ai vostri lidi arriva, + +io so ben che per te gioia non senti, + +Che saldi men che cera e men ch’arena, + +Verso la fama che di te lasciasti, + +Son bronzi e marmi; e dalle nostre menti + +Se mai cadesti ancor, s’unqua cadrai, + +Cresca, se crescer può, nostra sciaura, + +E in sempiterni guai + +Pianga tua stirpe a tutto il mondo oscura. + +Ma non per te; per questa ti rallegri + +Povera patria tua, s’unqua l’esempio + +Degli avi e de’ parenti + +Ponga ne’ figli sonnacchiosi ed egri + +Tanto valor che un tratto alzino il viso. + +Ahi, da che lungo scempio + +Vedi afflitta costei, che sì meschina + +Te salutava allora + +Che di novo salisti al paradiso! + +Oggi ridotta sì che a quel che vedi, + +Fu fortunata allor donna e reina. + +Tal miseria l’accora + +Qual tu forse mirando a te non credi. + +Taccio gli altri nemici e l’altre doglie; + +Ma non la più recente e la più fera, + +Per cui presso alle soglie + +Vide la patria tua l’ultima sera. + +Beato te che il fato + +A viver non dannò fra tanto orrore; + +Che non vedesti in braccio + +L’itala moglie a barbaro soldato; + +Non predar, non guastar cittadi e colti + +L’asta inimica e il peregrin furore; + +Non degl’itali ingegni + +Tratte l’opre divine a miseranda + +Schiavitude oltre l’alpe, e non de’ folti + +Carri impedita la dolente via; + +Non gli aspri cenni ed i superbi regni; + +Non udisti gli oltraggi e la nefanda + +Voce di libertà che ne schernia + +Tra il suon delle catene e de’ flagelli. + +Chi non si duol? che non soffrimmo? intatto + +Che lasciaron quei felli? + +Qual tempio, quale altare o qual misfatto? + +Perché venimmo a sì perversi tempi? + +Perché il nascer ne desti o perché prima + +Non ne desti il morire, + +Acerbo fato? onde a stranieri ed empi + +Nostra patria vedendo ancella e schiava, + +E da mordace lima + +Roder la sua virtù, di null’aita + +E di nullo conforto + +Lo spietato dolor che la stracciava + +Ammollir ne fu dato in parte alcuna. + +Ahi non il sangue nostro e non la vita + +Avesti, o cara; e morto + +Io non son per la tua cruda fortuna. + +Qui l’ira al cor, qui la pietade abbonda: + +Pugnò, cadde gran parte anche di noi: + +Ma per la moribonda + +Italia no; per li tiranni suoi. + +Padre, se non ti sdegni, + +Mutato sei da quel che fosti in terra. + +Morian per le rutene + +Squallide piagge, ahi d’altra morte degni, + +Gl’itali prodi; e lor fea l’aere e il cielo + +E gli uomini e le belve immensa guerra. + +Cadeano a squadre a squadre + +Semivestiti, maceri e cruenti, + +Ed era letto agli egri corpi il gelo. + +Allor, quando traean l’ultime pene, + +Membrando questa desiata madre, + +Diceano: oh non le nubi e non i venti, + +Ma ne spegnesse il ferro, e per tuo bene, + +O patria nostra. Ecco da te rimoti, + +Quando più bella a noi l’età sorride, + +A tutto il mondo ignoti, + +Moriam per quella gente che t’uccide. + +Di lor querela il boreal deserto + +E conscie fur le sibilanti selve. + +Così vennero al passo, + +E i negletti cadaveri all’aperto + +Su per quello di neve orrido mare + +Dilaceràr le belve + +E sarà il nome degli egregi e forti + +Pari mai sempre ed uno + +Con quel de’ tardi e vili. Anime care, + +Bench’infinita sia vostra sciagura, + +Datevi pace; e questo vi conforti + +Che conforto nessuno + +Avrete in questa o nell’età futura. + +In seno al vostro smisurato affanno + +Posate, o di costei veraci figli, + +Al cui supremo danno + +Il vostro solo è tal che s’assomigli. + +Di voi già non si lagna + +La patria vostra, ma di chi vi spinse + +A pugnar contra lei, + +Sì ch’ella sempre amaramente piagna + +E il suo col vostro lacrimar confonda. + +Oh di costei ch’ogni altra gloria vinse + +Pietà nascesse in core + +A tal de’ suoi ch’affaticata e lenta + +Di sì buia vorago e sì profonda + +La ritraesse! O glorioso spirto, + +Dimmi: d’Italia tua morto è l’amore? + +Di’: quella fiamma che t’accese, è spenta? + +Di’: né più mai rinverdirà quel mirto + +Ch’alleggiò per gran tempo il nostro male? + +Nostre corone al suol fien tutte sparte? + +Né sorgerà mai tale + +Che ti rassembri in qualsivoglia parte? + +In eterno perimmo? e il nostro scorno + +Non ha verun confine? + +Io mentre viva andrò sclamando intorno, + +Volgiti agli avi tuoi, guasto legnaggio; + +Mira queste ruine + +E le carte e le tele e i marmi e i templi; + +Pensa qual terra premi; e se destarti + +Non può la luce di cotanti esempli, + +Che stai? levati e parti. + +Non si conviene a sì corrotta usanza + +Questa d’animi eccelsi altrice e scola: + +Se di codardi è stanza, + +Meglio l’è rimaner vedova e sola. + + + + + +III. AD ANGELO MAI QUAND’EBBE TROVATO I LIBRI DI CICERONE “DELLA REPUBBLICA” + + + + +Italo ardito, a che giammai non posi + +Di svegliar dalle tombe + +I nostri padri? ed a parlar gli meni + +A questo secol morto, al quale incombe + +Tanta nebbia di tedio? E come or vieni + +Sì forte a’ nostri orecchi e sì frequente, + +Voce antica de’ nostri, + +Muta sì lunga etade? e perché tanti + +Risorgimenti? In un balen feconde + +Venner le carte; alla stagion presente + +I polverosi chiostri + +Serbaro occulti i generosi e santi + +Detti degli avi. E che valor t’infonde, + +Italo egregio, il fato? O con l’umano + +Valor forse contrasta il fato invano? + +Certo senza de’ numi alto consiglio + +Non è ch’ove più lento + +E grave è il nostro disperato obblio, + +A percoter ne rieda ogni momento + +Novo grido de’ padri. Ancora è pio + +Dunque all’Italia il cielo; anco si cura + +Di noi qualche immortale: + +Ch’essendo questa o nessun’altra poi + +L’ora da ripor mano alla virtude + +Rugginosa dell’itala natura, + +Veggiam che tanto e tale + +È il clamor de’ sepolti, e che gli eroi + +Dimenticati il suol quasi dischiude, + +A ricercar s’a questa età sì tarda + +Anco ti giovi, o patria, esser codarda. + +Di noi serbate, o gloriosi, ancora + +Qualche speranza? in tutto + +Non siam periti? A voi forse il futuro + +Conoscer non si toglie. Io son distrutto + +Né schermo alcuno ho dal dolor, che scuro + +M’è l’avvenire, e tutto quanto io scerno + +È tal che sogno e fola + +Fa parer la speranza. Anime prodi, + +Ai tetti vostri inonorata, immonda + +Plebe successe; al vostro sangue è scherno + +E d’opra e di parola + +Ogni valor; di vostre eterne lodi + +Né rossor più né invidia; ozio circonda + +I monumenti vostri; e di viltade + +Siam fatti esempio alla futura etade. + +Bennato ingegno, or quando altrui non cale + +De’ nostri alti parenti, + +A te ne caglia, a te cui fato aspira + +Benigno sì che per tua man presenti + +Paion que’ giorni allor che dalla dira + +Obblivione antica ergean la chioma, + +Con gli studi sepolti, + +I vetusti divini, a cui natura + +Parlò senza svelarsi, onde i riposi + +Magnanimi allegràr d’Atene e Roma. + +Oh tempi, oh tempi avvolti + +In sonno eterno! Allora anco immatura + +La ruina d’Italia, anco sdegnosi + +Eravam d’ozio turpe, e l’aura a volo + +Più faville rapia da questo suolo. + +Eran calde le tue ceneri sante, + +Non domito nemico + +Della fortuna, al cui sdegno e dolore + +Fu più l’averno che la terra amico. + +L’averno: e qual non è parte migliore + +Di questa nostra? E le tue dolci corde + +Susurravano ancora + +Dal tocco di tua destra, o sfortunato + +Amante. Ahi dal dolor comincia e nasce + +L’italo canto. E pur men grava e morde + +Il mal che n’addolora + +Del tedio che n’affoga. Oh te beato, + +A cui fu vita il pianto! A noi le fasce + +Cinse il fastidio; a noi presso la culla + +Immoto siede, e su la tomba, il nulla. + +Ma tua vita era allor con gli astri e il mare, + +Ligure ardita prole, + +Quand’oltre alle colonne, ed oltre ai liti + +Cui strider l’onde all’attuffar del sole + +Parve udir su la sera, agl’infiniti + +Flutti commesso, ritrovasti il raggio + +Del Sol caduto, e il giorno + +Che nasce allor ch’ai nostri è giunto al fondo; + +E rotto di natura ogni contrasto, + +Ignota immensa terra al tuo viaggio + +Fu gloria, e del ritorno + +Ai rischi. Ahi ahi, ma conosciuto il mondo + +Non cresce, anzi si scema, e assai più vasto + +L’etra sonante e l’alma terra e il mare + +Al fanciullin, che non al saggio, appare. + +Nostri sogni leggiadri ove son giti + +Dell’ignoto ricetto + +D’ignoti abitatori, o del diurno + +Degli astri albergo, e del rimoto letto + +Della giovane Aurora, e del notturno + +Occulto sonno del maggior pianeta? + +Ecco svaniro a un punto, + +E figurato è il mondo in breve carta; + +Ecco tutto è simile, e discoprendo, + +Solo il nulla s’accresce. A noi ti vieta + +Il vero appena è giunto, + +O caro immaginar; da te s’apparta + +Nostra mente in eterno; allo stupendo + +Poter tuo primo ne sottraggon gli anni; + +E il conforto perì de’ nostri affanni. + +Nascevi ai dolci sogni intanto, e il primo + +Sole splendeati in vista, + +Cantor vago dell’arme e degli amori, + +Che in età della nostra assai men trista + +Empièr la vita di felici errori: + +Nova speme d’Italia. O torri, o celle, + +O donne, o cavalieri, + +O giardini, o palagi! a voi pensando, + +In mille vane amenità si perde + +La mente mia. Di vanità, di belle + +Fole e strani pensieri + +Si componea l’umana vita: in bando + +Li cacciammo: or che resta? or poi che il verde + +È spogliato alle cose? Il certo e solo + +Veder che tutto è vano altro che il duolo. + +O Torquato, o Torquato, a noi l’eccelsa + +Tua mente allora, il pianto + +A te, non altro, preparava il cielo. + +Oh misero Torquato! il dolce canto + +Non valse a consolarti o a sciorre il gelo + +Onde l’alma t’avean, ch’era sì calda, + +Cinta l’odio e l’immondo + +Livor privato e de’ tiranni. Amore, + +Amor, di nostra vita ultimo inganno, + +T’abbandonava. Ombra reale e salda + +Ti parve il nulla, e il mondo + +Inabitata piaggia. Al tardo onore + +Non sorser gli occhi tuoi; mercè, non danno, + +L’ora estrema ti fu. Morte domanda + +Chi nostro mal conobbe, e non ghirlanda. + +Torna torna fra noi, sorgi dal muto + +E sconsolato avello, + +Se d’angoscia sei vago, o miserando + +Esemplo di sciagura. Assai da quello + +Che ti parve sì mesto e sì nefando, + +È peggiorato il viver nostro. O caro, + +Chi ti compiangeria, + +Se, fuor che di se stesso, altri non cura? + +Chi stolto non direbbe il tuo mortale + +Affanno anche oggidì se il grande e il raro + +Ha nome di follia; + +Né livor più, ma ben di lui più dura + +La noncuranza avviene ai sommi? o quale, + +Se più de’ carmi, il computar s’ascolta, + +Ti appresterebbe il lauro un’altra volta? + +Da te fino a quest’ora uom non è sorto, + +O sventurato ingegno, + +Pari all’italo nome, altro ch’un solo, + +Solo di sua codarda etate indegno + +Allobrogo feroce, a cui dal polo + +Maschia virtù, non già da questa mia + +Stanca ed arida terra, + +Venne nel petto; onde privato, inerme, + +(Memorando ardimento) in su la scena + +Mosse guerra a’ tiranni: almen si dia + +Questa misera guerra + +E questo vano campo all’ire inferme + +Del mondo. Ei primo e sol dentro all’arena + +Scese, e nullo il seguì, che l’ozio e il brutto + +Silenzio or preme ai nostri innanzi a tutto. + +Disdegnando e fremendo, immacolata + +Trasse la vita intera, + +E morte lo scampò dal veder peggio. + +Vittorio mio, questa per te non era + +Età né suolo. Altri anni ed altro seggio + +Conviene agli alti ingegni. Or di riposo + +Paghi viviamo, e scorti + +Da mediocrità: sceso il sapiente + +E salita è la turba a un sol confine, + +Che il mondo agguaglia. O scopritor famoso, + +Segui; risveglia i morti, + +Poi che dormono i vivi; arma le spente + +Lingue de’ prischi eroi; tanto che in fine + +Questo secol di fango o vita agogni + +E sorga ad atti illustri, o si vergogni. + + + + + +IV. NELLE NOZZE DELLA SORELLA PAOLINA + + + + +Poi che del patrio nido + +I silenzi lasciando, e le beate + +Larve e l’antico error, celeste dono, + +Ch’abbella agli occhi tuoi quest’ermo lido, + +Te nella polve della vita e il suono + +Tragge il destin; l’obbrobriosa etate + +Che il duro cielo a noi prescrisse impara, + +Sorella mia, che in gravi + +E luttuosi tempi + +L’infelice famiglia all’infelice + +Italia accrescerai. Di forti esempi + +Al tuo sangue provvedi. Aure soavi + +L’empio fato interdice + +All’umana virtude, + +Né pura in gracil petto alma si chiude. + +O miseri o codardi + +Figliuoli avrai. Miseri eleggi. Immenso + +Tra fortuna e valor dissidio pose + +Il corrotto costume. Ahi troppo tardi, + +E nella sera dell’umane cose, + +Acquista oggi chi nasce il moto e il senso. + +Al ciel ne caglia: a te nel petto sieda + +Questa sovr’ogni cura, + +Che di fortuna amici + +Non crescano i tuoi figli, e non di vile + +Timor gioco o di speme: onde felici + +Sarete detti nell’età futura: + +Poiché (nefando stile, + +Di schiatta ignava e finta) + +Virtù viva sprezziam, lodiamo estinta. + +Donne, da voi non poco + +La patria aspetta; e non in danno e scorno + +Dell’umana progenie al dolce raggio + +Delle pupille vostre il ferro e il foco + +Domar fu dato. A senno vostro il saggio + +E il forte adopra e pensa; e quanto il giorno + +Col divo carro accerchia, a voi s’inchina. + +Ragion di nostra etate + +Io chieggo a voi. La santa + +Fiamma di gioventù dunque si spegne + +Per vostra mano? attenuata e franta + +Da voi nostra natura? e le assonnate + +Menti, e le voglie indegne, + +E di nervi e di polpe + +Scemo il valor natio, son vostre colpe? + +Ad atti egregi è sprone + +Amor, chi ben l’estima, e d’alto affetto + +Maestra è la beltà. D’amor digiuna + +Siede l’alma di quello a cui nel petto + +Non si rallegra il cor quando a tenzone + +Scendono i venti, e quando nembi aduna + +L’olimpo, e fiede le montagne il rombo + +Della procella. O spose, + +O verginette, a voi + +Chi de’ perigli è schivo, e quei che indegno + +È della patria e che sue brame e suoi + +Volgari affetti in basso loco pose, + +Odio mova e disdegno; + +Se nel femmineo core + +D’uomini ardea, non di fanciulle, amore. + +Madri d’imbelle prole + +V’incresca esser nomate. I danni e il pianto + +Della virtude a tollerar s’avvezzi + +La stirpe vostra, e quel che pregia e cole + +La vergognosa età, condanni e sprezzi; + +Cresca alla patria, e gli alti gesti, e quanto + +Agli avi suoi deggia la terra impari. + +Qual de’ vetusti eroi + +Tra le memorie e il grido + +Crescean di Sparta i figli al greco nome; + +Finché la sposa giovanetta il fido + +Brando cingeva al caro lato, e poi + +Spandea le negre chiome + +Sul corpo esangue e nudo + +Quando e’ reddia nel conservato scudo. + +Virginia, a te la molle + +Gota molcea con le celesti dita + +Beltade onnipossente, e degli alteri + +Disdegni tuoi si sconsolava il folle + +Signor di Roma. Eri pur vaga, ed eri + +Nella stagion ch’ai dolci sogni invita, + +Quando il rozzo paterno acciar ti ruppe + +Il bianchissimo petto, + +E all’Erebo scendesti + +Volonterosa. A me disfiori e scioglia + +Vecchiezza i membri, o padre; a me s’appresti, + +Dicea, la tomba, anzi che l’empio letto + +Del tiranno m’accoglia. + +E se pur vita e lena + +Roma avrà dal mio sangue, e tu mi svena. + +O generosa, ancora + +Che più bello a’ tuoi dì splendesse il sole + +Ch’oggi non fa, pur consolata e paga + +È quella tomba cui di pianto onora + +L’alma terra nativa. Ecco alla vaga + +Tua spoglia intorno la romulea prole + +Di nova ira sfavilla. Ecco di polve + +Lorda il tiranno i crini; + +E libertade avvampa + +Gli obbliviosi petti; e nella doma + +Terra il marte latino arduo s’accampa + +Dal buio polo ai torridi confini. + +Così l’eterna Roma + +In duri ozi sepolta + +Femmineo fato avviva un’altra volta. + + + + + +V. A UN VINCITORE NEL PALLONE + + + + +Di gloria il viso e la gioconda voce, + +Garzon bennato, apprendi, + +E quanto al femminile ozio sovrasti + +La sudata virtude. Attendi attendi, + +Magnanimo campion (s’alla veloce + +Piena degli anni il tuo valor contrasti + +La spoglia di tuo nome), attendi e il core + +Movi ad alto desio. Te l’echeggiante + +Arena e il circo, e te fremendo appella + +Ai fatti illustri il popolar favore; + +Te rigoglioso dell’età novella + +Oggi la patria cara + +Gli antichi esempi a rinnovar prepara. + +Del barbarico sangue in Maratona + +Non colorò la destra + +Quei che gli atleti ignudi e il campo eleo, + +Che stupido mirò l’ardua palestra, + +Né la palma beata e la corona + +D’emula brama il punse. E nell’Alfeo + +Forse le chiome polverose e i fianchi + +Delle cavalle vincitrici asterse + +Tal che le greche insegne e il greco acciaro + +Guidò de’ Medi fuggitivi e stanchi + +Nelle pallide torme; onde sonaro + +Di sconsolato grido + +L’alto sen dell’Eufrate e il servo lido. + +Vano dirai quel che disserra e scote + +Della virtù nativa + +Le riposte faville? e che del fioco + +Spirto vital negli egri petti avviva + +Il caduco fervor? Le meste rote + +Da poi che Febo instiga, altro che gioco + +Son l’opre de’ mortali? ed è men vano + +Della menzogna il vero? A noi di lieti + +Inganni e di felici ombre soccorse + +Natura stessa: e là dove l’insano + +Costume ai forti errori esca non porse, + +Negli ozi oscuri e nudi + +Mutò la gente i gloriosi studi. + +Tempo forse verrà ch’alle ruine + +Delle italiche moli + +Insultino gli armenti, e che l’aratro + +Sentano i sette colli; e pochi Soli + +Forse fien volti, e le città latine + +Abiterà la cauta volpe, e l’atro + +Bosco mormorerà fra le alte mura; + +Se la funesta delle patrie cose + +Obblivion dalle perverse menti + +Non isgombrano i fati, e la matura + +Clade non torce dalle abbiette genti + +Il ciel fatto cortese + +Dal rimembrar delle passate imprese. + +Alla patria infelice, o buon garzone, + +Sopravviver ti doglia. + +Chiaro per lei stato saresti allora + +Che del serto fulgea, di ch’ella è spoglia, + +Nostra colpa e fatal. Passò stagione; + +Che nullo di tal madre oggi s’onora: + +Ma