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@Scribis @Italiano. Descrivi un dipinto.
### Titolo: Angelica incide il nome di Medoro sulla corteccia. ### Introduzione: Angelica incide il nome di Medoro sulla corteccia è un affresco eseguito da Giambattista Tiepolo, nella Sala dell'Orlando furioso di Villa Valmarana 'Ai Nani', a Vicenza. ### Descrizione. Fa parte di una serie di quattro dipinti su muro, in cui vengono rappresentati altrettanti episodi relativi ad Angelica, la principale figura femminile del poema di Ludovico Ariosto. Nell'affresco in questione, Angelica ha curato la ferita del fante Medoro, del quale si è anche invaghita e da cui è ricambiata, per cui ne incide il nome sulla corteccia dell'albero accanto al suo. Queste scritte però scateneranno la follia di Orlando. Il paesaggio rappresentato da Tiepolo è primaverile e sereno: esso riprende il topos del locus amoenus.
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### Titolo: Ingresso del cimitero. ### Introduzione: L'Ingresso del cimitero (in tedesco Friedhofseingang) è un quadro di Caspar David Friedrich, dipinto intorno al 1825 e conservato alla Galerie Neue Meister di Dresda. ### Descrizione. Friedrich ha dipinto numerosi quadri con il tema delle rovine o dei cimiteri, ambienti che contribuiscono ad evocare sensazioni umane come la malinconia. In questo caso è sottolineata dalla presenza di due genitori appoggiati ad un pilastro dell'ingresso. Ciononostante nello sfondo è presente una certa luce, che insieme al leggero disegno di una figura angelica (tra gli alberi, in mezzo ai pilastri) lascia rasserenare l'animo, con un senso tipico dei quadri di Friedrich. == Note ==.
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### Titolo: Tempesta di neve. Battello a vapore al largo di Harbour's Mouth. ### Introduzione: Tempesta di neve. Battello a vapore al largo di Harbour's Mouth (Snow Storm: Steam-Boat off a Harbour's Mouth, titolo completo Snow Storm – Steam-Boat off a Harbour's Mouth Making Signals in Shallow Water, and going by the Lead. The Author was in this Storm on the Night the 'Ariel' left Harwich) è un dipinto a olio su tela (91×122 cm) del pittore inglese William Turner, realizzato nel 1842 e conservato al museo Tate Britain di Londra. ### Descrizione. È un quadro dove neve e mare si intrecciano in un vortice rotante, espressione delle forze distruttrici della natura. Il quadro non ha un centro né elementi figurativi, si intravede a malapena l'albero della nave e sembra quasi una composizione astratta. Si dice che forse Turner ha riportato nell’opera la propria esperienza reale di una tempesta di mare, durante la quale si fece legare per quattro ore all’albero di una nave. Secondo molti però, questa è solo una leggenda.
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### Titolo: Madonna col Bambino e san Giovannino (Francesco Botticini). ### Introduzione: La Madonna col Bambino e san Giovannino è un dipinto rotondo del pittore Francesco Botticini realizzato circa nel 1487 e conservato nel Museo Soumaya a Città del Messico. ### Descrizione. È raffigurato in un primo piano, coperto da un velo sottile e reclinato sui vestiti di sua madre, il Bambino Gesù, che guarda direttamente lo spettatore. Mentre lo osserva e con le mani in preghiera c'è la Vergine Maria; sulla sua testa indossa un semplice copricapo, composto da un sottile velo con l'aureola; veste un abito color pesca; il mantello blu poggia su alcuni motivi dorati. Intento ad osservare il Bambino Gesù, alla destra della Vergine, c'è il piccolo Giovannino. Indossa una veste umile nei toni del blu e del marrone, mentre tiene una croce sulla sua spalla. Nella parte superiore si scorgono una serie di bagliori dorati, allusione alla presenza della Divinità: bagliori che cadono direttamente sul Bambino, il quale, a sua volta, sembra volerli raggiungere, estendendo le sue piccole braccia nella loro direzione. Lo sfondo del dipinto mostra come scenario una veduta del Valdarno, ovvero della valle attraverso la quale scorre il fiume Arno (Toscana) e che attraversa città famose come Firenze, Arezzo e Pisa. ### Stile. Questo dipinto ad olio è in un formato tondo, cioè in una tela circolare, che, a detta di alcuni specialisti, divenne un format molto popolare durante il Rinascimento. Nonostante le difficoltà nel mantenere le forme e le proporzioni delle figure rappresentate in questo tipo di tela, Madonna col Bambino e san Giovannino, riguarda un esempio magistrale. == Note ==.
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### Titolo: Bruto e Arrunte. ### Introduzione: Bruto e Arrunte, noto in passato come Eteocle e Polinice o anche Due guerrieri colpiti a morte è un dipinto ad olio su tela autografo di Giambattista Tiepolo. ### Descrizione. Come dimostrato da Francis Haskell nel 1980, il dipinto trae precisa ispirazione dal racconto di Publio Anneo Floro: rappresenta il momento in cui il console Lucio Giunio Bruto ed Arrunte Tarquinio si trafissero vicendevolmente durante la battaglia della Selva Arsia, scontro finale che portò definitivamente Roma nell'Età repubblicana. La grande scioltezza della pennellata e la complessità della trama chiaroscurale sottolineano la drammatizzazione della tragica scena.La serie fu molto probabilmente dipinta assieme agli affreschi di Udine impiegando gli inverni per questi dipinti ad olio e lasciando la climaticamente più propizia stagione estiva per la pittura a fresco, come d'altronde divenne usuale per il Tiepolo.
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### Titolo: Madonna di Darmstadt. ### Introduzione: La Madonna di Darmstadt (noto anche come Madonna di Jakob Meyer zum Hasen) è un dipinto di Hans Holbein il Giovane del 1526-28. L'opera, completata a Basilea, mostra la figura del borgomastro di Basilea, Jakob Meyer zum Hasen, la sua prima moglie (morta in precedenza), la sua moglie attuale e le sue figlie attorno ad una composizione di Madonna con Bambino. Il significato delle due altre figure maschili presenti a sinistra, come del resto l'iconografia generale del dipinto, non appaiono ancora oggi interamente chiare. L'immagine testimonia l'assoluta fede cattolica del borgomastro, apertamente opposto alla Riforma protestante. Il dipinto di Holbein fu certamente influenzato dalla pittura religiosa rinascimentale italiana, con elementi tipici della ritrattistica olandese dell'epoca. Già collocata a Darmstadt, da cui il nome, l'opera venne temporaneamente prestata allo Städelschen Kunstinstitut di Francoforte sul Meno dal 2004 al 2011. Dal 2012 si trova nella Johanniterkirche di Schwäbisch Hall. ### Classificazione nell'opera di Holbein. All'arrivo di Holbein a Basilea nel 1515, esisteva ancora un mercato fiorente di ritratti religiosi cattolici. Con l'avvento della Riforma in città nel 1520, le domande di opere di carattere religioso diminuì significativamente e lo stesso Holbein accettò commissioni sia da parte dei cattolici che da parte dei riformati. Molte opere andarono distrutte nel corso dell'ondata iconoclastica del 1529, ma opere di Holbein come la Madonna di Soletta, la Madonna di Darmstadt ed il Cristo morto nella tomba sono sopravvissute sino ai nostri giorni, lasciando un alone di mistero sulla loro funzione originaria.La Madonna di Darmstadt del resto presenta molte similitudini con la Madonna di Soletta realizzata dallo stesso Holbein nel 1522. Entrambi i dipinti sono molto simili nelle loro dimensioni e nel particolare della forma arrotondata nella parte superiore e rettangolare in quella inferiore. A differenza però del dipinto successivo commissionato da Jacob Meyer, nella Madonna di Soletta Maria si trova seduta in trono con in braccio il Bambino, tra i santi Martino e Orso. I donatori sono presenti in quest'opera unicamente tramite i loro stemmi che sono 'ricamati' sul tappeto, steso anche in questo caso sotto i piedi della Madonna. Il dipinto corrisponde in questo caso ad una Sacra Conversazione. La Madonna di Darmstadt, d'altra parte, si presenta molto più complessa nei suoi molteplici riferimenti iconografici.Con il trasferimento definitivo in Inghilterra nel 1532, l'attenzione di Holbein si spostò verso la ritrattistica privata, lasciando i temi religiosi di sfondo. ### Descrizione. ### Stile. La Madonna di Darmstadt non può essere inquadrata chiaramente in alcun genere pittorico. Nel 1500, quando i ritratti dei donatori erano un fatto comune, essi venivano comunque rappresentati più piccoli della figura della Madonna, mentre qui sono tutti rappresentati a grandezza naturale. Un inserimento simile lo si può trovare nel Trittico del compianto di Joos van Cleve del 1524. Il dipinto è nel contempo anche un ritratto di famiglia, riprendendo quindi un genere che renderà famoso Holbein anche fuori dai circoli nei quali operò inizialmente, in particolare in Inghilterra.Il tema del dipinto devozionale funziona solo in parte: il mantello protettivo della Madonna tocca solo in parte il donatore e la sua famiglia. Non si tratta di una Sacra Conversazione in quanto la Madonna non è il centro della conversazione tra santi, ma si riferisce direttamente ai patroni stessi.Se si fosse trattato di un mero epitaffio, seguendo altri esempi contemporanei tedeschi ed olandesi che combinano le figure dei donatori a scende della storia della salvezza dell'uomo, il dipinto avrebbe dovuto essere integrato con un altro pannello di nomi e date di morte dei soggetti che avrebbero dovuto essere sepolti nella cappella.
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### Titolo: Vergine delle rocce. ### Introduzione: Il titolo la Vergine delle rocce, o in maniera più formale la Vergine con Gesù Bambino, san Giovanni Battista e un angelo, designa indistintamente le due versioni di una tavola dipinta da Leonardo da Vinci e destinata ad occupare la parte centrale di una pala d'altare per una chiesa di Milano. La prima versione, conservata al Museo del Louvre di Parigi, venne creata tra il 1483 ed il 1486 ma venne rifiutata dal committente dell'opera; la seconda, dipinta in due tempi tra il 1491 ed il 1499 e tra il 1506 ed il 1508, è esposta alla National Gallery di Londra. Se è vero che l'opera di Leonardo conservata al Louvre è la prima delle due, l'attribuzione di quella di Londra è contestata: secondo alcuni essa sarebbe stata realizzata da Giovanni Ambrogio de Predis, sotto la direzione di Leonardo. I due dipinti sono sostanzialmente uguali nel concetto generale, ma differenti in alcuni dettagli della composizione e per le loro tecniche di esecuzione. L'opera narra l'incontro tra Maria, Gesù Bambino e san Giovanni Battista all'interno di una caverna durante l'episodio della fuga in Egitto della Sacra Famiglia, durante il periodo della strage degli Innocenti. Nella scena è presente anche il personaggio di un angelo - senza dubbio Uriel, tradizionalmente associato a San Giovanni. La Vergine delle rocce celebra il mistero dell'Immacolata Concezione e dell'Incarnazione, distinguendosi per il suo contenuto simbolico complesso. Chi commissionò la prima opera fu la confraternita milanese dell'Immacolata Concezione, affiliata all'Ordine dei Frati minori francescani: la tavola venne commissionata per la decorazione dell'altare di una cappella da poco eretta nella chiesa di San Francesco Grande a Milano. Ad oggi non conosciamo perfettamente le tappe dei vari spostamenti dell'opera, ma sulla base di ipotesi si ha ragione di credere che la prima versione sia stata venduta dallo stesso Leonardo da Vinci a Ludovico il Moro, per poi finire nella collezione di Francesco I di Francia; quanto alla seconda versione, esposta nella chiesa di San Francesco Grande sino alla fine del XVIII secolo, venne acquistata da un esperto d'arte inglese e poi passò alla National Gallery. La composizione fu al centro di un conflitto giuridico tra il pittore ed i suoi committenti che durò venticinque anni: la prima versione venne rifiutata dalla confraternita per le sue caratteristiche giudicate troppo eterodosse ed in particolare per il fatto che Leonardo aveva dato troppo spazio al Battista rispetto a Gesù Bambino, in una lettura gnostica del Nuovo Testamento. Per questa ragione, il pittore dovette procedere alla realizzazione di una seconda versione più conforme alla lettura canonica delle Sacre Scritture, nella quale Cristo occupa un posto centrale. In quest'opera, l'artista fa esplodere tutta l'originalità e la maestria del suo talento: la composizione, il ruolo della luce ed il suo rapporto perfetto con gli elementi naturali de La Vergine delle rocce sono unanimemente riconosciute come rivoluzionarie. L'iconografia, risolutamente nuova, conobbe da subito un immenso successo, attestato dal gran numero di copie contemporanee del dipinto. ### Descrizione. La Vergine delle rocce presenta un episodio apocrifo della tradizione cristiana derivata dal Protovangelo di Giacomo che narra dell'incontro tra Gesù e San Giovanni Battista ancora infanti: re Erode aveva ordinato l'uccisione di tutti i primogeniti maschi inferiori ai due anni in quello che è storicamente divenuto noto col nome di 'strage degli Innocenti' e la Sacra Famiglia fuggì in Egitto; lungo il cammino, la famiglia incontrò Elisabetta, cugina di Maria, accompagnata da suo figlio Giovanni. Secondo il testo, questo incontro avvenne nel deserto, contrariamente a quanto mostrato nel dipinto di Leonardo.: è possibile che Leonardo si sia ispirato ad una tradizione medievale per giustificare l'ambiente cavernoso nel quale i personaggi si sarebbero rifugiati, in quanto la grotta aveva senz'altro un'immagine maggiore di isolamento e di mancanza di ospitalità.. Inoltre, il dipinto presenta la figura di Uriel, anch'egli citato nel protovangelo di Giacomo: questo arcangelo risulta sempre particolarmente legato alla figura di Giovanni il Battista. Entrambe le versioni dell'opera si trovano su un supporto identico, una tavola di legno. La versione del Louvre ha subito una trasposizione su tela all'inizio del XIX secolo. Tutte e due ad ogni modo utilizzano il medesimo processo: la pittura a olio. La tavola sono in entrambi i casi di forma rettangolare con la base superiore arcuata.. Le dimensioni, più o meno le medesime, sono rispettivamente di 199x122 cm (versione parigina) e 189,5x120cm (versione londinese). Le opere sono simili nei soggetti e nelle decorazioni presenti. In scena si trova un gruppo di quattro personaggi. Una donna identificata con la Vergine Maria è situata al centro della composizione, elevandosi così a personaggio principale dell'opera.. Inginocchiata, ella pone il volto verso lo spettatore. La sua mano destra è posata sulla spalla di un bambino, Giovanni Battista, che appare di profilo, inginocchiato ed in atteggiamento di preghiera. Il viso della Vergine, inquadrato da lunghi capelli a boccoli, è inclinato verso Giovanni Battista. La mano sinistra è invece protesa verso l'altro bambino di profilo, Gesù, il quale accenna ad un gesto di benedizione con la mano destra in direzione di Giovanni. Dietro alla destra di Gesù si trova un personaggio identificato con l'arcangelo Uriel, anche lui inginocchiato, il quale volge lo sguardo direttamente verso lo spettatore. In primo piano, la roccia è piana, mentre sul retro diventano più sporgenti e raggruppate. Il paesaggio è tipico di una cavena anche se vi sono numerose piante e fiori di diverse varietà. In secondo piano, la caverna presenta due gallerie: quella a sinistra si apre verso una distesa d'acqua ai piedi di una montagna; quella di destra lascia intravedere numerose altre rocce. Nella composizione delle due differenti versioni dell'opera si possono ravvisare due elementi fondamentali: da una parte il gesto dell'angelo che designa san Giovanni con la mano destra, gesto presente solamente nella versione del Louvre (contraddistinto, secondo Charles Nicholl, da uno straordinario studio di posizione della mano; l'altro elemento sono certamente gli attributi come l'aureola e la croce astile portate rispettivamente da Maria e da San Giovanni Battista, visibili solo nella versione della National Gallery. ### L'opera nella vita di Leonardo da Vinci. Quattro anni prima della creazione de La Vergine delle rocce, Leonardo aveva lasciato l'atelier del suo maestro, Andrea del Verrocchio, dove aveva lavorato dal 1469, il quale, come riporta lo storico dell'arte e biografo Giorgio Vasari, 'aveva smesso di dipingere sentendosi sorpassato dall'allievo, senza mai più toccare il pennello'.. A Firenze dove aveva aperto il proprio atelier, ottenne delle committenze da Lorenzo il Magnifico, tra cui l'Annunciazione (c. 1472 – 1475) o L'Adorazione dei Magi (incompiuto, c. 1481). Nel 1482, il pittore lasciò Firenze per entrare al servizio della corte di Milano: certamente nel milanese Leonardo trovò l'atmosfera a lui congeniale per la creazione delle sue opere artistiche, ma soprattutto con la promessa di poter impiegare il proprio talento di ingegnere e di musicista. Di fatti ottenne una raccomandazione da Lorenzo il Magnifico presso Ludovico il Moro. Prima de La Vergine delle rocce non abbiamo notizie di opere affidate a Leonardo a Milano e se ne può dunque dedurre che quella fu la prima committenza affidata a Leonardo dopo il suo arrivo in città.Al momento della creazione de La Vergine delle rocce nel 1483, Leonardo da Vinci aveva poco più di trent'anni. Se i fratelli de Predis, che lavorarono per Leonardo, potevano essere considerati come artisti validi con una reputazione locale, il rinomato Leonardo da Vinci godeva ormai di una fama affermata: egli infatti viene già indicato col titolo di 'maestro' nel contratto de La Vergine delle rocce. Malgrado tale riconoscimento, Leonardo era nuovo a Milano e non disponeva ancora di quelle relazioni che gli permettessero di ricevere delle committenze e di poter vivere della propria arte. Egli decise dunque di avvalersi della collaborazione di altri artisti locali, ed in particolare di Ambrogio de Predis che lo mise in contatto con l'aristocrazia milanese, mettendosi al servizio dell'esperienza artistica del maestro. ### Fonti cronologiche per la creazione dell'opera. Le condizioni della committenza sono note e ben documentate. Malgrado la ricchezza di documenti disponibili per gli storici dell'arte, ad ogni modo, vi sono larghe zone d'ombra che riguardano ancora l'esatto periodo della creazione dell'opera.La creazione de La Vergine delle rocce è ascrivibile al quadro di decorazione di una cappella recentemente costruita. In effetti, nel 1475, la locale maestranza dell'ordine dei francescani di San Francesco Grande propose la creazione di una cappella dedicata alla Madonna. Parallelamente venne fondata una confraternita (scola) laica, aperta a tutti coloro che volessero dedicarsi all'adorazione particolare dell'Immacolata Concezione. A cappella terminata, la confraternita diede commissione per l'esecuzione di alcuni affreschi per decorare la volta l'8 maggio 1479. L'anno successivo, venne fatta realizzare una pala d'altare di grandi dimensioni per comprendervi la statua di una Madonna che venne commissionata al falegname e scultore Giacomo del Maino. La pala d'altare venne consegnata il 7 agosto 1482 e la scultura della Madonna venne consegnata il 22 novembre di quello stesso anno.Poco dopo, per arricchire ulteriormente l'altare, venne sottoscritto davanti ad un notaio in data 25 aprile 1483 un contratto tra la confraternita da una parte e dall'altra il 'maestro' pittore Leonardo da Vinci e due ritrattisti miniaturisti, i fratelli Evangelista e Giovanni Ambrogio de Predis Al 1 maggio 1483, i tre ricevettero cento lire milanesi come acconto. Il resto del pagamento venne versato dilazionato mensilmente in quaranta soldi, versati a partire dal luglio di quello stesso anno.La data di consegna dell'opera prevista dal contratto è oggetto di discussione tra i ricercatori dal momento che sebbene il contratto indichi la data 8 dicembre, corrispondente alla festa dell'Immacolata Concezione, non viene precisato l'anno: la maggior parte degli storici dell'anno sostiene che l'anno del contratto sia il 1483. Frank Zöllner, confrontando i ventiquattro/trenta mesi che vennero stimati come necessari per la realizzazione dell'Adorazione dei Magi qualche anno prima, considera i sette mesi previsti dal contratto di Leonardo per La Vergine delle rocce un tempo ragionevole per la realizzazione dell'opera completa; le modalità di pagamento ed i differenti versamenti inducono però a pensare a un periodo dilazionabile sino a 20 mesi. È dunque possibile datare sulla base di questi dati la consegna al dicembre del 1484. Da questo momento in poi, i documenti diventano lacunosi e le date più incerte: non si trova notizia di una lettera scritta dal maestro tra il 1491 ed il 1494 per ottenere l'intercessione di Ludovico il Moro per ottenere il completamento del salario per l'opera eseguita. Uno dei motivi per cui Leonardo potrebbe non aver voluto o potuto reclamare il saldo previsto da contratto per l'opera è che nel frattempo l'opera potrebbe essere stata venduta.: l'ipotesi maggioritaria e la più antica è che l'opera venne venduta a Ludovico il Moro in occasione del matrimonio tra sua nipote Bianca Maria Sforza e l'imperatore Massimiliano I del Sacro Romano Impero per farne dono alla nuova coppia di sposi. I committenti ad ogni modo non avevano ricevuto l'oggetto della loro committenza, in quanto la prima versione dell'opera venne rifiutata perché non corrispondente ai dettami evangelici espressi dalla confraternita, e la seconda (quella esposta a Londra), venne completata solo nel decennio successivo: tra il 1491 ed 1499 secondo la National Gallery, tra il 1493 ed il 1495 secondo Sara Taglialagamba, tra il 1493 ed il 1499 per Charles Nicholl e dal 1495 in poi per Séverine Laborie. Questa seconda versione sembra sia stata ancora un abbozzo quando nel 1499 Leonardo lasciò Milano per portarsi a Venezia. Nel 1503, per quanto ancora incompiuta, la seconda versione venne esposta nella cappella della chiesa di San Francesco Grande. Il 3 e 9 marzo di quello stesso anno, l'artista dispose una nuova richiesta, inviata questa volta al re di Francia Luigi XII, per richiedere il completamento di quanto dovutogli nel salario. In data 27 aprile 1506, gli inviati presso la confraternita, ebbero ad ogni modo l'occasione di constatare che l'opera non era finita e pertanto chiesero di completare l'opera. Il 23 ottobre 1508, l'opera venne riconsegnata terminata e finalmente gli artisti vennero pagati per il loro lavoro.. Questa seconda versione de La Vergine delle rocce rimase esposta nella chiesa milanese di San Francesco Grande sino alla fine del XVIII secolo quando venne venduta e portata in Inghilterra. Qualche anno più tardi, nel 1806, la chiesa di San Francesco Grande giudicata ormai vetusta e pericolosa, venne abbattuta e venne eretta al suo posto l'attuale caserma Garibaldi.
