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Martedì 14 giugno la Camera dei Deputati ha approvato in via definitiva un disegno di legge che sui social network e sui giornali è stato chiamato “dopo di noi”, e che si occupa delle persone con disabilità gravi che restano senza sostegno familiare. Il disegno di legge è stato approvato con 312 voti favorevoli, 64 contrari e 26 astensioni. Hanno votato a favore tutti i partiti tranne il Movimento 5 Stelle che ha votato no e negli scorsi mesi aveva accusato la legge di “favorire le assicurazioni” e i “privati”. Sinistra italiana si è astenuta. Si tratta di un testo unificato di sei diverse proposte di legge presentate da PD, Lega, Scelta Civica e Area popolare: prevede la costituzione di un fondo con risorse pubbliche e private e una serie di agevolazioni fiscali per chi fornisce risorse finalizzate alla tutela e all’assistenza dei disabili gravi. La legge sul #dopodinoi è un fatto di civiltà per migliaia di famiglie. Sono orgoglioso dei parlamentari che l’hanno voluta e votata. Grazie
È stata approvata la legge sul “dopo di noi”. Si occupa dell'assistenza delle persone con disabilità gravi che restano senza sostegno familiare: è passata alla Camera in via definitiva.
Il sito del tabloid britannico Daily Mail ha pubblicato con grande enfasi nella apertura della sua homepage un video che mostra Zayn Malik e Louis Tomlinson, due componenti della band britannica degli One Direction, che fumano marijuana, e il video sta generando da alcune ore grandi curiosità nella affollatissima comunità mondiale dei fan della band: complice i termini “shocking” e “dark side” che l’approccio sensazionalistico del Mail usa nel suo titolo. Il video è stato girato da Tomlinson all’interno del SUV su cui i due sono arrivati all’Estadio Nacional di Lima, in Perù, dove hanno suonato per una tappa del loro tour. All’inizio si vede Malik accendersi una canna, che viene passata a Tomlinson a un certo punto (gli altri dello staff a bordo dell’auto fumano con loro).
Il video di due One Direction che si fanno una canna. È stato diffuso con scandalo dal Daily Mail: ci sono Zayn Malik e Louis Tomlinson (lo hanno girato loro) e della marijuana, tutto lì.
Simona Bonafè, europarlamentare e politica considerata molto vicina all’ex segretario del Partito Democratico, Matteo Renzi, è stata eletta alle primarie come nuova segretaria del Partito Democratico in Toscana. I risultati non sono ancora definitivi ma vedono Bonafè intorno al 65 per cento dei voti, contro il 35 per cento circa di Valerio Fabiani, e in vantaggio in tutte le province. Hanno votato circa 45mila persone.
Simona Bonafè è stata eletta segretaria del PD in Toscana.
Negli ultimi giorni paesi come la Francia, la Spagna e il Regno Unito stanno discutendo e approvando misure sempre più rigide per contenere la “seconda ondata” di contagi da coronavirus, che nel giro di qualche settimana, crescendo molto rapidamente, hanno raggiunto numeri tali da generare diffusi allarmi. Altrove, come in Germania e in Italia, i numeri dell’epidemia di queste settimane sono invece rimasti molto più contenuti, pur mostrando una chiara tendenza al rialzo. La relativa tranquillità estiva sta progressivamente lasciando spazio a una generale preoccupazione per la stagione autunnale, ma è indubbio che gli ultimi due mesi in Italia siano stati diversi, e migliori, rispetto a paesi europei con popolazioni e caratteristiche simili. La gestione della pandemia in Italia ha ricevuto elogi dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e attenzioni dalla stampa internazionale, per esempio sul Financial Times, su BBC, sul Wall Street Journal, Foreign Policy e diversi altri.
Perché in Italia finora è andata meglio? le spiegazioni sul limitato impatto della seconda ondata di coronavirus sono diverse, secondo gli epidemiologi: rispetto ad altri paesi europei siamo stati bravi, ma non è detto che duri.