per te stesso al polo ergi la mente. + +Nostra vita a che val? solo a spregiarla: + +Beata allor che ne’ perigli avvolta, + +Se stessa obblia, né delle putri e lente + +Ore il danno misura e il flutto ascolta; + +Beata allor che il piede + +Spinto al varco leteo, più grata riede. + + + + + +VI. BRUTO MINORE + + + + +Poi che divelta, nella tracia polve + +Giacque ruina immensa + +L’italica virtute, onde alle valli + +D’Esperia verde, e al tiberino lido, + +Il calpestio de’ barbari cavalli + +Prepara il fato, e dalle selve ignude + +Cui l’Orsa algida preme, + +A spezzar le romane inclite mura + +Chiama i gotici brandi; + +Sudato, e molle di fraterno sangue, + +Bruto per l’atra notte in erma sede, + +Fermo già di morir, gl’inesorandi + +Numi e l’averno accusa, + +E di feroci note + +Invan la sonnolenta aura percote. + +Stolta virtù, le cave nebbie, i campi + +Dell’inquiete larve + +Son le tue scole, e ti si volge a tergo + +Il pentimento. A voi, marmorei numi, + +(Se numi avete in Flegetonte albergo + +O su le nubi) a voi ludibrio e scherno + +È la prole infelice + +A cui templi chiedeste, e frodolenta + +Legge al mortale insulta. + +Dunque tanto i celesti odii commove + +La terrena pietà? dunque degli empi + +Siedi, Giove, a tutela? e quando esulta + +Per l’aere il nembo, e quando + +Il tuon rapido spingi, + +Ne’ giusti e pii la sacra fiamma stringi? + +Preme il destino invitto e la ferrata + +Necessità gl’infermi + +Schiavi di morte: e se a cessar non vale + +Gli oltraggi lor, de’ necessarii danni + +Si consola il plebeo. Men duro è il male + +Che riparo non ha? dolor non sente + +Chi di speranza è nudo? + +Guerra mortale, eterna, o fato indegno, + +Teco il prode guerreggia, + +Di cedere inesperto; e la tiranna + +Tua destra, allor che vincitrice il grava, + +Indomito scrollando si pompeggia, + +Quando nell’alto lato + +L’amaro ferro intride, + +E maligno alle nere ombre sorride. + +Spiace agli Dei chi violento irrompe + +Nel Tartaro. Non fora + +Tanto valor ne’ molli eterni petti. + +Forse i travagli nostri, e forse il cielo + +I casi acerbi e gl’infelici affetti + +Giocondo agli ozi suoi spettacol pose? + +Non fra sciagure e colpe, + +Ma libera ne’ boschi e pura etade + +Natura a noi prescrisse, + +Reina un tempo e Diva. Or poi ch’a terra + +Sparse i regni beati empio costume, + +E il viver macro ad altre leggi addisse; + +Quando gl’infausti giorni + +Virile alma ricusa, + +Riede natura, e il non suo dardo accusa? + +Di colpa ignare e de’ lor proprii danni + +Le fortunate belve + +Serena adduce al non previsto passo + +La tarda età. Ma se spezzar la fronte + +Ne’ rudi tronchi, o da montano sasso + +Dare al vento precipiti le membra, + +Lor suadesse affanno + +Al misero desio nulla contesa + +Legge arcana farebbe + +O tenebroso ingegno. A voi, fra quante + +Stirpi il cielo avvivò, soli fra tutte, + +Figli di Prometeo, la vita increbbe; + +A voi le morte ripe, + +Se il fato ignavo pende, + +Soli, o miseri, a voi Giove contende. + +E tu dal mar cui nostro sangue irriga, + +Candida luna, sorgi, + +E l’inquieta notte e la funesta + +All’ausonio valor campagna esplori. + +Cognati petti il vincitor calpesta, + +Fremono i poggi, dalle somme vette + +Roma antica ruina; + +Tu sì placida sei? Tu la nascente + +Lavinia prole, e gli anni + +Lieti vedesti, e i memorandi allori; + +E tu su l’alpe l’immutato raggio + +Tacita verserai quando ne’ danni + +Del servo italo nome, + +Sotto barbaro piede + +Rintronerà quella solinga sede. + +Ecco tra nudi sassi o in verde ramo + +E la fera e l’augello, + +Del consueto obblio gravido il petto, + +L’alta ruina ignora e le mutate + +Sorti del mondo: e come prima il tetto + +Rosseggerà del villanello industre, + +Al mattutino canto + +Quel desterà le valli, e per le balze + +Quella l’inferma plebe + +Agiterà delle minori belve. + +Oh casi! oh gener vano! abbietta parte + +Siam delle cose; e non le tinte glebe, + +Non gli ululati spechi + +Turbò nostra sciagura, + +Né scolorò le stelle umana cura. + +Non io d’Olimpo o di Cocito i sordi + +Regi, o la terra indegna, + +E non la notte moribondo appello; + +Non te, dell’atra morte ultimo raggio, + +Conscia futura età. Sdegnoso avello + +Placàr singulti, ornàr parole e doni + +Di vil caterva? In peggio + +Precipitano i tempi; e mal s’affida + +A putridi nepoti + +L’onor d’egregie menti e la suprema + +De’ miseri vendetta. A me dintorno + +Le penne il bruno augello avido roti; + +Prema la fera, e il nembo + +Tratti l’ignota spoglia; + +E l’aura il nome e la memoria accoglia. + + + + + +VII. ALLA PRIMAVERA O DELLE FAVOLE ANTICHE + + + + +Perché i celesti danni + +Ristori il sole, e perché l’aure inferme + +Zefiro avvivi, onde fugata e sparta + +Delle nubi la grave ombra s’avvalla; + +Credano il petto inerme + +Gli augelli al vento, e la diurna luce + +Novo d’amor desio, nova speranza + +Ne’ penetrati boschi e fra le sciolte + +Pruine induca alle commosse belve; + +Forse alle stanche e nel dolor sepolte + +Umane menti riede + +La bella età, cui la sciagura e l’atra + +Face del ver consunse + +Innanzi tempo? Ottenebrati e spenti + +Di febo i raggi al misero non sono + +In sempiterno? ed anco, + +Primavera odorata, inspiri e tenti + +Questo gelido cor, questo ch’amara + +Nel fior degli anni suoi vecchiezza impara? + +Vivi tu, vivi, o santa + +Natura? vivi e il dissueto orecchio + +Della materna voce il suono accoglie? + +Già di candide ninfe i rivi albergo, + +Placido albergo e specchio + +Furo i liquidi fonti. Arcane danze + +D’immortal piede i ruinosi gioghi + +Scossero e l’ardue selve (oggi romito + +Nido de’ venti): e il pastorel ch’all’ombre + +Meridiane incerte ed al fiorito + +Margo adducea de’ fiumi + +Le sitibonde agnelle, arguto carme + +Sonar d’agresti Pani + +Udì lungo le ripe; e tremar l’onda + +Vide, e stupì, che non palese al guardo + +La faretrata Diva + +Scendea ne’ caldi flutti, e dall’immonda + +Polve tergea della sanguigna caccia + +Il niveo lato e le verginee braccia. + +Vissero i fiori e l’erbe, + +Vissero i boschi un dì. Conscie le molli + +Aure, le nubi e la titania lampa + +Fur dell’umana gente, allor che ignuda + +Te per le piagge e i colli, + +Ciprigna luce, alla deserta notte + +Con gli occhi intenti il viator seguendo, + +Te compagna alla via, te de’ mortali + +Pensosa immaginò. Che se gl’impuri + +Cittadini consorzi e le fatali + +Ire fuggendo e l’onte, + +Gl’ispidi tronchi al petto altri nell’ime + +Selve remoto accolse, + +Viva fiamma agitar l’esangui vene, + +Spirar le foglie, e palpitar segreta + +Nel doloroso amplesso + +Dafne o la mesta Filli, o di Climene + +Pianger credè la sconsolata prole + +Quel che sommerse in Eridano il sole. + +Né dell’umano affanno, + +Rigide balze, i luttuosi accenti + +Voi negletti ferìr mentre le vostre + +Paurose latebre Eco solinga, + +Non vano error de’ venti, + +Ma di ninfa abitò misero spirto, + +Cui grave amor, cui duro fato escluse + +Delle tenere membra. Ella per grotte, + +Per nudi scogli e desolati alberghi, + +Le non ignote ambasce e l’alte e rotte + +Nostre querele al curvo + +Etra insegnava. E te d’umani eventi + +Disse la fama esperto, + +Musico augel che tra chiomato bosco + +Or vieni il rinascente anno cantando, + +E lamentar nell’alto + +Ozio de’ campi, all’aer muto e fosco, + +Antichi danni e scellerato scorno, + +E d’ira e di pietà pallido il giorno. + +Ma non cognato al nostro + +Il gener tuo; quelle tue varie note + +Dolor non forma, e te di colpa ignudo, + +Men caro assai la bruna valle asconde. + +Ahi ahi, poscia che vote + +Son le stanze d’Olimpo, e cieco il tuono + +Per l’atre nubi e le montagne errando, + +Gl’iniqui petti e gl’innocenti a paro + +In freddo orror dissolve; e poi ch’estrano + +Il suol nativo, e di sua prole ignaro + +Le meste anime educa; + +Tu le cure infelici e i fati indegni + +Tu de’ mortali ascolta, + +Vaga natura, e la favilla antica + +Rendi allo spirto mio; se tu pur vivi, + +E se de’ nostri affanni + +Cosa veruna in ciel, se nell’aprica + +Terra s’alberga o nell’equoreo seno, + +Pietosa no, ma spettatrice almeno. + + + + + +VIII. INNO AI PATRIARCHI O DE’ PRINCIPII DEL GENERE UMANO + + + + +E voi de’ figli dolorosi il canto, + +Voi dell’umana prole incliti padri, + +Lodando ridirà; molto all’eterno + +Degli astri agitator più cari, e molto + +Di noi men lacrimabili nell’alma + +Luce prodotti. Immedicati affanni + +Al misero mortal, nascere al pianto, + +E dell’etereo lume assai più dolci + +Sortir l’opaca tomba e il fato estremo, + +Non la pietà, non la diritta impose + +Legge del cielo. E se di vostro antico + +Error che l’uman seme alla tiranna + +Possa de’ morbi e di sciagura offerse, + +Grido antico ragiona, altre più dire + +Colpe de’ figli, e irrequieto ingegno, + +E demenza maggior l’offeso Olimpo + +N’armaro incontra, e la negletta mano + +Dell’altrice natura; onde la viva + +Fiamma n’increbbe, e detestato il parto + +Fu del grembo materno, e violento + +Emerse il disperato Erebo in terra. + +Tu primo il giorno, e le purpuree faci + +Delle rotanti sfere, e la novella + +Prole de’ campi, o duce antico e padre + +Dell’umana famiglia, e tu l’errante + +Per li giovani prati aura contempli: + +Quando le rupi e le deserte valli + +Precipite l’alpina onda feria + +D’inudito fragor; quando gli ameni + +Futuri seggi di lodate genti + +E di cittadi romorose, ignota + +Pace regnava; e gl’inarati colli + +Solo e muto ascendea l’aprico raggio + +Di febo e l’aurea luna. Oh fortunata, + +Di colpe ignara e di lugubri eventi, + +Erma terrena sede! Oh quanto affanno + +Al gener tuo, padre infelice, e quale + +D’amarissimi casi ordine immenso + +Preparano i destini! Ecco di sangue + +Gli avari colti e di fraterno scempio + +Furor novello incesta, e le nefande + +Ali di morte il divo etere impara. + +Trepido, errante il fratricida, e l’ombre + +Solitarie fuggendo e la secreta + +Nelle profonde selve ira de’ venti, + +Primo i civili tetti, albergo e regno + +Alle macere cure, innalza; e primo + +Il disperato pentimento i ciechi + +Mortali egro, anelante, aduna e stringe + +Ne’ consorti ricetti: onde negata + +L’improba mano al curvo aratro, e vili + +Fur gli agresti sudori; ozio le soglie + +Scellerate occupò; ne’ corpi inerti + +Domo il vigor natio, languide, ignave + +Giacquer le menti; e servitù le imbelli + +Umane vite, ultimo danno, accolse. + +E tu dall’etra infesto e dal mugghiante + +Su i nubiferi gioghi equoreo flutto + +Scampi l’iniquo germe, o tu cui prima + +Dall’aer cieco e da’ natanti poggi + +Segno arrecò d’instaurata spene + +La candida colomba, e delle antiche + +Nubi l’occiduo Sol naufrago uscendo, + +L’atro polo di vaga iri dipinse. + +Riede alla terra, e il crudo affetto e gli empi + +Studi rinnova e le seguaci ambasce + +La riparata gente. Agl’inaccessi + +Regni del mar vendicatore illude + +Profana destra, e la sciagura e il pianto + +A novi liti e nove stelle insegna. + +Or te, padre de’ pii, te giusto e forte, + +E di tuo seme i generosi alunni + +Medita il petto mio. Dirò siccome + +Sedente, oscuro, in sul meriggio all’ombre + +Del riposato albergo, appo le molli + +Rive del gregge tuo nutrici e sedi, + +Te de’ celesti peregrini occulte + +Beàr l’eteree menti; e quale, o figlio + +Della saggia Rebecca, in su la sera, + +Presso al rustico pozzo e nella dolce + +Di pastori e di lieti ozi frequente + +Aranitica valle, amor ti punse + +Della vezzosa Labanide: invitto + +Amor, ch’a lunghi esigli e lunghi affanni + +E di servaggio all’odiata soma + +Volenteroso il prode animo addisse. + +Fu certo, fu (né d’error vano e d’ombra + +L’aonio canto e della fama il grido + +Pasce l’avida plebe) amica un tempo + +Al sangue nostro e dilettosa e cara + +Questa misera piaggia, ed aurea corse + +Nostra caduca età. Non che di latte + +Onda rigasse intemerata il fianco + +Delle balze materne, o con le greggi + +Mista la tigre ai consueti ovili + +Né guidasse per gioco i lupi al fonte + +Il pastorel; ma di suo fato ignara + +E degli affanni suoi, vota d’affanno + +Visse l’umana stirpe; alle secrete + +Leggi del cielo e di natura indutto + +Valse l’ameno error, le fraudi, il molle + +Pristino velo; e di sperar contenta + +Nostra placida nave in porto ascese. + +Tal fra le vaste californie selve + +Nasce beata prole, a cui non sugge + +Pallida cura il petto, a cui le membra + +Fera tabe non doma; e vitto il bosco, + +Nidi l’intima rupe, onde ministra + +L’irrigua valle, inopinato il giorno + +Dell’atra morte incombe. Oh contra il nostro + +Scellerato ardimento inermi regni + +Della saggia natura! I lidi e gli antri + +E le quiete selve apre l’invitto + +Nostro furor; le violate genti + +Al peregrino affanno, agl’ignorati + +Desiri educa; e la fugace, ignuda + +Felicità per l’imo sole incalza. + + + + + +IX. ULTIMO CANTO DI SAFFO + + + + +Placida notte, e verecondo raggio + +Della cadente luna; e tu che spunti + +Fra la tacita selva in su la rupe, + +Nunzio del giorno; oh dilettose e care + +Mentre ignote mi fur l’erinni e il fato, + +Sembianze agli occhi miei; già non arride + +Spettacol molle ai disperati affetti. + +Noi l’insueto allor gaudio ravviva + +Quando per l’etra liquido si volve + +E per li campi trepidanti il flutto + +Polveroso de’ Noti, e quando il carro, + +Grave carro di Giove a noi sul capo, + +Tonando, il tenebroso aere divide. + +Noi per le balze e le profonde valli + +Natar giova tra’ nembi, e noi la vasta + +Fuga de’ greggi sbigottiti, o d’alto + +Fiume alla dubbia sponda + +Il suono e la vittrice ira dell’onda. + +Bello il tuo manto, o divo cielo, e bella + +Sei tu, rorida terra. Ahi di cotesta + +Infinita beltà parte nessuna + +Alla misera Saffo i numi e l’empia + +Sorte non fenno. A’ tuoi superbi regni + +Vile, o natura, e grave ospite addetta, + +E dispregiata amante, alle vezzose + +Tue forme il core e le pupille invano + +Supplichevole intendo. A me non ride + +L’aprico margo, e dall’eterea porta + +Il mattutino albor; me non il canto + +De’ colorati augelli, e non de’ faggi + +Il murmure saluta: e dove all’ombra + +Degl’inchinati salici dispiega + +Candido rivo il puro seno, al mio + +Lubrico piè le flessuose linfe + +Disdegnando sottragge, + +E preme in fuga l’odorate spiagge. + +Qual fallo mai, qual sì nefando eccesso + +Macchiommi anzi il natale, onde sì torvo + +Il ciel mi fosse e di fortuna il volto? + +In che peccai bambina, allor che ignara + +Di misfatto è la vita, onde poi scemo + +Di giovanezza, e disfiorato, al fuso + +Dell’indomita Parca si volvesse + +Il ferrigno mio stame? Incaute voci + +Spande il tuo labbro: i destinati eventi + +Move arcano consiglio. Arcano è tutto, + +Fuor che il nostro dolor. Negletta prole + +Nascemmo al pianto, e la ragione in grembo + +De’ celesti si posa. Oh cure, oh speme + +De’ più verd’anni! Alle sembianze il Padre, + +Alle amene sembianze eterno regno + +Diè nelle genti; e per virili imprese, + +Per dotta lira o canto, + +Virtù non luce in disadorno ammanto. + +Morremo. Il velo indegno a terra sparto + +Rifuggirà l’ignudo animo a Dite, + +E il crudo fallo emenderà del cieco + +Dispensator de’ casi. E tu cui lungo + +Amore indarno, e lunga fede, e vano + +D’implacato desio furor mi strinse, + +Vivi felice, se felice in terra + +Visse nato mortal. Me non asperse + +Del soave licor del doglio avaro + +Giove, poi che perir gl’inganni e il sogno + +Della mia fanciullezza. Ogni più lieto + +Giorno di nostra età primo s’invola. + +Sottentra il morbo, e la vecchiezza, e l’ombra + +Della gelida morte. Ecco di tante + +Sperate palme e dilettosi errori, + +Il Tartaro m’avanza; e il prode ingegno + +Han la tenaria Diva, + +E l’atra notte, e la silente riva. + + + + + +X. IL PRIMO AMORE + + + + +Tornami a mente il dì che la battaglia + +D’amor sentii la prima volta, e dissi: + +Oimè, se quest’è amor, com’ei travaglia! + +Che gli occhi al suol tuttora intenti e fissi, + +Io mirava colei ch’a questo core + +Primiera il varco ed innocente aprissi. + +Ahi come mal mi governasti, amore! + +Perché seco dovea sì dolce affetto + +Recar tanto desio, tanto dolore? + +E non sereno, e non intero e schietto, + +Anzi pien di travaglio e di lamento + +Al cor mi discendea tanto diletto? + +Dimmi, tenero core, or che spavento, + +Che angoscia era la tua fra quel pensiero + +Presso al qual t’era noia ogni contento? + +Quel pensier che nel dì, che lusinghiero + +Ti si offeriva nella notte, quando + +Tutto queto parea nell’emisfero: + +Tu inquieto, e felice e miserando, + +M’affaticavi in su le piume il fianco, + +Ad ogni or fortemente palpitando. + +E dove io tristo ed affannato e stanco + +Gli occhi al sonno chiudea, come per febre + +Rotto e deliro il sonno venia manco. + +Oh come viva in mezzo alle tenebre + +Sorgea la dolce imago, e gli occhi chiusi + +La contemplavan sotto alle palpebre! + +Oh come soavissimi diffusi + +Moti per l’ossa mi serpeano, oh come + +Mille nell’alma instabili, confusi + +Pensieri si volgean! qual tra le chiome + +D’antica selva zefiro scorrendo, + +Un lungo, incerto mormorar ne prome. + +E mentre io taccio, e mentre io non contendo, + +Che dicevi, o mio cor, che si partia + +Quella per che penando ivi e battendo? + +Il cuocer non più tosto io mi sentia + +Della vampa d’amor, che il venticello + +Che l’aleggiava, volossene via. + +Senza sonno io giacea sul dì novello, + +E i destrier che dovean farmi deserto, + +Battean la zampa sotto al patrio ostello. + +Ed io timido e cheto ed inesperto, + +Ver lo balcone al buio protendea + +L’orecchio avido e l’occhio indarno aperto, + +La voce ad ascoltar, se ne dovea + +Di quelle labbra uscir, ch’ultima fosse; + +La voce, ch’altro il cielo, ahi, mi togliea. + +Quante volte