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### Titolo: Ruggero libera Angelica. ### Introduzione: Ruggero libera Angelica è un dipinto di Jean-Auguste-Dominique Ingres, realizzato nel 1819 con la tecnica della pittura a olio. ### Descrizione. Viene qui illustrato uno degli episodi salienti dell'Orlando furioso di Ludovico Ariosto: Angelica, la principale figura femminile del poema, sta per essere divorata da un mostro marino, l'Orca di Ebuda, cui è stata offerta in pasto dagli abitanti dell'isola, ma l'intervento provvidenziale dell'eroe Ruggero, che cavalca l'Ippogrifo, le permetterà di sopravvivere. Vi sono molte analogie con un mito classico, quello della liberazione di Andromeda da parte di Perseo, ma mentre il semidio figlio di Zeus si unirà in matrimonio con la donna da lui salvata, nel capolavoro ariostesco Ruggero non sposa Angelica bensì Bradamante.
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### Titolo: Gli Astronomi (Tornioli). ### Introduzione: Gli Astronomi è il soggetto di un dipinto di Niccolò Tornioli. ### Descrizione e stile. Il dipinto allegorizza la disputa tra i sostenitori della teoria geocentrica tolemaica e i fautori della concezione copernicana fondata sull'eliocentrismo. Dibattito che pochi anni prima aveva scosso le coscienze proprio a causa della condanna inflitta dal Sant'Uffizio a Galileo, che con le sue scoperte aveva confermato e perfezionato la visione di Copernico. Probabilmente un precedente compositivo fu fornito al Tornioli dall'incisione di analogo soggetto di Stefano della Bella che fa da frontespizio al galileiano Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, stampato a Firenze del 1632. Sulla sinistra del quadro di palazzo Spada stanno i fondatori del sistema geocentrico, Tolomeo ed Aristotele. Il filosofo è il vegliardo in primo piano con un manto rosso. Alle spalle di lui vi è un uomo raffigurato nelle vesti di un guerriero antico. In questa figura va riconosciuto Tolomeo e il suo singolare abbigliamento potrebbe dipendere dalla sovrapposizione dell'astronomo nato ad Alessandria con l'omonimo condottiero macedone Tolomeo I, fondatore della dinastia che per secoli regnò sull'Egitto. Aristotele regge con la destra un libro su cui si vedono delle illustrazioni astronomiche: vi si individuano in particolare le sfere concentriche che secondo la teoria geocentrica componevano il cosmo. Con la mano sinistra l'anziano filosofo tiene il braccio di un giovane uomo elegantemente abbigliato, posizionato al centro del dipinto. Costui è Copernico raffigurato mentre indica ad Aristotele il cielo ove si osservano dei corpi celesti. Il senso della composizione è quello di sostituire alla autorità della tradizione dottrinale la diretta osservazione della natura. Tra Aristotele e Copernico v'è una donna la cui identità rimane dubbia, forse una personificazione della geografia. Sulla destra della tela, in primo piano, un giovane uomo è intento ad osservare il polo nord avvalendosi di un cannocchiale galileiano. Il giovane è assistito nello studio dei cieli da Urania, musa dell'astronomia, che usa un quadrante e un compasso astronomico. Dietro la musa e il giovane astronomo compaiono un vecchio e alle spalle di questi altre due figure in penombra: il volto tra Urania e il vecchio stempiato si ipotizza che sia un autoritratto di Niccolò Tornioli, mentre nell'uomo con la barba all'estrema destra del quadro si riconosce Galileo Galilei. Gli strumenti astronomici raffigurati nel dipinto così come le medaglie e le gemme che si vedono sui copricapi di Copernico e di Urania sono con ogni probabilità da porre in relazione alla collezione di simili oggetti posseduta da Virgilio Spada che il religioso poi donò agli oratoriani. Una diretta citazione di questa raccolta è stata individuata nella sfera armillare del quadro che è stata collegata ad un prezioso globo celeste realizzato per lo Spada dal cartografo Willem Blaeu e che è tuttora nel palazzo romano del casato. Il nesso del dipinto con gli interessi scientifici del committente, così come l'inserimento nella composizione della figura del Galilei, con ogni probabilità veicolano il favore dei colti ed influenti Spada per le recenti acquisizioni scientifiche, pur ufficialmente osteggiate dalla Chiesa. Stilisticamente il dipinto ha ascendenze caravaggesche, sia nel chiaroscuro sia nella composizione, rivisitate alla luce di istanze più moderne, proprie della pittura romana della metà del Seicento.
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### Titolo: Storie della Vera Croce (Masolino). ### Introduzione: Le Storie della Vera Croce sono un ciclo di affreschi dipinto da Masolino da Panicale nel 1424 nella cappella di Sant'Elena nella chiesa di Santo Stefano degli Agostiniani a Empoli, su commissione della Compagnia della Croce. ### Descrizione. Il ciclo di affreschi riprende la Legenda Aurea di Jacopo da Varazze, opera composta nel XIII secolo. Questa contiene la versione più famosa della Leggenda della Vera Croce, che racconta la storia del legno su cui venne crocifisso Cristo. La cappella di Sant’Elena in Santo Stefano degli Agostiniani a Empoli è decorata da un ciclo di affreschi di cui ci restano solo le sinopie, raffiguranti alcuni episodi della Leggenda della Vera Croce, tratta dalla Legenda Aurea di Jacopo da Varazze. Le vele della volta ospitano quattro immagini connesse al sacrifico di Cristo: il Portacroce, il Crocifisso (secondo l’iconografia del Volto Santo di Lucca); il Cristo Risorto e il Cristo Eucaristico. Le pareti sono suddivise in tre registri ciascuna. Su quella destra, nel registro superiore si trova La Regina di Saba inginocchiata col suo seguito davanti al legno che fa da ponte sull’acqua del Siloe; subito in basso compaiono L’estrazione del legno dalla piscina e La costruzione della Croce. Sul registro inferiore sono raffigurati La testimonianza della Croce e Il ritrovamento della Croce. In basso, nello spessore del muro, si apre una nicchia affrescata a trompe l’oeil con le ampolle eucaristiche. Sulla parete sinistra, in alto nel registro superiore è raffigurata Sant’Elena che porta la croce a Gerusalemme; nel registro inferiore Cosroe, re dei Persiani, dopo aver trafugato la Croce si fa adorare e a destra Il sogno di Eraclio. Nel terzo registro, a sinistra si vede la Decapitazione di Cosroe e a destra un gruppo di soldati ed un cavallo suggeriscono L’arrivo di Eraclio a Gerusalemme. Nella parte più bassa delle due pareti si intravedono ancora le basi delle colonne di una finta loggia sotto la quale Masolino aveva ritratto alcuni confratelli inginocchiati verso l’altare. Sul pilastro destro si trova la sinopia di un Santo guerriero. Nell’intradosso dell’arco d’ingresso invece vi sono dieci Santi affrescati a mezza figura (il decimo è rimasto solo in parte), inseriti in quadrilobi, che portano ciascuno una croce. ### Stile. L’artista riprende il precedente ciclo pittorico, sempre ispirato alle Storie della Vera Croce, realizzato da Agnolo Gaddi nel coro della chiesa di Santa Croce a Firenze. Rispetto ad Agnolo, Masolino sintetizza le vicende a causa del minor spazio disponibile. Le scene di Masolino però sono dominate da una nuova concezione di spazialità nella composizione perché queste non raffigurano tanti personaggi e non sono disperse in una miriade di particolari. Il confronto tra la Decapitazione di Cosroe e l’arrivo di Eraclio a Gerusalemme e l’affresco analogo di Santa Croce può essere molto dimostrativo della diversa concezione dei due artisti nell’affrontare lo stesso soggetto. Nel dipinto gaddiano la folla si accalca in primo piano circondando il sovrano giustiziato, mentre a Empoli il numero degli attori è stato ridotto a un manipolo di soldati disposti a semicerchio. Inoltre, eliminando il fiumiciattolo con il ponte e il boschetto che dividono a metà la scenda nell’affresco di Santa Croce, Masolino unifica lo spazio, riuscendo a fare in modo che il corteo di Eraclio proceda dal fondo verso il primo piano, accanto all’esecuzione di Cosroe, ma senza forzate cesure tra i due momenti del racconto. La posizione stessa dei soldati dimostra come il pittore fosse in grado di rendere la successione dei piani in profondità e di rappresentare in scorcio le figure. Inoltre la scelta di mostrare l’episodio nel momento dell’esecuzione aumenta la drammaticità della scena, concentrando l’attenzione sulla figura del re persiano curvo per la paura. Queste soluzioni permettono allo spettatore una comprensione molto chiara degli eventi, grazie a un’immediata intellegibilità delle immagini, che provocano un intenso interesse emotivo da parte del credente. Infine la Decapitazione di Cosroe risulta una chiara anticipazione della Decapitazione di Santa Caterina in San Clemente a Roma. Rispetto al precedente gaddiano, in quello di Masolino risultano più complesse anche le modalità di rappresentazione dell’architettura: anche se nelle scene della Leggenda Aurea permangono reminiscenze trecentesche nelle affastellate fabbriche che fanno da sfondo alla narrazione e nei rapporti dimensionali tra l’ambiente e le figure, nel registro basamentale, invece, la finta loggia è un sintomo dell’interesse del pittore per le capacità illusorie della pittura prospettica, che raggiungerà la sua massima espressione negli affreschi di San Clemente a Roma. Le basi a cipolla delle colonnine e la decorazione corinzieggiante dei soprastanti capitelli rivelano ancora l’usuale inesattezza tardogotica, denunciando una mancata attenzione da parte di Masolino per lo studio filologico dell’architettura classica. Il gusto prospettico, comunque, è alla base anche della rappresentazione dello scaffale con libri e ampolle nella nicchia nella parte destra della cappella, dove però l’attenzione per gli effetti della luce sugli oggetti prevale su quella riservata alla riproduzione dello spazio. Il Santo guerriero sul pilastro destro è caratterizzato da linee nette e pure che gli conferiscono un aspetto giovanile ed estremamente aggraziato. Fu Mario Salmi il primo a identificarlo come un guerriero in base all’armatura e al fatto che si appoggia con la mano sinistra ad una spada o ad uno scudo di traverso, e pensò che si trattasse di un arcangelo. I Santi affrescati nell’intradosso, eccetto il secondo in basso a destra e il secondo in basso a sinistra, sono ritenuti dallo stesso studioso un’opera realizzata da Masolino in cooperazione con i suoi allievi: nei due santi anziani posti in cima dell’arco, ad esempio, ci sarebbe la grafia di Paolo Schiavo, l’unico allievo che seguì Masolino a Castiglione Olona. Inoltre Umberto Baldini, così come il Salmi, coglieva nei Santi una certa vigorosità nella composizione che faceva pensare a un intervento di Masaccio, poi escluso dalla critica successiva. Sempre il Salmi sosteneva che la collaborazione di questi aiuti si allargasse anche alla decorazione delle vele della cappella, osservando i volti slargati e la visibile magrezza delle figure. Tuttavia la finezza e la simmetria delle croci ripetute nell’arco e nelle vele sono decorazioni caratteristiche di Masolino.
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### Titolo: Edipo e la Sfinge (Moreau). ### Introduzione: Edipo e la Sfinge è un dipinto del pittore simbolista francese Gustave Moreau, conservato al Metropolitan Museum of Art di New York. Moreau rinnova la visione del mito antico in questo confronto, da cui Edipo uscirà vittorioso, che è quello tra il bene e il male, lo spirito e la materia. ### Descrizione e stile. In Ecrits sur l'art Moreau scrisse a proposito dell'opera:. L'artista affronta una tematica cara al simbolismo: la contrapposizione tra ideale e materialità.Il dipinto, pur riprendendo una tematica classica, come pure la coeva pittura accademica soleva fare, si distacca però da essa poiché appare intriso di simboli ed arcane allusioni. Secondo il critico Édouard Schuré la corona sulla testa della sfinge potrebbe alludere alla vittoria di essa, ovvero delle forze che incarna, sull'uomo, ma «la natura, penetrata nelle gerarchie delle sue forze, è vinta dall'uomo, che la riassume e la supera pensandola». ### Dettagli dell'opera.
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### Titolo: Ruggero salva Angelica. ### Introduzione: Ruggero salva Angelica, noto anche come Ruggero sull'ippogrifo libera Angelica dall'orca, è un affresco eseguito da Giambattista Tiepolo, nella Sala dell'Orlando Furioso di Villa Valmarana 'Ai Nani'. ### Descrizione. Su commissione di Giustino Valmarana, proprietario della villa, Tiepolo ne affrescò le cinque sale assegnando ad ognuna di esse un tema epico. La sala dedicata all'Orlando furioso, poema di Ludovico Ariosto, presenta una serie di quattro pitture su muro che raffigurano altrettanti episodi relativi ad Angelica, la principale figura femminile del poema, di cui questo è il primo: l'affresco in questione rappresenta il salvataggio della giovane donna ad opera di Ruggero, che lotta contro l'Orca di Ebuda, il mostro marino cui essa era stata offerta in pasto, episodio in parte desunto dal mito classico di Perseo e Andromeda (nel Furioso Ruggero si limita a liberare la fanciulla in pericolo, mentre sarà Orlando in un secondo tempo a uccidere il mostro). Gli altri affreschi rappresentano ciascuno: Angelica soccorre Medoro ferito, Angelica e Medoro si congedano dai pastori che li hanno ospitati e Angelica incide il nome di Medoro sulla corteccia. Ruggero salva Angelica è pertanto tra i quattro dipinti l'unico nel quale non appare il personaggio di Medoro.
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### Titolo: Trittico della Crocifissione (Rogier van der Weyden). ### Introduzione: Il Trittico della Crocifissione è un dipinto del pittore fiammingo Rogier van der Weyden realizzato circa nel 1443-1445, e conservato nel Kunsthistorisches Museum a Vienna in Austria. ### Descrizione. Il tema centrale ha per soggetto l'episodio evangelico della Crocifissione di Gesù, con la Maria Vergine aggrappata ai piedi della croce, Giovanni evangelista che la confortava e una coppia di donatori in ginocchio a destra, integrato nella sacra scena. Nel panello a sinistra appare Maria Maddalena, e in quello di destro, Santa Veronica con l'omonimo velo. Uno sfondo paesaggistico unico sui tre i panelli mostra, in lontananza, la città di Gerusalemme; nel cielo si nota a presenza di angeli. In origine era un unico pannello con questa nuova distribuzione per la prima volta nella storia dell'arte, in cui i donatori compaiono già su una scala reale tra le figure sacre, ma in un secondo momento è stato diviso in tre, trasformando le figure di Maddalena e Veronica nei laterali.
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### Titolo: Altare di Boulbon. ### Introduzione: L'Altare di Boulbon o Retablo di Boulbon è un dipinto anonimo del terzo quarto del XV secolo e conservato dal 1904 al Museo del Louvre a Parigi in Francia. ### Descrizione. Il quadro rappresenta il donatore inginocchiato, Jean de Montagnac, canonico di Sant’Agricola, presentato dal vescovo Agricola di Avignone, che gli posa la mano sulla testa, alla Santa Trinità composta da Dio Padre, dalla Colomba e da Gesù Cristo. La colomba, simbolo dello Spirito Santo, collega Dio, la cui figura appare in una finestra, e il Cristo, al centro, in piedi nella sua bara, con le mani giunte e con i segni della Crocifissione, nella postura iconografica dell'Uomo dei dolori, ma con gli occhi socchiusi così come la bocca. La pala è divisa in due dall’immagine di Cristo: “alla sua sinistra un mondo di sofferenze e di tenebre, alla sua destra la vita e la luce”. Sulla destra, si scorge un fondo di paesaggio rappresentante Avignone. Posteriormente sono stati aggiunti, rispettivamente a sinistra e a destra del quadro, gli stemmi del capitolo di Sant’Agricola (cicogna d’argento che tiene nel becco un serpente) e del papa Giovanni XXII. Dettagli: le armi aggiunte.
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### Titolo: Susanna e i vecchioni (Pittoni). ### Introduzione: Susanna e i vecchioni è un dipinto a gesso su carta realizzato indicativamente nel 1720 dal pittore italiano Giambattista Pittoni e conservato al Metropolitan Museum of Art di New York. ### Descrizione. È uno disegno compositivo in gesso nero che raffigura la storia dell'Antico Testamento di Susanna, qui ritratta sulla destra nella nudità, sorpresa durante il bagno da due anziani, le cui figure sono sommariamente ritratte. ### Stile. Pittoni ha inizialmente abbozzato rapidamente e leggermente la composizione generale, quindi ha rielaborato con profondità i contorni delle figure maschili con una pressione della mano molto maggiore per donare l'enfasi tonale. È un'opera con la tipica sensibilità rococò di Pittoni, in cui la composizione sembra essere stata realizzata per un dipinto, e sembra essere strettamente correlato all'opera di uno schizzo presente nel Museo Civico Correr di Venezia (inv. 4338) e nella Fondazione Cini di Venezia (inv. 30.252). Il retro dell'opera contiene alcuni scarabocchi accidentali in gessetti neri e rossi (un motivo verso l'alto sembra rappresentare forme architettoniche), che non sembrano essere dell'artista. L'annotazione del retro in gesso nero '79' è di una mano del XVIII secolo, mentre l'annotazione del verso in grafite '14 [?]. 39.8 / 1' è di una mano moderna.(Carmen C. Bambach, 2005).
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### Titolo: Moltiplicazione dei pani e dei pesci (Pittoni). ### Introduzione: La moltiplicazione dei pani e dei pesci, è il titolo di un dipinto di olio su tela realizzato dal pittore italiano Giambattista Pittoni nel 1725, esposto nella collezione permanente del museo National Gallery of Victoria di Melbourne in Australia. ### Descrizione. Pittoni realizzò il suo dipinto basandosi sul Vangelo di Giovanni (6:3–13): Gesù andò sulle montagne ... una grande moltitudine lo seguì, li ordinò di sedersi, prese cinque pani e due pesci e, ringraziandoli, li spezzò e i discepoli li distribuirono.
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### Titolo: San Giorgio a cavallo. ### Introduzione: Il San giorgio a cavallo è un olio su tela realizzato da Mattia Preti nel 1658 su commissione di Martin de Redin, Gran Maestro dell'Ordine dei Cavalieri di Malta. È considerata dai critici come uno dei capolavori del Preti e come uno dei più illustri esempi dello stile barocco napoletano. ### Descrizione. Prima opera del periodo maltese del Preti, appartiene ad una pala d'altare che si trova nella Concattedrale di San Giovanni di La Valletta, nella Cappella della lingua d'Aragona, unità amministrativa dell'ordine ospitaliero. Il dipinto, alto 275 e largo 205 cm, raffigura san Giorgio a cavallo, mentre combatte e si appresta a vincere il drago.
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### Titolo: Santi Cecilia e Cassiano. ### Introduzione: Santi Cecilia e Cassiano è un affresco di Giovanni Battista Pittoni, realizzato indicativamente nel 1763 nella chiesa di San Cassiano a Venezia, collocato nella cappella della sacrestia. ### Stile. Lo stile dell'ornato è ricco ma leggero e finissimo nella distribuzione a campiture simmetriche. Anche in età avanzata Pittoni compie un affresco, come aveva fatto in età giovanile al termine del 1739 nelle ville di Bagnoli e di Massanzago.
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### Titolo: Apoteosi di san Girolamo, san Pietro di Alcantara e un francescano. ### Introduzione: Apoteosi di san Girolamo, san Pietro di Alcantara e un santo francescano è un dipinto di Giambattista Pittoni, realizzato nel 1725 nella collezione permanente del National Gallery of Scotland a Edimburgo. ### Stile. Il soggetto vede i due Santi Francescani, con la rappresentazione di San Pietro di Alcantara, Santo della controriforma spagnola, che è molto rara a Venezia.