Mercoledì è cominciata ufficialmente la 67esima edizione del Festival del cinema di Cannes, con le prime proiezioni e la conferenza stampa di presentazione delle giurie. La giuria del concorso è presieduta dalla regista neozelandese Jane Campion, affiancata dall’attore statunitense Wilem Dafoe, la regista statunitense Sofia Coppola, il regista e sceneggiatore danese Nicolas Winding Refn, l’attrice iraniana Leila Hatami, l’attore messicano Gael García Bernal, l’attrice francese Carole Bouquet, il regista e scrittore cinese Jia Zhangke e l’attrice sudcoreana Jeon Do-yeon. Mercoledì sono arrivati anche i primi attori: oltre all’attrice statunitense Jane Fonda, tra i personaggi più fotografati c’è stato il cast di “Grace of Monaco”, il discusso film sulla vita di Grace Kelly diretto dal francese Olivier Dahan: “Grace of Monaco”, che a Cannes si è presentato fuori concorso, racconta la storia della relazione tra Grace Kelly, interpretata da Nicole Kidman, e il principe Ranieri di Monaco, interpretato da Tim Roth (qui la lista degli altri film che verranno proiettati durante il Festival).
Le foto del primo giorno di Cannes. Sono arrivati Nicole Kidman e Tim Roth a presentare il discusso film "Grace of Monaco", ma c'era anche Jane Fonda, tra gli altri.
A inizio ottobre Netflix ha deciso che Glow, la sua serie sul wrestling femminile ambientata negli anni Ottanta, non avrà la quarta stagione con cui nell’agosto 2019 la stessa Netflix aveva promesso che la serie si sarebbe conclusa. C’entra di certo la pandemia, che già a marzo aveva bloccato le riprese a Los Angeles, ma la decisione ha anche altre ragioni: tecniche, finanziarie e, possiamo dire, identitarie. Glow è solo il più recente caso di quello che sembra essere un più profondo e importante cambio di rotta di Netflix, che già da qualche anno sta chiudendo molte delle sue serie dopo un paio di stagioni, e che in futuro potrebbe farlo sempre di più.
Perché le serie tv di Netflix durano sempre meno. Spesso vengono cancellate dopo poche stagioni anche quando sono molto amate dal pubblico, ma Netflix ha le sue ragioni.
Luxottica ed Essilor, le due più grandi aziende al mondo nel settore degli occhiali e delle lenti da vista, hanno annunciato una fusione. La nuova società che nascerà dalla fusione si chiamerà EssilorLuxottica, avrà 130 mila dipendenti, un valore di mercato di 46 miliardi di euro e un fatturato di 15 miliardi di euro. L’operazione è una delle più grandi fusioni societarie mai avvenute in Europa. Il principale azionista della nuova società sarà il fondatore e proprietario di Luxottica, Leonardo Del Vecchio, 81 anni, cresciuto in un orfanotrofio e diventato l’uomo più ricco d’Italia. Del Vecchio avrà una quota tra il 31 e il 38 per cento, che controllerà tramite la holding di famiglia Delfin, scrive l’agenzia di stampa Reuters. Del Vecchio sarà anche presidente della nuova società mentre il presidente della multinazionale francese Essilor, Hubert Sagnieres, diventerà vice-presidente. Entrambi avranno poteri esecutivi, cioè si occuperanno della gestione concreta dell’azienda. La nuova società sarà quotata alla borsa di Parigi.
Luxottica ed Essilor si fondono. La più grande azienda produttrice di occhiali si unirà con la più grande produttrice di lenti, creando una società da quasi 50 miliardi di euro.
Tra le molte scene italiane di cui Silvio Berlusconi si è impossessato in questi anni c’è anche quella iconografica, della trasmissione della sua immagine di cui molto si è scritto. Come abbiamo scritto altre volte, la sua è diventata una figura pop, un logo di se stesso, un personaggio di una storia, un grande fumetto che nella puntata di ieri è arrivato a Berlino, con la visita ad Angela Merkel. Questo articolo non è più commentabile. Abbonati al Post per commentare le altre notizie.