plebea voce percosse + +Il dubitoso orecchio, e un gel mi prese, + +E il core in forse a palpitar si mosse! + +E poi che finalmente mi discese + +La cara voce al core, e de’ cavai + +E delle rote il romorio s’intese; + +Orbo rimaso allor, mi rannicchiai + +Palpitando nel letto e, chiusi gli occhi, + +Strinsi il cor con la mano, e sospirai. + +Poscia traendo i tremuli ginocchi + +Stupidamente per la muta stanza, + +Ch’altro sarà, dicea, che il cor mi tocchi? + +Amarissima allor la ricordanza + +Locommisi nel petto, e mi serrava + +Ad ogni voce il core, a ogni sembianza. + +E lunga doglia il sen mi ricercava, + +Com’è quando a distesa Olimpo piove + +Malinconicamente e i campi lava. + +Ned io ti conoscea, garzon di nove + +E nove Soli, in questo a pianger nato + +Quando facevi, amor, le prime prove. + +Quando in ispregio ogni piacer, né grato + +M’era degli astri il riso, o dell’aurora + +Queta il silenzio, o il verdeggiar del prato. + +Anche di gloria amor taceami allora + +Nel petto, cui scaldar tanto solea, + +Che di beltade amor vi fea dimora. + +Né gli occhi ai noti studi io rivolgea, + +E quelli m’apparian vani per cui + +Vano ogni altro desir creduto avea. + +Deh come mai da me sì vario fui, + +E tanto amor mi tolse un altro amore? + +Deh quanto, in verità, vani siam nui! + +Solo il mio cor piaceami, e col mio core + +In un perenne ragionar sepolto, + +Alla guardia seder del mio dolore. + +E l’occhio a terra chino o in sé raccolto, + +Di riscontrarsi fuggitivo e vago + +Né in leggiadro soffria né in turpe volto: + +Che la illibata, la candida imago + +Turbare egli temea pinta nel seno, + +Come all’aure si turba onda di lago. + +E quel di non aver goduto appieno + +Pentimento, che l’anima ci grava, + +E il piacer che passò cangia in veleno, + +Per li fuggiti d�� mi stimolava + +Tuttora il sen: che la vergogna il duro + +Suo morso in questo cor già non oprava. + +Al cielo, a voi, gentili anime, io giuro + +Che voglia non m’entrò bassa nel petto, + +Ch’arsi di foco intaminato e puro. + +Vive quel foco ancor, vive l’affetto, + +Spira nel pensier mio la bella imago, + +Da cui, se non celeste, altro diletto + +Giammai non ebbi, e sol di lei m’appago. + + + + + +XI. IL PASSERO SOLITARIO + + + + +D’in su la vetta della torre antica, + +Passero solitario, alla campagna + +Cantando vai finché non more il giorno; + +Ed erra l’armonia per questa valle. + +Primavera dintorno + +Brilla nell’aria, e per li campi esulta, + +Sì ch’a mirarla intenerisce il core. + +Odi greggi belar, muggire armenti; + +Gli altri augelli contenti, a gara insieme + +Per lo libero ciel fan mille giri, + +Pur festeggiando il lor tempo migliore: + +Tu pensoso in disparte il tutto miri; + +Non compagni, non voli, + +Non ti cal d’allegria, schivi gli spassi; + +Canti, e così trapassi + +Dell’anno e di tua vita il più bel fiore. + +Oimè, quanto somiglia + +Al tuo costume il mio! Sollazzo e riso, + +Della novella età dolce famiglia, + +E te german di giovinezza, amore, + +Sospiro acerbo de’ provetti giorni, + +Non curo, io non so come; anzi da loro + +Quasi fuggo lontano; + +Quasi romito, e strano + +Al mio loco natio, + +Passo del viver mio la primavera. + +Questo giorno ch’omai cede alla sera, + +Festeggiar si costuma al nostro borgo. + +Odi per lo sereno un suon di squilla, + +Odi spesso un tonar di ferree canne, + +Che rimbomba lontan di villa in villa. + +Tutta vestita a festa + +La gioventù del loco + +Lascia le case, e per le vie si spande; + +E mira ed è mirata, e in cor s’allegra. + +Io solitario in questa + +Rimota parte alla campagna uscendo, + +Ogni diletto e gioco + +Indugio in altro tempo: e intanto il guardo + +Steso nell’aria aprica + +Mi fere il Sol che tra lontani monti, + +Dopo il giorno sereno, + +Cadendo si dilegua, e par che dica + +Che la beata gioventù vien meno. + +Tu, solingo augellin, venuto a sera + +Del viver che daranno a te le stelle, + +Certo del tuo costume + +Non ti dorrai; che di natura è frutto + +Ogni vostra vaghezza. + +A me, se di vecchiezza + +La detestata soglia + +Evitar non impetro, + +Quando muti questi occhi all’altrui core, + +E lor fia vòto il mondo, e il dì futuro + +Del dì presente più noioso e tetro, + +Che parrà di tal voglia? + +Che di quest’anni miei? che di me stesso? + +Ahi pentirommi, e spesso, + +Ma sconsolato, volgerommi indietro. + + + + + +XII. L’INFINITO + + + + +Sempre caro mi fu quest’ermo colle, + +E questa siepe, che da tanta parte + +Dell’ultimo orizzonte il guardo esclude. + +Ma sedendo e mirando, interminati + +Spazi di là da quella, e sovrumani + +Silenzi, e profondissima quiete + +Io nel pensier mi fingo; ove per poco + +Il cor non si spaura. E come il vento + +Odo stormir tra queste piante, io quello + +Infinito silenzio a questa voce + +Vo comparando: e mi sovvien l’eterno, + +E le morte stagioni, e la presente + +E viva, e il suon di lei. Così tra questa + +Immensità s’annega il pensier mio: + +E il naufragar m’è dolce in questo mare. + + + + + +XIII. LA SERA DEL DÌ DI FESTA + + + + +Dolce e chiara è la notte e senza vento, + +E queta sovra i tetti e in mezzo agli orti + +Posa la luna, e di lontan rivela + +Serena ogni montagna. O donna mia, + +Già tace ogni sentiero, e pei balconi + +Rara traluce la notturna lampa: + +Tu dormi, che t’accolse agevol sonno + +Nelle tue chete stanze; e non ti morde + +Cura nessuna; e già non sai né pensi + +Quanta piaga m’apristi in mezzo al petto. + +Tu dormi: io questo ciel, che sì benigno + +Appare in vista, a salutar m’affaccio, + +E l’antica natura onnipossente, + +Che mi fece all’affanno. A te la speme + +Nego, mi disse, anche la speme; e d’altro + +Non brillin gli occhi tuoi se non di pianto. + +Questo dì fu solenne: or da’ trastulli + +Prendi riposo; e forse ti rimembra + +In sogno a quanti oggi piacesti, e quanti + +Piacquero a te: non io, non già ch’io speri, + +Al pensier ti ricorro. Intanto io chieggo + +Quanto a viver mi resti, e qui per terra + +Mi getto, e grido, e fremo. Oh giorni orrendi + +In così verde etate! Ahi, per la via + +Odo non lunge il solitario canto + +Dell’artigian, che riede a tarda notte, + +Dopo i sollazzi, al suo povero ostello; + +E fieramente mi si stringe il core, + +A pensar come tutto al mondo passa, + +E quasi orma non lascia. Ecco è fuggito + +Il dì festivo, ed al festivo il giorno + +Volgar succede, e se ne porta il tempo + +Ogni umano accidente. Or dov’è il suono + +Di que’ popoli antichi? or dov’è il grido + +De’ nostri avi famosi, e il grande impero + +Di quella Roma, e l’armi, e il fragorio + +Che n’andò per la terra e l’oceano? + +Tutto è pace e silenzio, e tutto posa + +Il mondo, e più di lor non si ragiona. + +Nella mia prima età, quando s’aspetta + +Bramosamente il dì festivo, or poscia + +Ch’egli era spento, io doloroso, in veglia, + +Premea le piume; ed alla tarda notte + +Un canto che s’udia per li sentieri + +Lontanando morire a poco a poco, + +Già similmente mi stringeva il core. + + + + + +XIV. ALLA LUNA + + + + +O graziosa luna, io mi rammento + +Che, or volge l’anno, sovra questo colle + +Io venia pien d’angoscia a rimirarti: + +E tu pendevi allor su quella selva + +Siccome or fai, che tutta la rischiari. + +Ma nebuloso e tremulo dal pianto + +Che mi sorgea sul ciglio, alle mie luci + +Il tuo volto apparia, che travagliosa + +Era mia vita: ed è, né cangia stile, + +O mia diletta luna. E pur mi giova + +La ricordanza, e il noverar l’etate + +Del mio dolore. Oh come grato occorre + +Nel tempo giovanil, quando ancor lungo + +La speme e breve ha la memoria il corso, + +Il rimembrar delle passate cose, + +Ancor che triste, e che l’affanno duri! + + + + + +XV. IL SOGNO + + + + +Era il mattino, e tra le chiuse imposte + +Per lo balcone insinuava il sole + +Nella mia cieca stanza il primo albore; + +Quando in sul tempo che più leve il sonno + +E più soave le pupille adombra, + +Stettemi allato e riguardommi in viso + +Il simulacro di colei che amore + +Prima insegnommi, e poi lasciommi in pianto. + +Morta non mi parea, ma trista, e quale + +Degl’infelici è la sembianza. Al capo + +Appressommi la destra, e sospirando, + +Vivi, mi disse, e ricordanza alcuna + +Serbi di noi? Donde, risposi, e come + +Vieni, o cara beltà? Quanto, deh quanto + +Di te mi dolse e duol: né mi credea + +Che risaper tu lo dovessi; e questo + +Facea più sconsolato il dolor mio. + +Ma sei tu per lasciarmi un’altra volta? + +Io n’ho gran tema. Or dimmi, e che t’avvenne? + +Sei tu quella di prima? E che ti strugge + +Internamente? Obblivione ingombra + +I tuoi pensieri, e gli avviluppa il sonno, + +Disse colei. Son morta, e mi vedesti + +L’ultima volta, or son più lune. Immensa + +Doglia m’oppresse a queste voci il petto. + +Ella seguì: nel fior degli anni estinta, + +Quand’è il viver più dolce, e pria che il core + +Certo si renda com’è tutta indarno + +L’umana speme. A desiar colei + +Che d’ogni affanno il tragge, ha poco andare + +L’egro mortal; ma sconsolata arriva + +La morte ai giovanetti, e duro è il fato + +Di quella speme che sotterra è spenta. + +Vano è saper quel che natura asconde + +Agl’inesperti della vita, e molto + +All’immatura sapienza il cieco + +Dolor prevale. Oh sfortunata, oh cara, + +Taci, taci, diss’io, che tu mi schianti + +Con questi detti il cor. Dunque sei morta, + +O mia diletta, ed io son vivo, ed era + +Pur fisso in ciel che quei sudori estremi + +Cotesta cara e tenerella salma + +Provar dovesse, a me restasse intera + +Questa misera spoglia? Oh quante volte + +In ripensar che più non vivi, e mai + +Non avverrà ch’io ti ritrovi al mondo, + +Creder nol posso. Ahi ahi, che cosa è questa + +Che morte s’addimanda? Oggi per prova + +Intenderlo potessi, e il capo inerme + +Agli atroci del fato odii sottrarre. + +Giovane son, ma si consuma e perde + +La giovanezza mia come vecchiezza; + +La qual pavento, e pur m’è lunge assai. + +Ma poco da vecchiezza si discorda + +Il fior dell’età mia. Nascemmo al pianto, + +Disse, ambedue; felicità non rise + +Al viver nostro; e dilettossi il cielo + +De’ nostri affanni. Or se di pianto il ciglio, + +Soggiunsi, e di pallor velato il viso + +Per la tua dipartita, e se d’angoscia + +Porto gravido il cor; dimmi: d’amore + +Favilla alcuna, o di pietà, giammai + +Verso il misero amante il cor t’assalse + +Mentre vivesti? Io disperando allora + +E sperando traea le notti e i giorni; + +Oggi nel vano dubitar si stanca + +La mente mia. Che se una volta sola + +Dolor ti strinse di mia negra vita, + +Non mel celar, ti prego, e mi soccorra + +La rimembranza or che il futuro è tolto + +Ai nostri giorni. E quella: ti conforta, + +O sventurato. Io di pietade avara + +Non ti fui mentre vissi, ed or non sono, + +Che fui misera anch’io. Non far querela + +Di questa infelicissima fanciulla. + +Per le sventure nostre, e per l’amore + +Che mi strugge, esclamai; per lo diletto + +Nome di giovanezza e la perduta + +Speme dei nostri dì, concedi, o cara, + +Che la tua destra io tocchi. Ed ella, in atto + +Soave e tristo, la porgeva. Or mentre + +Di baci la ricopro, e d’affannosa + +Dolcezza palpitando all’anelante + +Seno la stringo, di sudore il volto + +Ferveva e il petto, nelle fauci stava + +La voce, al guardo traballava il giorno. + +Quando colei teneramente affissi + +Gli occhi negli occhi miei, già scordi, o caro, + +Disse, che di beltà son fatta ignuda? + +E tu d’amore, o sfortunato, indarno + +Ti scaldi e fremi. Or finalmente addio. + +Nostre misere menti e nostre salme + +Son disgiunte in eterno. A me non vivi + +E mai più non vivrai: già ruppe il fato + +La fe che mi giurasti. Allor d’angoscia + +Gridar volendo, e spasimando, e pregne + +Di sconsolato pianto le pupille, + +Dal sonno mi disciolsi. Ella negli occhi + +Pur mi restava, e nell’incerto raggio + +Del Sol vederla io mi credeva ancora. + + + + + +XVI. LA VITA SOLITARIA + + + + +La mattutina pioggia, allor che l’ale + +Battendo esulta nella chiusa stanza + +La gallinella, ed al balcon s’affaccia + +L’abitator de’ campi, e il Sol che nasce + +I suoi tremuli rai fra le cadenti + +Stille saetta, alla capanna mia + +Dolcemente picchiando, mi risveglia; + +E sorgo, e i lievi nugoletti, e il primo + +Degli augelli susurro, e l’aura fresca, + +E le ridenti piagge benedico: + +Poiché voi, cittadine infauste mura, + +Vidi e conobbi assai, là dove segue + +Odio al dolor compagno; e doloroso + +Io vivo, e tal morrò, deh tosto! Alcuna + +Benché scarsa pietà pur mi dimostra + +Natura in questi lochi, un giorno oh quanto + +Verso me più cortese! E tu pur volgi + +Dai miseri lo sguardo; e tu, sdegnando + +Le sciagure e gli affanni, alla reina + +Felicità servi, o natura. In cielo, + +In terra amico agl’infelici alcuno + +E rifugio non resta altro che il ferro. + +Talor m’assido in solitaria parte, + +Sovra un rialto, al margine d’un lago + +Di taciturne piante incoronato. + +Ivi, quando il meriggio in ciel si volve, + +La sua tranquilla imago il Sol dipinge, + +Ed erba o foglia non si crolla al vento, + +E non onda incresparsi, e non cicala + +Strider, né batter penna augello in ramo, + +Né farfalla ronzar, né voce o moto + +Da presso né da lunge odi né vedi. + +Tien quelle rive altissima quiete; + +Ond’io quasi me stesso e il mondo obblio + +Sedendo immoto; e già mi par che sciolte + +Giaccian le membra mie, né spirto o senso + +Più le commova, e lor quiete antica + +Co’ silenzi del loco si confonda. + +Amore, amore, assai lungi volasti + +Dal petto mio, che fu sì caldo un giorno, + +Anzi rovente. Con sua fredda mano + +Lo strinse la sciaura, e in ghiaccio è volto + +Nel fior degli anni. Mi sovvien del tempo + +Che mi scendesti in seno. Era quel dolce + +E irrevocabil tempo, allor che s’apre + +Al guardo giovanil questa infelice + +Scena del mondo, e gli sorride in vista + +Di paradiso. Al garzoncello il core + +Di vergine speranza e di desio + +Balza nel petto; e già s’accinge all’opra + +Di questa vita come a danza o gioco + +Il misero mortal. Ma non sì tosto, + +Amor, di te m’accorsi, e il viver mio + +Fortuna avea già rotto, ed a questi occhi + +Non altro convenia che il pianger sempre. + +Pur se talvolta per le piagge apriche, + +Su la tacita aurora o quando al sole + +Brillano i tetti e i poggi e le campagne, + +Scontro di vaga donzelletta il viso; + +O qualor nella placida quiete + +D’estiva notte, il vagabondo passo + +Di rincontro alle ville soffermando, + +L’erma terra contemplo, e di fanciulla + +Che all’opre di sua man la notte aggiunge + +Odo sonar nelle romite stanze + +L’arguto canto; a palpitar si move + +Questo mio cor di sasso: ahi, ma ritorna + +Tosto al ferreo sopor; ch’è fatto estrano + +Ogni moto soave al petto mio. + +O cara luna, al cui tranquillo raggio + +Danzan le lepri nelle selve; e duolsi + +Alla mattina il cacciator, che trova + +L’orme intricate e false, e dai covili + +Error vario lo svia; salve, o benigna + +Delle notti reina. Infesto scende + +Il raggio tuo fra macchie e balze o dentro + +A deserti edifici, in su l’acciaro + +Del pallido ladron ch’a teso orecchio + +Il fragor delle rote e de’ cavalli + +Da lungi osserva o il calpestio de’ piedi + +Su la tacita via; poscia improvviso + +Col suon dell’armi e con la rauca voce + +E col funereo ceffo il core agghiaccia + +Al passegger, cui semivivo e nudo + +Lascia in breve tra’ sassi. Infesto occorre + +Per le contrade cittadine il bianco + +Tuo lume al drudo vil, che degli alberghi + +Va radendo le mura e la secreta + +Ombra seguendo, e resta, e si spaura + +Delle ardenti lucerne e degli aperti + +Balconi. Infesto alle malvage menti, + +A me sempre benigno il tuo cospetto + +Sarà per queste piagge, ove non altro + +Che lieti colli e spaziosi campi + +M’apri alla vista. Ed ancor io soleva, + +Bench’innocente io fossi, il tuo vezzoso + +Raggio accusar negli abitati lochi, + +Quand’ei m’offriva al guardo umano, e quando + +Scopriva umani aspetti al guardo mio. + +Or sempre loderollo, o ch’io ti miri + +Veleggiar tra le nubi, o che serena + +Dominatrice dell’etereo campo, + +Questa flebil riguardi umana sede. + +Me spesso rivedrai solingo e muto + +Errar pe’ boschi e per le verdi rive, + +O seder sovra l’erbe, assai contento + +Se core e lena a sospirar m’avanza. + + + + + +XVII. CONSALVO + + + + +Presso alla fin di sua dimora in terra, + +Giacea Consalvo; disdegnoso un tempo + +Del suo destino; or già non più, che a mezzo + +Il quinto lustro, gli pendea sul capo + +Il sospirato obblio. Qual da gran tempo, + +Così giacea nel funeral suo giorno + +Dai più diletti amici abbandonato: + +Ch’amico in terra al lungo andar nessuno + +Resta a colui che della terra è schivo. + +Pur gli era al fianco, da pietà condotta + +A consolare il suo deserto stato, + +Quella che sola e sempre eragli a mente, + +Per divina beltà famosa Elvira; + +Conscia del suo poter, conscia che un guardo + +Suo lieto, un detto d’alcun dolce asperso, + +Ben mille volte ripetuto e mille + +Nel costante pensier, sostegno e cibo + +Esser solea dell’infelice amante: + +Benché nulla d’amor parola udita + +Avess’ella da lui. Sempre in quell’alma + +Era del gran desio stato più forte + +Un sovrano timor. Così l’avea + +Fatto schiavo e fanciullo il troppo amore. + +Ma ruppe alfin la morte il nodo antico + +Alla sua lingua. Poiché certi i segni + +Sentendo di quel dì che l’uom discioglie, + +Lei, già mossa a partir, presa per mano, + +E quella man bianchissinia stringendo, + +Disse: tu parti, e l’ora omai ti sforza: + +Elvira, addio. Non ti vedrò, ch’io creda, + +Un’altra volta. Or dunque addio. Ti rendo + +Qual maggior grazia mai delle tue cure + +Dar possa il labbro mio. Premio daratti + +Chi può, se premio ai pii dal ciel si rende. + +Impallidia