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### Titolo: Annibale giura odio ai romani. ### Introduzione: Annibale giura odio ai romani è un dipinto di Giambattista Pittoni, realizzato nel 1723 esposto nella collezione permanente del Pinacoteca di Brera a Milano. ### Descrizione. L'opera d'arte è un Bozzetto, come attesta la rapida stesura pittorica, per un dipinto dedicato alla storia narrata da Tito Livio di Annibale che a nove anni giura odio eterno ai Romani, maledetti da Didone. ### Stile. Il soggetto è un tema caro e ripetuto più volte da Pittoni, sempre di piccole dimensioni, le più preziose per i dipinti di Pittoni, di cui uno analogo stilisticamente si trova a Vienna. Fu comprata dalla Pinacoteca di Brera nel 1913.
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### Titolo: Agar confortata da un angelo nel deserto. ### Introduzione: Agar confortata da un angelo nel deserto, è il titolo di un dipinto di olio su tela realizzato dal pittore italiano Giambattista Pittoni nel 1720, esposto nella Chiesa di Santa Maria Gloriosa dei Frari di Venezia in Italia. ### Descrizione. Agar, la fanciulla egizia di Sarah, era la madre di Ismaele, il primo figlio di Abramo. Quando Isacco, il figlio di Sarah, prese in giro suo fratello minore Ismaele, Sarah chiese ad Abramo di bandirlo, insieme a sua madre. Abramo prima di mandarli via gli diede del pane e una bottiglia d'acqua e li mandò nel deserto di Beersheba. Quando l'acqua terminò, Agar mise Ismaele sotto un cespuglio per morire e poi si sedette un po' lontano, piangendo. Ma apparve un angelo, per tradizione l'arcangelo Michele, che gli rivelò un pozzo d'acqua vicino, in modo che entrambi salvati. Due scene, l'esilio e l'aspetto dell'angelo sono comuni nella pittura italiana e olandese del 17 ° secolo.
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### Titolo: Benedizione di Giacobbe. ### Introduzione: La Benedizione di Giacobbe è un dipinto a olio su tela realizzato indicativamente nel 1713-1714 da Giambattista Pittoni, e conservato nel museo nazionale Ermitage di San Pietroburgo. ### Descrizione. Al museo Ermitage di San Pietroburgo in Russia sono collezionati sei dipinti di Pittoni che descrivono i vari momenti della sua vita artistica. Alcuni di questi provengono da residenze russe principesche, tra cui il Castello di Gatčina (reggia). La Benedizione di Giacobbe entra al museo Ermitage nel 1922, a cui fu conferito dall'Accademia di Belle Arti che la possedeva dalla sua fondazione da parte di Shuvalov, nel 1758.
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### Titolo: Matrimonio di Placidia con Costanzo. ### Introduzione: Il Matrimonio di Placidia con Costanzo, è un dipinto a olio su tela realizzato indicativamente nel 1740 dal pittore italiano Giambattista Pittoni, e conservato nel museo nazionale Ermitage di San Pietroburgo.L'opera, proveniente dalla collezione Issupoff viene acquisita dal Museo Ermitage nel 1926. Le preziose opere sembrano modelli in piccola scala per grandi opere, ma non è così, Pittoni amava il dettaglio delle piccole opere che sono molto preziose per questo. ### Descrizione. Galla Placidia è la sorella dell'imperatore Onorio e lo sposo il congovernatore Costanzo III, è quindi collegata alla narrazione dell'opera presente al Museo Puskin di Mosca dal titolo 'Onorio elegge Costanzo suo cogovernatore'.
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### Titolo: Venere e Marte (Pittoni). ### Introduzione: Venere e Marte è un dipinto realizzato indicativamente nel 1723 dal pittore italiano Giambattista Pittoni, della collezione del Museo del Louvre di Parigi. ### Descrizione. La coppia 'Venere e Marte' ha gli stessi caratteri di stile della coppia di 'Bacco e Arianna' di Pittoni, sempre appartenenti alla collezione del Museo del Louvre. Sono gruppi mitologici collegabili alla 'Diana e le Ninfe' di Vicenza. Il soggetto della Venere nello stile, torna anche nell'opera di 'Giunone' in collezione privata. Tra il 1730 e 40, negli affreschi di Pittoni ci saranno richiami a queste serie di tele.
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### Titolo: Bacco e Arianna (Pittoni Louvre). ### Introduzione: Bacco e Arianna è un dipinto realizzato indicativamente nel 1723 da Giambattista Pittoni, nella collezione del Museo del Louvre di Parigi. ### Descrizione. La coppia 'Bacco e Arianna' è correlata con il dipinto di 'Venere e Marte' di Pittoni, sempre nella collezione del Louvre, anche se di più piccola dimensione. Le opere di minori dimensioni risultano le più preziose per la cura del Pittoni nelle medesime. Le figure per le sue forme generali richiamano la 'Rachele' di Pittoni, mentre il nudo di Arianna richiama la 'Susanna' di Pittoni. Le stesure sono morbide e ben definite.
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### Titolo: Madonna dei Re Cattolici. ### Introduzione: La Madonna dei Re Cattolici, chiamata anche Vergine dei Re Cattolici, è un dipinto di un pittore sconosciuto realizzato circa nel triennio 1491-1493 e conservato nel Museo del Prado a Madrid in Spagna. ### Descrizione. La composizione è simile a quella di una sacra conversazione ambienta in una stanza con finestre, che mostrano un paesaggio con caratteristiche convenzionali dello stile fiammingo, la Madonna col Bambino sono rappresentati su un trono e - ad un livello inferiore, in piedi - due Santi in abito Domenicano, entrambi identificati con iscrizioni nelle loro aureole: San Domenico di Guzmán e San Tommaso d'Aquino. La scelta del primo è dovuta al fatto di essere il fondatore dell'Ordine Domenicano (con un libro, attributo del suo status di Dottore della Chiesa e un giglio, simbolo iconografico della Vergine, per la sua particolare devozione mariana: riportò in auge la preghiera del Rosario). A un livello ancora inferiore, in ginocchio, nella loro qualità di donatori, i Monarchi Cattolici e due dei loro figli (Giovanni e forse Isabella) insieme a due frati. Questi ultimi vengono identificati, quello accanto al Re, con Tomás de Torquemada inquisitore generale Castiglia e fondatore del convento; mentre permangono dubbi sull'altro: potrebbe essere San Pietro martire, inquisitore di Verona, con il coltello e la ferita aperta sulla testa caratterizzanti la sua iconografia. Secondo altri studiosi sarebbe invece rappresentato Pietro Martire d'Anghiera, umanista e confessore della regina o forse anche Pietro d'Arbués, il primo inquisitore di Aragona e martire, assassinato intorno all'anno 1485. Il pavimento, piastrellato, così come la piattaforma su cui si trova il trono della Vergine, le poltrone reclinabili dei Re e le finestre, presentano una prospettiva un po' forzata.
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### Titolo: Madonna col Bambino in un paesaggio (Gerard David). ### Introduzione: La Madonna col Bambino in un paesaggio è un dipinto del pittore fiammingo Gerard David realizzato circa nel 1520 e conservato al Museum Boijmans Van Beuningen di Rotterdam nei Paesi Bassi. ### Descrizione. Il dipinto raffigura la Madonna col Bambino o Madonna del latte nella stessa posa di altre opere. Tuttavia le altre versioni usano questa posa per rappresentare Riposo durante la fuga in Egitto; il dipinto di Rotterdam utilizza il paesaggio come sfondo per simboleggiare l'hortus conclusus o 'giardino recintato' del Cantico dei Cantici . Aggiunge anche i gigli bianchi per simboleggiare la verginità di Maria. A sinistra allo sfondo si intravede degli edifici sotto una collina, mentre a destra una vegetazione boschiva.
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### Titolo: Ritratto di Marija Lopuchina. ### Introduzione: Ritratto di Marija Lopuchina è un ritratto realizzato nel 1797 dall'artista Vladimir Lukič Borovikovskij. Tutt'oggi il dipinto è conservato nella galleria Tret'jakov di Mosca. ### Descrizione. Borovikovskij realizza il dipinto durante il suo soggiorno a San Pietroburgo, dove abitò nel ritrovo di poeti, architetti e musicisti. Caratteristici di questa sua fase sono i ritratti, come appunto quello della Lopuchina, in cui è evidenziato un particolare gusto per i sentimenti e i piccoli aspetti della vita quotidiana. Nell'opera si possono osservare sullo sfondo un ambiente bucolico in cui spicchia il celeste del cielo e il verde di più cespugli ed un albero. Si esclude comunque che si tratti di un giardino, dato in secondo piano si possono distinguere delle piante di grano riconducibili a un campo; per questa ragione si suppone che si tratti di uno scenario di campagna. In primo piano è raffigurata la donna protagonista del dipinto: indossa una veste bianca e uno scialle di colore lillà, essa è cinta alla vita da un tessuto azzurro con riflessi dorati. Uno dei due polsi è coperto, ma sull'altro si possono scorgere dei delicati braccialetti d'oro. La donna ha un atteggiamento rilassato e poggia il braccio su un supporto, alla cui sinistra sbucano dei boccioli di rosa.
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### Titolo: Gioconda (San Pietroburgo). ### Introduzione: La Gioconda di San Pietroburgo è un dipinto a olio su tela, realizzato nella metà del XVI secolo e conservato al Museo dell'Hermitage di San Pietroburgo dal 1931, quando fu trasferito dalla collezione privata 'Antikvariat All-Union Association'. ### Descrizione. Questa opera è una raffigurazione di Lisa Gherardini, nota più comunemente come Monnalisa o Gioconda. Il dipinto, però, è molto diverso da quello più noto collocato nel museo del Louvre. Appare differente il volto della modella, più giovane rispetto alla versione di Leonardo da Vinci, ma anche lo sfondo, che presenta delle colonne solo abbozzate nell'originale.
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### Titolo: Il raccolto. ### Introduzione: Il raccolto è un dipinto a olio su tela realizzato nel 1888 dal pittore Vincent van Gogh. È conservato nel Van Gogh Museum ad Amsterdam. ### Descrizione. Questo dipinto raffigura la campagna di Arles, in Provenza. Vincent si trovava in questa località da alcuni mesi e realizzò l'opera nel giugno 1888 in una calda giornata estiva, dopo certi disegni preparatori. Potrebbe aver dipinto questo quadro anche in una sola giornata e rientra in un periodo piuttosto produttivo, arrivando a dieci dipinti e cinque disegni in poco più di una settimana, finché non arrivò un temporale. Van Gogh lo considerò uno dei suoi dipinti di maggior successo, scrivendo a suo fratello Theo che la 'tela uccide assolutamente tutto il resto'. Il quadro raffigura una vasta zona pianeggiante con una campagna serena e laboriosa. L'artista la interpreta con grande empatia, lasciando una testimonianza di un momento sereno nella sua vita. In questo periodo si documentò quindi del lavoro nei campi, come si può osservare nel quadro tra le diverse fasi della mietitura. In primo piano si trova un campo già parzialmente mietuto, con una fascia di spighe addossate allo steccato che delimita una zona di vegetazione. Nei campi si vedono lavorare i contadini, con sulla sinistra uno a mietere mentre gli altri a condurre i carri. Sulla destra, invece, si vedono delle scale appoggiate ad un covone e in tutta l'opera, a seconda dei colori, si distinguono i campi già lavorati. Tre case coloniche riflettono l'intenso sole della Provenza e, infine, sull'orizzonte si scorgono delle montagne lontane con cui confina la pianura. La pittura è di tipo olio su tela e, soprattutto in primo piano, le pennellate si identificano ad esempio con le spighe, le foglie o le stecche del recinto, cambiando in relazione alla direzione e al soggetto rappresentato. Il colore è posto con impasto materico e senza sfumatura, anch'esso in primo piano, mentre partendo dal secondo piano le superfici diventano più omogenee, le pennellate meno evidenti, fino ad arrivare allo sfondo. Le superfici del grano e della natura sono anche movimentate da una tessitura generata dalle pennellate del primo piano. Il dipinto è per lo più caldo, con prevalenza del giallo del grano, ma spiccanti anche il verde della vegetazione o il blu del carretto, mentre sullo sfondo l'azzurro delle montagne si va a confondere con il cielo. Figure come la chioma degli alberi, o il carretto al centro sono messe in evidenza dal contrasto di luminosità tra l'oro del grano e i colori più scuri, come anche tra la stessa pianura e il cielo. Quest'opera rappresenta un periodo eccezionale nella vita di Vincent, poiché maggiormente sereno e fecondo.
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### Titolo: Autoritratto con scena magica. ### Introduzione: Autoritratto con scena magica è un dipinto di Pieter van Laer, pittore olandese che fu lungamente attivo a Roma ove venne soprannominato Bamboccio. ### Descrizione e stile. Il Van Laer si è autoritratto seduto ad un tavolo imbandito con disparati oggetti utilizzati per un rito da negromante. Il già citato teschio sulle braci, un vasetto dove si scorge un liquido rossastro - forse del sangue o l'ingrediente di un esperimento alchimistico -, un coltello da rituale (un athame), un bicchiere con dentro degli insetti neri. E poi una candela, un libro con misteriosi simboli esoterici quali un cuore trafitto e un pentacolo, cioè la stella a cinque punte spesso associata ai culti demoniaci. E ancora, un cartoccio dal quale sono stati rovesciati dei semi che è forse un'allusione alla parabola evangelica della zizzania, quindi all'azione nefasta del diavolo. Infine, al centro di questa singolarissima natura morta vi è un pentagramma sul quale (oltre alla firma del pittore) leggiamo in alto canone a 3 (quindi un canone a tre voci) e in basso Il diavolo nó burla. Sotto il pentagramma c'è un grosso ragno, verosimilmente una tarantola, insetto cui erano attribuite valenze demoniache. La sequenza di note dello spartito - che potrebbe essere stata ideata dallo stesso Van Laer, musicista dilettante - forma un tritono melodico, elemento compositivo che nelle teorie musicali medievali venne denominato diabolus in musica e assunse una valenza misterica e malefica. La composizione quindi, sorta di colonna sonora della scena, ben si associa alle parole del testo messo in musica che ammoniscono sul fatto che il diavolo non scherza. Ed è proprio il motto musicato che forse sintetizza il senso ultimo del dipinto. Il demonio, incautamente evocato con il rito negromantico, fa infatti capolino sulla scena: sulla destra del quadro entrano nello spazio pittorico gli spaventosi artigli di un demone scheletrico che stanno per ghermire il pittore. Questi, ovviamente terrorizzato, irrompe in un disperato urlo di paura. Contenutisticamente si è colto un nesso tra il dipinto del Van Laer e il dramma teatrale La tragica storia del Dottor Faust, dato alle stampe da Christopher Marlowe sul finire del sedicesimo secolo. In particolare, l'autoritratto del Bamboccio riecheggerebbe la scena finale del dramma, allorché, allo scadere del tempo convenuto, il disperato Faust è raggiunto dal demonio che viene a prendergli l'anima cedutagli anni addietro in cambio della conoscenza. Oltre ad una complessiva affinità tematica con l'opera di Marlowe, si è notata altresì una certa vicinanza della composizione del Van Laer ad alcune illustrazioni secentesche del Faust ed in particolare, ma non solo, per il dettaglio del diavolo che si fa avanti, verso chi l'ha avventatamente evocato, mostrando dei minacciosi artigli. Eppure, al di là dell'orrorifica ambientazione, forse quella del Van Laer è solo una parodia delle terribili scene di negromanzia alla Caroselli. Lo potrebbe far pensare già la scelta di assegnare a sé stesso il ruolo del negromante. Il Bamboccio era infatti noto nelle osterie di Roma per la sua tendenza alla goliardia e alla bisboccia in compagnia dei membri dei Bentvueghels, cioè la combriccola dei pittori nordici residenti in città, rinomata per le sue intemperanze. Proprio nell'ambiente dei Bentvueghels erano correnti declinazioni goliardiche dei temi esoterici, come appare testimoniato da alcune opere dello stesso Pieter van Laer così come di suo fratello Roeland. Di quest'ultimo si conserva a Roma una movimentata scena d'osteria dove sulle pareti della locanda vediamo disegnato lo stesso cuore trafitto che appare nell'autoritratto newyorchese di Pieter. Sempre sullo stesso muro è inciso lo spartito di un canone a tre voci. Vi è poi un disegno del Bamboccio di analoga ambientazione dove sulla parete dell'osteria sono raffigurati la morte e dei demoni con artigli che ricordano quelli che si osservano nell'autoritratto della Leiden Collection. Insomma, la vera chiave di questo dipinto potrebbe essere quella grottesca, mettendo in scena un negromante improvvisato e pasticcione - l'antonomastico apprendista stregone - che si mette comicamente nei guai con la sua imperizia.
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### Titolo: Gassed. ### Introduzione: Gassed è un grande dipinto ad olio completato nel marzo del 1919 da John Singer Sargent. ### Descrizione. L'opera raffigura e descrive le conseguenze di un attacco di gas durante la prima guerra mondiale, con una fila di soldati feriti che camminano verso una stazione di medicazione. Sargent fu incaricato dal British War Memorials Committee di documentare la guerra e visitò il fronte occidentale nel luglio 1918 trascorrendo del tempo con la divisione delle guardie vicino ad Arras e poi con le forze di spedizione americane vicino a Ypres. Il dipinto fu terminato nel marzo del 1919 e votato come dipinto dell'anno dal Royal Academy of Arts nel 1919. Ora è esposto all'Imperial War Museum. È stato esposto negli Stati Uniti nel 1999 per una serie di mostre e retrospettive e dal 2016 al 2018 per mostre commemorative del centenario della prima guerra mondiale.
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### Titolo: Banchetto di Antonio e Cleopatra. ### Introduzione: Banchetto di Antonio e Cleopatra è un dipinto di Giambattista Tiepolo, che diede alla regina egiziana le fattezze della moglie Maria Cecilia Guardi. ### Descrizione. La scena si inserisce nelle ricorrenti schermaglie tra Antonio e Cleopatra. Più specificatamente, viene qui rappresentato uno dei numerosi banchetti che i due erano soliti offrirsi l'un l'altra. Antonio, pur essendo stupefatto dal lusso da cui è circondato, sfida Cleopatra, sostenendo di poterle offrire la cena più costosa. Per tutta risposta Cleopatra immerge nell'aceto una perla preziosissima e dal costo inestimabile, a riprova della sua ricchezza. Tiepolo decide di rappresentare il momento esatto nel quale Cleopatra getta l'orecchino nella coppa sulla tavola. Di fronte a lei, di spalle, è rappresentato Antonio; fra di loro siede Lucio Munazio Planco, giudice della sfida. L’illusionismo prospettico non è più un mezzo per coinvolgere lo spettatore e renderlo partecipe di una visione, ma è un modo per creare una rappresentazione scenica. I personaggi appaiono attori in una recita, con vestiti che sembrano costumi e sono sovente anacronistici nel contesto. L’arte di Tiepolo celebra l’immaginazione, trasponendo un avvenimento della storia antica in un linguaggio grandioso e teatrale.
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### Titolo: L'indifferente (Watteau). ### Introduzione: L'indifferente è un dipinto di Antoine Watteau, eseguito nel 1717 con la tecnica dell'olio su tela. L'opera è stata messa in relazione con la novella L'indifferente di Marcel Proust. ### Descrizione. Il soggetto ritratto è un giovane uomo con vestiti luccicanti, abbozzante un passo di danza, ma il titolo dell'opera rimane un mistero: potrebbe riferirsi all'atmosfera ambigua emanata da un incantatore che dissimula le sue intenzioni usando gli artifici della commedia umana. Egli indossa un abito di raso blu molto chiaro, calze rosa e scarpe giallo-rosa, un mantello rosso foderato di blu sul braccio destro, un cappello celeste con un fiocco rosa. Sullo sfondo si hanno alcuni alberi, verso sinistra, mentre a destra si vede il sole tramontare. L'ambiguità dell'indifferenza galante era un tema tipico nella Francia del re Luigi XV. Intorno al 1732, quindici anni dopo la creazione del dipinto, la ballerina-coreografa Marie Sallé e la cantante Marie Pélissier, disgustate dalla freddezza degli uomini, avrebbero formato una coppia lesbica: si sa comunque per certo che le due fondarono l'Ordine degli Indifferenti, i cui membri ricevevano un compenso di dieci luigi dopo aver pronunciato un giuramento col quale si impegnavano a reprimere le passioni.
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### Titolo: Ritratto dell'infanta María Teresa di Spagna. ### Introduzione: Il Ritratto dell'infanta María Teresa di Spagna è un dipinto di Diego Velazquez, realizzato nel biennio 1652-53 ed esposto nel Kunsthistorisches Museum di Vienna. Raffigura la principessa Maria Teresa d'Asburgo, figlia di primo letto di Filippo IV di Spagna, andata poi sposa a Luigi XIV di Francia. All'epoca del ritratto, l'infanta aveva quattordici-quindici anni. Il dipinto è considerato uno dei più riusciti della maturità del pittore spagnolo. ### Descrizione. La figura dell'infanta, autorevole nonostante la giovanissima età, appare fortemente illuminata, in contrasto con lo sfondo scuro. Il colore dell'abito stride con quello dei tendaggi. Elementi notevoli sono i due orologi applicati al vestito dell'infanta e il foulard da lei impugnato nella mano sinistra. L'opera è stata parzialmente tagliata sia nella sua parte inferiore sia in quella superiore.