Berlusconi a Berlino. Le foto dell'incontro con la Merkel, per gli appassionati delle avventure del PresdelCons.
Lunedì 8 aprile il governo del Regno Unito ha presentato un white paper (cioè un documento informativo, non un provvedimento concreto) in cui propone di stabilire nuove regole per siti internet al fine di proteggere la sicurezza degli utenti online. Il documento si chiama “Online Harms” (PDF) ed è stato realizzato dal ministero per il Digitale, la cultura, i media e lo sport, in collaborazione con il ministero dell’Interno: prevede l’istituzione di un codice di condotta e di un “regolatore indipendente” che vigili sul comportamento delle società di internet e che abbia il potere di comminare multe, e bloccare i siti in caso di violazioni. Al momento è solo una proposta: durante le prossime 12 settimane ci sarà una consultazione pubblica per raccogliere pareri, in particolare da parte delle società che sarebbero direttamente coinvolte. Se la proposta in futuro diventasse legge, il Regno Unito sarebbe il primo paese al mondo a istituire un codice di condotta e una figura di controllo con così tanto potere sulla regolamentazione dei contenuti online. La proposta non è del tutto nuova: nel programma politico del Partito Conservatore nel 2017 si parlava di un rafforzamento del controllo governativo sulle piattaforme online, anche se in maniera ancora piuttosto vaga. «L’era dell’auto-regolamentazione per le società online è finita», ha detto Jeremy Wright, ministro per Digitale, cultura, media e sport. «La tecnologia può essere uno strumento incredibile per contrastare gli abusi online, e vogliamo che contribuisca alla protezione degli utenti. Ma quelli che non lo fanno dovranno subire delle dure punizioni».
Il Regno Unito vuole cambiare Internet. In meglio o in peggio? Una proposta governativa vuole punire i siti che permettono la pubblicazione di contenuti "pericolosi", soprattutto i social network.
Negli stessi minuti in cui si è diffusa la notizia della morte del cantante rock americano Chris Cornell, confermata da un suo agente ad Associated Press, ha iniziato a circolare la voce che la sua morte fosse una bufala. La notizia falsa è stata diffusa da Mediamass, un sito noto da anni fra chi si occupa di fact-checking proprio per le sue due attività: etichettare come “bufala” la morte di un personaggio molto famoso quando in realtà è morto davvero – come nel caso di Chris Cornell – o smentire una bufala inesistente sulla morte di un personaggio famoso (come nel caso di Billy Idol, qualche mese fa). La prima attività è probabilmente la più redditizia: su Facebook si trovano ancora articoli in cui la morte di Bud Spencer e di Prince viene definita una “bufala”, nel giorno in cui morirono davvero.
Il sito antibufale che in realtà pubblica bufale. Ogni volta che muore un personaggio molto famoso, un sito un po' losco fa girare la notizia che sia tutta una bufala: come oggi con Chris Cornell.
Il prossimo 20 e 21 settembre ci saranno le elezioni in sette regioni per il rinnovo dei presidenti e delle giunte regionali, compresa la Toscana: una regione considerata, insieme all’Emilia-Romagna, una “roccaforte” della sinistra. Il centrosinistra amministra la Toscana dal 1970 – cioè da quando esistono le elezioni regionali – senza interruzioni: con il PCI-PSI fino al 1992, poi con varie coalizioni guidate prima dal PDS e ora dal PD. Nel 2010 il candidato del PD Enrico Rossi vinse con quasi il 60 per cento e nel 2015 con quasi il 50, battendo il candidato del centrodestra di oltre 30 punti. Oggi, però, come mostrano anche i sondaggi, le cose sono cambiate: alle ultime elezioni europee il centrodestra è praticamente arrivato alla pari con il centrosinistra e sei capoluoghi sono amministrati dal centrodestra (Arezzo, Pisa, Siena, Grosseto, Pistoia e Massa). Sistema elettorale e candidati La Toscana è l’unica regione in Italia che prevede la possibilità del ballottaggio nelle consultazioni regionali. La legge regionale del 2014 (il cosiddetto “toscanellum”) prevede, oltre alla possibilità di esprimere un voto disgiunto, l’ipotesi di doppio turno tra i due candidati che abbiano ottenuto il maggior numero di voti senza raggiungere il 40 per cento. In questo caso, i due candidati più votati andranno al ballottaggio il 4 e 5 ottobre.