la bella, e il petto anelo + +Udendo le si fea: che sempre stringe + +All’uomo il cor dogliosamente, ancora + +Ch’estranio sia, chi si diparte e dice, + +Addio per sempre. E contraddir voleva, + +Dissimulando l’appressar del fato, + +Al moribondo. Ma il suo dir prevenne + +Quegli, e soggiunse: desiata, e molto, + +Come sai, ripregata a me discende, + +Non temuta, la morte; e lieto apparmi + +Questo feral mio dì. Pesami, è vero, + +Che te perdo per sempre. Oimè per sempre + +Parto da te. Mi si divide il core + +In questo dir. Più non vedrò quegli occhi, + +Né la tua voce udrò! Dimmi: ma pria + +Di lasciarmi in eterno, Elvira, un bacio + +Non vorrai tu donarmi? un bacio solo + +In tutto il viver mio? Grazia ch’ei chiegga + +Non si nega a chi muor. Né già vantarmi + +Potrò del dono, io semispento, a cui + +Straniera man le labbra oggi fra poco + +Eternamente chiuderà. Ciò detto + +Con un sospiro, all’adorata destra + +Le fredde labbra supplicando affisse. + +Stette sospesa e pensierosa in atto + +La bellissima donna; e fiso il guardo, + +Di mille vezzi sfavillante, in quello + +Tenea dell’infelice, ove l’estrema + +Lacrima rilucea. Né dielle il core + +Di sprezzar la dimanda, e il mesto addio + +Rinacerbir col niego; anzi la vinse + +Misericordia dei ben noti ardori. + +E quel volto celeste, e quella bocca, + +Già tanto desiata, e per molt’anni + +Argomento di sogno e di sospiro, + +Dolcemente appressando al volto afflitto + +E scolorato dal mortale affanno, + +Più baci e più, tutta benigna e in vista + +D’alta pietà, su le convulse labbra + +Del trepido, rapito amante impresse. + +Che divenisti allor? quali appariro + +Vita, morte, sventura agli occhi tuoi, + +Fuggitivo Consalvo? Egli la mano, + +Ch’ancor tenea, della diletta Elvira + +Postasi al cor, che gli ultimi battea + +Palpiti della morte e dell’amore, + +Oh, disse, Elvira, Elvira mia! ben sono + +In su la terra ancor; ben quelle labbra + +Fur le tue labbra, e la tua mano io stringo! + +Ahi vision d’estinto, o sogno, o cosa + +Incredibil mi par. Deh quanto, Elvira, + +Quanto debbo alla morte! Ascoso innanzi + +Non ti fu l’amor mio per alcun tempo; + +Non a te, non altrui; che non si cela + +Vero amore alla terra. Assai palese + +Agli atti, al volto sbigottito, agli occhi, + +Ti fu: ma non ai detti. Ancora e sempre + +Muto sarebbe l’infinito affetto + +Che governa il cor mio, se non l’avesse + +Fatto ardito il morir. Morrò contento + +Del mio destino omai, né più mi dolgo + +Ch’aprii le luci al dì. Non vissi indarno, + +Poscia che quella bocca alla mia bocca + +Premer fu dato. Anzi felice estimo + +La sorte mia. Due cose belle ha il mondo: + +Amore e morte. All’una il ciel mi guida + +In sul fior dell’età; nell’altro, assai + +Fortunato mi tengo. Ah, se una volta, + +Solo una volta il lungo amor quieto + +E pago avessi tu, fora la terra + +Fatta quindi per sempre un paradiso + +Ai cangiati occhi miei. Fin la vecchiezza, + +L’abborrita vecchiezza, avrei sofferto + +Con riposato cor: che a sostentarla + +Bastato sempre il rimembrar sarebbe + +d’un solo istante, e il dir: felice io fui + +Sovra tutti i felici. Ahi, ma cotanto + +Esser beato non consente il cielo + +A natura terrena. Amar tant’oltre + +Non è dato con gioia. E ben per patto + +In poter del carnefice ai flagelli, + +Alle ruote, alle faci ito volando + +Sarei dalle tue braccia; e ben disceso + +Nel paventato sempiterno scempio. + +O Elvira, Elvira, oh lui felice, oh sovra + +Gl’immortali beato, a cui tu schiuda + +Il sorriso d’amor! felice appresso + +Chi per te sparga con la vita il sangue! + +Lice, lice al mortal, non è già sogno + +Come stimai gran tempo, ahi lice in terra + +Provar felicità. Ciò seppi il giorno + +Che fiso io ti mirai. Ben per mia morte + +Questo m’accadde. E non però quel giorno + +Con certo cor giammai, fra tante ambasce, + +Quel fiero giorno biasimar sostenni. + +Or tu vivi beata, e il mondo abbella, + +Elvira mia, col tuo sembiante. Alcuno + +Non l’amerà quant’io l’amai. Non nasce + +Un altrettale amor. Quanto, deh quanto + +Dal misero Consalvo in sì gran tempo + +Chiamata fosti, e lamentata, e pianta! + +Come al nome d’Elvira, in cor gelando, + +Impallidir; come tremar son uso + +All’amaro calcar della tua soglia, + +A quella voce angelica, all’aspetto + +Di quella fronte, io ch’al morir non tremo! + +Ma la lena e la vita or vengon meno + +Agli accenti d’amor. Passato è il tempo, + +Né questo di rimemorar m’è dato. + +Elvira, addio. Con la vital favilla + +La tua diletta immagine si parte + +Dal mio cor finalmente. Addio. Se grave + +Non ti fu quest’affetto, al mio feretro + +Dimani all’annottar manda un sospiro. + +Tacque: né molto andò, che a lui col suono + +Mancò lo spirto; e innanzi sera il primo + +Suo dì felice gli fuggia dal guardo. + + + + + +XVIII. ALLA SUA DONNA + + + + +Cara beltà che amore + +Lunge m’inspiri o nascondendo il viso, + +Fuor se nel sonno il core + +Ombra diva mi scuoti, + +O ne’ campi ove splenda + +Più vago il giorno e di natura il riso; + +Forse tu l’innocente + +Secol beasti che dall’oro ha nome, + +Or leve intra la gente + +Anima voli? o te la sorte avara + +Ch’a noi t’asconde, agli avvenir prepara? + +Viva mirarti omai + +Nulla spene m’avanza; + +S’allor non fosse, allor che ignudo e solo + +Per novo calle a peregrina stanza + +Verrà lo spirto mio. Già sul novello + +Aprir di mia giornata incerta e bruna, + +Te viatrice in questo arido suolo + +Io mi pensai. Ma non è cosa in terra + +Che ti somigli; e s’anco pari alcuna + +Ti fosse al volto, agli atti, alla favella, + +Saria, così conforme, assai men bella. + +Fra cotanto dolore + +Quanto all’umana età propose il fato, + +Se vera e quale il mio pensier ti pinge, + +Alcun t’amasse in terra, a lui pur fora + +Questo viver beato: + +E ben chiaro vegg’io siccome ancora + +Seguir loda e virtù qual ne’ prim’anni + +L’amor tuo mi farebbe. Or non aggiunse + +Il ciel nullo conforto ai nostri affanni; + +E teco la mortal vita saria + +Simile a quella che nel cielo india. + +Per le valli, ove suona + +Del faticoso agricoltore il canto, + +Ed io seggo e mi lagno + +Del giovanile error che m’abbandona; + +E per li poggi, ov’io rimembro e piagno + +I perduti desiri, e la perduta + +Speme de’ giorni miei; di te pensando, + +A palpitar mi sveglio. E potess’io, + +Nel secol tetro e in questo aer nefando, + +L’alta specie serbar; che dell’imago, + +Poi che del ver m’è tolto, assai m’appago. + +Se dell’eterne idee + +L’una sei tu, cui di sensibil forma + +Sdegni l’eterno senno esser vestita, + +E fra caduche spoglie + +Provar gli affanni di funerea vita; + +O s’altra terra ne’ supremi giri + +Fra’ mondi innumerabili t’accoglie, + +E più vaga del Sol prossima stella + +T’irraggia, e più benigno etere spiri; + +Di qua dove son gli anni infausti e brevi, + +Questo d’ignoto amante inno ricevi. + + + + + +XIX. AL CONTE CARLO PEPOLI + + + + +Questo affannoso e travagliato sonno + +Che noi vita nomiam, come sopporti, + +Pepoli mio? di che speranze il core + +Vai sostentando? in che pensieri, in quanto + +O gioconde o moleste opre dispensi + +L’ozio che ti lasciàr gli avi remoti, + +Grave retaggio e faticoso? È tutta, + +In ogni umano stato, ozio la vita, + +Se quell’oprar, quel procurar che a degno + +Obbietto non intende, o che all’intento + +Giunger mai non potria, ben si conviene + +Ozioso nomar. La schiera industre + +Cui franger glebe o curar piante e greggi + +Vede l’alba tranquilla e vede il vespro, + +Se oziosa dirai, da che sua vita + +È per campar la vita, e per sé sola + +La vita all’uom non ha pregio nessuno, + +Dritto e vero dirai. Le notti e i giorni + +Tragge in ozio il nocchiero; ozio il perenne + +Sudar nelle officine, ozio le vegghie + +Son de’ guerrieri e il perigliar nell’armi; + +E il mercatante avaro in ozio vive: + +Che non a sé, non ad altrui, la bella + +Felicità, cui solo agogna e cerca + +La natura mortal, veruno acquista + +Per cura o per sudor, vegghia o periglio. + +Pure all’aspro desire onde i mortali + +Già sempre infin dal dì che il mondo nacque + +D’esser beati sospiraro indarno, + +Di medicina in loco apparecchiate + +Nella vita infelice avea natura + +Necessità diverse, a cui non senza + +Opra e pensier si provvedesse, e pieno, + +Poi che lieto non può, corresse il giorno + +All’umana famiglia; onde agitato + +E confuso il desio, men loco avesse + +Al travagliarne il cor. Così de’ bruti + +La progenie infinita, a cui pur solo, + +Né men vano che a noi, vive nel petto + +Desio d’esser beati; a quello intenta + +Che a lor vita è mestier, di noi men tristo + +Condur si scopre e men gravoso il tempo, + +Né la lentezza accagionar dell’ore. + +Ma noi, che il viver nostro all’altrui mano + +Provveder commettiamo, una più grave + +Necessità, cui provveder non puote + +Altri che noi, già senza tedio e pena + +Non adempiam: necessitate, io dico, + +Di consumar la vita: improba, invitta + +Necessità, cui non tesoro accolto, + +Non di greggi dovizia, o pingui campi, + +Non aula puote e non purpureo manto + +Sottrar l’umana prole. Or s’altri, a sdegno + +I vòti anni prendendo, e la superna + +Luce odiando, l’omicida mano, + +I tardi fati a prevenir condotto, + +In se stesso non torce; al duro morso + +Della brama insanabile che invano + +Felicità richiede, esso da tutti + +Lati cercando, mille inefficaci + +Medicine procaccia, onde quell’una + +Cui natura apprestò, mal si compensa. + +Lui delle vesti e delle chiome il culto + +E degli atti e dei passi, e i vani studi + +Di cocchi e di cavalli, e le frequenti + +Sale, e le piazze romorose, e gli orti, + +Lui giochi e cene e invidiate danze + +Tengon la notte e il giorno; a lui dal labbro + +Mai non si parte il riso; ahi, ma nel petto, + +Nell’imo petto, grave, salda, immota + +Come colonna adamantina, siede + +Noia immortale, incontro a cui non puote + +Vigor di giovanezza, e non la crolla + +Dolce parola di rosato labbro, + +E non lo sguardo tenero, tremante, + +Di due nere pupille, il caro sguardo, + +La più degna del ciel cosa mortale. + +Altri, quasi a fuggir volto la trista + +Umana sorte, in cangiar terre e climi + +L’età spendendo, e mari e poggi errando + +Tutto l’orbe trascorre, ogni confine + +Degli spazi che all’uom negl’infiniti + +Campi del tutto la natura aperse, + +Peregrinando aggiunge. Ahi ahi, s’asside + +Su l’alte prue la negra cura, e sotto + +Ogni clima, ogni ciel, si chiama indarno + +Felicità, vive tristezza e regna. + +Havvi chi le crudeli opre di marte + +Si elegge a passar l’ore, e nel fraterno + +Sangue la man tinge per ozio; ed havvi + +Chi d’altrui danni si conforta, e pensa + +Con far misero altrui far sé men tristo, + +Sì che nocendo usar procaccia il tempo. + +E chi virtute o sapienza ed arti + +Perseguitando; e chi la propria gente + +Conculcando e l’estrane, o di remoti + +Lidi turbando la quiete antica + +Col mercatar, con l’armi, e con le frodi, + +La destinata sua vita consuma. + +Te più mite desio, cura più dolce + +Regge nel fior di gioventù, nel bello + +April degli anni, altrui giocondo e primo + +Dono del ciel, ma grave, amaro, infesto + +A chi patria non ha. Te punge e move + +Studio de’ carmi e di ritrar parlando + +Il bel che raro e scarso e fuggitivo + +Appar nel mondo, e quel che più benigna + +Di natura e del ciel, fecondamente + +A noi la vaga fantasia produce + +E il nostro proprio error. Ben mille volte + +Fortunato colui che la caduca + +Virtù del caro immaginar non perde + +Per volger d’anni; a cui serbare eterna + +La gioventù del cor diedero i fati; + +Che nella ferma e nella stanca etade, + +Così come solea nell’età verde, + +In suo chiuso pensier natura abbella, + +Morte, deserto avviva. A te conceda + +Tanta ventura il ciel; ti faccia un tempo + +La favilla che il petto oggi ti scalda, + +Di poesia canuto amante. Io tutti + +Della prima stagione i dolci inganni + +Mancar già sento, e dileguar dagli occhi + +Le dilettose immagini, che tanto + +Amai, che sempre infino all’ora estrema + +Mi fieno, a ricordar, bramate e piante. + +Or quando al tutto irrigidito e freddo + +Questo petto sarà, né degli aprichi + +Campi il sereno e solitario riso, + +Né degli augelli mattutini il canto + +Di primavera, né per colli e piagge + +Sotto limpido ciel tacita luna + +Commoverammi il cor; quando mi fia + +Ogni beltate o di natura o d’arte, + +Fatta inanime e muta; ogni alto senso, + +Ogni tenero affetto, ignoto e strano; + +Del mio solo conforto allor mendico, + +Altri studi men dolci, in ch’io riponga + +L’ingrato avanzo della ferrea vita, + +Eleggerò. L’acerbo vero, i ciechi + +Destini investigar delle mortali + +E dell’eterne cose; a che prodotta, + +A che d’affanni e di miserie carca + +L’umana stirpe; a quale ultimo intento + +Lei spinga il fato e la natura; a cui + +Tanto nostro dolor diletti o giovi: + +Con quali ordini e leggi a che si volva + +Questo arcano universo; il qual di lode + +Colmano i saggi, io d’ammirar son pago. + +In questo specolar gli ozi traendo + +Verrò: che conosciuto, ancor che tristo, + +Ha suoi diletti il vero. E se del vero + +Ragionando talor, fieno alle genti + +O mal grati i miei detti o non intesi, + +Non mi dorrò, che già del tutto il vago + +Desio di gloria antico in me fia spento: + +Vana Diva non pur, ma di fortuna + +E del fato e d’amor, Diva più cieca. + + + + + +XX. IL RISORGIMENTO + + + + +Credei ch’al tutto fossero + +In me, sul fior degli anni, + +Mancati i dolci affanni + +Della mia prima età: + +I dolci affanni, i teneri + +Moti del cor profondo, + +Qualunque cosa al mondo + +Grato il sentir ci fa. + +Quante querele e lacrime + +Sparsi nel novo stato, + +Quando al mio cor gelato + +Prima il dolor mancò! + +Mancàr gli usati palpiti, + +L’amor mi venne meno, + +E irrigidito il seno + +Di sospirar cessò! + +Piansi spogliata, esanime + +Fatta per me la vita + +La terra inaridita, + +Chiusa in eterno gel; + +Deserto il dì; la tacita + +Notte più sola e bruna; + +Spenta per me la luna, + +Spente le stelle in ciel. + +Pur di quel pianto origine + +Era l’antico affetto: + +Nell’intimo del petto + +Ancor viveva il cor. + +Chiedea l’usate immagini + +La stanca fantasia; + +E la tristezza mia + +Era dolore ancor. + +Fra poco in me quell’ultimo + +Dolore anco fu spento, + +E di più far lamento + +Valor non mi restò. + +Giacqui: insensato, attonito, + +Non dimandai conforto: + +Quasi perduto e morto, + +Il cor s’abbandonò. + +Qual fui! quanto dissimile + +Da quel che tanto ardore, + +Che sì beato errore + +Nutrii nell’alma un dì! + +La rondinella vigile, + +Alle finestre intorno + +Cantando al novo giorno, + +Il cor non mi ferì: + +Non all’autunno pallido + +In solitaria villa, + +La vespertina squilla, + +Il fuggitivo Sol. + +Invan brillare il vespero + +Vidi per muto calle, + +Invan sonò la valle + +Del flebile usignol. + +E voi, pupille tenere, + +Sguardi furtivi, erranti, + +Voi de’ gentili amanti + +Primo, immortale amor, + +Ed alla mano offertami + +Candida ignuda mano, + +Foste voi pure invano + +Al duro mio sopor. + +D’ogni dolcezza vedovo, + +Tristo; ma non turbato, + +Ma placido il mio stato, + +Il volto era seren. + +Desiderato il termine + +Avrei del viver mio; + +Ma spento era il desio + +Nello spossato sen. + +Qual dell’età decrepita + +L’avanzo ignudo e vile, + +Io conducea l’aprile + +Degli anni miei così: + +Così quegl’ineffabili + +Giorni, o mio cor, traevi, + +Che sì fugaci e brevi + +Il cielo a noi sortì. + +Chi dalla grave, immemore + +Quiete or mi ridesta? + +Che virtù nova è questa, + +Questa che sento in me? + +Moti soavi, immagini, + +Palpiti, error beato, + +Per sempre a voi negato + +Questo mio cor non è? + +Siete pur voi quell’unica + +Luce de’ giorni miei? + +Gli affetti ch’io perdei + +Nella novella età? + +Se al ciel, s’ai verdi margini, + +Ovunque il guardo mira, + +Tutto un dolor mi spira, + +Tutto un piacer mi dà. + +Meco ritorna a vivere + +La piaggia, il bosco, il monte; + +Parla al mio core il fonte, + +Meco favella il mar. + +Chi mi ridona il piangere + +Dopo cotanto obblio? + +E come al guardo mio + +Cangiato il mondo appar? + +Forse la speme, o povero + +Mio cor, ti volse un riso? + +Ahi della speme il viso + +Io non vedrò mai più. + +Proprii mi diede i palpiti, + +Natura, e i dolci inganni. + +Sopiro in me gli affanni + +L’ingenita virtù; + +Non l’annullàr: non vinsela + +Il fato e la sventura; + +Non con la vista impura + +L’infausta verità. + +Dalle mie vaghe immagini + +So ben ch’ella discorda: + +So che natura è sorda, + +Che miserar non sa. + +Che non del ben sollecita + +Fu, ma dell’esser solo: + +Purché ci serbi al duolo, + +Or d’altro a lei non cal. + +So che pietà fra gli uomini + +Il misero non trova; + +Che lui, fuggendo, a prova + +Schernisce ogni mortal. + +Che ignora il tristo secolo + +Gl’ingegni e le virtudi; + +Che manca ai degni studi + +L’ignuda gloria ancor. + +E voi, pupille tremule, + +Voi, raggio sovrumano, + +So che splendete invano, + +Che in voi non brilla amor. + +Nessuno ignoto ed intimo + +Affetto in voi non brilla: + +Non chiude una favilla + +Quel bianco petto in sé. + +Anzi d’altrui le tenere + +Cure suol porre in gioco; + +E d’un celeste foco + +Disprezzo è la mercè. + +Pur sento in me rivivere + +Gl’inganni aperti e noti; + +E, de’ suoi proprii moti + +Si maraviglia il sen. + +Da te, mio cor, quest’ultimo + +Spirto, e l’ardor natio, + +Ogni conforto mio + +Solo da te mi vien. + +Mancano, il sento, all’anima + +Alta, gentile e pura, + +La sorte, la natura, + +Il mondo e la beltà. + +Ma se tu vivi, o misero, + +Se non concedi al fato, + +Non chiamerò spietato + +Chi lo spirar mi dà. + + + + + +XXI. A SILVIA + + + + +Silvia, rimembri