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### Titolo: Feste veneziane. ### Introduzione: Feste veneziane (Les Fêtes vénitiennes) è un dipinto di Antoine Watteau, realizzato nel 1719 con la tecnica dell'olio su tela. Il titolo deriva dalla copia di un'incisione dovuta a Laurent Cars. ### Descrizione. Il dipinto mostra un trattenimento a tema veneziano, allestito in un giardino privato di nobili francesi. Si tratta di una delle tipiche opere rappresentanti le cosiddette 'feste galanti', di cui Watteau fu il pioniere. Vi è una figura femminile principale, la danzatrice al centro della scena, presumibilmente l'attrice teatrale Christine Charlotte Desmares, amante del duca Filippo d'Orleans, il quale da lei ebbe una figlia illegittima. Il ballerino col copricapo nero di fronte a lei è stato identificato con Nicolas Vleughels, pittore fiammingo amico di Watteau, che divenne in seguito direttore dell'Accademia di Roma (1725-36). Il suo abbigliamento, ispirato alla cultura araba, è tipico di molti comici italiani dell'epoca, che lo utilizzavano nei loro spettacoli. Dietro questa coppia che balla il minuetto, siede sull'erba un nutrito gruppo di astanti, tra cui Watteau stesso riconoscibile nel suonatore di musette de cour, la cornamusa francese. Spicca poi la figura di un cavaliere, nell'atto di corteggiare una signora, mentre altre due dame conversano con un attore. Sulla destra appare una fontana monumentale (abbellita da una statua raffigurante una ninfa, o forse la dea Venere) presso la quale è visibile una coppia a passeggio.
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### Titolo: Ratto delle Leucippidi. ### Introduzione: Il Ratto delle Leucippidi è il soggetto di un dipinto di Rubens. ### Descrizione e stile. Avvistate le ragazze, i Dioscuri interrompono di colpo il galoppo forsennato dei loro bellissimi destrieri, che infatti vediamo impennarsi per il brusco arresto, e si avventano sulle due sorelle. Le abbrancano vigorosamente per trascinarle via e nella turbinosa zuffa le vesti di Ilera e Febe cadono giù rivelando due prorompenti nudi femminili. I bracciali d'oro che esse indossano e le loro raffinate acconciature ci ricordano che sono delle principesse. Con gustosa invenzione pittorica due cupidi - già si è detto della funzione simbolica di quello a sinistra - prendono le redini dei cavalli e subentrano nel loro controllo ai Dioscuri che le hanno mollate in tutta fretta. Il groviglio di corpi umani e cavalli, scultoreamente raggruppato, è stato messo in relazione alla Battaglia di Anghiari di Leonardo da Vinci, mentre la posizione della Leucippide al centro della tela richiama la Leda di Michelangelo. Potrebbe non essere casuale che la posizione della Leda michelangiolesca, qui ripresa da Rubens, sia quella assunta dalla regina spartana durante il coito con Giove (trasformatosi in cigno). Citazioni di capolavori del Rinascimento italiano, tutti e due perduti, ben noti a Rubens che da entrambi realizzò delle derivazioni (sia pure avvalendosi di copie degli originali). A proposito dei cavalli è stato colto anche un rimando alle celebri sculture romane dei Dioscuri di Montecavallo. Il riferimento potrebbe in effetti apparire una possibile conferma del tema del dipinto, ma in verità Rubens riprese queste antiche statue anche in un progetto grafico (oggi conosciuto solo attraverso una copia) avente certamente ad oggetto il ratto delle Sabine. Anche uno schizzo di Tiziano, che pare sia appartenuto al pittore fiammingo, è verosimilmente tra le fonti del dipinto di Monaco. Così come vi è una più generale assonanza, anche per le gamme cromatiche e gli effetti di luce, con tante opere veneziane di tema mitologico, dello stesso Tiziano o del Veronese, a loro volta occasione per raffigurazioni di nudo muliebre. Nudità femminile di valenza centrale nell'opera che ha esplicite connotazioni erotiche: i corpi opulenti delle ragazze, su cui si concentra la luce diurna che rende la loro pelle lucida come porcellana, sono esibiti nella loro bellezza conturbante per il personale diletto della sconosciuta committenza di questo magnifico dipinto.
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### Titolo: Tarquinio e Lucrezia (Rubens). ### Introduzione: Tarquinio e Lucrezia è il tema di un dipinto di Rubens. ### Descrizione e stile. Importante precedente per questo dipinto di Rubens è una tela di Tiziano, di identico soggetto, che il pittore di Anversa con ogni probabilità vide in Spagna. Sul piano compositivo infatti vi sono nel quadro seicentesco chiare riprese da questo dipinto: l'ambientazione, la disposizione dei protagonisti, alcuni dettagli figurativi. Tuttavia l'impianto psicologico ne differisce significativamente. In Tiziano, così come in tanti altri esempi rinascimentali raffiguranti lo stesso tema, assistiamo in sostanza ad una descrizione evenemenziale della vicenda di Lucrezia, tratta da fonti storiche quali la Ab Urbe condita di Tito Livio o l'Historia Romana di Dione Cassio. Sesto Tarquinio, spinto più da irritazione ed invidia per le virtù della casta matrona che da bramosia dei sensi, vuole senz'altro possederla carnalmente. A tal fine, entrato nella sua camera da letto, la minaccia di morte - Tiziano ci mostra quindi l'aggressivo stupratore a spada ben sguainata -, poi, con coercizione ancora più efficace, afferma che ucciderà anche il suo servo (la figura che fa capolino attraverso la tenda verde) per dire che li ha puniti avendoli sorpresi in flagrante adulterio nel talamo nuziale, gettando su lei e la sua famiglia il disonore. Lucrezia a questo punto non può far altro che cedere alle voglie dell'uomo per poi ristabilire la sua virtù suicidandosi eroicamente. In buona sostanza l'intento di questi precedenti è quello di raffigurare un exemplum di incorruttibilità muliebre e di stigmatizzare gli abusi della tirannide, anche se non si perde l'occasione favorevole all'inserimento di elementi erotici (la ricorrente nudità di Lucrezia). Rubens sembra avere un altro scopo e forse deriva il suo dipinto non da una fonte storica, ma piuttosto poetica, cioè i Fasti di Ovidio (II, 721-812) dove è tratteggiato il tormento interiore di Tarquinio che dopo aver vista la bellissima Lucrezia è preso da una passione cieca e folle che lo condurrà fino al turpe gesto. Con le parole di Ovidio:. Rubens sceglie quindi un momento dell'azione che precede quello dell'esplicita minaccia inscenato in Tiziano e in tanti altri esempi figurativi sul soggetto. Tarquinio, con una singolare veste all'orientale, che forse simbolizza la sua depravazione, si è introdotto nella lussuosa camera da letto dove qualche elemento antichizzante non nasconde l'ambientazione di gusto veneziano. Egli si illude ancora di sedurre Lucrezia con blandizie e lusinghe e la spada è celata dietro la sua schiena. Lucrezia però rifiuta e in questo preciso istante la passione delusa di Tarquinio lo spinge alla violenza: sembra immediatamente accorgersene il cupido che al centro in volo illumina l'alcova. L'amorino infatti si volge al figlio del re di Roma con espressione sgomenta. Sulla sinistra della tela - hapax nella pur cospicua produzione pittorica sul tema - vi è la personificazione di una Furia. È la mostruosa megera col seno vizzo e cadente che ha nella sinistra una torcia e nella destra un serpente che si aggroviglia intorno al suo braccio. La Furia potrebbe simboleggiare il sentimento che la frustrazione amorosa ha instillato in Tarquinio, suggellando il dramma che sta per compiersi. Tuttavia l'attributo del serpente potrebbe identificarla più specificamente in Tisifone, Erinni che nella mitologia greco-romana aveva il compito di punire i delitti più gravi. La figura potrebbe quindi alludere alla punizione inflitta a Sesto Tarquinio - moralmente responsabile della morte di Lucrezia - con la cacciata da Roma e poi la sua uccisione. La serpe in effetti pare accingersi a mordere costui. Nella composizione sembrano tuttavia scorgersi degli elementi di ambiguità che possono suggerirne anche altri, paralleli, registri di lettura. Nell'indecifrabile sguardo di Lucrezia e nella gestualità delle sue mani si può forse cogliere un'incertezza circa i suoi reali sentimenti e, in particolare, appare possibile chiedersi se col braccio destro, vista l'apparente indecisione del gesto, Lucrezia spinga via Tarquinio oppure se al contrario ella diriga la sua mano verso il ventre di lui. Ambiguità che, in ultima analisi, rimandano alla rilettura della storia di Tarquinio e Lucrezia fatta da sant'Agostino. In un passo della De civitate Dei Agostino adombra infatti la possibilità che Lucrezia, contrariamente alle testimonianze della storiografia romana, abbia ceduto alla seduzione del principe, provandone piacere. Per tale ragione, cioè per la vergogna dell'adulterio e non per onore, ella si sarebbe poi suicidata. In questa chiave la presenza della Furia potrebbe pertanto alludere alla punizione anche di Lucrezia. Avendo messo in scena un dramma delle passioni (del solo Tarquinio o di entrambi i protagonisti?), Rubens dà forte risalto all'elemento sensuale. Lucrezia è bella e raffinata - nell'acconciatura, nei monili - come una Venere e la sua nudità è ampiamente offerta all'osservatore: il pittore si preoccupa di sdraiarla di fianco affinché il suo seno si mostri frontalmente al riguardante. La mano di Tarquinio si protende verso il pube dell'eroina - v'è un reciproco gesto di Lucrezia? - accrescendo ulteriormente la temperatura erotica del quadro.
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### Titolo: Ritratto dell'Armada. ### Introduzione: Il cosiddetto Ritratto dell'Armada (The Armada Portrait) è un dipinto allegorico di artista ignoto, realizzato nel tardo XVI secolo ed eseguito con la tecnica dell'olio su tela. Vi è rappresentata Elisabetta I d'Inghilterra: l'opera celebra la vittoria della sua flotta sull'Invincibile Armada di Filippo II di Spagna, avvenuta nel 1588. Il dipinto è conservato nella Woburn Abbey. Secondo diversi critici il Ritratto dell'Armada è da attribuire al pittore inglese George Gower. Esistono due varianti del dipinto, entrambe meno curate nei particolari e di dimensioni minori: una si trova alla National Portrait Gallery di Londra, l'altra nella Queen's House. Anche per il quadro conservato nella National Portrait Gallery è stato fatto il nome di Gower.. Le tre tele sono state eccezionalmente esposte insieme nel febbraio del 2020 alla Queen's House. ### Descrizione. Si tratta di un'opera notevole, in quanto l'artista ha realizzato un ritratto a grandezza naturale di Elisabetta I inserendola in un contesto allegorico: nonostante la sovrana si trovi in una delle sue residenze, le finestre della stanza si aprono sullo scontro tra le flotte (che avvenne al largo di Gravelines, città portuale della Francia del Nord), mostrandone due diverse fasi. I pittori inglesi in questo periodo si riallacciavano ancora alle illustrazioni dei codici fiamminghi medievali, ignorando invece le nuove tendenze artistiche diffusesi nell'area dell'Europa rimasta cattolica, fondate sull'unità del tempo e dello spazio. La poltrona su cui è seduta Elisabetta, che appare ingioiellata e sfarzosamente abbigliata, può essere vista da due diverse angolazioni, così come i tavoli a sinistra. La regina volta le spalle alla battaglia, con un'aria visibilmente soddisfatta: nello sfondo a sinistra le navi inglesi minacciano la flotta spagnola, mentre a destra l'Invincibile Armada viene sbattuta dalla tempesta contro gli scogli. Elisabetta appoggia la mano destra su un globo, come a ribadire il dominio inglese sui mari di Europa e la sua felice politica espansionistica nel Nuovo Mondo. Nella stanza è presente una sirena scolpita su legno, che la sovrana sembra ignorare: potrebbe essere un'allusione a una personalità femminile sconfitta da Elisabetta, forse la cugina scozzese Maria Stuarda, giustiziata l'anno prima dello scontro navale, sempre nel contesto militare e politico che vedeva l'Europa cattolica contrapposta a quella protestante e anglicana.
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### Titolo: Ritratto del duca d'Antin. ### Introduzione: Il Ritratto del duca d'Antin è un dipinto realizzato tra il 1708 ed il 1719 dal pittore francese Hyacinthe Rigaud che rappresenta il duca Louis Antoine de Pardaillan de Gondrin. ### Storia dell'opera. Il ritratto del duca d'Antin venne dipinto da Hyacinthe Rigaud al fine di commemorare la nomina del soggetto raffigurato a direttore dei Bâtiments du Roi, Académies et Manufactures nonché a protettore dell'Académie Royale nel 1708. Grazie a questa testimonianza dell'autobiografia dell'artista (1716), ed alla relazione dell'Académie Royale, possiamo quindi sapere che l'effigie del duca d'Antin venne commissionata nel 1708 e probabilmente completata attorno al 1719, data nella quale effettivamente l'artista consegnerà la tela all'accademia. Lo spirito generale della composizione, prova che Rigaud fu particolarmente attento ai desideri rappresentativi del suo modello, è solenne in quanto doveva essere posto in un luogo ufficiale per la medesima accademia ». Il pittore ancora una volta si servì della descrizione che del soggetto fece il duca di Saint-Simon:. ### Descrizione dell'opera. Questo grande ritratto, che raffigura il duca in abiti militari, utilizza una posa di successo tipica delle opere di Rigaud, simile a quella maresciallo-duca de Villars del 1704. In quella data, la tela del maresciallo era costata 530 livres. La medesima posa verrà ripresa anche nel 1716 nel ritratto del conte di Hoym ed in quello del principe del Liechtenstein nel 1740. Il soggetto del dipinto è rappresentato con un bastone del comando in una mano, posato su un tavolo accanto al quale si trova un elmo, mentre l'altra mano si posa sul fianco. L'allora marchese (otterrà poi il titolo di duca) è vestito con l'armatura tradizionale e un ampio mantello di ermellino. Porta a tracolla la fascia dell'ordine dello Spirito Santo. La date precisa della consegna dell'opera, non è certa. Se la committenza commissionò il dipinto nel 1708, infatti, sembra che l'artista vi abbia impiegato più tempo a lavorarvi. Alcuni sono gli elementi che portano infatti a pensare che il dipinto sia stato consegnato e poi ritoccato con aggiunte. Innanzitutto già l'incisore Tardieu ne realizzò nel 1720 una copia nella quale non figura logicamente il cordone da cavaliere dell'Ordine dello Spirito Santo che d'Antin ricevette il 7 giugno 1724, pertanto si ha ragione di credere che la copia attuale sia da ritenersi addirittura terminata in maniera definitiva dopo il 1724. In un'altra copia a mezzobusto venduta da Christie’s nel marzo del 2004, solo la testa del duca è conforme al quadro d'origine: il drappeggio del mantello è differente così come l'aspetto dell'armatura. ### Copie dell'opera. Ritratto eseguito da Rigaud, 138 x 103 cm, Reggia di Versailles (sala 85). Dipinto consegnato da Rigaud nel 1719 all'Académie. Al Louvre dal 1824. A Versailles all'epoca di Luigi Filippo (1833). Ritratto, 120 x 91 (con varianti sulla mano destra, bastone da comandante più corto), Reggia di Versailles. Anticamente all'Académie royale de peinture. A Versailles all'epoca di Luigi Filippo; in deposito al museo di Metz. Ritratto, 135 x 104, Reggia di Versailles. Anticamente nella collezione del castello, entrò a Versailles durante la Restaurazione provenendo dal museo del Louvre. Ritratto, 138 x 104, Châteauroux, Musée-hôtel Bertrand. Deposito del museo del Louvre nel 1872. Ritratto, 101 x 129, collezioni del duca d'Uzès. Ritratto, 145 x 114, Isola di Torcello (Venezia), collezione di Nicoletta Piccoli (per eredità di un mercante d'arte); venduto a Vienna, casa d'aste Dorotheum, il 16 ottobre 2007 per 30.000 euro; venduto a Monaco di Baviera, casa d'aste Hampel, 5 dicembre 2008. Ritratto (adattamento del busto con abbigliamento differente), 80 x 65,1, venduto a Londra da Christie’s il 4 marzo 2004; venduto a Londra da Christie’s il 22 aprile 2005. Incisione di Nicolas-Henri Tardieu dalla tela di Rigaud, nel 1720. Incisione di François Chéreau dalla tela di Rigaud, nel 1724. Incisione di Jean Audran del 1716. Incisione di Martin Bernigeroth del 1724, con busto in ovale, 14,3 x 9.
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### Titolo: Sposalizio della Vergine (El Greco). ### Introduzione: Lo Sposalizio della Vergine è un dipinto del pittore cretese El Greco realizzato circa nel 1613-1614 e conservato nel Museo nazionale d'arte della Romania a Bucarest in Romania. ### Descrizione. Sullo sfondo di una tenda drappeggiata, si svolge la scena del Sposalizio della Vergine. Maria Vergine indossa un mantello blu avvolto da bagliori. Una piccola faccia inclinata emerge da sotto il mantello. Di fronte a lei c'è San Giuseppe con una tunica verde e un mantello giallo con sfumature ramate. Tra loro si trova un sacerdote vestito di bianco con la dalmatica dorata la quale si trasforma in riflessi d'argento. Sotto la mitra bianca appare una faccia anziana coperta da una folta barba. Il sacerdote tiene le mani degli sposi. Giuseppe tiene le mani a Maria; a disposizione delle mani di Maria è molto caratteristica e spesso usata nei dipinti precedenti. Diversi personaggi si sono riuniti attorno ai personaggi principali. Sono tutti spettrali, le loro vesti trascinano il pavimento di marmo bianco e nero. Hanno facce di piombo, sono sfocate e solo la faccia del vecchio da destra si distingue da loro.
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### Titolo: Dante con la Divina Commedia. ### Introduzione: Dante con la Divina Commedia (per esteso Dante col libro della Commedia, tre regni e la città di Firenze) è un dipinto a tempera su tela (232x292 cm) di Domenico di Michelino basato su un disegno di Alesso Baldovinetti, datato al 1465 e conservato nel Duomo di Firenze. ### Descrizione. Il dipinto, di forma rettangolare, raffigura il poeta al centro, con una lunga tunica rossa, il chaperon in testa con la corona d'alloro, la Divina Commedia aperta nella mano sinistra e con la destra che indica i mondi ultraterreni raccontati nell'opera, ovvero la fossa dell'Inferno, poi il monte del Purgatorio, e infine i cieli concentrici del Paradiso. A destra, sottodimensionata, una veduta di Firenze, cinta dalle sue mura (si noti la forma originaria delle porte, forse qui Porta San Gallo), in cui si riconoscono il Duomo con la cupola e il campanile, la torre del Bargello e del palazzo dei Priori, il campanile della Badia Fiorentina (ciascuno con le rispettive banderuole), e quello di Santa Maria Novella. Da notare che in questa rappresentazione si vede già la lanterna del Duomo, completata nel 1461, e la palla con la croce dorata, sicuramente già in progetto, ma messa in opera dal Verrocchio solo nel 1468-1472. Dal libro si dipartono raggi d'oro in direzione della città, verso la quale guarda anche Dante, autocelebrando come l'opera diede lustro a tutta Firenze. La lunga iscrizione, già riferita a Coluccio Salutati, fu probabilmente dettata da Bartolomeo Scala:. Traduzione: «Il sapiente Dante, il poeta che cantò il cielo e il mediano e l'infimo tribunale, che tutte le cose illuminò col suo pensiero, è presente in questa pittura, egli di cui spesso la sua Firenze ha sperimentato il paterno consiglio e l'amore. In nulla poté la morte pur così crudele nuocere al poeta che la virtù il carme e l'immagine fanno vivere».
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### Titolo: Gradini in marmo che conducono alla Basilica di Santa Maria in Aracoeli a Roma. ### Introduzione: Gradini in marmo che conducono alla Basilica di Santa Maria in Aracoeli a Roma, o Scalinata di marmo che conduce alla Basilica di Santa Maria in Aracoeli a Roma, chiamato in danese Marmortrappen, som fører op til kirken Santa Maria in Aracoeli i Rom, è un dipinto del pittore danese Christoffer Wilhelm Eckersberg realizzato nel 1814-1816 e conservato al Statens Museum for Kunst di Copenaghen in Danimarca. ### Descrizione. Il dipinto fu realizzato durante il soggiorno di tre anni a Roma di Eckersberg. La basilica di Santa Maria in Aracoeli si trova al Campidoglio. Eckersberg realizzò il dipinto ambientandolo al mattino quando la facciata in mattoni decorati della basilica è ancora all'ombra. Ha scelto una posizione bassa per ottenere linee diagonali e verticali nel dipinto. Il fulcro del dipinto è l'anonimo insediamento medievale lungo la rampa le cui pareti sono ricoperte di intonaco fiammeggiante e alterato dagli agenti atmosferici. Questi edifici furono demoliti nel XIX secolo quando fu eretto il Vittoriano.