Le incerte elezioni regionali in Toscana. La sinistra vince da quando esistono le elezioni regionali, ma il 21 settembre le cose potrebbero andare diversamente.
La notizia è stata data ieri in anteprima dal telegiornale di La7 condotto da Enrico Mentana, e stamattina è sul Giornale e in un box su Repubblica. Sul contratto d’affitto della famigerata casa di Montecarlo, quella un tempo posseduta da AN e oggi residenza di Giancarlo Tulliani, la firma del locatario e quella del locatore sono identiche. La storia è sempre la stessa e la conosciamo. Alleanza Nazionale nel 1999 riceve in eredità da una sua sostenitrice, la contessa Colleoni, una casa a Montecarlo. La casa rimane lì per diversi anni, abbandonata e da ristrutturare. Una perizia la valuta 300 milioni di lire, AN la vende nel 2008 per 300 mila euro. Il Giornale sostiene però che AN nel corso degli anni avrebbe ricevuto e rifiutato offerte superiori al milione di euro, più vicine al valore di simili immobili, e offre varie testimonianze a riguardo. La casa viene venduta a una società offshore dai titolari misteriosi e passa diverse mani nel giro di pochi mesi finendo alla Timara Ltd, finché pochi mesi fa il Giornale non scopre che a un certo punto è stata data in affitto a Giancarlo Tulliani, fratello di Elisabetta Tulliani e cognato del presidente della Camera. I proprietari dell’immobile continuano a essere impossibili da identificare e rintracciare. Fini ha detto che gli acquirenti dell’immobile furono presentati ad AN dallo stesso Tulliani. La procura di Roma ha aperto un’inchiesta contro ignoti per appropriazione indebita e truffa aggravata, in seguito alla denuncia presentata da due esponenti della Destra, il partito di Francesco Storace. La denuncia non ha niente a che fare con quanto sopra, bensì col fatto che il testamento della contessa donava gli immobili a Fini “per la buona battaglia”, che i due esponenti della Destra considerano tradita dalla svolta politica intrapresa da Fini negli ultimi anni.
Le firme sul contratto della casa di Montecarlo. Il Giornale pubblica il contratto di affitto a Tulliani: la firma del locatario e quella del locatore sono uguali.
Lo zoo di Besançon, in Francia, ha annunciato la nascita e diffuso le foto di tre piccoli di leone asiatico, una sottospecie di leone piuttosto rara. I piccoli, un maschio e due femmine, erano nati il 30 dicembre scorso, ma lo zoo non ne aveva dato notizia per timore che non sarebbero sopravvissuti. La madre, che ha otto anni ed è nata nello zoo, aveva lasciato morire un piccolo lo scorso anno. Il padre ha cinque anni, è nato a Bristol, in Gran Bretagna, ed è stato tenuto lontano dai piccoli per timore che potesse ferirli (ha il permesso di annusarli e guardarli ogni tanto). Melanie Berthet, una veterinaria dello zoo, ha spiegato che «In tutto il mondo i leoni asiatici si trovano in 56 zoo, ma solo otto sono in grado di riprodurli». Secondo il WWF, in natura ci sono circa 300 leoni asiatici e vivono principalmente nella foresta di Gir in Gujrat, nell’India occidentale. Gli esemplari in cattività sono più o meno lo stesso numero.
I piccoli di leone nello zoo di Besançon. Le foto dei tre leoni asiatici nati lo scorso 30 dicembre in Francia.