ancora + +Quel tempo della tua vita mortale, + +Quando beltà splendea + +Negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi, + +E tu, lieta e pensosa, il limitare + +Di gioventù salivi? + +Sonavan le quiete + +Stanze, e le vie dintorno, + +Al tuo perpetuo canto, + +Allor che all’opre femminili intenta + +Sedevi, assai contenta + +Di quel vago avvenir che in mente avevi. + +Era il maggio odoroso: e tu solevi + +Così menare il giorno. + +Io gli studi leggiadri + +Talor lasciando e le sudate carte, + +Ove il tempo mio primo + +E di me si spendea la miglior parte, + +D’in su i veroni del paterno ostello + +Porgea gli orecchi al suon della tua voce, + +Ed alla man veloce + +Che percorrea la faticosa tela. + +Mirava il ciel sereno, + +Le vie dorate e gli orti, + +E quinci il mar da lungi, e quindi il monte. + +Lingua mortal non dice + +Quel ch’io sentiva in seno. + +Che pensieri soavi, + +Che speranze, che cori, o Silvia mia! + +Quale allor ci apparia + +La vita umana e il fato! + +Quando sovviemmi di cotanta speme, + +Un affetto mi preme + +Acerbo e sconsolato, + +E tornami a doler di mia sventura. + +O natura, o natura, + +Perché non rendi poi + +Quel che prometti allor? perché di tanto + +Inganni i figli tuoi? + +Tu pria che l’erbe inaridisse il verno, + +Da chiuso morbo combattuta e vinta, + +Perivi, o tenerella. E non vedevi + +Il fior degli anni tuoi; + +Non ti molceva il core + +La dolce lode or delle negre chiome, + +Or degli sguardi innamorati e schivi; + +Né teco le compagne ai dì festivi + +Ragionavan d’amore. + +Anche peria fra poco + +La speranza mia dolce: agli anni miei + +Anche negaro i fati + +La giovanezza. Ahi come, + +Come passata sei, + +Cara compagna dell’età mia nova, + +Mia lacrimata speme! + +Questo è quel mondo? questi + +I diletti, l’amor, l’opre, gli eventi + +Onde cotanto ragionammo insieme? + +Questa la sorte dell’umane genti? + +All’apparir del vero + +Tu, misera, cadesti: e con la mano + +La fredda morte ed una tomba ignuda + +Mostravi di lontano. + + + + + +XXII. LE RICORDANZE + + + + +Vaghe stelle dell’Orsa, io non credea + +Tornare ancor per uso a contemplarvi + +Sul paterno giardino scintillanti, + +E ragionar con voi dalle finestre + +Di questo albergo ove abitai fanciullo, + +E delle gioie mie vidi la fine. + +Quante immagini un tempo, e quante fole + +Creommi nel pensier l’aspetto vostro + +E delle luci a voi compagne! allora + +Che, tacito, seduto in verde zolla, + +Delle sere io solea passar gran parte + +Mirando il cielo, ed ascoltando il canto + +Della rana rimota alla campagna! + +E la lucciola errava appo le siepi + +E in su l’aiuole, susurrando al vento + +I viali odorati, ed i cipressi + +Là nella selva; e sotto al patrio tetto + +Sonavan voci alterne, e le tranquille + +Opre de’ servi. E che pensieri immensi, + +Che dolci sogni mi spirò la vista + +Di quel lontano mar, quei monti azzurri, + +Che di qua scopro, e che varcare un giorno + +Io mi pensava, arcani mondi, arcana + +Felicità fingendo al viver mio! + +Ignaro del mio fato, e quante volte + +Questa mia vita dolorosa e nuda + +Volentier con la morte avrei cangiato. + +Né mi diceva il cor che l’età verde + +Sarei dannato a consumare in questo + +Natio borgo selvaggio, intra una gente + +Zotica, vil; cui nomi strani, e spesso + +Argomento di riso e di trastullo, + +Son dottrina e saper; che m’odia e fugge, + +Per invidia non già, che non mi tiene + +Maggior di sé, ma perché tale estima + +Ch’io mi tenga in cor mio, sebben di fuori + +A persona giammai non ne fo segno. + +Qui passo gli anni, abbandonato, occulto, + +Senz’amor, senza vita; ed aspro a forza + +Tra lo stuol de’ malevoli divengo: + +Qui di pietà mi spoglio e di virtudi, + +E sprezzator degli uomini mi rendo, + +Per la greggia ch’ho appresso: e intanto vola + +Il caro tempo giovanil; più caro + +Che la fama e l’allor, più che la pura + +Luce del giorno, e lo spirar: ti perdo + +Senza un diletto, inutilmente, in questo + +Soggiorno disumano, intra gli affanni, + +O dell’arida vita unico fiore. + +Viene il vento recando il suon dell’ora + +Dalla torre del borgo. Era conforto + +Questo suon, mi rimembra, alle mie notti, + +Quando fanciullo, nella buia stanza, + +Per assidui terrori io vigilava, + +Sospirando il mattin. Qui non è cosa + +Ch’io vegga o senta, onde un’immagin dentro + +Non torni, e un dolce rimembrar non sorga. + +Dolce per sé; ma con dolor sottentra + +Il pensier del presente, un van desio + +Del passato, ancor tristo, e il dire: io fui. + +Quella loggia colà, volta agli estremi + +Raggi del dì; queste dipinte mura, + +Quei figurati armenti, e il Sol che nasce + +Su romita campagna, agli ozi miei + +Porser mille diletti allor che al fianco + +M’era, parlando, il mio possente errore + +Sempre, ov’io fossi. In queste sale antiche, + +Al chiaror delle nevi, intorno a queste + +Ampie finestre sibilando il vento, + +Rimbombaro i sollazzi e le festose + +Mie voci al tempo che l’acerbo, indegno + +Mistero delle cose a noi si mostra + +Pien di dolcezza; indelibata, intera + +Il garzoncel, come inesperto amante, + +La sua vita ingannevole vagheggia, + +E celeste beltà fingendo ammira. + +O speranze, speranze; ameni inganni + +Della mia prima età! sempre, parlando, + +Ritorno a voi; che per andar di tempo, + +Per variar d’affetti e di pensieri, + +Obbliarvi non so. Fantasmi, intendo, + +Son la gloria e l’onor; diletti e beni + +Mero desio; non ha la vita un frutto, + +Inutile miseria. E sebben vòti + +Son gli anni miei, sebben deserto, oscuro + +Il mio stato mortal, poco mi toglie + +La fortuna, ben veggo. Ahi, ma qualvolta + +A voi ripenso, o mie speranze antiche, + +Ed a quel caro immaginar mio primo; + +Indi riguardo il viver mio sì vile + +E sì dolente, e che la morte è quello + +Che di cotanta speme oggi m’avanza; + +Sento serrarmi il cor, sento ch’al tutto + +Consolarmi non so del mio destino. + +E quando pur questa invocata morte + +Sarammi allato, e sarà giunto il fine + +Della sventura mia; quando la terra + +Mi fia straniera valle, e dal mio sguardo + +Fuggirà l’avvenir; di voi per certo + +Risovverrammi; e quell’imago ancora + +Sospirar mi farà, farammi acerbo + +L’esser vissuto indarno, e la dolcezza + +Del dì fatal tempererà d’affanno. + +E già nel primo giovanil tumulto + +Di contenti, d’angosce e di desio, + +Morte chiamai più volte, e lungamente + +Mi sedetti colà su la fontana + +Pensoso di cessar dentro quell’acque + +La speme e il dolor mio. Poscia, per cieco + +Malor, condotto della vita in forse, + +Piansi la bella giovanezza, e il fiore + +De’ miei poveri dì, che sì per tempo + +Cadeva: e spesso all’ore tarde, assiso + +Sul conscio letto, dolorosamente + +Alla fioca lucerna poetando, + +Lamentai co’ silenzi e con la notte + +Il fuggitivo spirto, ed a me stesso + +In sul languir cantai funereo canto. + +Chi rimembrar vi può senza sospiri, + +O primo entrar di giovinezza, o giorni + +Vezzosi, inenarrabili, allor quando + +Al rapito mortal primieramente + +Sorridon le donzelle; a gara intorno + +Ogni cosa sorride; invidia tace, + +Non desta ancora ovver benigna; e quasi + +(Inusitata maraviglia!) il mondo + +La destra soccorrevole gli porge, + +Scusa gli errori suoi, festeggia il novo + +Suo venir nella vita, ed inchinando + +Mostra che per signor l’accolga e chiami? + +Fugaci giorni! a somigliar d’un lampo + +Son dileguati. E qual mortale ignaro + +Di sventura esser può, se a lui già scorsa + +Quella vaga stagion, se il suo buon tempo, + +Se giovanezza, ahi giovanezza, è spenta? + +O Nerina! e di te forse non odo + +Questi luoghi parlar? caduta forse + +Dal mio pensier sei tu? Dove sei gita, + +Che qui sola di te la ricordanza + +Trovo, dolcezza mia? Più non ti vede + +Questa Terra natal: quella finestra, + +Ond’eri usata favellarmi, ed onde + +Mesto riluce delle stelle il raggio, + +È deserta. Ove sei, che più non odo + +La tua voce sonar, siccome un giorno, + +Quando soleva ogni lontano accento + +Del labbro tuo, ch’a me giungesse, il volto + +Scolorarmi? Altro tempo. I giorni tuoi + +Furo, mio dolce amor. Passasti. Ad altri + +Il passar per la terra oggi è sortito, + +E l’abitar questi odorati colli. + +Ma rapida passasti; e come un sogno + +Fu la tua vita. Iva danzando; in fronte + +La gioia ti splendea, splendea negli occhi + +Quel confidente immaginar, quel lume + +Di gioventù, quando spegneali il fato, + +E giacevi. Ahi Nerina! In cor mi regna + +L’antico amor. Se a feste anco talvolta, + +Se a radunanze io movo, infra me stesso + +Dico: o Nerina, a radunanze, a feste + +Tu non ti acconci più, tu più non movi. + +Se torna maggio, e ramoscelli e suoni + +Van gli amanti recando alle fanciulle, + +Dico: Nerina mia, per te non torna + +Primavera giammai, non torna amore. + +Ogni giorno sereno, ogni fiorita + +Piaggia ch’io miro, ogni goder ch’io sento, + +Dico: Nerina or più non gode; i campi, + +L’aria non mira. Ahi tu passasti, eterno + +Sospiro mio: passasti: e fia compagna + +D’ogni mio vago immaginar, di tutti + +I miei teneri sensi, i tristi e cari + +Moti del cor, la rimembranza acerba. + + + + + +XXIII. CANTO NOTTURNO DI UN PASTORE ERRANTE DELL’ASIA + + + + +Che fai tu, luna, in ciel? dimmi, che fai, + +Silenziosa luna? + +Sorgi la sera, e vai, + +Contemplando i deserti; indi ti posi. + +Ancor non sei tu paga + +Di riandare i sempiterni calli? + +Ancor non prendi a schivo, ancor sei vaga + +Di mirar queste valli? + +Somiglia alla tua vita + +La vita del pastore. + +Sorge in sul primo albore; + +Move la greggia oltre pel campo, e vede + +Greggi, fontane ed erbe; + +Poi stanco si riposa in su la sera: + +Altro mai non ispera. + +Dimmi, o luna: a che vale + +Al pastor la sua vita, + +La vostra vita a voi? dimmi: ove tende + +Questo vagar mio breve, + +Il tuo corso immortale? + +Vecchierel bianco, infermo, + +Mezzo vestito e scalzo, + +Con gravissimo fascio in su le spalle, + +Per montagna e per valle, + +Per sassi acuti, ed alta rena, e fratte, + +Al vento, alla tempesta, e quando avvampa + +L’ora, e quando poi gela, + +Corre via, corre, anela, + +Varca torrenti e stagni, + +Cade, risorge, e più e più s’affretta, + +Senza posa o ristoro, + +Lacero, sanguinoso; infin ch’arriva + +Colà dove la via + +E dove il tanto affaticar fu volto: + +Abisso orrido, immenso, + +Ov’ei precipitando, il tutto obblia. + +Vergine luna, tale + +È la vita mortale. + +Nasce l’uomo a fatica, + +Ed è rischio di morte il nascimento. + +Prova pena e tormento + +Per prima cosa; e in sul principio stesso + +La madre e il genitore + +Il prende a consolar dell’esser nato. + +Poi che crescendo viene, + +L’uno e l’altro il sostiene, e via pur sempre + +Con atti e con parole + +Studiasi fargli core, + +E consolarlo dell’umano stato: + +Altro ufficio più grato + +Non si fa da parenti alla lor prole. + +Ma perché dare al sole, + +Perché reggere in vita + +Chi poi di quella consolar convenga? + +Se la vita è sventura + +Perché da noi si dura? + +Intatta luna, tale + +E` lo stato mortale. + +Ma tu mortal non sei, + +E forse del mio dir poco ti cale. + +Pur tu, solinga, eterna peregrina, + +Che sì pensosa sei, tu forse intendi, + +Questo viver terreno, + +Il patir nostro, il sospirar, che sia; + +Che sia questo morir, questo supremo + +Scolorar del sembiante, + +E perir dalla terra, e venir meno + +Ad ogni usata, amante compagnia. + +E tu certo comprendi + +Il perché delle cose, e vedi il frutto + +Del mattin, della sera, + +Del tacito, infinito andar del tempo. + +Tu sai, tu certo, a qual suo dolce amore + +Rida la primavera, + +A chi giovi l’ardore, e che procacci + +Il verno co’ suoi ghiacci. + +Mille cose sai tu, mille discopri, + +Che son celate al semplice pastore. + +Spesso quand’io ti miro + +Star così muta in sul deserto piano, + +Che, in suo giro lontano, al ciel confina; + +Ovver con la mia greggia + +Seguirmi viaggiando a mano a mano; + +E quando miro in cielo arder le stelle; + +Dico fra me pensando: + +A che tante facelle? + +Che fa l’aria infinita, e quel profondo + +Infinito seren? che vuol dir questa + +Solitudine immensa? ed io che sono? + +Così meco ragiono: e della stanza + +Smisurata e superba, + +E dell’innumerabile famiglia; + +Poi di tanto adoprar, di tanti moti + +D’ogni celeste, ogni terrena cosa, + +Girando senza posa, + +Per tornar sempre là donde son mosse; + +Uso alcuno, alcun frutto + +Indovinar non so. Ma tu per certo, + +Giovinetta immortal, conosci il tutto. + +Questo io conosco e sento, + +Che degli eterni giri, + +Che dell’esser mio frale, + +Qualche bene o contento + +Avrà fors’altri; a me la vita è male. + +O greggia mia che posi, oh te beata, + +Che la miseria tua, credo, non sai! + +Quanta invidia ti porto! + +Non sol perché d’affanno + +Quasi libera vai; + +Ch’ogni stento, ogni danno, + +Ogni estremo timor subito scordi; + +Ma più perché giammai tedio non provi. + +Quando tu siedi all’ombra, sovra l’erbe, + +Tu se’ queta e contenta; + +E gran parte dell’anno + +Senza noia consumi in quello stato. + +Ed io pur seggo sovra l’erbe, all’ombra, + +E un fastidio m’ingombra + +La mente, ed uno spron quasi mi punge + +Sì che, sedendo, più che mai son lunge + +Da trovar pace o loco. + +E pur nulla non bramo, + +E non ho fino a qui cagion di pianto. + +Quel che tu goda o quanto, + +Non so già dir; ma fortunata sei. + +Ed io godo ancor poco, + +O greggia mia, né di ciò sol mi lagno. + +Se tu parlar sapessi, io chiederei: + +Dimmi: perché giacendo + +A bell’agio, ozioso, + +S’appaga ogni animale; + +Me, s’io giaccio in riposo, il tedio assale? + +Forse s’avess’io l’ale + +Da volar su le nubi, + +E noverar le stelle ad una ad una, + +O come il tuono errar di giogo in giogo, + +Più felice sarei, dolce mia greggia, + +Più felice sarei, candida luna. + +O forse erra dal vero, + +Mirando all’altrui sorte, il mio pensiero: + +Forse in qual forma, in quale + +Stato che sia, dentro covile o cuna, + +È funesto a chi nasce il dì natale. + + + + + +XXIV. LA QUIETE DOPO LA TEMPESTA + + + + +Passata è la tempesta: + +Odo augelli far festa, e la gallina, + +Tornata in su la via, + +Che ripete il suo verso. Ecco il sereno + +Rompe là da ponente, alla montagna; + +Sgombrasi la campagna, + +E chiaro nella valle il fiume appare. + +Ogni cor si rallegra, in ogni lato + +Risorge il romorio + +Torna il lavoro usato. + +L’artigiano a mirar l’umido cielo, + +Con l’opra in man, cantando, + +Fassi in su l’uscio; a prova + +Vien fuor la femminetta a còr dell’acqua + +Della novella piova; + +E l’erbaiuol rinnova + +Di sentiero in sentiero + +Il grido giornaliero. + +Ecco il Sol che ritorna, ecco sorride + +Per li poggi e le ville. Apre i balconi, + +Apre terrazzi e logge la famiglia: + +E, dalla via corrente, odi lontano + +Tintinnio di sonagli; il carro stride + +Del passeggier che il suo cammin ripiglia. + +Si rallegra ogni core. + +Sì dolce, sì gradita + +Quand’è, com’or, la vita? + +Quando con tanto amore + +L’uomo a’ suoi studi intende? + +O torna all’opre? o cosa nova imprende? + +Quando de’ mali suoi men si ricorda? + +Piacer figlio d’affanno; + +Gioia vana, ch’è frutto + +Del passato timore, onde si scosse + +E paventò la morte + +Chi la vita abborria; + +Onde in lungo tormento, + +Fredde, tacite, smorte, + +Sudàr le genti e palpitàr, vedendo + +Mossi alle nostre offese + +Folgori, nembi e vento. + +O natura cortese, + +Son questi i doni tuoi, + +Questi i diletti sono + +Che tu porgi ai mortali. Uscir di pena + +È diletto fra noi. + +Pene tu spargi a larga mano; il duolo + +Spontaneo sorge e di piacer, quel tanto + +Che per mostro e miracolo talvolta + +Nasce d’affanno, è gran guadagno. Umana + +Prole cara agli eterni! assai felice + +Se respirar ti lice + +D’alcun dolor: beata + +Se te d’ogni dolor morte risana. + + + + + +XXV. IL SABATO DEL VILLAGGIO + + + + +La donzelletta vien dalla campagna, + +In sul calar del sole, + +Col suo fascio dell’erba; e reca in mano + +Un mazzolin di rose e di viole, + +Onde, siccome suole, + +Ornare ella si appresta + +Dimani, al dì di festa, il petto e il crine. + +Siede con le vicine + +Su la scala a filar la vecchierella, + +Incontro là dove si perde il giorno; + +E novellando vien del suo buon tempo, + +Quando ai dì della festa ella si ornava, + +Ed ancor sana e snella + +Solea danzar la sera intra di quei + +Ch’ebbe compagni dell’età più bella. + +Già tutta l’aria imbruna, + +Torna azzurro il sereno, e tornan l’ombre + +Giù da’ colli e da’ tetti, + +Al biancheggiar della recente luna. + +Or la squilla dà segno + +Della festa che viene; + +Ed a quel suon diresti + +Che il cor si riconforta. + +I fanciulli gridando + +Su la piazzuola in frotta, + +E qua e là saltando, + +Fanno un lieto romore: + +E intanto riede alla sua parca mensa, + +Fischiando, il zappatore, + +E seco pensa al dì del suo riposo. + +Poi quando intorno è spenta ogni altra face, + +E tutto l’altro tace, + +Odi il martel picchiare, odi la sega + +Del legnaiuol, che veglia + +Nella chiusa bottega alla lucerna, + +E s’affretta, e s’adopra + +Di fornir l’opra anzi il chiarir dell’alba. + +Questo di sette è il più gradito giorno, + +Pien di speme e di gioia: + +Diman tristezza e noia + +Recheran l’ore, ed al travaglio usato + +Ciascuno in suo pensier farà ritorno. + +Garzoncello scherzoso, + +Cotesta età fiorita + +È come un giorno d’allegrezza pieno, + +Giorno chiaro, sereno, + +Che precorre alla festa di tua vita. + +Godi, fanciullo mio; stato soave, + +Stagion lieta è cotesta. + +Altro dirti non vo’; ma la tua festa + +Ch’anco tardi a venir non ti sia grave. + + + + + +XXVI. IL PENSIERO DOMINANTE + + + + +Dolcissimo, possente + +Dominator di mia profonda mente; + +Terribile, ma