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### Titolo: Vista attraverso tre archi del terzo piano del Colosseo. ### Introduzione: Vista attraverso tre archi del terzo piano del Colosseo, in danese Udsigt gennem tre af de nordvestlige buer i Colosseums tredje stokværk, è un dipinto del pittore danese Christoffer Wilhelm Eckersberg realizzato nel 1815 e conservato al Statens Museum for Kunst di Copenaghen in Danimarca. ### Descrizione. I tre archi sono mostrati con grande attenzione ai dettagli; il declino verso il quale l'anfiteatro era caduto in preda è chiaramente visibile. Anche lo sfondo è dipinto con grande precisione. Tuttavia, la vista è una costruzione del pittore, non può essere vista da un punto dal Colosseo. Ha riunito i panorami più belli che il Colosseo aveva da offrire in un dipinto, con gli archi che fungevano da cornice. Potrebbe aver preso in prestito questo motivo dal suo studio di maestri del Rinascimento come Raffaello. Nel 1828 il pittore descrive in un catalogo ciò che può essere visto attraverso gli archi: a sinistra resti del Foro Romano, la Basilica di Santa Maria in Aracoeli in lontananza, nel mezzo la Torre delle Milizie ai piedi del Quirinale, a destra la Basilica di San Pietro in Vincoli.
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### Titolo: Giaele uccide Sisara. ### Introduzione: Giaele uccide Sisara è un dipinto di Gregorio Lazzarini, realizzato con la tecnica dell'olio su tela. Fa parte di una collezione privata. ### Descrizione. Il quadro riproduce l'episodio biblico, narrato nel Libro dei Giudici, in cui il giovane Sisara, condottiero al servizio del re dei Cananei, viene ucciso a tradimento nel sonno da Giaele, la donna che lo aveva ospitato presso di sé dopo la sconfitta ad opera dell'esercito degli Ebrei guidato da Barac. Nella tela di Lazzarini, Giaele non ha i tratti di un'eroina ispirata da Dio (come invece si vede bene nel dipinto Giaele e Sisara di Artemisia Gentileschi), ma appare piuttosto come bestiale assassina, torva nello sguardo mentre si appresta a conficcare il piolo nel cranio della vittima ignara; al contrario Sisara presenta tratti di indubbia bellezza, come se alludessero in qualche modo a un suo animo nobile, evidenziati dunque in modo da suscitare pietà nello spettatore. Ciò si riscontra anche in dipinti sullo stesso soggetto realizzati sempre tra i secoli XVII e XVIII da altri maestri, che probabilmente tengono conto della notazione biblica, contenuta nel cosiddetto Cantico di Debora, testimoniante il grande attaccamento che il condottiero nemico degli Ebrei dimostrava verso la propria anziana madre. Molto forte risulta il contrasto tra la veste variopinta di Giaele e il fondo da cui tutta la sua figura si staglia; un fondo oscuro, benché sulla sinistra sia visibile una brocca appoggiata su un mobile di piccole dimensioni. == Note ==.
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### Titolo: Cristo benedicente (Giovanni Bellini Fort Worth). ### Introduzione: Cristo benedicente è un dipinto del pittore veneziano Giovanni Bellini realizzato circa nel 1500 e conservato al Kimbell Art Museum di Fort Worth negli Stati Uniti d'America. ### Descrizione. La benedizione di Cristo è una figura dell'iconografia cristiana tradizionale: Gesù, dalla parte anteriore, nel piede o nel busto, alza la mano destra con due dita alzate, in segno di benedizione per i protagonisti presenti o più in generale nel mondo. Cristo è rappresentato nel busto, dalla parte anteriore, con la testa diritta; è semplicemente vestito con una cintura di lino bianco attorno alla schiena e copre la spalla destra; le sue ferite sono visibili ma chiuse, una nel palmo della mano destra sollevata, due dita erette in segno di benedizione; solo un'altra delle sue ferite è visibile, quella sul fianco destro; i raggi emanano dalla sua testa in alto e ai lati ma senza la forma di un'aureola. Con la mano sinistra, Cristo porta un palo rosso eretto. Alle sue spalle, a destra del dipinto, due conigli, uno bianco, uno rosso, tra la sua mano sollevata e la sua spalla destra, si alza un albero a cui si appoggia un uccello su uno dei suoi rami secchi. Un paesaggio occupa lo sfondo della composizione, rivelando colline ed edifici a destra e a sinistra con un campanile molto alto e sottile a destra. In un pascolo, a sinistra, un pastore raccoglie il suo gregge. Su un sentiero puoi indovinare sulla destra, tre personaggi, uno giallo, rosso e uno bianco, tornano dalla chiesa. Il cielo, che trasporta le nuvole, va dal dorato all'orizzonte, al blu chiaro in alto. ### Stile. L'asta della bandiera rossa è un segno del suo martirio, dopo aver trafitto il fianco destro, poi è diventata l'asta della bandiera che porta il suo stendardo bianco con una croce rossa. I conigli sono simboli di rinascita, il pastore, quello di Cristo in 'Buon Pastore' (Giovanni, 10:14).Le ombre indicano la realtà della sua risurrezione. Le tre piccole figure sono quelle delle tre Marie, dopo aver accompagnato Cristo nella sua tomba. L'albero appassito e l'uccello solitario a sinistra del pannello rappresentano l'Antica Alleanza, dalla quale crescerà la Nuova Alleanza. Il campanile in lontananza trasmette il messaggio che la salvezza può essere trovata attraverso Cristo e la Chiesa. Un altro dei dipinti del maestro, più vecchio, dello stesso tema della benedizione di Cristo, è conservato al Museo del Louvre di Parigi con un'altra fattura artistica: Cristo non mostra un volto radioso, ma triste, la sua testa leggermente abbassata.
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### Titolo: Declaration of Independence. ### Introduzione: Declaration of Independence è un noto dipinto di John Trumbull del 1819, che ritrae la presentazione al Congresso della dichiarazione d'indipendenza degli Stati Uniti d'America e si trova nella sala rotonda del Palazzo del Campidoglio a Washington D.C. ### Descrizione. Il dipinto è basato su una versione precedente e ridotta, attualmente esposta a New Haven, nel Connecticut, e dopo che l'autore aveva già fatto l'esperienza di visitare la sala dove ebbe luogo il Congresso nella Independence Hall a Filadelfia e di ritrarre alcuni dei personaggi lì presenti. Viene spesso erroneamente interpretato come il momento della firma della dichiarazione d'indipendenza, quando, in realtà, rappresenta il momento della consegna del documento e in cui, tra l'altro, non erano presenti tutte queste personalità. Sono presenti in totale 47 figure, di cui 42 facenti parte dei 56 firmatari, mentre le altre 5 non si trovavano lì in quell'occasione. Affascinato dall'idea di John Trumbull di raffigurare eventi della storia americana, Thomas Jefferson invitò l'artista dove stava lui a Parigi. Lì Trumbull scrisse: 'I began the composition of the Declaration of Independence, with the assistance of [Jefferson’s] information and advice' (Ho iniziato la composizione della Dichiarazione di Indipendenza, con l'assistenza delle informazioni e dei consigli di [Jefferson]). Consapevole di creare una testimonianza per le generazioni future, l'artista raffigura l'intero comitato (John Adams, Roger Sherman, Robert R. Livingston, Thomas Jefferson e Benjamin Franklin) nel presentare il documento a John Hancock, piuttosto che Jefferson da solo, come effettivamente avvenne. Trumbull consultò Adams e Jefferson su chi raffigurare nella scena e fu incitato a raffigurare anche personaggi non presenti, che non avevano firmato, o che erano contrari, perché comunque con il merito di aver contribuito alla Rivoluzione Americana. Il pittore lavorò su questo quadro per oltre trent'anni, sperando di arrivare a includere tutte le 56 figure, ma senza riuscire a ottenerne tutte le effigi. Dei 47 personaggi presenti, ne sono stati raffigurati ancora in vita 36, mentre i restanti sono stati presi da altri ritratti o da parenti.
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### Titolo: Madonna col Bambino in trono (Antonio da Negroponte). ### Introduzione: La Madonna col Bambino in trono, o Madonna in trono col Bambino sullo sfondo di fiori e frutti, è un dipinto del pittore veneziano Antonio da Negroponte realizzato circa nel 1455 e conservato nella Chiesa di San Francesco della Vigna a Venezia. ### Descrizione. La Madonna col Bambino in trono si trova nella chiesa veneziana di San Francesco della Vigna nel transetto destro. È l'unica opera sopravvissuta di Antonio da Negroponte. Porta la firma 'Frater Antonius de Negropon Pinxit'. Il termine 'frater' significa che l'autore del dipinto era un religioso. Il dipinto raffigura la Madre di Dio seduta sul trono, con il Bambino in ginocchio, con putti ai lati e in alto, a sostegno del vestito. Il dipinto è coronato da ghirlande di fiori e foglie. Il dipinto è un'opera del quattrocento, il che significa il passaggio dalla fase tardogotica al primo Rinascimento. Sebbene sia stato dipinto a metà del 15 ° secolo, è eccentricamente gotico, con l'abito riccamente dipinto della Vergine Maria, con inserti di carta dipinta, diverse strane figure e architettura classica che ricorda un arazzo. Le ghirlande floreali ad arco che formano la cornice della Madre e del Bambino mostrano somiglianza con la Pala di San Zeno di Andrea Mantegna e con i dipinti della scuola di Francesco Squarcione di Padova. La delicata spontaneità dei dettagli vegetali e animali ricorda il gusto gotico del simbolismo: la ghirlanda è un simbolo di fertilità, il giardino recintato evoca la Vergine e il suo parto, rose e garofani incarnano l'amore e gli uccelli, la liberazione dell'anima. L'immagine diventa un sermone visivo sul potere salvifico del sacrificio di Cristo.
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### Titolo: Combattimento di Rinaldo e Gradasso. ### Introduzione: Combattimento di Rinaldo e Gradasso o Combattimento di Gradasso e Rinaldo è un dipinto eseguito con la tecnica dell'olio su tela da Massimo d'Azeglio nel 1839. L'opera, che fa parte di una collezione privata, misura 102 × 130 cm. ### Descrizione. Rappresenta il duello tra il paladino cristiano Rinaldo e il re saraceno Gradasso, narrato nel Canto XXXI dell'Orlando Furioso di Ludovico Ariosto. L'artista non colloca lo scontro in primo piano: le due figure si stagliano piccolissime su uno sperone di roccia, in un paesaggio brullo e desolato, con Gradasso facilmente riconoscibile per via del turbante proprio dei capi saraceni.
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### Titolo: Angelica e Medoro (Peterzano). ### Introduzione: Angelica e Medoro è un dipinto del pittore Simone Peterzano, eseguito con la tecnica dell'olio su tela. Fa parte della collezione privata della Galerie Canesso di Parigi. ### Descrizione e stile. L'opera si basa sul canto XIX dell'Orlando furioso, dove Angelica, figlia di Galafrone re del Catai, la principale figura femminile del poema, incontra per la prima volta il giovanissimo guerriero saraceno Medoro, rimasto ferito. La fanciulla gli presta i soccorsi e tra i due nascerà l'amore. Nel dipinto si vedono i cadaveri di Cloridano, commilitone e migliore amico di Medoro, e di Dardinello, il signore di entrambi; verranno seppelliti da Angelica e dal pastore che appare vicino a lei. Medoro è raffigurato seduto a terra sopra un manto dorato, con l'espressione alquanto sofferente, la testa rovesciata indietro, e la bocca semiaperta. Egli si appoggia sulle gambe di Angelica che volge a lui lo sguardo in una situazione già d'intimità. Il pastore, posto sul lato destro, con le sue robuste braccia afferra il cadavere di Cloridano; egli è in ombra, quasi a non volere disturbare l'intimità dei due soggetti protagonisti. Sul lato sinistro vi è in lontananza, in un paesaggio montano, il nuovo giorno che sorge. Tutta la scena si svolge nel sottobosco, molto frondoso e in ombra. L'artista ha scelto la raffigurazione piramidale che riprende l'opera Venere e Cupido con due satiri. La vicinanza tra le due tele indicherebbe il periodo di massima capacità di produzione pittorica di Peterzano. Forse la tela di Brera è stata realizzata per prima, quando l'artista era ancora a Venezia, mentre Angelica e Medoro nel periodo milanese, ma entrambe indicano una importante varietà di riferimenti figurativi, soprattutto veneziani in Venere, Cupido e due satiri laddove Angelica e Medoro riprende, secondo il critico Paolo Plebani, la tendenza a ' tradurre il sensuale e caldo colorismo veneto in cromia squillanti e metalliche, caratteri che contraddistinguono in maniera crescente la produzione matura dell'artista a Milano'.
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### Titolo: San Pietro (Monastero di Santa Caterina in Egitto). ### Introduzione: San Pietro è un'icona encaustica realizzata nel VI secolo e conservata nel monastero di Santa Caterina in Egitto. ### Descrizione. Le caratteristiche del dipinto riflettono la forma tradizionale di rappresentazione dell'apostolo Pietro con fronte bassa, capelli folti e corti e barba corta. Nonostante l'apparente vista frontale della testa, c'è un leggero giro del corpo. Tiene le chiavi nella mano destra e nel lungo la croce a sinistra. Nella modellatura del viso e degli occhi si distinguono le origini dell'arte ellenistica e allo stesso tempo le tendenze astratte che indicano la spiritualità della forma. Nella parte superiore ci sono tre medaglie che comprendono nella parte centrale Gesù, la Madonna a destra e un giovane innocente, forse Mosè o Giovanni evangelista a sinistra. Lo sfondo dell'immagine copre una parete curva in un arco.
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### Titolo: Presentazione al Tempio (Lochner Lisbona). ### Introduzione: La Presentazione al Tempio è un dipinto del pittore tedesco Stephan Lochner realizzato nel 1447 e conservato nel Museo Calouste Gulbenkian a Lisbona in Portogallo. ### Descrizione. Il dipinto è in stile gotico internazionale. È piuttosto statico e scultoreo, con qualsiasi azione limitata ai personaggi principali posizionati al centro del pannello. La scena è ambientata in un edificio simile ad un'abside a cupola, poiché una pala d'altare è al centro della scena, presumibilmente è una chiesa. La Vergine si trova a sinistra, alla sua destra è Anna la profetessa e dietro di lei, solo parzialmente visibile è San Giuseppe, che regge le colombe sacrificali. Simeone è vestito di verde e sembra piuttosto regale, sebbene sembri piangere, forse perché conosce la tragedia che attende a Cristo nella vita futura. Tiene in braccio Gesù Cristo, la vetrata dietro di loro mostra una rappresentazione di Mosè il quale tiene in mano le Tavole di Pietra. La versione successiva è più ampia, contiene molti più personaggi e approfondisce le fasi successive della storia biblica. La riflessologia indica che è stata intrapresa pochissima preparazione preliminare prima dell'applicazione della vernice finale. Il pannello è in ottime condizioni e ha subito solo lievi perdite di vernice. La pittura esterna è meno ben conservata, con graffi e perdite di vernice su passaggi importanti. È dipinto su un'unica tavola di quercia, con venatura verticale. Sebbene il dipinto sia piuttosto piatto, la prospettiva viene raggiunta attraverso la sottile caduta di luce che crea distanza tra la parete posteriore e l'arco di inquadratura. Altri metodi di rappresentazione della recessione includono le dimensioni relative delle piastrelle del pavimento e la sovrapposizione di figure.
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### Titolo: San Matteo e l'angelo (Rembrandt). ### Introduzione: San Matteo e l'angelo è un dipinto del pittore olandese Rembrandt realizzato nel 1661 e conservato al Louvre-Lens a Lens in Francia. ### Descrizione. Il dipinto mostra l'evangelista Matteo mentre scrive il suo Vangelo. Matteo tiene nella mano destra una penna e con la sinistra si tocca la lunga barba. Il viso sembra pensieroso, gli occhi diretti da qualche parte lontano come se cercassero le parole giuste per l'ispirazione. Di fronte a lui, invece di una pergamena, c'è un libro con singole pagine visibili, 'una magistrale mostra delle capacità pittoriche di Rembrandt'. Alla sua destra c'è un angelo che gli racconta o ricorda la storia di Gesù, a cui il santo ha assistito in gioventù. La mano dell'angelo sulla spalla di Matteo indica un rapporto confidenziale tra i due personaggi.
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### Titolo: San Pietro penitente (Ribera Città del Messico). ### Introduzione: San Pietro penitente è un dipinto del pittore spagnolo Jusepe de Ribera realizzato circa nel 1630-1640 e conservato nel Museo Soumaya a Città del Messico. ### Descrizione. Il dipinto raffigura San Pietro col profilo di un uomo anziano sullo sfondo scuro, con abiti colorati più luminosi, le mani giunte e serrate in un gesto di pentimento o orazione, mentre lo sguardo è diretto verso il cielo in un gesto profondo di religiosità. ### Stile. L'oscurità del dipinto lo rende parte dello stile tenebrista sviluppato all'interno del barocco, che Ribera ereditò dalle sue influenze da Francisco Ribalta, in particolare da Caravaggio.
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### Titolo: Una domestica per la cena in Emmaus. ### Introduzione: Una domestica per la cena in Emmaus è un dipinto di Diego Velázquez del 1618-1620 esposto presso la Galleria nazionale d'Irlanda a Dublino. ### Descrizione. Il quadro è stato elaborato in modo simile al Cristo in casa di Marta e Maria dello stesso pittore. In primo piano scorgiamo il tavolo di lavoro di una cucina in cui una domestica è assorta nei suoi pensieri ed è tutta rivolta verso la vita spirituale, come se anche la persona più umile della scala sociale potesse percepire qualcosa che sta nella profondità della sua anima. Ha forse sentito una parola di salvezza che proviene, attraverso una finestra passavivande, dalla sala dell'osteria dove stanno cenando tre personaggi, in cui riconosciamo la Cena in Emmaus. Si tratta di una scena di genere in cui ciò che conta sono gli oggetti, in un ribaltamento di prospettiva: la scena sacra in secondo piano mentre la vita attiva e quotidiana è in primissimo piano.
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### Titolo: Nostra Signora di Łukawiec. ### Introduzione: Nostra Signora di Łukawiec (in polacco Matka Boża Łukawiecka), in precedenza Nostra Signora di Tartaków (in polacco: Matka Boża Tartakowska), nota anche come Nostra Signora Piena di Grazie (in polacco: Matka Boża Łaskawa) è un'icona cattolica romana della Beata Vergine Maria situata nella Chiesa di Santa Maria Regina della Polonia a Łukawiec, località del comune di Wielkie Oczy, nel voivodato della Precarpazia, in Polonia. ### Descrizione dell'immagine. Il dipinto mostra la Madre di Dio in piedi con un piede sulla mezzaluna. Maria è vestita con un lungo abito terra-terra, coperto da un mantello blu scuro. I suoi capelli sono sciolti, raggiungendo le spalle e la testa è girata a destra, leggermente inclinata verso il basso. Ha gli occhi leggermente chiusi e il suo viso è concentrato e gentile. Le mani sono piegate per la preghiera. Nella parte inferiore del dipinto, sotto i piedi della Madre di Dio, puoi vedere il drago alato, che sta morendo, e accanto alla mela stesa a terra. Sopra la figura della Madre di Dio fa galleggiare Dio Padre con la barba grigia, vestito con abiti, allargando le mani su Maria, proteggendo Lei e tutta la Terra. Sulla destra e sulla sinistra si possono vedere simboli mariani come gigli tra le spine, Specchio della giustizia, Albero della vita sul lato sinistro e Porta blu, Cespuglio infuocato e la Torre di Davide sulla destra. Le nuvole sono visibili nell'immagine. I colori della parte superiore sono luminosi, mentre il fondo, dove è visibile il drago, i colori sono scuri, mostrando il contrasto.
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### Titolo: Icona Madre di Dio della Passione. ### Introduzione: L'Icona Madre di Dio della Passione è un dipinto tempera su tavola di autore ignoto risalente al XV secolo, conservato come pala d'altare nella chiesa di San Bartolomeo di Olera, frazione di Alzano Lombardo. Il dipinto è collegabile alla scuola del cretese Andrea Rizo da Candia. ### Descrizione. La tavola si presenta in buone condizioni ed è ricca di simbologia. La tavola è stata inizialmente ricoperta di una patina d'oro su cui l'artista ha lavorato con il bulino per incidere le aureole. Il dorato raffigura la luce di Dio. Un ulteriore trama venne posta sulla veste del Gesù Bambino. La tavola è stata sicuramente ridotta nella parte inferiore e superiore probabilmente per poterla adattare alla collocazione. Sulla parte superiore, agli angoli del dipinto, sono rappresentati l'arcangelo Gabriele con il vaso di aceto, la spugna e la lancia. Indossa gli abiti rossi con mantello blu tipici della raffigurazione di Cristo, e quello Michele con la croce. Entrambi si presentano con le mani coperte in segno di adorazione di fronte al manifestarsi della divinità (teofania). L'atteggiamento sta a testimoniare il riconoscere nel Bambino, Dio fatto uomo attraverso i simboli della passione e della resurrezione. Nella lettura dei colori della tavola è possibile leggere il messaggio evangelico. Il Bambino riporta l'iconografia del martirio nella simbologia del sandalo che ha perso rappresentante il timore del martirio, ma la cintura che porta alla vita di colore rosso, unico elemento rosso del dipinto, rappresenta la sua forza divina. La tunica indossata dal Bambino con pieghe e ricami, ha un riferimento alla morte, al drappo funerario, raffigurazione presente nel XIII e XIV secolo nella cultura paleologa. La Vergine indossa un manto rosso porpora, segno del suo essere persona divina, sopra un abito blu per ricordare la sua condizione umana, i colori che sono quelli del Figlio. I ricami sulla veste dono dorati, e disegnano tre stelle che sono un antico simbolo dell'arte siriana e voglio rappresentare la sua verginità. La tavola presenta anche alcune iscrizioni che sia negli angli superiori che sul nimbo del Bambino. Tutti i particolari artistici di quest'opera sono quindi riconducibili a Andrea Rizzo di scuola cretese, anche se medesime caratteristiche sono presenti in opere precedenti.
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### Titolo: La peste (Böcklin). ### Introduzione: La peste è un dipinto a tempera eseguito da Arnold Böcklin nel 1898. Si trova al Museo d'arte di Basilea. ### Descrizione. È uno dei più noti esempi dell'ossessione dell'artista per la morte, qui rappresentata come uno scheletro femminile che cavalca una creatura alata simile a un pipistrello, in volo su una città medievale dove si vedono cadaveri e persone in fuga. Il riferimento storico è la pandemia della Peste nera che flagellò l'Europa nel XIV secolo. Il colore predominante è il verde pallido - che nell'arte è spesso associato al concetto di decomposizione - seguito dal nero e dal marrone opaco.
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### Titolo: Il gioco delle Naiadi. ### Introduzione: Il gioco delle Naiadi è un dipinto eseguito dal pittore svizzero Arnold Böcklin con la tecnica dell'olio su tela. Si trova al Museo d'arte di Basilea. ### Descrizione. Nell'opera è raffigurato un gruppo di gioconde Naiadi, riunite presso uno scoglio violentemente schiaffeggiato dai flutti del mare. In quanto ninfe dei fiumi, queste creature appaiono eccitate per l'impetuosità di acque cui esse non appartengono; l'artista le rappresenta mentre si cimentano in ardite acrobazie, pervase come sono da una sensazione di beatitudine. Insieme ad esse appaiono piccoli tritoni, che sembrano ugualmente provare il senso di piacevole vertigine dato dal mare in burrasca.
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### Titolo: Predica di san Giovanni Battista (Diogo de Contreiras). ### Introduzione: La Predica di san Giovanni Battista è un dipinto del pittore portoghese Diogo de Contreiras realizzato circa nel 1554 e conservato nel Museo nazionale d'arte antica a Lisbona in Portogallo. ### Descrizione. Il dipinto raffigura San Giovanni Battista che predica in campagna a un gruppo di persone, con almeno altri tre gruppi di persone disposte in altre parti del dipinto. San Giovanni Battista occupa il centro del dipinto. Incorniciato da un'enorme roccia che dà l'idea di una grotta (dolmen?). Predica a un gruppo di seguaci seduti, con donne a sinistra con bambini e uomini a destra. Mentre alcune donne ascoltano il sermone, altre si divertono con i loro figli e anche gli uomini mantengono atteggiamenti vari, vedendo gruppi di persone sullo sfondo. San Giovanni Battista emerge dall'ellisse formata dal gruppo che lo ascolta ai suoi piedi, elevando il suo corpo verticale formato dalle gambe dell'uomo e della donna in primo piano. Si appoggia sul ginocchio coperto di tunica su un libro su cui poggia un braccio e l'agnello alato che simboleggia Cristo. Le figure sono state trattate con volumetria, formando le pieghe delle vesti in forme ellittiche e circolari rivelando l'importanza data dall'autore al dipinto. Il Battista con i rispettivi attributi, l'agnello e il libro, predica a un gruppo di persone sedute sul pavimento. Sullo sfondo, sul lato sinistro, è possibile vedere una folla sul fiume Giordano e, sul lato opposto, un gruppo di sacerdoti ebrei. La linea ondulata del dipinto e la tavolozza dei colori mostrano già l'influenza del manierismo italiano, allontanando il lavoro dagli schemi rinascimentali.
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### Titolo: Visione fantastica. ### Introduzione: Visione fantastica è un dipinto a olio su muro, trasportato poi su tela, di Francisco Goya. Si tratta della più enigmatica delle sue Pitture nere, le quali originariamente decoravano le pareti della Quinta del Sordo, la casa di Madrid dove l'artista si ritirò per alcuni anni. Conservata al Prado di Madrid, l'opera fu eseguita dal 1819 al 1823. ### Descrizione. A sinistra appaiono due figure, una maschile e una femminile, sospese in volo su un paesaggio dominato da una grande montagna. I due guardano in direzioni diverse, con espressione spaventata: la donna si copre in parte il volto con la propria veste. In primo piano sulla destra, invece, una fila di soldati francesi punta i fucili contro un folto gruppo di uomini che ignari viaggiano con cavalli e carri: questi ultimi potrebbero essere dunque spagnoli fuggiti dalle loro terre durante il conflitto con la Francia, un tema già affrontato da Goya nella serie di incisioni I disastri della guerra.
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### Titolo: Apollo e Marsia (Ribera Napoli). ### Introduzione: L'Apollo e Marsia è un dipinto olio su tela (182×232 cm) di Jusepe de Ribera del 1637 conservato nel Museo nazionale di Capodimonte di Napoli.Intriso dei modi appresi dal Caravaggio, il dipinto rappresenta uno dei momenti più alti raggiunti dal pittore in questione e, più in generale, della pittura napoletana del Seicento. Sempre al 1637 risale un'altra versione del dipinto, sempre di Ribera, oggi al Museo di Belle Arti di Bruxelles. ### Descrizione e stile. Il soggetto trattato nel dipinto si rifà ai versi epici di Ovidio ne Le Metamorfosi, immortalando il momento in cui Apollo è in procinto di attuare il supplizio (lo scuoiamento) nei confronti di Marsia, quest'ultimo sdraiato in terra con i piedi/zampe legati a un albero. Secondo la leggenda infatti, la dea Atena, che aveva inventato lo strumento del flauto, mentre suonava il medesimo venne derisa da Eros per via delle smorfie buffe (rossore in viso e guance gonfie) che faceva il suo volto nel mentre suonava lo strumento. Così la dea, infastidita da ciò, lasciò cadere il flauto sulla Terra. Successivamente questo fu raccolto da Marsia, un satiro (essere mezzo uomo e mezzo capra) che viveva a guardia di un piccolo fiume affluente del Meandro, in Anatolia, e cominciò a suonare lo strumento e ad esercitarsi finché non divenne tanto bravo da ritenersi addirittura più capace di Apollo, dio della musica. Apollo sfidò così Marsia in una gara di musica, dove, il primo avrebbe suonato la lira mentre il secondo, per l'appunto, il flauto. Se inizialmente la sfida si poté ritenere in pareggio, alla fine Apollo riuscì comunque a vincere grazie alla sua astuzia; infatti propose al satiro di suonare gli strumenti al contrario e, mentre la lira emise comunque melodie armoniose, il flauto non fece alcun suono. A questo punto il mito si conclude con la punizione inflitta a Marsia che, infatti, fu legato a un albero e scorticato vivo da Apollo. Il dipinto di Ribera, firmato e datato sul grande sasso in basso a destra, testimonia la piena maturità acquisita dal pittore spagnolo, dove, accanto al realismo crudo e immediato della composizione scenografica, frutto essenzialmente dei modi caravaggeschi, affianca lo stile tenebrista tipico del periodo pittorico napoletano del Seicento, il quale è caratterizzato dall'accentuazione dei caratteri drammatici e violenti dei personaggi. Marsia è ritratto con lo sguardo rivolto all'esterno verso lo spettatore, che a questo punto assume una veste di 'testimone' del supplizio, mentre Apollo apre una profonda ferita sulle zampe caprine del satiro senza lasciar trapelare alcun sentimento in volto, forse solo un sottile ghigno. Infine, mentre ai due estremi della diagonale su cui è costruita la scena troviamo i due strumenti musicali che rievocano la causa di tanta violenza, la lira da braccio e il flauto a sette canne, nell'angolo destro del dipinto sono raffigurati tre satiri che assistono straziati alla morte del loro compagno, dalle cui lacrime nascerà proprio il fiume che prenderà il nome di Marsia.Di particolare pregio è l'uso dei colori, che assume il punto più elevato nella mantella di Apollo, nel cielo sullo sfondo e nel corpo del satiro, dal cui volto inoltre, straziato e urlante, con la pelle corrugata, si può notare anche il notevole dettaglio dei denti turpi.
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### Titolo: Apollo e Marsia (Luca Giordano Napoli). ### Introduzione: L'Apollo e Marsia è un dipinto olio su tela (205×259 cm) di Luca Giordano del 1659-1660 conservato nel museo nazionale di Capodimonte di Napoli.Il dipinto, uno dei più felici esempi di pittura del Seicento napoletano, è esposto nel museo napoletano accanto all'Apollo e Marsia eseguito da Jusepe de Ribera nel 1637 e di cui ne ha costituito il prototipo.Nel corso della sua vita il pittore napoletano ripeterà più volte la scena dell'Apollo e Marsia, variando talune volte la composizione scenografica; la versione di Capodimonte fu invece replicata circa un anno dopo con un'altra analoga, di formato leggermente ridotto, oggi in collezione privata. ### Descrizione e stile. Il dipinto si rifà ai versi epici di Ovidio ne Le Metamorfosi, immortalando il momento in cui Apollo è in procinto di attuare il supplizio (lo scuoiamento) nei confronti di Marsia, quest'ultimo sdraiato in terra con i piedi/zampe legati a un albero. Secondo la leggenda infatti, la dea Atena, che aveva inventato lo strumento del flauto, mentre suonava il medesimo venne derisa da Eros per via delle smorfie buffe (rossore in viso e guance gonfie) che faceva il suo volto nel mentre suonava lo strumento. Così la dea, infastidita da ciò, lasciò cadere il flauto sulla Terra. Successivamente questo fu raccolto da Marsia, un satiro (essere mezzo uomo e mezzo capra) che viveva a guardia di un piccolo fiume affluente del Meandro, in Anatolia, e cominciò a suonare lo strumento e ad esercitarsi finché non divenne tanto bravo da ritenersi addirittura più capace di Apollo, dio della musica. Apollo sfidò così Marsia in una gara di musica, dove, il primo avrebbe suonato la lira mentre il secondo, per l'appunto, il flauto. Se inizialmente la sfida si poté ritenere in pareggio, alla fine Apollo riuscì comunque a vincere grazie alla sua astuzia; infatti propose al satiro di suonare gli strumenti al contrario e, mentre la lira emise comunque melodie armoniose, il flauto non fece alcun suono. A questo punto il mito si conclude con la punizione inflitta a Marsia che, infatti, fu legato a un albero e scorticato vivo da Apollo.La tela di Giordano è concepita per essere un vero e proprio elogio della pittura del maestro de Ribera, seppur la sua raffigurazione della scena appare espressa su tonalità più scure e con pennellate più rapide e sfumate, apprese queste ultime durante la sua esperienza a Roma e Venezia, rispetto alla versione riberesca. Evidenti analogie con la tela del maestro spagnolo sono invece riscontrabili oltre che nella struttura generale della composizione, costruita sulla diagonale dell'albero, seppur speculare rispetto alla versione di Ribera, anche nei più piccoli dettagli, quali: il volto straziato di Marsia, la disperazione dei satiri sullo sfondo della scena, gli strumenti musicali oggetto della contesa posti sui vertici della diagonale, la scelta di rappresentare il supplizio nella sua fase iniziatica, il colore glicine della mantella di Apollo, ed infine lo stesso dio che, posto in primo piano, si appresta a scorticare il satiro partendo dalle sue zampe legate all'albero.
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### Titolo: Cristo crocifisso (Murillo Prado 1675). ### Introduzione: Cristo crocifisso è un dipinto del pittore spagnolo Bartolomé Esteban Murillo realizzato circa nel 1675 e conservato nel Museo del Prado a Madrid in Spagna. ### Descrizione. Il dipinto ha per soggetto Cristo in croce che, vicino al ceppo a sinistra, è presente un teschio. In lontananza verso il basso a destra si intravedono, con pochissima luce, degli edifici. La luce è presente nel corpo di Cristo, leggermente in alto a sinistra e all'altezza vicino ai piedi fra le montagne o nuvole, mentre il resto dello sfondo è decisamente scuro.
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### Titolo: Cristo crocifisso (Murillo Timken Museum of Art). ### Introduzione: Cristo crocifisso è un dipinto del pittore spagnolo Bartolomé Esteban Murillo realizzato circa nel 1660-1670 e conservato nel Timken Museum of Art a San Diego negli Stati Uniti d'America. ### Descrizione. Il dipinto ha per soggetto la Gesù in croce. La testa è rivolta verso il cielo. Alla base del ceppo della croce ci sono un osso e un teschio. In basso, in profondità, si intravedono appena, avvolti da nuvole, i contorni degli edifici di Gerusalemme. La luce è presente nel corpo di Cristo, un po' meno nella zona del teschio e in alto a sinistra, mentre il resto dello sfondo è decisamente scuro.
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### Titolo: Visione di san Tommaso d'Aquino. ### Introduzione: La Visione di san Tommaso d'Aquino è il soggetto di un dipinto di Santi di Tito. L'evento rappresentato è la visione avuta da Tommaso d'Aquino a Napoli nel 1273. Il santo in preghiera al cospetto di un dipinto raffigurante la Crocifissione, posto all'interno della chiesa di San Domenico Maggiore, ottenne direttamente dal Signore, che gli parlò, conferma della correttezza dottrinale dei suoi scritti teologici. ### Descrizione e stile. Nella tavola di San Marco Santi di Tito, con una radicale innovazione rispetto ai precedenti sul tema, inscena l'accadimento attraverso il miracoloso prender di vita della (illusionistica) raffigurazione pittorica adorata dal santo, che diventa sotto i suoi occhi una sorta di sacra rappresentazione teatrale della Passione. Il Crocifisso si protende al di fuori della pala d'altare (di cui si vede la cornice), i dolenti – Maria e san Giovanni – e la Maddalena, non più figure dipinte ma personaggi 'reali', sono addirittura collocati sulle scale poste al di sotto del quadro immaginario. Partecipa all'evento anche santa Caterina d'Alessandria (a sinistra), lussuosamente abbigliata e acconciata secondo la moda della Firenze del tempo. San Tommaso, in diretto contatto visivo con la Vergine Maria, porge devotamente i suoi scritti, di cui, come detto, riceve la miracolosa approvazione. All'estrema destra della tavola tre frati domenicani, confratelli di Tommaso, sembrano non accorgersi di nulla. Il profondo significato dell'opera di Santi di Tito si rinviene nelle parole che si leggono sul libro nelle mani del santo: Sacerdos in aeternum Christus Dominus secundum ordinem Melchisedech, panem et vinum obtulit. Si tratta di un passo dell'Officium de festo Corporis Christi, testo scritto dallo stesso san Tommaso nel 1264, su richiesta di Urbano IV, per la celebrazione della neo-istituita festa del Corpus Domini. Solennità che afferma la reale presenza del corpo di Cristo nella celebrazione eucaristica. Il Cristo del dipinto nel dipinto che si fa realmente carne innanzi a san Tommaso è quindi una decisa riaffermazione del dogma eucaristico, tema di centrale rilevanza nell'ideologia cattolica della Controriforma, che nella Firenze di quel tempo, ormai un satellite degli Asburgo, cioè i campioni della Controriforma, era altresì pienamente consonante con gli indirizzi politico-culturali granducali. Oltre al significato religioso, anche il senso di compunzione che pervade la raffigurazione, la compostezza degli astanti e il nitore della composizione contribuiscono ad identificare in quest'opera del Santi uno dei più significativi esempi della pittura contro-riformata fiorentina. Ma allo stesso tempo l'immaginifica invenzione del quadro nel quadro che si anima in un tableau vivant espandendosi nello spazio, l'ardito scorcio prospettico della scena del Calvario, l'accentuato primo piano che coinvolge il riguardante nello spazio pittorico, conferiscono a questo dipinto spiccate qualità proto-barocche, tra le più precoci annunciazioni di questa nuova corrente che si registrino a Firenze. Sottolinea il qui ed ora dell'evento la quinta architettonica a destra che a dispetto dell'ambientazione napoletana e medievale del fatto ha viceversa chiaro gusto brunelleschiano. Nel Metropolitan Museum of Art di New York si conserva il disegno preparatorio del dipinto.
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### Titolo: Madonna col Bambino e i santi Agostino, Tommaso Apostolo e Nicola da Tolentino. ### Introduzione: Madonna col Bambino e i santi Agostino, Tommaso Apostolo e Nicola da Tolentino è un affresco di un anonimo del 1563, collocato nella Chiesa di Sant'Agostino (Cascia). ### Descrizione. L'affresco, realizzato da un autore ignoto, è collocato in una nicchia nella parete sinistra della navata della chiesa di Sant'Agostino (Cascia). L'affresco raffigura in alto la Madonna con il Bambino che donano una cintura rossa a San Tommaso. Nella parte 'terrena', in basso, sono rappresentati tre Santi (da sinistra): Sant'Agostino, San Tommaso e San Nicola da Tolentino. Nel bordo inferiore dell'affresco si trova un'iscrizione che presenta il nome del committente, Raffaele di Giovanni Antonio di Cascia, e l'anno di esecuzione 1563.
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### Titolo: Polittico di San Facondino. ### Introduzione: Il Polittico di San Facondino è un'opera pittorica del Maestro di Fossato datata tra il 1400 e il 1415, la più importante del maestro umbro. ### Descrizione. È costituito da cinque tavole rappresentanti al centro la Madonna con il Bambino e ai lati diversi santi, tra i quali San Facondino che ha dato il nome al polittico. Il polittico si trova nella Pinacoteca di Gualdo Tadino in Umbria presso la Rocca Flea.
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### Titolo: Donne sulla spiaggia di Berck. ### Introduzione: Donne sulla spiaggia di Berck è un'opera del pittore Eugène Boudin eseguita nel 1881. ### Descrizione. Il quadro rappresenta un gruppo di donne di bassa astrazione sociale presso la spiaggia della cittadina francese di Berck durante una giornata di sole. I contorni delle donne non sono ben definiti; la rappresentazione in generale appare sfocata. Il pittore ha posto la propria firma in basso a sinistra. == Note ==.
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### Titolo: Quadro di Sant'Andrea. ### Introduzione: Il quadro di Sant'Andrea, conosciuto anche come pala di Sant'Andrea o pala della Fornarina, è un dipinto di Nicola d'Ulisse, rappresentante la storica battaglia della Fornarina. ### Descrizione e stile. La tavola rappresenta la battaglia avvenuta a San Ginesio il 30 novembre 1377, quando la popolazione Fermana decise di attaccare la quella ginesina. La battaglia è conosciuta come 'Battaglia della Fornarina'. La parte superiore della tavola ha una forma a cuspide ripresa dallo stile gotico, come altri elementi raffigurativi dell'opera. Lo sfondo si presenta con una colorazione predominante nera, spezzata dai colori accesi dei tetti della cittadina, ovvero San Ginesio. Nonostante il paese sia rappresentato diverso dalla realtà, si possono distinguere bene le mura cittadine e lo stemma comunale, situato sia sulla porta d'accesso delle mura, sia su alcuni scudi dei soldati. L'opera è divisa in due scene: la sfera terrestre, che comprende lo scontro tra i soldati e la cittadina, e la sfera celeste, rappresentata dall'apparizione di Sant'Andrea e da un Angelo.
@Scribis @Italiano. Descrivi un celebre dipinto.
### Titolo: Madonna col Bambino in trono tra i santi Giovanni Battista e Caterina d'Alessandria. ### Introduzione: La Madonna col Bambino in trono tra i santi Giovanni Battista e Caterina d'Alessandria è un dipinto olio su tela realizzato da Giovanni Maria Baldassini nel 1595, firmato: MDLCCCCV / DONNA VINCENSA ZANSI / .G.B.P per la chiesa del chiesa di Sant'Agostino, di Gubbio. ### Descrizione. Il dipinto è un'opera matura dell'artista. Raffigura la Madonna posta su di un trono inserito nella nicchia di un importante fabbricato, con le colonne a tortiglioni marmoree laterali che reggono un'importante struttura a lacunari come l'edicola di un altare. Il trono è posto sopra un gradone raffigurante un bassorilievo con la santa Caterina tra i rettori e i filosofi che la interrogano, chiamati a convincerla a rinunciare alla fede dall'imperatore Massenzio. A destra la santa alessandrina è genuflessa nell'atto di ricevere l'anello dal Bambino Gesù che siete tra le braccia della Madre. La santa è raffigurata in abiti signorili damascati, che ricordano il suo alto ceto sociale, era infatti figlia di re, nella classica posizione che la pittura rappresenta il matrimonio mistico. Accanto a lei la ruota simbolo del suo martirio e ai piedi la spada con cui fu decapitata. A sinistra san Giovanni Battista che volto verso l'osservatore indica il Bambino, come via e vita da seguire. I due santi sono posti sopra un piedistallo dove è presente la scritta MDLCCCCV / DONNA VINCENSA ZANSI / .G.B.P.. La tela è conservata in una cornice di buona fattura simile a quelle delle tele poste negli altari della chiesa. La parte superiore della cornice riporta la dicitura: VNVM EX / SEP. ALTARIB. Il dipinto presenta molte assonanze con altre opere dell'artista in particolare con Madonna in trono col Bambino e santi Nicola di Bari e Francesco d'Assisi eseguito nel 1589 e conservato nella Santuario dell'Oliveto di Passignano sul Trasimeno. Anche se questo dipinto ci presenta un artista che non necessita più della riceva continua di forme e colori che davano un tono dall'aspro grafismo, ma con forme più morbide e con una ricerca migliore degli spazi ambientali e dei dettagli, forse questo grazie alla sua vicinanza all'arte di Virgilio Nucci.