caro + +Dono del ciel; consorte + +Ai lùgubri miei giorni, + +Pensier che innanzi a me sì spesso torni. + +Di tua natura arcana + +Chi non favella? il suo poter fra noi + +Chi non sentì? Pur sempre + +Che in dir gli effetti suoi + +Le umane lingue il sentir proprio sprona, + +Par novo ad ascoltar ciò ch’ei ragiona. + +Come solinga è fatta + +La mente mia d’allora + +Che tu quivi prendesti a far dimora! + +Ratto d’intorno intorno al par del lampo + +Gli altri pensieri miei + +Tutti si dileguàr. Siccome torre + +In solitario campo, + +Tu stai solo, gigante, in mezzo a lei. + +Che divenute son, fuor di te solo, + +Tutte l’opre terrene, + +Tutta intera la vita al guardo mio! + +Che intollerabil noia + +Gli ozi, i commerci usati, + +E di vano piacer la vana spene, + +Allato a quella gioia, + +Gioia celeste che da te mi viene! + +Come da’ nudi sassi + +Dello scabro Apennino + +A un campo verde che lontan sorrida + +Volge gli occhi bramoso il pellegrino; + +Tal io dal secco ed aspro + +Mondano conversar vogliosamente, + +Quasi in lieto giardino, a te ritorno, + +E ristora i miei sensi il tuo soggiorno. + +Quasi incredibil parmi + +Che la vita infelice e il mondo sciocco + +Già per gran tempo assai + +Senza te sopportai; + +Quasi intender non posso + +Come d’altri desiri, + +Fuor ch’a te somiglianti, altri sospiri. + +Giammai d’allor che in pria + +Questa vita che sia per prova intesi, + +Timor di morte non mi strinse il petto. + +Oggi mi pare un gioco + +Quella che il mondo inetto, + +Talor lodando, ognora abborre e trema, + +Necessitade estrema; + +E se periglio appar, con un sorriso + +Le sue minacce a contemplar m’affiso. + +Sempre i codardi, e l’alme + +Ingenerose, abbiette + +Ebbi in dispregio. Or punge ogni atto indegno + +Subito i sensi miei; + +Move l’alma ogni esempio + +Dell’umana viltà subito a sdegno. + +Di questa età superba, + +Che di vote speranze si nutrica, + +Vaga di ciance, e di virtù nemica; + +Stolta, che l’util chiede, + +E inutile la vita + +Quindi più sempre divenir non vede; + +Maggior mi sento. A scherno + +Ho gli umani giudizi; e il vario volgo + +A’ bei pensieri infesto, + +E degno tuo disprezzator, calpesto. + +A quello onde tu movi, + +Quale affetto non cede? + +Anzi qual altro affetto + +Se non quell’uno intra i mortali ha sede? + +Avarizia, superbia, odio, disdegno, + +Studio d’onor, di regno, + +Che sono altro che voglie + +Al paragon di lui? Solo un affetto + +Vive tra noi: quest’uno, + +Prepotente signore, + +Dieder l’eterne leggi all’uman core. + +Pregio non ha, non ha ragion la vita + +Se non per lui, per lui ch’all’uomo è tutto; + +Sola discolpa al fato, + +Che noi mortali in terra + +Pose a tanto patir senz’altro frutto; + +Solo per cui talvolta, + +Non alla gente stolta, al cor non vile + +La vita della morte è più gentile. + +Per còr le gioie tue, dolce pensiero, + +Provar gli umani affanni, + +E sostener molt’anni + +Questa vita mortal, fu non indegno; + +Ed ancor tornerei, + +Così qual son de’ nostri mali esperto, + +Verso un tal segno a incominciare il corso: + +Che tra le sabbie e tra il vipereo morso, + +Giammai finor sì stanco + +Per lo mortal deserto + +Non venni a te, che queste nostre pene + +Vincer non mi paresse un tanto bene. + +Che mondo mai, che nova + +Immensità, che paradiso è quello + +Là dove spesso il tuo stupendo incanto + +Parmi innalzar! dov’io, + +Sott’altra luce che l’usata errando, + +Il mio terreno stato + +E tutto quanto il ver pongo in obblio! + +Tali son, credo, i sogni + +Degl’immortali. Ahi finalmente un sogno + +In molta parte onde s’abbella il vero + +Sei tu, dolce pensiero; + +Sogno e palese error. Ma di natura, + +Infra i leggiadri errori, + +Divina sei; perché sì viva e forte, + +Che incontro al ver tenacemente dura, + +E spesso al ver s’adegua, + +Né si dilegua pria, che in grembo a morte. + +E tu per certo, o mio pensier, tu solo + +Vitale ai giorni miei, + +Cagion diletta d’infiniti affanni, + +Meco sarai per morte a un tempo spento: + +Ch’a vivi segni dentro l’alma io sento + +Che in perpetuo signor dato mi sei. + +Altri gentili inganni + +Soleami il vero aspetto + +Più sempre infievolir. Quanto più torno + +A riveder colei + +Della qual teco ragionando io vivo, + +Cresce quel gran diletto, + +Cresce quel gran delirio, ond’io respiro. + +Angelica beltade! + +Parmi ogni più bel volto, ovunque io miro, + +Quasi una finta imago + +Il tuo volto imitar. Tu sola fonte + +D’ogni altra leggiadria, + +Sola vera beltà parmi che sia. + +Da che ti vidi pria, + +Di qual mia seria cura ultimo obbietto + +Non fosti tu? quanto del giorno è scorso, + +Ch’io di te non pensassi? ai sogni miei + +La tua sovrana imago + +Quante volte mancò? Bella qual sogno, + +Angelica sembianza, + +Nella terrena stanza, + +Nell’alte vie dell’universo intero, + +Che chiedo io mai, che spero + +Altro che gli occhi tuoi veder più vago? + +Altro più dolce aver che il tuo pensiero? + + + + + +XXVII. AMORE E MORTE + + + + +Muor giovane colui ch’al cielo è caro + +Menandro + + + + + +Fratelli, a un tempo stesso, Amore e Morte + +Ingenerò la sorte. + +Cose quaggiù sì belle + +Altre il mondo non ha, non han le stelle. + +Nasce dall’uno il bene, + +Nasce il piacer maggiore + +Che per lo mar dell’essere si trova; + +L’altra ogni gran dolore, + +Ogni gran male annulla. + +Bellissima fanciulla, + +Dolce a veder, non quale + +La si dipinge la codarda gente, + +Gode il fanciullo Amore + +Accompagnar sovente; + +E sorvolano insiem la via mortale, + +Primi conforti d’ogni saggio core. + +Né cor fu mai più saggio + +Che percosso d’amor, né mai più forte + +Sprezzò l’infausta vita, + +Né per altro signore + +Come per questo a perigliar fu pronto: + +Ch’ove tu porgi aita, + +Amor, nasce il coraggio, + +O si ridesta; e sapiente in opre, + +Non in pensiero invan, siccome suole, + +Divien l’umana prole. + +Quando novellamente + +Nasce nel cor profondo + +Un amoroso affetto, + +Languido e stanco insiem con esso in petto + +Un desiderio di morir si sente: + +Come, non so: ma tale + +D’amor vero e possente è il primo effetto. + +Forse gli occhi spaura + +Allor questo deserto: a sé la terra + +Forse il mortale inabitabil fatta + +Vede omai senza quella + +Nova, sola, infinita + +Felicità che il suo pensier figura: + +Ma per cagion di lei grave procella + +Presentendo in suo cor, brama quiete, + +Brama raccorsi in porto + +Dinanzi al fier disio, + +Che già, rugghiando, intorno intorno oscura. + +Poi, quando tutto avvolge + +La formidabil possa, + +E fulmina nel cor l’invitta cura, + +Quante volte implorata + +Con desiderio intenso, + +Morte, sei tu dall’affannoso amante! + +Quante la sera, e quante, + +Abbandonando all’alba il corpo stanco, + +Sé beato chiamò s’indi giammai + +Non rilevasse il fianco, + +Né tornasse a veder l’amara luce! + +E spesso al suon della funebre squilla, + +Al canto che conduce + +La gente morta al sempiterno obblio, + +Con più sospiri ardenti + +Dall’imo petto invidiò colui + +Che tra gli spenti ad abitar sen giva. + +Fin la negletta plebe, + +L’uom della villa, ignaro + +D’ogni virtù che da saper deriva, + +Fin la donzella timidetta e schiva, + +Che già di morte al nome + +Sentì rizzar le chiome, + +Osa alla tomba, alle funeree bende + +Fermar lo sguardo di costanza pieno, + +Osa ferro e veleno + +Meditar lungamente, + +E nell’indotta mente + +La gentilezza del morir comprende. + +Tanto alla morte inclina + +D’amor la disciplina. Anco sovente, + +A tal venuto il gran travaglio interno + +Che sostener nol può forza mortale, + +O cede il corpo frale + +Ai terribili moti, e in questa forma + +Pel fraterno poter Morte prevale; + +O così sprona Amor là nel profondo, + +Che da se stessi il villanello ignaro, + +La tenera donzella + +Con la man violenta + +Pongon le membra giovanili in terra. + +Ride ai lor casi il mondo, + +A cui pace e vecchiezza il ciel consenta. + +Ai fervidi, ai felici, + +Agli animosi ingegni + +L’uno o l’altro di voi conceda il fato, + +Dolci signori, amici + +All’umana famiglia, + +Al cui poter nessun poter somiglia + +Nell’immenso universo, e non l’avanza, + +Se non quella del fato, altra possanza. + +E tu, cui già dal cominciar degli anni + +Sempre onorata invoco, + +Bella Morte, pietosa + +Tu sola al mondo dei terreni affanni, + +Se celebrata mai + +Fosti da me, s’al tuo divino stato + +L’onte del volgo ingrato + +Ricompensar tentai, + +Non tardar più, t’inchina + +A disusati preghi, + +Chiudi alla luce omai + +Questi occhi tristi, o dell’età reina. + +Me certo troverai, qual si sia l’ora + +Che tu le penne al mio pregar dispieghi, + +Erta la fronte, armato, + +E renitente al fato, + +La man che flagellando si colora + +Nel mio sangue innocente + +Non ricolmar di lode, + +Non benedir, com’usa + +Per antica viltà l’umana gente; + +Ogni vana speranza onde consola + +Se coi fanciulli il mondo, + +Ogni conforto stolto + +Gittar da me; null’altro in alcun tempo + +Sperar, se non te sola; + +Solo aspettar sereno + +Quel dì ch’io pieghi addormentato il volto + +Nel tuo virgineo seno. + + + + + +XXVIII. A SE STESSO + + + + +Or poserai per sempre, + +Stanco mio cor. Perì l’inganno estremo, + +Ch’eterno io mi credei. Perì. Ben sento, + +In noi di cari inganni, + +Non che la speme, il desiderio è spento. + +Posa per sempre. Assai + +Palpitasti. Non val cosa nessuna + +I moti tuoi, né di sospiri è degna + +La terra. Amaro e noia + +La vita, altro mai nulla; e fango è il mondo. + +T’acqueta omai. Dispera + +L’ultima volta. Al gener nostro il fato + +Non donò che il morire. Omai disprezza + +Te, la natura, il brutto + +Poter che, ascoso, a comun danno impera, + +E l’infinita vanità del tutto. + + + + + +XXIX. ASPASIA + + + + +Torna dinanzi al mio pensier talora + +Il tuo sembiante, Aspasia. O fuggitivo + +Per abitati lochi a me lampeggia + +In altri volti; o per deserti campi, + +Al dì sereno, alle tacenti stelle, + +Da soave armonia quasi ridesta, + +Nell’alma a sgomentarsi ancor vicina + +Quella superba vision risorge. + +Quanto adorata, o numi, e quale un giorno + +Mia delizia ed erinni! E mai non sento + +Mover profumo di fiorita piaggia, + +Né di fiori olezzar vie cittadine, + +Ch’io non ti vegga ancor qual eri il giorno + +Che ne’ vezzosi appartamenti accolta, + +Tutti odorati de’ novelli fiori + +Di primavera, del color vestita + +Della bruna viola, a me si offerse + +L’angelica tua forma, inchino il fianco + +Sovra nitide pelli, e circonfusa + +D’arcana voluttà; quando tu, dotta + +Allettatrice, fervidi sonanti + +Baci scoccavi nelle curve labbra + +De’ tuoi bambini, il niveo collo intanto + +Porgendo, e lor di tue cagioni ignari + +Con la man leggiadrissima stringevi + +Al seno ascoso e disiato. Apparve + +Novo ciel, nova terra, e quasi un raggio + +Divino al pensier mio. Così nel fianco + +Non punto inerme a viva forza impresse + +Il tuo braccio lo stral, che poscia fitto + +Ululando portai finch’a quel giorno + +Si fu due volte ricondotto il sole. + +Raggio divino al mio pensiero apparve, + +Donna, la tua beltà. Simile effetto + +Fan la bellezza e i musicali accordi, + +Ch’alto mistero d’ignorati Elisi + +Paion sovente rivelar. Vagheggia + +Il piagato mortal quindi la figlia + +Della sua mente, l’amorosa idea, + +Che gran parte d’Olimpo in sé racchiude, + +Tutta al volto ai costumi alla favella + +Pari alla donna che il rapito amante + +Vagheggiare ed amar confuso estima. + +Or questa egli non già, ma quella, ancora + +Nei corporali amplessi, inchina ed ama. + +Alfin l’errore e gli scambiati oggetti + +Conoscendo, s’adira; e spesso incolpa + +La donna a torto. A quella eccelsa imago + +Sorge di rado il femminile ingegno; + +E ciò che inspira ai generosi amanti + +La sua stessa beltà, donna non pensa, + +Né comprender potria. Non cape in quelle + +Anguste fronti ugual concetto. E male + +Al vivo sfolgorar di quegli sguardi + +Spera l’uomo ingannato, e mal richiede + +Sensi profondi, sconosciuti, e molto + +Più che virili, in chi dell’uomo al tutto + +Da natura è minor. Che se più molli + +E più tenui le membra, essa la mente + +Men capace e men forte anco riceve. + +Né tu finor giammai quel che tu stessa + +Inspirasti alcun tempo al mio pensiero, + +Potesti, Aspasia, immaginar. Non sai + +Che smisurato amor, che affanni intensi, + +Che indicibili moti e che deliri + +Movesti in me; né verrà tempo alcuno + +Che tu l’intenda. In simil guisa ignora + +Esecutor di musici concenti + +Quel ch’ei con mano o con la voce adopra + +In chi l’ascolta. Or quell’Aspasia è morta + +Che tanto amai. Giace per sempre, oggetto + +Della mia vita un dì: se non se quanto, + +Pur come cara larva, ad ora ad ora + +Tornar costuma e disparir. Tu vivi, + +Bella non solo ancor, ma bella tanto, + +Al parer mio, che tutte l’altre avanzi. + +Pur quell’ardor che da te nacque è spento: + +Perch’io te non amai, ma quella Diva + +Che già vita, or sepolcro, ha nel mio core. + +Quella adorai gran tempo; e sì mi piacque + +Sua celeste beltà, ch’io, per insino + +Già dal principio conoscente e chiaro + +Dell’esser tuo, dell’arti e delle frodi, + +Pur ne’ tuoi contemplando i suoi begli occhi, + +Cupido ti seguii finch’ella visse, + +Ingannato non già, ma dal piacere + +Di quella dolce somiglianza un lungo + +Servaggio ed aspro a tollerar condotto. + +Or ti vanta, che il puoi. Narra che sola + +Sei del tuo sesso a cui piegar sostenni + +L’altero capo, a cui spontaneo porsi + +L’indomito mio cor. Narra che prima, + +E spero ultima certo, il ciglio mio + +Supplichevol vedesti, a te dinanzi + +Me timido, tremante (ardo in ridirlo + +Di sdegno e di rossor), me di me privo, + +Ogni tua voglia, ogni parola, ogni atto + +Spiar sommessamente, a’ tuoi superbi + +Fastidi impallidir, brillare in volto + +Ad un segno cortese, ad ogni sguardo + +Mutar forma e color. Cadde l’incanto, + +E spezzato con esso, a terra sparso + +Il giogo: onde m’allegro. E sebben pieni + +Di tedio, alfin dopo il servire e dopo + +Un lungo vaneggiar, contento abbraccio + +Senno con libertà. Che se d’affetti + +Orba la vita, e di gentili errori, + +È notte senza stelle a mezzo il verno, + +Già del fato mortale a me bastante + +E conforto e vendetta è che su l’erba + +Qui neghittoso immobile giacendo, + +Il mar la terra e il ciel miro e sorrido. + + + + + +XXX. SOPRA UN BASSORILIEVO ANTICO SEPOLCRALE, DOVE UNA GIOVANE MORTA È RAPPRESENTATA IN ATTO DI PARTIRE, ACCOMIATANDOSI DAI SUOI + + + + +Dove vai? chi ti chiama + +Lunge dai cari tuoi, + +Bellissima donzella? + +Sola, peregrinando, il patrio tetto + +Sì per tempo abbandoni? a queste soglie + +Tornerai tu? farai tu lieti un giorno + +Questi ch’oggi ti son piangendo intorno? + +Asciutto il ciglio ed animosa in atto, + +Ma pur mesta sei tu. Grata la via + +O dispiacevol sia, tristo il ricetto + +A cui movi o giocondo, + +Da quel tuo grave aspetto + +Mal s’indovina. Ahi ahi, né già potria + +Fermare io stesso in me, né forse al mondo + +S’intese ancor, se in disfavore al cielo, + +Se cara esser nomata, + +Se misera tu debbi o fortunata. + +Morte ti chiama; al cominciar del giorno + +L’ultimo istante. Al nido onde ti parti, + +Non tornerai. L’aspetto + +De’ tuoi dolci parenti + +Lasci per sempre. Il loco + +A cui movi, è sotterra: + +Ivi fia d’ogni tempo il tuo soggiorno. + +Forse beata sei; ma pur chi mira, + +Seco pensando, al tuo destin, sospira. + +Mai non veder la luce + +Era, credo, il miglior. Ma nata, al tempo + +Che reina bellezza si dispiega + +Nelle membra e nel volto, + +Ed incomincia il mondo + +Verso lei di lontano ad atterrarsi; + +In sul fiorir d’ogni speranza, e molto + +Prima che incontro alla festosa fronte + +I lùgubri suoi lampi il ver baleni; + +Come vapore in nuvoletta accolto + +Sotto forme fugaci all’orizzonte, + +Dileguarsi così quasi non sorta, + +E cangiar con gli oscuri + +Silenzi della tomba i dì futuri, + +Questo se all’intelletto + +Appar felice, invade + +D’alta pietade ai più costanti il petto. + +Madre temuta e pianta + +Dal nascer già dell’animal famiglia, + +Natura, illaudabil maraviglia, + +Che per uccider partorisci e nutri, + +Se danno è del mortale + +Immaturo perir, come il consenti + +In quei capi innocenti? + +Se ben, perché funesta, + +Perché sovra ogni male, + +A chi si parte, a chi rimane in vita, + +Inconsolabil fai tal dipartita? + +Misera ovunque miri, + +Misera onde si volga, ove ricorra, + +Questa sensibil prole! + +Piacqueti che delusa + +Fosse ancor dalla vita + +La speme giovanil; piena d’affanni + +L’onda degli anni; ai mali unico schermo + +La morte; e questa inevitabil segno, + +Questa, immutata legge + +Ponesti all’uman corso. Ahi perché dopo + +Le travagliose strade, almen la meta + +Non ci prescriver lieta? anzi colei + +Che per certo futura + +Portiam sempre, vivendo, innanzi all’alma, + +Colei che i nostri danni + +Ebber solo conforto, + +Velar di neri panni, + +Cinger d’ombra sì trista, + +E spaventoso in vista + +Più d’ogni flutto dimostrarci il porto? + +Già se sventura è questo + +Morir che tu destini + +A tutti noi che senza colpa, ignari, + +Né volontari al vivere abbandoni, + +Certo ha chi more invidiabil sorte + +A colui che la morte + +Sente de’ cari suoi. Che se nel vero, + +Com’io per fermo estimo, + +Il vivere è sventura, + +Grazia il morir, chi però mai potrebbe, + +Quel che pur si dovrebbe, + +Desiar de’ suoi cari il giorno estremo, + +Per dover egli scemo + +Rimaner di se stesso, + +Veder d’in su la soglia levar via + +La diletta persona + +Con chi passato avrà molt’anni insieme, + +E dire a quella addio senz’altra speme + +Di riscontrarla ancora + +Per la mondana via; + +Poi solitario abbandonato in terra, + +Guardando attorno, all’ore ai lochi