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### Titolo: Ripudio di Vasti. ### Introduzione: Il Ripudio di Vasti è una tela dipinta da Giambattista Tiepolo durante il suo periodo giovanile, nel 1719. L'opera è collocata presso una collezione d'arte privata a Milano. ### Descrizione. Il dipinto raffigura probabilmente un episodio biblico raccontato nel libro di Ester (2,12), dove Vasti, moglie del re Assuero, rifiuta di obbedire ad un suo ordine. Così il re, adirato, segue il consiglio dei suoi ministri; ripudia sua moglie e proibisce che lei compaia alla sua presenza, togliendole poi anche il titolo di regina. In seguito il re ordina che gli siano portate ragazze vergini di bell'aspetto da tutto l'impero, per eleggere una nuova regina al posto di Vasti. == Note ==.
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### Titolo: Il bagno del cavallo. ### Introduzione: Il bagno del cavallo (El baño del caballo, noto anche sotto il titolo di Il cavallo bianco) è un olio su tela di Joaquín Sorolla y Bastida, di 205 x 250 cm. Dalla firma risulta datato 1909 ed è attualmente conservato presso il Museo Sorolla di Madrid. ### Descrizione e stile. Il pittore adotta un punto di vista elevato rispetto alla scena, tecnica abituale da parte di Sorolla, e lo pone a livello della testa del giovanotto che tiene la briglia del cavallo, gruppo che forma un primo piano lungo e inclinato che riduce la linea dell'orizzonte a una modesta frangia. Verosimilmente, in questo modo, l'artista evita la visione del cielo chiaro di Valencia e centra l'attenzione di chi guarda sulla sabbia della spiaggia e sulla linea ondulante dell'acqua, con le sue ombre, i riflessi della luce, che Sorolla sapeva rendere magistralmente con un colpo di pennello impastato, leggero e agile.
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### Titolo: Big Ben (Derain). ### Introduzione: Il Big Ben è un dipinto a olio realizzato dal pittore francese André Derain databile al 1906-1907 e conservato nel Musée d'art moderne de la Ville de Paris di Parigi. ### Descrizione. Lungo il Tamigi transita lentamente una piccola imbarcazione che si dirige verso destra dove si trova il ponte. Sulla riva opposta si ergono gli edifici alti e la torre del Big Ben. In alto, a sinistra, il sole illumina l’atmosfera nebbiosa della città. == Note ==.
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### Titolo: Madonna della Cintola tra i santi Agostino, Nicola da Tolentino, Claudio, Antonio Abate, Monica e Petronilla. ### Introduzione: Madonna della Cintola tra i santi Agostino, Nicola da Tolentino, Claudio, Antonio Abate, Monica e Petronilla è un olio su tela, attribuito a Virgilio Nucci, che si trova nella Chiesa di Sant'Agostino (Cascia) e datato 1609. ### Descrizione. Il dipinto raffigura la Madonna col Bambino colti nell'atto di porgere le cinture rispettivamente a Sant'Agostino a sinistra, che veste il piviale vescovile e che con la destra impugna il pastorale (un angelo alle sue spalle esibisce la mitria), e San Nicola da Tolentino. Nel registro sottostante, i quattro santi inginocchiati assistono alla scena.
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### Titolo: Madonna del Soccorso tra i santi Agostino e Monica. ### Introduzione: La Madonna del Soccorso tra i santi Agostino e Monica è un affresco, attribuito a Virgilio Nucci, collocato nella Chiesa di Sant'Agostino (Cascia) e databile 1601-1602. ### Descrizione. La scena, inquadrata da una articolata cornice in stucco con cimasa, ripropone la figura della Vergine inserita in una mandorla, e affiancata da Sant'Agostino e Santa Monica circondati da angeli, nell'atto di colpire con un fulmine il terreno ai piedi di un demonio; questi, dopo aver attentato alla vita di un bambino stretto tra le braccia della madre, è colto mentre precipita nella fenditura inghiottito dalle fiamme. Assistono alla scena, insieme alle donne appartenenti alla confraternita della Madonna del Soccorso, istituita a Cascia nel XVI secolo, due fanciulli abbigliati in foggia moderna e verosimilmente appartenenti alla famiglia committente dell'opera.
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### Titolo: Moro con vassoio. ### Introduzione: Moro con vassoio è uno degli affreschi eseguiti da Giambattista Tiepolo per la foresteria della Villa Valmarana 'Ai Nani' di Vicenza. Si trova nella Sala del Carnevale, dove fa da pendant alla Scimmia incatenata. ### Descrizione. A prestare il volto all'attempato cameriere nero, che si trova col vassoio nelle mani su uno scalone reso in modo da sembrare reale, è lo stesso modello che molti anni prima, da giovane, aveva posato sempre per Giambattista Tiepolo nel dipinto Alessandro e Campaspe nello studio di Apelle, impersonando anche in quel caso un domestico. Secondo alcuni critici Moro con vassoio sarebbe però opera di Giandomenico Tiepolo, al quale sicuramente si devono quasi tutti gli affreschi della foresteria, mentre quelli dell'edificio principale vanno attribuiti a entrambi gli artisti.
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### Titolo: Mattino italiano. ### Introduzione: Mattino italiano (in russo Итальянское утро?, Ital'janskoe utro) è un dipinto del pittore russo di origine francese Karl Brjullov (1799-1852); che lavorò a Roma fino al 1835, come pittore di genere, ritrattista e pittore storico. ### Descrizione. Questo dipinto è stato prodotto da Brjullov dopo il suo arrivo in Italia nel 1823. L'illuminazione del soggetto e il gioco d'ombre e luci svolgono un ruolo importante, di cui l'artista stesso scrive:. Il dipinto mostra una giovane donna che sta facendo la toeletta mattutina sotto i raggi del sole. Con quest'opera l'artista ha ricevuto recensioni entusiastiche da parte del pubblico italiano e si è fatto conoscere in Italia. La Società Imperiale russa per l'incoraggiamento delle Belle Arti, grazie alla quale l'artista ottenne una borsa di studio per studiare all'estero, ha offerto questo dipinto ad Aleksandra Fёdorovna di Russia, moglie dello Zar Nicola I. L'imperatore desiderava un altro dipinto che facesse coppia con 'Mattino italiano', e Brjullov intraprese, nel 1827, la realizzazione di un altro dipinto intitolato 'Mezzogiorno italiano'. I ritratti realizzati da Brjullov negli anni 1820 rispecchiano appieno i canoni del Romanticismo. Più tardi, i suoi ritratti si evolveranno verso l'espressione della psicologia dei suoi personaggi, dando l'impressione di essere stati dipinti sul posto e sottolineando la personalità del soggetto . Sebbene Brjullov si dedicasse maggiormente ad opere storiche, tra cui 'L'ultimo giorno di Pompei' che gli assicurò uno straordinario successo; i suoi ritratti intimi, a volte realizzati sotto l'influenza del pittore Jean-Auguste-Dominique Ingres, hanno qualità di seducente freschezza e sincerità . == Note ==.
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### Titolo: Maria Antonietta con un libro. ### Introduzione: Il ritratto di Maria Antonietta con un libro è un dipinto a olio su tela (3,200x2,321 cm) di Élisabeth Vigée Le Brun, eseguito nel 1788 e conservato nella reggia di Versailles, in Francia. ### Descrizione. Il ritratto di Maria Antonietta con un libro è l'ultimo ritratto ufficiale della regina Maria Antonietta, eseguito da Élisabeth Vigée Le Brun nel 1788 e conservato nella reggia di Versailles, in Francia. L'opera fu molto lodata, in quanto la somiglianza con la regina è sorprendente. Maria Antonietta è ritratta nella reggia di Versailles, vestita a lutto dopo la morte della sua quartogenita, Sofia, nel 1787. L'abito della regina è molto semplice: la regina adottò questo stile dopo lo scandalo della collana, che lasciò la sua reputazione completamente compromessa. La regina indossa un cappello nero con piume bianche, ed un velo le scende lungo la schiena, la collana e gli orecchini che indossa sono di diamanti. Con la mano destra la regina regge un libro dalla copertina rossa, con la mano sinistra invece è appoggiata ad un tavolo, nel ritratto sono presenti i simboli della regalità della regina, infatti c'è una corona sul lato del quadro e ad affiancarla c'è un vaso di fiori. I piedi della regina sono poggiati su un cuscino di velluto rosso. Il ritratto intende esaltare la figura di regina di Maria Antonietta, infatti l'effetto del quadro è quello di mostrare la sua vicinanza al popolo con la semplicità.
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### Titolo: Ritratto dei principi di Parma. ### Introduzione: Il ritratto dei Principi di Parma è un dipinto a olio su tela (159×184,5) di Johann Zoffany, eseguito nel 1778 e conservato nel Kunsthistorisches Museum, a Vienna. ### Descrizione. Il ritratto dei Principi di Parma è un ritratto del 1778, eseguito da Johann Zoffany, conservato nel Kunsthistorisches Museum e lodato per la somiglianza dei volti e della corporatura. Il ritratto rappresenta i principi di Parma Maria Carolina, 8 anni, Maria Carlotta, 1 anno, Ludovico, principe ereditario, 5 anni, e Maria Antonia, 4 anni. Sono ritratti nel Palazzo Reale di Colorno, in una stanza con vista sui giardini, Maria Carolina veste un abito grigio-giallo e nello stesso tempo accarezza un cane, la piccola Maria Carlotta invece veste un abito bianco mentre gioca con una bambola nella culla, Ludovico indossa un abito grigio, e porta la fascia di Principe di Piacenza, il titolo conferito al primo figlio del Duca regnante, Maria Antonia indossa un abito grigio-giallo, con una cuffia blu in testa. L'ambiente intorno ai principi è molto informale, infatti non sono presenti segni dell'alta nascita dei principi. I principi sono attorniati da una scrivania, un tamburo e una bandiera, dietro i principi si intravedono degli alberi e un giardino. Tra i principi c'è molta armonia. Il dipinto fu commissionato dall'imperatrice Maria Teresa d'Austria nonna dei principi, al pittore Johann Zoffany, pittore alla corte di Parma tra il 1773 e il 1781, l'imperatrice non andava d'accordo con la figlia Maria Amalia, madre dei principi. Infatti Maria Amalia accettò malvolentieri a mandare il ritratto a Vienna.
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### Titolo: San Sebastiano (Pecino da Nova). ### Introduzione: San Sebastiano è un dipinto a fresco realizzato da Pietro o Pecino da Nova attivo nella bergamasca e conosciuto anche come il Maestro del Mocchirolo, grazie agli affreschi eseguiti nell'oratorio di Mocchirolo e probabilmente realizzati negli anni sessanta del XIV secolo. ### Descrizione. La tavola raffigura san Sebastiano nella classica iconografia. In piedi e legato a una colonna, trafitto da molte frecce che colpendolo gli procurano ferite sanguinanti. L'artista ha dipinto l'affresco minuziosamente, ben visibili sono le corde che lo tengono legato alla colonna e il laccetto che chiude il perizoma. Il santo martire ci viene presentato come uomo robusto, dove ben visibili sono i muscoli e i nervi, la cui forza fisica si riflette sulla sua forza spirituale, il martirio come scelta personale. Il corpo muscoloso è coperto solo da un piccolo perizoma accuratamente legato. e i molteplici dardi hanno cocca particolarmente curata nel dipinto quasi a diventarne protagonista. Il volto ha l'espressione profonda dell'uomo che ben conosce la sua sorte, e che è consapevole che quel suplizio non sarà la causa della sua morte, come narra la leggenda del suo martirio. Il dipinto non conserva la cornice in cui era posto, ma ha molte affinità con Santa Marta e un devoto conservato presso la Banca Popolare di Bergamo ed eseguito contemporaneamente. Il dipinto è molto più ammalorato ma secondo gli studi del Bosckovits sicuramente riconducibile a Pecino da Nova, a conferma la mappatura dell'Angelini che li segnava vicini dentro l'antica chiesa.
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### Titolo: Improvvisazione XXVI (Remi). ### Introduzione: Improvvisazione XXVI (Remi) è un dipinto a olio su tela (97×107,5 cm) realizzato nel 1912 dal pittore Vasilij Kandinskij. È conservato alla Städtische Galerie im Lenbachhaus di Monaco. ### Descrizione. Nell'arco rosso alla sinistra della tela, attraversato da sei sciabolate di nero, si può agevolmente riconoscere una barca a remi guidata da due personaggi. L'immagine della barca compare assai spesso nei quadri astratti di Kandinskij ed è da riferirsi con ogni probabilità al tema del Diluvio universale. Questa figura potrebbe poi assumere anche un significato all'interno degli interessi teosofici e spiritualistici dell'artista. Navigando attraverso lo sfacelo dell'epoca materialista, l'uomo, la cui anima si è risvegliata dal sonno, va alla deriva in attesa dell'avvento dell'era della pura spiritualità e della conoscenza. Il moto della storia per Kandinskij è infatti rappresentato da una piramide in continua ascesa. Ciò che si trovava fino a poco tempo fa all'estremità superiore di essa (i raggiungimenti spirituali, culturali e filosofici di un'epoca) è destinato a diventare patrimonio comune in un tempo successivo.
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### Titolo: Ritratto della principessa Maria Carolina di Borbone con diadema. ### Introduzione: Il ritratto di Maria Carolina di Borbone con diadema è un dipinto a olio su tela (82 x 70 cm) di Anton Graff, eseguito nel 1792 e conservato nella Galleria nazionale di Parma. ### Descrizione. Il ritratto di Maria Carolina di Borbone con diadema è un ritratto del 1792 conservato nella Galleria nazionale di Parma. Il ritratto fu lodato per la somiglianza con la principessa. L'opera ritrae Maria Carolina di Borbone-Parma, figlia dei duchi di Parma Ferdinando I e Maria Amalia, poco prima della sua partenza per la Sassonia, il 22 aprile 1792 Maria Carolina aveva sposato il principe Massimiliano di Sassonia, e si sarebbe stabilita in Sassonia. Come regalo per il principe la principessa aveva scelto di farsi ritrarre. L'opera mostra la principessa Maria Carolina con un abito parmense, grigio tendente al giallo, con un'ampia scollatura in pizzo, la principessa indossa anche un velo grigio sul quale è posata un diadema, (quest'ultimo è un regalo del principe Massimiliano a Maria Carolina) sul quale sono incastonate delle pietre preziose. La principessa fu detentrice degli ordini della regina Maria Luisa e della Croce Stellata, il primo è rappresentato nella fascia viola e bianca che la principessa porta al petto, mentre il secondo è rappresentato nella spilla riccamente decorata che la principessa porta al petto. Maria Carolina tiene i capelli in un'acconciatura semplice, con dei lunghi boccoli che le scendono sulle spalle. La principessa, come si dirà poi, assomigliava molto alla zia Maria Antonietta, e in questo ritratto la somiglianza con la zia è impressionante. L'espressione della principessa è molto serena, lo sfondo è scuro. L'opera è stata realizzata da Anton Graff, anche se in precedenza si pensava fosse stata ritratta dalla celebre pittrice francese Elisabeth Vigée-Le Brun, durante il suo soggiorno a Parma, quando realizzò alcuni ritratti alla famiglia ducale.
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### Titolo: Morte di Zerbino. ### Introduzione: Morte di Zerbino è un dipinto di Massimo d'Azeglio, eseguito con la tecnica dell'olio su tela, presumibilmente nel 1839. L'opera è conservata a Milano, nella Pinacoteca di Brera. ### Descrizione. Basato sull'Orlando furioso di Ludovico Ariosto, il dipinto rappresenta uno dei suoi personaggi più celebri, il giovane principe scozzese Zerbino, trovato agonizzante dalla sua donna, la saracena Isabella, dopo essere stato mortalmente colpito in duello per mano di Mandricardo (che invece non appare essendosi già allontanato); sono presenti anche i cavalli dei due amanti. Sebbene non siano collocate sullo sfondo, le figure di Zerbino e Isabella possono non apparire subito al primo sguardo, avendo l'artista optato per una visuale con campo lunghissimo. Teatro dell'episodio è un paesaggio boschivo, reso ancora più affascinante da un'imponente cascata.
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### Titolo: I funerali di Togliatti. ### Introduzione: I funerali di Togliatti è un dipinto realizzato nel 1972 da Renato Guttuso, esposto al museo d'arte moderna di Bologna. ### Descrizione. L'opera vuole riprodurre i funerali avvenuti a Roma nel 1964 del segretario del Partito Comunista Italiano, Palmiro Togliatti. Da un punto di vista cromatico, nel dipinto si contrappone il rosso delle bandiere comuniste e il bianco dei volti delle persone. Esempio del forte impegno etico e civile di Guttuso, raffigura i protagonisti del movimento comunista internazionale, che immagina essere intervenuti ai funerali del segretario. Tra questi è possibile individuare Lenin (raffigurato più volte), Stalin, Picasso, Neruda, Elio Vittorini, Enrico Berlinguer, Angela Davis, Nilde Iotti, Antonio Gramsci, Leonid Breznev, Dolores Ibarruri, Anna Kuliscioff, Jean-Paul Sartre.
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### Titolo: Trittico del crocifisso. ### Introduzione: Il trittico del crocifisso è un dipinto olio su tela opera di Aurelio Gatti detto il Soiaro, conservato presso l'altare della chiesa di San Defendente a Romano di Lombardia. ### Descrizione. Il dipinto, di ottima fattura, è conservato come pala d'altare nella cappella del Crocifisso, la prima a sinistra detta anche dei Suardi. Il dipinto raffigura Cristo in croce con i santi Sebastiano, Rocco, sul lato sinistro, san Biagio e Maria Maddalena sul lato destro. I personaggi sono raffigurati ognuno con il proprio attributo iconografico e in forma molto plastica: san Sebastiano è colto in movimento, quasi sospeso, tutto il suo corpo, pur con le braccia legate, si protende verso la croce così come lo sguardo è rivolto al Cristo. San Rocco è raffigurato genuflesso in devozione, visibile la gamba con la piaga, a destra san Biagio è raffigurato negli abiti talari con il pastorale, ai piedi della croce Maria Maddalena è inginocchiata con lo sguardo rivolto verso l'alto e le braccia spalancate in segno di profonda disperazione, biondi capelli le incorniciano il viso. Ai piedi della croce il teschio segno della morte. Il Cristo posto sulla croce ha una struttura non particolarmente perfetta, le braccia si presentano troppo lunghe in contrasto con il corpo e gli arti inferiori ben strutturati. Il paesaggio, posto completamente in ombra, è illuminato solo da un lampo nella parte superiore del dipinto. La terra è brulla, con poche ombre, rispecchia la morte del figlio di Dio creatore del mondo, e il mondo muore con lui. Laterali vi sono due tele raffiguranti gli offerenti della famiglia Suardi identificati nei quattro fratelli Giovanni Andre,, Giovanni Battista, Lauro e Lodovico, inginocchiati ai piedi di san Defendente patrono della chiesa, la loro raffigurazione più pacata e concentrata ma con lo sguardo rivolto verso i fedeli li allontana dai santi dando a loro una presenza più terrena. La parte superiore è completa di una lunetta affrescata a completamento del trittico e della cappella.
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### Titolo: Battaglia delle Amazzoni (Feuerbach). ### Introduzione: La Battaglia delle Amazzoni o Amazonenschlacht (seconda versione) è un dipinto a olio su tela del pittore tedesco Anselm Feuerbach, iniziato nel 1871 e terminato nel 1873. L’opera è conservata al Germanisches Nationalmuseum di Norimberga. ### Descrizione. Il dipinto raffigura la Battaglia delle Amazzoni che si svolge in un arido paesaggio costiero. Il punto focale dell’azione è incentrato sulle figure disposte ad angolo retto a sinistra dell’immagine. Il gruppo di Amazzoni sullo sfondo a sinistra attacca un gruppo di uomini più a destra, ma la futilità di questo attacco è evidente siccome gli uomini vengono solo feriti. Nonostante questa scena risulti, dal punto di vista contenutistico, priva di senso, ha comunque una funzione formale: è il punto da cui parte la scena di movimento sullo sfondo, che continua tra le nuvole e termina a destra, nel punto in cui si vede il cavallo che corre. Quasi al centro dell’immagine, leggermente spostato verso l’angolo sinistro, un trapezio con al centro una figura sdraiata di schiena, cattura immediatamente lo sguardo dello spettatore. La figura monumentale rimane impassibile agli eventi vicini. Intorno a lei sono raggruppate cinque Amazzoni, alcune ferite, altre cadute, formando così una cornice attorno alla figura. La donna distesa a destra della figura di schiena viene identificata dal copricapo come Pentesilea, regina delle Amazzoni. A differenza della maggior parte delle Amazzoni cadute, indossa una preziosa tunica e, come le Amazzoni combattenti, ha il seno destro esposto discostandosi dalla tradizione che prevede il seno sinistro scoperto. Nella mano destra stringe l’ascia da battaglia, mentre con la sinistra cerca il sostegno di un guerriero più anziano. La sua caduta richiama la sconfitta delle Amazzoni. L’atteggiamento di Pentesilea porta l’attenzione su un altro dettaglio importante del dipinto: il gruppo di due uomini. Un giovane ferito con indosso una pelliccia di lupo, trofeo di caccia per antonomasia, viene sorretto da un uomo anziano e portato via dal campo di battaglia. Feuerbach raffigura i due uomini in modo più rallentato rispetto alla velocità narrativa del dipinto: mediante la loro postura instabile, la composizione del quadro risulta inclinata e allo stesso tempo finita, generando così tensione. La causa del rallentamento dell’azione è da ricondursi alla mano sinistra di Pentesilea che trattiene il guerriero e alla breve pausa dell’uomo nella montagna di feriti. Alla destra dei due uomini si erge un’Amazzone a cavallo che solleva un’ascia posta diagonalmente rispetto all’immagine. Il colpo della donna è apparentemente diretto al guerriero che sta molestando la sua compagna di combattimento, ma è ostacolata da un altro guerriero che viene spinto indietro. La figura rappresenta il lato di una costruzione piramidale al cui vertice si trova un’Amazzone in groppa a un cavallo nero. A sinistra, sotto il cavallo nero, viene raffigurato un combattimento ravvicinato: due Amazzoni colpiscono con giavellotto e ascia da guerra un avversario dalla pelle dorata, che resiste disperatamente, ma senza successo. Il margine a sinistra degli uomini feriti è delimitato da una “catena di gruppo”. Lì vi è un guerriero dalla pelle scura intento a togliere una collana di perle dai capelli di un’Amazzone, simbolo della visione che Feuerbach e i suoi contemporanei avevano degli africani. La vittima del nemico dalla pelle scura non si oppone. Completa quest'ultima scena un’Amazzone a cavallo che affronta un nemico che sta per sferrare un attacco.
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### Titolo: Angelica e Medoro (Rocca). ### Introduzione: Angelica e Medoro è un dipinto del pittore Michele Rocca, eseguito con la tecnica dell'olio su tela e realizzato tra il 1720 ed il 1750. Il dipinto è oggi conservato al Walters Art Museum di Baltimora. ### Descrizione. Il soggetto del quadro deriva da un episodio del poema cavalleresco Orlando furioso scritto da Ludovico Ariosto. La scena si svolge in un paesaggio bucolico e silvestre. Nel dipinto Angelica, la principessa del Catai, e il fante saraceno Medoro, sono raffigurati durante la loro “luna di miele”, mentre celebrano il loro amore incidendo ciascuno il nome dell’altro sulla corteccia di un albero. Il tema era già stato ripreso da molti pittori rinascimentali e di epoca barocca per la sua natura sia erotica sia pastorale. In questo quadro i due innamorati sono raffigurati abbracciati tra loro; Medoro appare nell'atto di incidere il nome della sua amata sul tronco dell’albero. In alto si notano amorini svolazzanti, uno dei quali regge in mano una torcia a simboleggiare la passione ardente dei due, mentre verso il basso un altro amorino legge il nome di Angelica inciso su una roccia.
@Scribis @Italiano. Il tuo compito è descrivere un dipinto.
### Titolo: Ritratto di Vincenzo I Gonzaga nel giorno dell'incoronazione. ### Introduzione: Il Ritratto di Vincenzo I Gonzaga nel giorno dell'incoronazione è un dipinto a olio su tela (210x117 cm) di Jeannin Bahuet, databile 1587, precedentemente in una collezione privata, ora acquisita dal Ministero della Cultura ed esposto al Palazzo Ducale (Mantova). ### Descrizione. Il quadro ritrae il principe Vincenzo I Gonzaga venticinquenne nel momento dell'incoronazione a duca di Mantova, avvenuta il 22 settembre 1587. Il duca indossa una berretta in raso bianco con la corona ducale carica di pietre preziose e una cappa d’ermellino. Vincenzo regge con la mano destra lo scettro, mentre la sinistra impugna la spada.
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### Titolo: Angelica e Medoro (Dubreuil). ### Introduzione: Angelica e Medoro (Angélique et Médor) è un dipinto del pittore Toussaint Dubreuil, eseguito con la tecnica dell'olio su tela e realizzato tra il 1575 e il 1600. Il dipinto è oggi conservato al Museo del Louvre. ### Descrizione. Il soggetto del quadro deriva dal poema cavalleresco Orlando furioso scritto da Ludovico Ariosto. I protagonisti sono la principessa del Catai Angelica ed il fante saraceno Medoro, da poco conosciutisi. I due sono immersi in un ambiente pastorale, sovrastato da un cielo blu scuro. Medoro è raffigurato mentre incide il nome di Angelica sul tronco di un albero. Sullo sfondo arriva il paladino Orlando, che ama Angelica, e che impazzirà dopo aver trovato le incisioni lasciate dai due. Il dipinto di Dubrueil accosta quindi due momenti diversi del poema: Angelica e Medoro che realizzano l'incisione (canto XIX) ed il ritrovamento di questa da parte di Orlando (canto XXIII). La coppia formata da Angelica e Medoro occupa l'intera parte destra del dipinto e la postura di Angelica costituisce il vincolo visivo verso il punto focale della tela.
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### Titolo: Angelica e Medoro (Spranger). ### Introduzione: Angelica e Medoro (Angelika und Medor) è un dipinto del pittore manierista Bartholomäus Spranger, realizzato tra il 1580 e il 1600 circa. Il quadro, oggi conservato all’Alte Pinakothek di Monaco di Baviera, venne acquistato dal museo nel 1935. ### Descrizione. Il quadro è basato su un episodio del poema cavalleresco Orlando furioso dello scrittore italiano Ludovico Ariosto. Raffigura Angelica, principessa dei Catai, e Medoro, un soldato saraceno, mentre quest’ultimo sta per incidere il loro nomi sul tronco di un albero per suggellare il loro amore. Questo tema, poi ripreso da molti altri pittori, è di natura sia erotica che pastorale. In basso a destra, sotto il tronco dell'albero, si notano la spada e l’elmo di Medoro. Tra gli elementi manierististici di questo dipinto si hanno la muscolatura di Medoro, la torsione del corpo di quest'ultimo e la posizione dei due personaggi. Angelica porta al polso un braccialetto, che in seguito donerà ai pastori che avevano ospitato la coppia in precedenza (Orlando furioso, XIX, 40, vv. 5-6).
@Scribis @Italiano. Descrivi un dipinto.
### Titolo: Sant'Apollonia tra i santi Lorenzo e Defendente. ### Introduzione: Sant'Apollonia tra i santi Lorenzo e Defendente è un dipinto tempera grassa su tela di Jacopino Scipioni realizzato per la chiesa di San Bernardino in via Pignolo di Bergamo. Il dipinto fu rubato nel 1986 e non ritrovato. ### Descrizione e stile. Il dipinto ha le caratteristiche della scuola melanese, avvicinandosi alle opere degli artisti milanesi come il Ambrogio da Fossano che nel medesimo anno realizzava la Pala di Santo Spirito conservata nella chiesa di Santo Spirito all'ingresso di via Pignolo, nonché del Bramante e dello Zenale. Non era ancora giunto a Bergamo il rinascimento veneziano portato non solo da Lorenzo Lotto ma anche dai bergamaschi come Andrea Previtali. La tela raffigura i santi rappresentati con i relativi attributi e posti a figura intera, sant'Apollonia è posta centralmente avvolta in un manto rosso con bordo dorato. Indossa la corona di regina e volge lo sguardo direttamente sull'osservatore. Regge nella mano destra la palma e nella sinistra la tenaglia con un dente simbolo del suo martirio. A sinistra san Lorenzo negli abiti talari. Con la sinistra regge i libro delle scritture mentre con la destra la palma e la graticola segno del suo martirio. San Defendente è posto a destra della santa. Regge lo scettro e la spada e indossa gli abiti militari. I personaggi sono inseriti in uno spazio che anticipa la navata di una chiesa con la volta a botte decorata con un cielo stellato. Due medaglioni raffiguranti a sinistra l'angelo annunciante e a destra la Vergine completano la parte superiore. Tra i santi si intravede la pavimentazione a scacchi bicolore che da profondità all'ambiente. La pala fu trafugata nel 1986 e non recuperata.
@Scribis @Italiano. Descrivi un celebre dipinto.
### Titolo: Quattro evangelisti (Cifrondi). ### Introduzione: Quattro evengalisti sono l'insieme di quattro dipinti posti sulla controfacciata della chiesa di Santo Spirito di Bergamo realizzati dal clusonese Antonio Cifrondi intitolati: San Giovanni Evangelista scrivente, San Luca dipinge la Madonna, San Marco ispirato e San Matteo e l'angelo e realizzati in un periodo che va dal 1701 al 1705 e aventi le medesime dimensioni. ### Descrizione. Le quattro tele, dipinte a olio su tela, raffigurano i quattro evangelisti a figura intera, e sono collocate sulla controfacciata dell'unica navata della chiesa; si presentano nelle identiche misure (257x159). Le opere sono di grande suggestione con i chiaroscuri, e con l'intensità delle espressioni dei soggetti che pare si ripetano ma che sono la caratteristica del clusonese. L'artista ha realizzato le quattro tele, con una gamma cromatica limitata e con esecuzione rapida. Cifrondi non preparava mai i suoi lavori, ma abbozzata i disegni direttamente sulla tela che poi dipingeva velocemente. I quadri sono firmati e datati: A. CIFRONDI P. 1701”. Probabilmente non fu questa la loro collocazione primaria, anche se non si conosce dove fossero posti. La chiesa conservava anche le tele raffiguranti i dottori della chiesa, opere poi andate perdute.
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### Titolo: Miracolo di sant'Antonio da Padova. ### Introduzione: Il Miracolo di Sant'Antonio da Padova è un dipinto olio su tela conservato nel secondo altare a destra della chiesa di Santo Spirito di Bergamo considerato una delle migliori opere di Domenico Maria Viani. ### Descrizione. Il dipinto raffigura uno dei miracoli più conosciuti del santo portoghese: il Miracolo eucaristico di Rimini. Si racconta che sant'Antonio nel 1223 si trovasse a Rimini a cercare di convertire l'eretico Bonovillo della presenza del corpo di Cristo nella particola, ma questi riteneva di non credere fino a che fosse stato testimone di un miracolo e mentre il santo portava in processione, protetto dal baldacchino l'eucaristia, una mula al suo passaggio, si rifiutava di proseguire la sua strada, neppure dopo l'invito di cibo, per prostrarsi di fronte all'ostensorio. Pare che il miracolo si sia verificato anche in altre località. Il dipinto descrive l'evento nella città francese di Bourges, città che vide la presenza del santo nel 1225 al sinodo e che per tradizione e erroneamente sarebbe stata ritenuta, per molto tempo, la città del miracolo.Il dipinto è denso di personaggi, il santo avanza in processione sotto il baldacchino tenendo sollevata la particola eucaristica che è il punto centrale dell'opera, quello da cui deve partire il movimento di ogni personaggio. La presenza della mula raffigurata nell'atto di genuflettersi è centrale, inutilmente trattenuta dal padrone, un prestante soggetto che sarebbe l'eretico, il quale in ogni modo tenta di spostare la mula. Sul lato opposto della tela è raffigurato un personaggio possente, vestito con abiti importanti, avvolto in un mantello molto ampio, che spiega ai presenti quanto sta succedendo. Pur essendo molto movimentata la scena si presenta ottimamente equilibrata, con uno studio accurato di tutti i personaggi e della loro disposizione. La scena presenta anche personaggi minori, ma che rendono intensa l'opera: il malato adagiato in prossimità su di un carretto, e una donna dal volto malinconico. I colori più intensi nella parte avanzata del dipinto e più chiari nella parte posteriore, un chierico regge una lampada in stile gotico e due soggetti, un diacono e un francescano reggono il baldacchino. Il santo è dipinto in ombra, la luce viene dall'ostia che regge nella mano destra, mentre con la sinistra regge una croce lignea.
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### Titolo: Ecce Homo (Daumier). ### Introduzione: Ecce Homo è un dipinto incompiuto del pittore francese Honoré Daumier, realizzato nel 1851 ed esposto presso il Museum Folkwang di Essen in Germania. ### Descrizione. Uno dei pochi dipinti realizzati da Daumier a soggetto biblico, l'opera raffigura Gesù nel momento in cui, secondo il vangelo di Giovanni (19, 5), viene mostrato alla folla da Ponzio Pilato dopo essere stato torturato. In tale frangente, Pilato pronuncia la nota frase Ecce homo (ecco l'uomo), obbligando le persone radunate a guardare Cristo. Il dipinto, probabilmente commissionato dall'autorità ecclesiastica, è rimasto incompiuto.
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### Titolo: Séverine (Hawkins). ### Introduzione: Séverine è un quadro di Louis Welden Hawkins del 1895 e ritrae Caroline Rémy de Guebhard, soprannominata Mme. Séverine. ### Descrizione. La figura femminile rappresentata seduta dietro una scrivania appare fiera e combattiva, le parti del corpo di carattere figurativo si concentrano soprattutto sul viso in particolare i capelli, gli occhi e le mani incrociate. La postura eretta rende il ritratto non tradizionale, in cui la figura della giornalista è calata nella sua dimensione professionale, dalla quale traspare il suo impegno civile e politico; mentre lo sguardo assorto e meditativo proietta l'osservatore in una dimensione spirituale che vuole sottolineare il grande idealismo che ha caratterizzato Caroline Remy. La penna d'oca, il calamaio, i quaderni di appunti, gli scritti, le lettere, ed in primo piano i due saggi stanno a simboleggiare l'infinito impegno di una delle più grandi intellettuali della seconda metà del XIX secolo. I lati della cornice dorata sono intagliati con rappresentazioni dell’alloro e del grano, simboli rispettivamente della saggezza e della rinascita, a cui si accompagnano le parole 'Pax' e 'Panis', in riferimento alle campagne pacifiste e di condanna all’imperialismo di cui Sèverine fu protagonista e al suo costante impegno nella denuncia di tutte le ingiustizie sociali. Il color oro sullo sfondo indica invece la straordinarietà di una mente eccelsa, il fiore sul suo vestito nero e i delicati gioielli regalano al ritratto un'eleganza senza tempo.
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### Titolo: San Carlo comunica gli appestati. ### Introduzione: San Carlo comunica gli appestati è un dipinto olio su tela di Giovanni Battista Parodi del 1722 conservato nella chiesa di Sant'Alessandro della Croce di Bergamo in via Pignolo. ### Descrizione. L'opera raffigurante san Carlo Borromeo promotore della controriforma, fu uno dei soggetti maggiormente apprezzati dopo il concilio tridentino. Il santo viene anche ricordato per la sua vicinanza ai poveri e ai sofferenti aprendo ospedali e case d'accoglienza per i soli e gli anziani, e in questo ruolo viene raffigurato dal Parodi. La tela presenta una scena drammatica e molto reale. In primo piano una donna accoglie sul grembo un bambino ammalato, mentre la mano destra s'appoggia sul corpo inanimato, giallastro di un altro bambino, ucciso dal morbo. Sul lato sinistro il corpo esangue nudo, di un altro appestato. Il cielo è plumbeo e pare condividere il dolore della terra spoglia. In questa desolazione san Carlo Borromeo è raffigurato sul lato destro mentre avanza reggendo la l'ostia che porge a una donna appestata quale conforto. Accanto al santo un giovane chierichetto con la candela accesa che gli illumina il volto, nella mano destra, mentre con la sinistra si copre il naso con un lembo della toga per non sentire le esalazioni pestifere. La luce proviene dal volto del santo che illumina l'appestato e il corpo del morto di peste. Sullo sfondo appare quello che pare essere un lazzaretto anticipato da figure che portano gli appestati, mentre in lontananza una donna prega sopra una tomba. La tela non è considerata tra le migliori dell'artista, perché se la parte principale è ben definita, non è ulteriormente curata la parte superiore.
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### Titolo: Monacazione di santa Giovanna Francesca di Chantal. ### Introduzione: La monacazione di santa Giovanna Francesca di Chantal è un dipinto olio su tela di Ponziano Loverini conservato nel coro absidato della chiesa di Sant'Alessandro della Croce di Bergamo in via Pignolo. ### Descrizione. Il dipinto è ospitato a sinistra del coro della chiesa alessandrina, tra i dipinti di Antonio Cifrondi Martirio di sant'Alessandro e il Transito di san Giuseppe di Enrico Scuri. La scena si svolge in una chiesa che presenta assonanze con la parte anteriore il coro della basilica di Santa Maria Maggiore di Bergamo. Il bozzetto del dipinto è conservato presso l'Accademia Carrara di Bergamo dono dell'artista nel 1883. La santa è raffigurata inginocchiata di fronte a san Francesco di Sales che indossa gli abiti vescovili nell'atto di porre una croce sul collo alla donna, mentre due altre monache completano la parte. L'artista raffigura l'atto in cui viene fondato il nuovo ordine della visitazione, furono infatti tre le prime aspiranti. Alle loro spalle vi sono molte giovani vestite con abiti chiari che rappresentano il grande numero di ragazze che voleva entrare nell'ordine. Queste sono molto felici, vi è un grande brusio, un grande movimento, la santa infatti proponeva un nuovo stile di vita, che era nuovo per la Francia. Francesca è raffigurata però con una parte del volto in ombra, l'artista volle evidenziare come la nuova responsabilità che la santa si assumeva, era per lei una preoccupazione. San Francesco la guarda, ed è raffigurato con il volto sereno, rassicurante, e questa era una delle sue caratteristiche. Il dipinto, molto plastico, con il chierichetto che si volge a prendere l'incensiere, risulta equilibrato. L'artista manifesta la sua capacità di raccontare attraverso piccoli particolari, come l'abito del cerimoniere tanto particolare ma in uso tra i prelati di Bergamo, un evento di sicuro rilievo: caratteristica che si ritrova in molte delle sue opere.
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### Titolo: Transito di san Giuseppe (Enrico Scuri). ### Introduzione: Il Transito di san Giuseppe è un dipinto olio su tela di Enrico Scuri, realizzato come suo ultimo lavoro e conservato nella chiesa di Sant'Alessandro della Croce di Bergamo in via Pignolo. ### Descrizione. Il dipinto raffigura la morte di san Giuseppe. Il moribondo giace sul letto posto al centro di una stanza dove il cielo e la terra si uniscono in un ambiente unico, posto sopra un'alzata lignea. Il santo è avvolto in una coperta sfrangiata molto scomposta. Un piede rimane scoperto, e un lembo della coperta cade sul pavimento, a indicare la tribolazione che dà il passaggio dalla vita alla morte. La Madonna, raffigurata in forma molto manierata, posta sul lato sinistro, lo sostiene con il braccio destro coperto dal mantello blu, mentre con la desta gli sostiene il braccio aperto con il palmo rivolto al cielo, così come lo sguardo del santo è rivolto al cielo dove vi sono quattro angeli che lo accolgo nella gloria del paradiso. Gli angeli portano i simboli del santo: il giglio, la croce, l'ancora e un cuore. Questi sono tutti simboli che hanno caratterizzato la vita del santo: la castità, la speranza, la fede e la carità.Alle spalle del capezzale, vi è una nicchia centinata dove sono posti oggetti della quotidianità casalinga, così come sul tavolino posto accanto alla Madonna. Sul lato destro di san Giuseppe è raffigurato Gesù, molto imponente, posto sopra una base in legno. La raffigurazione del Figlio è molto plastica, compie un gesto teatrale allargando il braccio destro e ponendo il sinistro al cuore, indicando la difficoltà dell'abbandono necessaria per raggiungere il cielo. La scena oltre ai tre personaggi canonici è piena di angeli. In primo piano sul lato sinistro vi è un angelo genuflesso con le grandi ali, indossa abiti da celebrante e accanto a lui un turibolo. Altri angeli sono posti accanto al capezzale con un certo. Mentre l'angelo della morte è ormai posto ai piedi del letto. Tutto riporta a quella che per devozione è considerata la dolce morte, e il santo è protettore della dolce morte. La presenza degli angeli è molto simbolica per san Giuseppe che ricevette da un angelo l'annuncio di essere il prescelto sposo di Maria.
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### Titolo: Arcangelo Raffaele con Tobia, san Leonardo e il donatore Leonardo di Lorenzo Morelli. ### Introduzione: L'Arcangelo Raffaele con Tobia, San Leonardo e il donatore Leonardo di Lorenzo Morelli è un dipinto ad olio su tavola dell'artista italiano Andrea del Sarto, datato intorno al 1512 circa e oggi custodito al Kunsthistorisches Museum di Vienna (Austria). ### Descrizione. L'opera è un dipinto ad olio su tavola che misura in altezza 178 cm e in larghezza 153 cm, con la porzione superiore curva e terminate ad arco. Incorniciato il dipinto misura 191.3 cm in lunghezza, 166.3 cm larghezza e 9.7 cm in profondità.