usati + +Rimemorar la scorsa compagnia? + +Come, ahi, come, o natura, il cor ti soffre + +Di strappar dalle braccia + +All’amico l’amico, + +Al fratello il fratello, + +La prole al genitore, + +All’amante l’amore: e l’uno estinto, + +L’altro in vita serbar? Come potesti + +Far necessario in noi + +Tanto dolor, che sopravviva amando + +Al mortale il mortal? Ma da natura + +Altro negli atti suoi + +Che nostro male o nostro ben si cura. + + + + + +XXXI. SOPRA IL RITRATTO DI UNA BELLA DONNA SCOLPITO NEL MONUMENTO SEPOLCRALE DELLA MEDESIMA + + + + +Tal fosti: or qui sotterra + +Polve e scheletro sei. Su l’ossa e il fango + +Immobilmente collocato invano, + +Muto, mirando dell’etadi il volo, + +Sta, di memoria solo + +E di dolor custode, il simulacro + +Della scorsa beltà. Quel dolce sguardo, + +Che tremar fe’, se, come or sembra, immoto + +In altrui s’affisò; quel labbro, ond’alto + +Par, come d’urna piena, + +Traboccare il piacer; quel collo, cinto + +Già di desio; quell’amorosa mano, + +Che spesso, ove fu porta, + +Sentì gelida far la man che strinse; + +E il seno, onde la gente + +Visibilmente di pallor si tinse, + +Furo alcun tempo: or fango + +Ed ossa sei: la vista + +Vituperosa e trista un sasso asconde. + +Così riduce il fato + +Qual sembianza fra noi parve più viva + +Immagine del ciel. Misterio eterno + +Dell’esser nostro. Oggi d’eccelsi, immensi + +Pensieri e sensi inenarrabil fonte, + +Beltà grandeggia, e pare, + +Quale splendor vibrato + +Da natura immortal su queste arene, + +Di sovrumani fati, + +Di fortunati regni e d’aurei mondi + +Segno e sicura spene + +Dare al mortale stato: + +Diman, per lieve forza, + +Sozzo a vedere, abominoso, abbietto + +Divien quel che fu dianzi + +Quasi angelico aspetto, + +E dalle menti insieme + +Quel che da lui moveva + +Ammirabil concetto, si dilegua. + +Desiderii infiniti + +E visioni altere + +Crea nel vago pensiere, + +Per natural virtù, dotto concento; + +Onde per mar delizioso, arcano + +Erra lo spirto umano, + +Quasi come a diporto + +Ardito notator per l’Oceano: + +Ma se un discorde accento + +Fere l’orecchio, in nulla + +Torna quel paradiso in un momento. + +Natura umana, or come, + +Se frale in tutto e vile, + +Se polve ed ombra sei, tant’alto senti? + +Se in parte anco gentile, + +Come i più degni tuoi moti e pensieri + +Son così di leggeri + +Da sì basse cagioni e desti e spenti? + + + + + +XXXII. PALINODIA AL MARCHESE GINO CAPPONI + + + + +Il sempre sospirar nulla rileva. + +Petrarca + + + + + +Errai, candido Gino; assai gran tempo, + +E di gran lunga errai. Misera e vana + +Stimai la vita, e sovra l’altre insulsa + +La stagion ch’or si volge. Intolleranda + +Parve, e fu, la mia lingua alla beata + +Prole mortal, se dir si dee mortale + +L’uomo, o si può. Fra maraviglia e sdegno, + +Dall’Eden odorato in cui soggiorna, + +Rise l’alta progenie, e me negletto + +Disse, o mal venturoso, e di piaceri + +O incapace o inesperto, il proprio fato + +Creder comune, e del mio mal consorte + +L’umana specie. Alfin per entro il fumo + +De’ sigari onorato, al romorio + +De’ crepitanti pasticcini, al grido + +Militar, di gelati e di bevande + +Ordinator, fra le percosse tazze + +E i branditi cucchiai, viva rifulse + +Agli occhi miei la giornaliera luce + +Delle gazzette. Riconobbi e vidi + +La pubblica letizia, e le dolcezze + +Del destino mortal. Vidi l’eccelso + +Stato e il valor delle terrene cose, + +E tutto fiori il corso umano, e vidi + +Come nulla quaggiù dispiace e dura. + +Né men conobbi ancor gli studi e l’opre + +Stupende, e il senno, e le virtudi, e l’alto + +Saver del secol mio. Né vidi meno + +Da Marrocco al Catai, dall’Orse al Nilo, + +E da Boston a Goa, correr dell’alma + +Felicità su l’orme a gara ansando + +Regni, imperi e ducati; e già tenerla + +O per le chiome fluttuanti, o certo + +Per l’estremo del boa. Così vedendo, + +E meditando sovra i larghi fogli + +Profondamente, del mio grave, antico + +Errore, e di me stesso, ebbi vergogna. + +Auro secolo omai volgono, o Gino, + +I fusi delle Parche. Ogni giornale, + +Gener vario di lingue e di colonne, + +Da tutti i lidi lo promette al mondo + +Concordemente. Universale amore, + +Ferrate vie, moltiplici commerci, + +Vapor, tipi e choléra i più divisi + +Popoli e climi stringeranno insieme: + +Né maraviglia fia se pino o quercia + +Suderà latte e mele, o s’anco al suono + +D’un walser danzerà. Tanto la possa + +Infin qui de’ lambicchi e delle storte, + +E le macchine al cielo emulatrici + +Crebbero, e tanto cresceranno al tempo + +Che seguirà; poiché di meglio in meglio + +Senza fin vola e volerà mai sempre + +Di Sem, di Cam e di Giapeto il seme. + +Ghiande non ciberà certo la terra + +Però, se fame non la sforza: il duro + +Ferro non deporrà. Ben molte volte + +Argento ed or disprezzerà, contenta + +A polizze di cambio. E già dal caro + +Sangue de’ suoi non asterrà la mano + +La generosa stirpe: anzi coverte + +Fien di stragi l’Europa e l’altra riva + +Dell’atlantico mar, fresca nutrice + +Di pura civiltà, sempre che spinga + +Contrarie in campo le fraterne schiere + +Di pepe o di cannella o d’altro aroma + +Fatal cagione, o di melate canne, + +O cagion qual si sia ch’ad auro torni. + +Valor vero e virtù, modestia e fede + +E di giustizia amor, sempre in qualunque + +Pubblico stato, alieni in tutto e lungi + +Da’ comuni negozi, ovvero in tutto + +Sfortunati saranno, afflitti e vinti; + +Perché diè lor natura, in ogni tempo + +Starsene in fondo. Ardir protervo e frode, + +Con mediocrità, regneran sempre, + +A galleggiar sortiti. Imperio e forze, + +Quanto più vogli o cumulate o sparse, + +Abuserà chiunque avralle, e sotto + +Qualunque nome. Questa legge in pria + +Scrisser natura e il fato in adamante; + +E co’ fulmini suoi Volta né Davy + +Lei non cancellerà, non Anglia tutta + +Con le macchine sue, né con un Gange + +Di politici scritti il secol novo. + +Sempre il buono in tristezza, il vile in festa + +Sempre e il ribaldo: incontro all’alme eccelse + +In arme tutti congiurati i mondi + +Fieno in perpetuo: al vero onor seguaci + +Calunnia, odio e livor: cibo de’ forti + +Il debole, cultor de’ ricchi e servo + +Il digiuno mendico, in ogni forma + +Di comun reggimento, o presso o lungi + +Sien l’eclittica o i poli, eternamente + +Sarà, se al gener nostro il proprio albergo + +E la face del dì non vengon meno. + +Queste lievi reliquie e questi segni + +Delle passate età, forza è che impressi + +Porti quella che sorge età dell’oro: + +Perché mille discordi e repugnanti + +L’umana compagnia principii e parti + +Ha per natura; e por quegli odii in pace + +Non valser gl’intelletti e le possanze + +Degli uomini giammai, dal dì che nacque + +L’inclita schiatta, e non varrà, quantunque + +Saggio sia né possente, al secol nostro + +Patto alcuno o giornal. Ma nelle cose + +Più gravi, intera, e non veduta innanzi, + +Fia la mortal felicità. Più molli + +Di giorno in giorno diverran le vesti + +O di lana o di seta. I rozzi panni + +Lasciando a prova agricoltori e fabbri, + +Chiuderanno in coton la scabra pelle, + +E di castoro copriran le schiene. + +Meglio fatti al bisogno, o più leggiadri + +Certamente a veder, tappeti e coltri, + +Seggiole, canapè, sgabelli e mense, + +Letti, ed ogni altro arnese, adorneranno + +Di lor menstrua beltà gli appartamenti; + +E nove forme di paiuoli, e nove + +Pentole ammirerà l’arsa cucina. + +Da Parigi a Calais, di quivi a Londra, + +Da Londra a Liverpool, rapido tanto + +Sarà, quant’altri immaginar non osa, + +Il cammino, anzi il volo: e sotto l’ampie + +Vie del Tamigi fia dischiuso il varco, + +Opra ardita, immortal, ch’esser dischiuso + +Dovea, già son molt’anni. Illuminate + +Meglio ch’or son, benché sicure al pari, + +Nottetempo saran le vie men trite + +Delle città sovrane, e talor forse + +Di suddita città le vie maggiori. + +Tali dolcezze e sì beata sorte + +Alla prole vegnente il ciel destina. + +Fortunati color che mentre io scrivo + +Miagolanti in su le braccia accoglie + +La levatrice! a cui veder s’aspetta + +Quei sospirati dì, quando per lunghi + +Studi fia noto, e imprenderà col latte + +Dalla cara nutrice ogni fanciullo, + +Quanto peso di sal, quanto di carni, + +E quante moggia di farina inghiotta + +Il patrio borgo in ciascun mese; e quanti + +In ciascun anno partoriti e morti + +Scriva il vecchio prior: quando, per opra + +Di possente vapore, a milioni + +Impresse in un secondo, il piano e il poggio, + +E credo anco del mar gl’immensi tratti, + +Come d’aeree gru stuol che repente + +Alle late campagne il giorno involi, + +Copriran le gazzette, anima e vita + +Dell’universo, e di savere a questa + +Ed alle età venture unica fonte! + +Quale un fanciullo, con assidua cura, + +Di fogliolini e di fuscelli, in forma + +O di tempio o di torre o di palazzo, + +Un edificio innalza; e come prima + +Fornito il mira, ad atterrarlo è volto, + +Perché gli stessi a lui fuscelli e fogli + +Per novo lavorio son di mestieri; + +Così natura ogni opra sua, quantunque + +D’alto artificio a contemplar, non prima + +Vede perfetta, ch’a disfarla imprende, + +Le parti sciolte dispensando altrove. + +E indarno a preservar se stesso ed altro + +Dal gioco reo, la cui ragion gli è chiusa + +Eternamente, il mortal seme accorre + +Mille virtudi oprando in mille guise + +Con dotta man: che, d’ogni sforzo in onta, + +La natura crudel, fanciullo invitto, + +Il suo capriccio adempie, e senza posa + +Distruggendo e formando si trastulla. + +Indi varia, infinita una famiglia + +Di mali immedicabili e di pene + +Preme il fragil mortale, a perir fatto + +Irreparabilmente: indi una forza + +Ostil, distruggitrice, e dentro il fere + +E di fuor da ogni lato, assidua, intenta + +Dal dì che nasce; e l’affatica e stanca, + +Essa indefatigata; insin ch’ei giace + +Alfin dall’empia madre oppresso e spento. + +Queste, o spirto gentil, miserie estreme + +Dello stato mortal; vecchiezza e morte, + +Ch’han principio d’allor che il labbro infante + +Preme il tenero sen che vita instilla; + +Emendar, mi cred’io, non può la lieta + +Nonadecima età più che potesse + +La decima o la nona, e non potranno + +Più di questa giammai l’età future. + +Però, se nominar lice talvolta + +Con proprio nome il ver, non altro in somma + +Fuor che infelice, in qualsivoglia tempo, + +E non pur ne’ civili ordini e modi, + +Ma della vita in tutte l’altre parti, + +Per essenza insanabile, e per legge + +Universal, che terra e cielo abbraccia, + +Ogni nato sarà. Ma novo e quasi + +Divin consiglio ritrovàr gli eccelsi + +Spirti del secol mio: che, non potendo + +Felice in terra far persona alcuna, + +L’uomo obbliando, a ricercar si diero + +Una comun felicitade; e quella + +Trovata agevolmente, essi di molti + +Tristi e miseri tutti, un popol fanno + +Lieto e felice: e tal portento, ancora + +Da pamphlets, da riviste e da gazzette + +Non dichiarato, il civil gregge ammira. + +Oh menti, oh senno, oh sovrumano acume + +Dell’età ch’or si volge! E che sicuro + +Filosofar, che sapienza, o Gino, + +In più sublimi ancora e più riposti + +Subbietti insegna ai secoli futuri + +Il mio secolo e tuo! Con che costanza + +Quel che ieri schernì, prosteso adora + +Oggi, e domani abbatterà, per girne + +Raccozzando i rottami, e per riporlo + +Tra il fumo degl’incensi il dì vegnente! + +Quanto estimar si dee, che fede inspira + +Del secol che si volge, anzi dell’anno, + +Il concorde sentir! con quanta cura + +Convienci a quel dell’anno, al qual difforme + +Fia quel dell’altro appresso, il sentir nostro + +Comparando, fuggir che mai d’un punto + +Non sien diversi! E di che tratto innanzi, + +Se al moderno si opponga il tempo antico, + +Filosofando il saper nostro è scorso! + +Un già de’ tuoi, lodato Gino; un franco + +Di poetar maestro, anzi di tutte + +Scienze ed arti e facoltadi umane, + +E menti che fur mai, sono e saranno, + +Dottore, emendator, lascia, mi disse, + +I propri affetti tuoi. Di lor non cura + +Questa virile età, volta ai severi + +Economici studi, e intenta il ciglio + +Nelle pubbliche cose. Il proprio petto + +Esplorar che ti val? Materia al canto + +Non cercar dentro te. Canta i bisogni + +Del secol nostro, e la matura speme. + +Memorande sentenze! ond’io solenni + +Le risa alzai quando sonava il nome + +Della speranza al mio profano orecchio + +Quasi comica voce, o come un suono + +Di lingua che dal latte si scompagni. + +Or torno addietro, ed al passato un corso + +Contrario imprendo, per non dubbi esempi + +Chiaro oggimai ch’al secol proprio vuolsi, + +Non contraddir, non repugnar, se lode + +Cerchi e fama appo lui, ma fedelmente + +Adulando ubbidir: così per breve + +Ed agiato cammin vassi alle stelle. + +Ond’io, degli astri desioso, al canto + +Del secolo i bisogni omai non penso + +Materia far; che a quelli, ognor crescendo, + +Provveggono i mercati e le officine + +Già largamente; ma la speme io certo + +Dirò, la speme, onde visibil pegno + +Già concedon gli Dei; già, della nova + +Felicità principio, ostenta il labbro + +De’ giovani, e la guancia, enorme il pelo. + +O salve, o segno salutare, o prima + +Luce della famosa età che sorge. + +Mira dinanzi a te come s’allegra + +La terra e il ciel, come sfavilla il guardo + +Delle donzelle, e per conviti e feste + +Qual de’ barbati eroi fama già vola. + +Cresci, cresci alla patria, o maschia certo + +Moderna prole. All’ombra de’ tuoi velli + +Italia crescerà, crescerà tutta + +Dalle foci del Tago all’Ellesponto + +Europa, e il mondo poserà sicuro. + +E tu comincia a salutar col riso + +Gl’ispidi genitori, o prole infante, + +Eletta agli aurei dì: né ti spauri + +L’innocuo nereggiar de’ cari aspetti. + +Ridi, o tenera prole: a te serbato + +È di cotanto favellare il frutto; + +Veder gioia regnar, cittadi e ville, + +Vecchiezza e gioventù del par contente, + +E le barbe ondeggiar lunghe due spanne. + + + + + +XXXIII. IL TRAMONTO DELLA LUNA + + + + +Quale in notte solinga, + +Sovra campagne inargentate ed acque, + +Là ‘ve zefiro aleggia, + +E mille vaghi aspetti + +E ingannevoli obbietti + +Fingon l’ombre lontane + +Infra l’onde tranquille + +E rami e siepi e collinette e ville; + +Giunta al confin del cielo, + +Dietro Apennino od Alpe, o del Tirreno + +Nell’infinito seno + +Scende la luna; e si scolora il mondo; + +Spariscon l’ombre, ed una + +Oscurità la valle e il monte imbruna; + +Orba la notte resta, + +E cantando, con mesta melodia, + +L’estremo albor della fuggente luce, + +Che dianzi gli fu duce, + +Saluta il carrettier dalla sua via; + +Tal si dilegua, e tale + +Lascia l’età mortale + +La giovinezza. In fuga + +Van l’ombre e le sembianze + +Dei dilettosi inganni; e vengon meno + +Le lontane speranze, + +Ove s’appoggia la mortal natura. + +Abbandonata, oscura + +Resta la vita. In lei porgendo il guardo, + +Cerca il confuso viatore invano + +Del cammin lungo che avanzar si sente + +Meta o ragione; e vede + +Che a sé l’umana sede, + +Esso a lei veramente è fatto estrano. + +Troppo felice e lieta + +Nostra misera sorte + +Parve lassù, se il giovanile stato, + +Dove ogni ben di mille pene è frutto, + +Durasse tutto della vita il corso. + +Troppo mite decreto + +Quel che sentenzia ogni animale a morte, + +S’anco mezza la via + +Lor non si desse in pria + +Della terribil morte assai più dura. + +D’intelletti immortali + +Degno trovato, estremo + +Di tutti i mali, ritrovàr gli eterni + +La vecchiezza, ove fosse + +Incolume il desio, la speme estinta, + +Secche le fonti del piacer, le pene + +Maggiori sempre, e non più dato il bene. + +Voi, collinette e piagge, + +Caduto lo splendor che all’occidente + +Inargentava della notte il velo, + +Orfane ancor gran tempo + +Non resterete; che dall’altra parte + +Tosto vedrete il cielo + +Imbiancar novamente, e sorger l’alba: + +Alla qual poscia seguitando il sole, + +E folgorando intorno + +Con sue fiamme possenti, + +Di lucidi torrenti + +Inonderà con voi gli eterei campi. + +Ma la vita mortal, poi che la bella + +Giovinezza sparì, non si colora + +D’altra luce giammai, né d’altra aurora. + +Vedova è insino al fine; ed alla notte + +Che l’altre etadi oscura, + +Segno poser gli Dei la sepoltura. + + + + + +XXXIV. LA GINESTRA O IL FIORE DEL DESERTO + + + + +E gli uomini vollero piuttosto le tenebre che la luce. + +Giovanni, III, 19 + + + + + +Qui su l’arida schiena + +Del formidabil monte + +Sterminator Vesevo, + +La qual null’altro allegra arbor né fiore, + +Tuoi cespi solitari intorno spargi, + +Odorata ginestra, + +Contenta dei deserti. Anco ti vidi + +De’ tuoi steli abbellir l’erme contrade + +Che cingon la cittade + +La qual fu donna de’ mortali un tempo, + +E del perduto impero + +Par che col grave e taciturno aspetto + +Faccian fede e ricordo al passeggero. + +Or ti riveggo in questo suol, di tristi + +Lochi e dal mondo abbandonati amante, + +E d’afflitte fortune ognor compagna. + +Questi campi cosparsi + +Di ceneri infeconde, e ricoperti + +Dell’impietrata lava, + +Che sotto i passi al peregrin risona; + +Dove s’annida e si contorce al sole + +La serpe, e dove al noto + +Cavernoso covil torna il coniglio; + +Fur liete ville e colti, + +E biondeggiàr di spiche, e risonaro + +Di muggito d’armenti; + +Fur giardini e palagi, + +Agli ozi de’ potenti + +Gradito ospizio; e fur città famose + +Che coi torrenti suoi l’altero monte + +Dall’ignea bocca fulminando oppresse + +Con gli abitanti insieme. Or tutto intorno + +Una ruina involve, + +Dove tu siedi, o fior gentile, e quasi + +I danni altrui commiserando, al cielo + +Di dolcissimo odor mandi un profumo, + +Che il deserto consola. A queste piagge + +Venga colui che d’esaltar con lode + +Il nostro stato ha in uso, e vegga quanto + +È il gener nostro in cura + +All’amante natura. E la possanza + +Qui con giusta misura + +Anco estimar potrà dell’uman seme, + +Cui la dura nutrice, ov’ei men teme, + +Con lieve moto in un momento annulla + +In parte, e può con moti + +Poco men lievi ancor subitamente + +Annichilare in tutto. + +Dipinte in queste rive + +Son dell’umana gente + +Le magnifiche sorti e progressive . + +Qui mira e qui ti specchia, + +Secol superbo e sciocco, + +Che il calle insino allora + +Dal risorto pensier segnato innanti + +Abbandonasti, e volti addietro i passi, + +Del ritornar ti vanti, + +E procedere il chiami. + +Al tuo pargoleggiar gl’ingegni tutti, + +Di cui lor sorte rea padre ti fece, + +Vanno adulando, ancora + +Ch’a ludibrio talora + +T’abbian fra sé. Non io + +Con tal vergogna scenderò sotterra; + +Ma il disprezzo piuttosto che si serra + +Di te nel petto mio, + +Mostrato avrò quanto si possa aperto: + +Ben ch’io sappia che obblio + +Preme chi troppo all’età propria increbbe. + +Di questo mal, che teco + +Mi fia comune, assai finor mi rido. + +Libertà vai sognando, e servo a un tempo + +Vuoi di novo il pensiero, + +Sol per cui risorgemmo + +Della barbarie in parte, e per cui solo + +Si cresce in civiltà, che sola in meglio + +Guida i pubblici fati. + +Così ti spiacque il vero + +Dell’aspra sorte e del depresso loco + +Che natura ci diè. Per questo il tergo + +Vigliaccamente rivolgesti al lume + +Che il fe’ palese: e, fuggitivo, appelli + +Vil chi lui segue, e solo + +Magnanimo colui + +Che sé schernendo o gli altri, astuto o folle, + +Fin sopra gli astri il mortal grado estolle. + +Uom di povero stato e membra inferme + +Che sia dell’alma generoso ed alto, + +Non chiama sé né stima + +Ricco d’or né gagliardo, + +E di splendida vita o di valente + +Persona infra la gente + +Non fa risibil mostra; + +Ma sé di forza e di tesor mendico + +Lascia parer senza vergogna, e noma + +Parlando, apertamente, e di sue cose + +Fa stima al vero uguale. + +Magnanimo animale + +Non credo io già, ma stolto, + +Quel che nato a perir, nutrito in pene, + +Dice, a goder son fatto, + +E di fetido orgoglio + +Empie le carte, eccelsi fati e nove + +Felicità, quali il ciel tutto ignora, + +Non pur quest’orbe, promettendo in terra + +A popoli che un’onda + +Di mar commosso, un fiato + +D’aura maligna, un sotterraneo crollo + +Distrugge sì, che avanza + +A gran pena di lor la rimembranza. + +Nobil natura è quella + +Che a sollevar s’ardisce + +Gli occhi mortali incontra + +Al comun fato, e che con franca lingua, + +Nulla al ver detraendo, + +Confessa il mal che ci fu dato in sorte, + +E il basso stato e frale; + +Quella che grande e forte + +Mostra sé nel soffrir, né gli odii e l’ire + +Fraterne, ancor più gravi + +D’ogni altro danno, accresce + +Alle miserie sue, l’uomo incolpando + +Del suo dolor, ma dà la colpa a quella + +Che veramente è rea, che de’ mortali + +Madre è di parto e di voler matrigna. + +Costei chiama inimica; e incontro a questa + +Congiunta esser pensando, + +Siccome è il vero, ed ordinata in pria + +L’umana compagnia, + +Tutti fra sé confederati estima + +Gli uomini, e tutti abbraccia + +Con vero amor, porgendo + +Valida e pronta ed aspettando aita + +Negli alterni perigli e nelle angosce + +Della guerra comune. Ed alle offese + +Dell’uomo armar la destra, e laccio porre + +Al vicino ed inciampo, + +Stolto crede così qual fora in campo + +Cinto d’oste contraria, in sul più vivo + +Incalzar degli assalti, + +Gl’inimici obbliando, acerbe gare + +Imprender con gli amici, + +E sparger fuga e fulminar col brando + +Infra i propri guerrieri. + +Così fatti pensieri + +Quando fien, come fur, palesi al volgo, + +E quell’orror che primo + +Contra l’empia natura + +Strinse i mortali in social catena, + +Fia ricondotto in parte + +Da verace saper, l’onesto e il retto + +Conversar cittadino, + +E giustizia e pietade, altra radice + +Avranno allor che non superbe fole, + +Ove fondata probità del volgo + +Così star suole in piede + +Quale star può quel ch’ha in error la sede. + +Sovente in queste rive, + +Che, desolate, a bruno + +Veste il flutto indurato, e par che ondeggi, + +Seggo la notte; e su la mesta landa + +In purissimo azzurro + +Veggo dall’alto fiammeggiar le stelle, + +Cui di lontan fa specchio + +Il mare, e tutto di scintille in giro + +Per lo vòto seren brillare il mondo. + +E poi che gli occhi a quelle luci appunto, + +Ch’a lor sembrano un punto, + +E sono immense, in guisa + +Che un punto a petto a lor son terra e mare + +Veracemente; a cui + +L’uomo non pur, ma questo + +Globo ove l’uomo è nulla, + +Sconosciuto è del tutto; e quando miro + +Quegli ancor più senz’alcun fin remoti + +Nodi quasi di stelle, + +Ch’a noi paion qual nebbia, a cui non l’uomo + +E non la terra sol, ma tutte in uno, + +Del numero infinite e della mole, + +Con l’aureo sole insiem, le nostre stelle + +O sono ignote, o così paion come + +Essi alla terra, un punto + +Di luce nebulosa; al pensier mio + +Che sembri allora, o prole + +Dell’uomo? E rimembrando + +Il tuo stato quaggiù, di cui fa segno + +Il suol ch’io premo; e poi dall’altra parte, + +Che te signora e fine + +Credi tu data al Tutto, e quante volte + +Favoleggiar ti piacque, in questo oscuro + +Granel di sabbia, il qual di terra ha nome, + +Per tua cagion, dell’universe cose + +Scender gli autori, e conversar sovente + +Co’ tuoi piacevolmente, e che i derisi + +Sogni rinnovellando, ai saggi insulta + +Fin la presente età, che in conoscenza + +Ed in civil costume + +Sembra tutte avanzar; qual moto allora, + +Mortal prole infelice, o qual pensiero + +Verso te finalmente il cor m’assale? + +Non so se il riso o la pietà prevale. + +Come d’arbor cadendo un picciol pomo, + +Cui là nel tardo autunno + +Maturità senz’altra forza atterra, + +D’un popol di formiche i dolci alberghi, + +Cavati in molle gleba + +Con gran lavoro, e l’opre + +E le ricchezze che adunate a prova + +Con lungo affaticar l’assidua gente + +Avea provvidamente al tempo estivo, + +Schiaccia, diserta e copre + +In un punto; così d’alto piombando, + +Dall’utero tonante + +Scagliata al ciel profondo, + +Di ceneri e di pomici e di sassi + +Notte e ruina, infusa + +Di bollenti ruscelli + +O pel montano fianco + +Furiosa tra l’erba + +Di liquefatti massi + +E di metalli e d’infocata arena + +Scendendo immensa piena, + +Le cittadi che il mar là su l’estremo + +Lido aspergea, confuse + +E infranse e ricoperse + +In pochi istanti: onde su quelle or pasce + +La capra, e città nove + +Sorgon dall’altra banda, a cui sgabello + +Son le sepolte, e le prostrate mura + +L’arduo monte al suo piè quasi calpesta. + +Non ha natura al seme + +Dell’uom più stima o cura + +Che alla formica: e se più rara in quello + +Che nell’altra è la strage, + +Non avvien ciò d’altronde + +Fuor che l’uom sue prosapie ha men feconde. + +Ben mille ed ottocento + +Anni varcàr poi che spariro, oppressi + +Dall’ignea forza, i popolati seggi, + +E il villanello intento + +Ai vigneti, che a stento in questi campi + +Nutre la morta zolla e incenerita, + +Ancor leva lo sguardo + +Sospettoso alla vetta + +Fatal, che nulla mai fatta più mite + +Ancor siede tremenda, ancor minaccia + +A lui strage ed ai figli ed agli averi + +Lor poverelli. E spesso + +Il meschino in sul tetto + +Dell’ostel villereccio, alla vagante + +Aura giacendo tutta notte insonne, + +E balzando più volte, esplora il corso + +Del temuto bollor, che si riversa + +Dall’inesausto grembo + +Su l’arenoso dorso, a cui riluce + +Di Capri la marina + +E di Napoli il porto e Mergellina. + +E se appressar lo vede, o se nel cupo + +Del domestico pozzo ode mai l’acqua + +Fervendo gorgogliar, desta i figliuoli, + +Desta la moglie in fretta, e via, con quanto + +Di lor cose rapir posson, fuggendo, + +Vede lontan l’usato + +Suo nido, e il picciol campo, + +Che gli fu dalla fame unico schermo, + +Preda al flutto rovente, + +Che crepitando giunge, e inesorato + +Durabilmente sovra quei si spiega. + +Torna al celeste raggio + +Dopo l’antica obblivion l’estinta + +Pompei, come sepolto + +Scheletro, cui di terra + +Avarizia o pietà rende all’aperto; + +E dal deserto foro + +Diritto infra le file + +Dei mozzi colonnati il peregrino + +Lunge contempla il bipartito giogo + +E la cresta fumante, + +Che alla sparsa ruina ancor minaccia. + +E nell’orror della secreta notte + +Per li vacui teatri, + +Per li templi deformi e per le rotte + +Case, ove i parti il pipistrello asconde, + +Come sinistra face + +Che per vòti palagi atra s’aggiri, + +Corre il baglior della funerea lava, + +Che di lontan per l’ombre + +Rosseggia e i lochi intorno intorno tinge. + +Così, dell’uomo ignara e dell’etadi + +Ch’ei chiama antiche, e del seguir che fanno + +Dopo gli avi i nepoti, + +Sta natura ognor verde, anzi procede + +Per sì lungo cammino + +Che sembra star. Caggiono i regni intanto, + +Passan genti e linguaggi: ella nol vede: + +E l’uom d’eternità s’arroga il vanto. + +E tu, lenta ginestra, + +Che di selve odorate + +Queste campagne dispogliate adorni, + +Anche tu presto alla crudel possanza + +Soccomberai del sotterraneo foco, + +Che ritornando al loco + +Già noto, stenderà l’avaro lembo + +Su tue molli foreste. E piegherai + +Sotto il fascio mortal non renitente + +Il tuo capo innocente: + +Ma non piegato insino allora indarno + +Codardamente supplicando innanzi + +Al futuro oppressor; ma non eretto + +Con forsennato orgoglio inver le stelle, + +Né sul deserto, dove + +E la sede e i natali + +Non per voler ma per fortuna avesti; + +Ma più saggia, ma tanto + +Meno inferma dell’uom, quanto le frali + +Tue stirpi non credesti + +O dal fato o da te fatte immortali. + + + + + +XXXV. IMITAZIONE + + + + +Lungi dal proprio ramo, + +Povera foglia frale, + +Dove vai tu? — Dal faggio + +Là dov’io nacqui, mi divise il vento. + +Esso, tornando, a volo + +Dal bosco alla campagna, + +Dalla valle mi porta alla montagna. + +Seco perpetuamente + +Vo pellegrina, e tutto l’altro ignoro. + +Vo dove ogni altra cosa, + +Dove naturalmente + +Va la foglia di rosa, + +E la foglia d’alloro. + + + + + +XXXVI. SCHERZO + + + + +Quando fanciullo io venni + +A pormi con le Muse in disciplina, + +L’una di quelle mi pigliò per mano; + +E poi tutto quel giorno + +La mi condusse intorno + +A veder l’officina. + +Mostrommi a parte a parte + +Gli strumenti dell’arte, + +E i servigi diversi + +A che ciascun di loro + +S’adopra nel lavoro + +Delle prose e de’ versi. + +Io mirava, e chiedea: + +Musa, la lima ov’è? Disse la Dea: + +La lima è consumata; or facciam senza. + +Ed io, ma di rifarla + +Non vi cal, soggiungea, quand’ella è stanca? + +Rispose: hassi a rifar, ma il tempo manca. + + + + + +XXXVII. FRAMMENTO + + + + +Alceta + +Odi, Melisso: io vo’ contarti un sogno + +Di questa notte, che mi torna a mente + +In riveder la luna. Io me ne stava + +Alla finestra che risponde al prato, + +Guardando in alto: ed ecco all’improvviso + +Distaccasi la luna; e mi parea + +Che quanto nel cader s’approssimava, + +Tanto crescesse al guardo; infin che venne + +A dar di colpo in mezzo al prato; ed era + +Grande quanto una secchia, e di scintille + +Vomitava una nebbia, che stridea + +Sì forte come quando un carbon vivo + +Nell’acqua immergi e spegni. Anzi a quel modo + +La luna, come ho detto, in mezzo al prato + +Si spegneva annerando a poco a poco, + +E ne fumavan l’erbe intorno intorno. + +Allor mirando in ciel, vidi rimaso + +Come un barlume, o un’orma, anzi una nicchia, + +Ond’ella fosse svelta; in cotal guisa, + +Ch’io n’agghiacciava; e ancor non m’assicuro. + + + +Melisso + +E ben hai che temer, che agevol cosa + +Fora cader la luna in sul tuo campo. + + + +Alceta + +Chi sa? non veggiam noi spesso di state + +Cader le stelle? + + + +Melisso + +Egli ci ha tante stelle, + +Che picciol danno è cader l’una o l’altra + +Di loro, e mille rimaner. Ma sola + +Ha questa luna in ciel, che da nessuno + +Cader fu vista mai se non in sogno. + + + + + +XXXVIII. FRAMMENTO + + + + +Io qui vagando al limitare intorno, + +Invan la pioggia invoco e la tempesta, + +Acciò che la ritenga al mio soggiorno. + +Pure il vento muggìa nella foresta, + +E muggìa tra le nubi il tuono errante, + +Pria che l’aurora in ciel fosse ridesta. + +O care nubi, o cielo, o terra, o piante, + +Parte la donna mia: pietà, se trova + +Pietà nel mondo un infelice amante. + +O turbine, or ti sveglia, or fate prova + +Di sommergermi, o nembi, insino a tanto + +Che il sole ad altre terre il dì rinnova. + +S’apre il ciel, cade il soffio, in ogni canto + +Posan l’erbe e le frondi, e m’abbarbaglia + +Le luci il crudo Sol pregne di pianto. + + + + + +XXXIX. FRAMMENTO + + + + +Spento il diurno raggio in occidente, + +E queto il fumo delle ville, e queta + +De’ cani era la voce e della gente; + +Quand’ella, volta all’amorosa meta, + +Si ritrovò nel mezzo ad una landa + +Quanto foss’altra mai vezzosa e lieta. + +Spandeva il suo chiaror per ogni banda + +La sorella del sole, e fea d’argento + +Gli arbori ch’a quel loco eran ghirlanda. + +I ramoscelli ivan cantando al vento, + +E in un con l’usignol che sempre piagne + +Fra i tronchi un rivo fea dolce lamento. + +Limpido il mar da lungi, e le campagne + +E le foreste, e tutte ad una ad una + +Le cime si scoprian delle montagne. + +In queta ombra giacea la valle bruna, + +E i collicelli intorno rivestia + +Del suo candor la rugiadosa luna. + +Sola tenea la taciturna via + +La donna, e il vento che gli odori spande, + +Molle passar sul volto si sentia. + +Se lieta fosse, è van che tu dimande: + +Piacer prendea di quella vista, e il bene + +Che il cor le prometteva era più grande. + +Come fuggiste, o belle ore serene! + +Dilettevol quaggiù null’altro dura, + +Né si ferma giammai, se non la spene. + +Ecco turbar la notte, e farsi oscura + +La sembianza del ciel, ch’era sì bella, + +E il piacere in colei farsi paura. + +Un nugol torbo, padre di procella, + +Sorgea di dietro ai monti, e crescea tanto, + +Che più non si scopria luna né stella. + +Spiegarsi ella il vedea per ogni canto, + +E salir su per l’aria a poco a poco, + +E far sovra il suo capo a quella ammanto. + +Veniva il poco lume ognor più fioco; + +E intanto al bosco si destava il vento, + +Al bosco là del dilettoso loco. + +E si fea più gagliardo ogni momento, + +Tal che a forza era desto e svolazzava + +Tra le frondi ogni augel per lo spavento. + +E la nube, crescendo, in giù calava + +Ver la marina sì, che l’un suo lembo + +Toccava i monti, e l’altro il mar toccava. + +Già tutto a cieca oscuritade in grembo, + +S’incominciava udir fremer la pioggia, + +E il suon cresceva all’appressar del nembo. + +Dentro le nubi in paurosa foggia + +Guizzavan lampi, e la fean batter gli occhi; + +E n’era il terren tristo, e l’aria roggia. + +Discior sentia la misera i ginocchi; + +E già muggiva il tuon simile al metro + +Di torrente che d’alto in giù trabocchi. + +Talvolta ella ristava, e l’aer tetro + +Guardava sbigottita, e poi correa, + +Sì che i panni e le chiome ivano addietro. + +E il duro vento col petto rompea, + +Che gocce fredde giù per l’aria nera + +In sul volto soffiando le spingea. + +E il tuon veniale incontro come fera, + +Rugghiando orribilmente e senza posa; + +E cresceva la pioggia e la bufera. + +E d’ogn’intorno era terribil cosa + +Il volar polve e frondi e rami e sassi, + +E il suon che immaginar l’alma non osa. + +Ella dal lampo affaticati e lassi + +Coprendo gli occhi, e stretti i panni al seno, + +Gìa pur tra il nembo accelerando i passi. + +Ma nella vista ancor l’era il baleno + +Ardendo sì, ch’alfin dallo spavento + +Fermò l’andare, e il cor le venne meno. + +E si rivolse indietro. E in quel momento + +Si spense il lampo, e tornò buio l’etra, + +Ed acchetossi il tuono, e stette il vento. + +Taceva il tutto; ed ella era di pietra. + + + + + +XL. FRAMMENTO DAL GRECO DI SIMONIDE + + + + +Ogni mondano evento + +È di Giove in poter, di Giove, o figlio, + +Che giusta suo talento + +Ogni cosa dispone. + +Ma di lunga stagione + +Nostro cieco pensier s’affanna e cura, + +Benché l’umana etate, + +Come destina il ciel nostra ventura, + +Di giorno in giorno dura. + +La bella speme tutti ci nutrica + +Di sembianze beate, + +Onde ciascuno indarno s’affatica: + +Altri l’aurora amica, + +Altri l’etade aspetta; + +E nullo in terra vive + +Cui nell’anno avvenir facili e pii + +Con Pluto gli altri iddii + +La mente non prometta. + +Ecco pria che la speme in porto arrive, + +Qual da vecchiezza è giunto + +E qual da morbi al bruno Lete addutto; + +Questo il rigido Marte, e quello il flutto + +Del pelago rapisce; altri consunto + +Da negre cure, o tristo nodo al collo + +Circondando, sotterra si rifugge. + +Così di mille mali + +I miseri mortali + +Volgo fiero e diverso agita e strugge. + +Ma per sentenza mia, + +Uom saggio e sciolto dal comune errore, + +Patir non sosterria, + +Né porrebbe al dolore + +Ed al mal proprio suo cotanto amore. + + + + + +XLI. FRAMMENTO DELLO STESSO + + + + +Umana cosa picciol tempo dura, + +E certissimo detto + +Disse il veglio di Chio, + +Conforme ebber natura + +Le foglie e l’uman seme. + +Ma questa voce in petto + +Raccolgon pochi. All’inquieta speme, + +Figlia di giovin core, + +Tutti prestiam ricetto. + +Mentre è vermiglio il fiore + +Di nostra etade acerba, + +L’alma vota e superba + +Cento dolci pensieri educa invano, + +Né morte aspetta né vecchiezza; e nulla + +Cura di morbi ha l’uom gagliardo e sano. + +Ma stolto è chi non vede + +La giovanezza come ha ratte l’ale, + +E siccome alla culla + +Poco il rogo è lontano. + +Tu presso a porre il piede + +In sul varco fatale + +Della plutonia sede, + +Ai presenti diletti + +La breve età commetti. + + + + +