Martedì 16 giugno, il sindacalista dell’USB Aboubakar Soumahoro si è incatenato vicino a Villa Pamphilj, a Roma, dove sono in corso gli “Stati generali dell’economia”, una serie di incontri organizzati dal governo tra il governo stesso, istituzioni internazionali, sindacati e associazioni di categoria. Accompagnato da altri attivisti del sindacato, Aboubakar Soumahoro ha anche iniziato uno sciopero della fame e della sete, chiedendo al presidente del Consiglio Giuseppe Conte di essere ascoltato. Alla fine, dopo oltre otto ore di presidio, il sindacalista è stato ricevuto nel pomeriggio da Conte alla presenza del ministro dell’Economia Gualtieri e della ministra del Lavoro Catalfo. Il colloquio è durato circa mezz’ora. Aboubakar Soumahoro, impegnato attivamente da anni per le persone migranti e i braccianti, ha presentato al governo tre richieste in particolare: una riforma della filiera agricola, un “piano nazionale emergenza lavoro” e una modifica delle politiche migratorie.
La protesta di Aboubakar Soumahoro. Si è incatenato vicino a Villa Pamphilj e alla fine è stato ascoltato da Conte, chiedendogli una riforma della filiera agricola, un "piano nazionale emergenza lavoro" e una modifica delle politiche migratorie.
Quando si pensa al marchio Patagonia, lo si associa principalmente a persone sportive, magari che amano fare attività all’aperto particolarmente avventurose come scalare montagne, oppure a sedentari hipster di città che si riconoscono nello spirito etico che contraddistingue l’azienda californiana. C’è però un’altra categoria di persone che negli ultimi anni è stata associata sempre più spesso a Patagonia, e a un capo d’abbigliamento in particolare. – Leggi anche: Patagonia, North Face e il marketing “etico”
I gilet di Patagonia sono diventati un piccolo caso. È uno dei capi preferiti dai manager – specialmente nella Silicon Valley – ma ora l'azienda ha deciso di non farne più di personalizzati per le società che danneggiano l'ambiente.
Lunedì 23 settembre la direzione regionale del Partito Democratico siciliano ha deciso di ritirare il sostegno al governo di Rosario Crocetta votando a maggioranza la relazione del segretario Giuseppe Lupo (con soli sette voti contrari). Con il voto il partito aveva anche chiesto ai quattro assessori che lo rappresentano in giunta di dimettersi. Nessuno di loro ha accettato. La crisi siciliana deriva dal rifiuto da parte di Rosario Crocetta di fare un rimpasto della giunta che il PD aveva invece chiesto «per dare l’autorevolezza necessaria per affrontare i drammatici problemi che la Sicilia ha di fronte». Crocetta aveva risposto che un rimpasto a 9 mesi dall’insediamento era invece «inopportuno e contrario agli interessi della Sicilia». L’episodio che ha portato alla rottura ufficiale tra Presidente della regione e il Partito Democratico è però solo l’ultimo di uno scontro che prosegue da mesi. Crocetta, così come il suo predecessore Raffaele Lombardo, è stato più volte accusato di gestire in modo solitario il potere. Le ragioni starebbero nel meccanismo dell’elezione diretta e nella scelta di assessori non deputati, sganciati da qualsiasi consenso popolare.
Gli assessori del PD in Sicilia non si dimettono. Nonostante il PD lunedì avesse ritirato il suo sostegno al presidente Crocetta.
Un articolo di Alessandro De Nicola pubblicato su Repubblica il mese scorso aveva per qualche giorno riaperto il ciclico dibattito sulle cosiddette «quote rosa», il sistema che garantisce alle donne un numero minimo di posti – nelle liste elettorali, negli incarichi dirigenziali e professionali, fino agli incontri pubblici, eccetera – per compensare e cambiare una cultura che le penalizza, e più in generale sull’efficacia e giustificazione dei cosiddetti meccanismi di discriminazione positiva nelle società di tutto il mondo. Come per molti temi complessi, esistono logiche argomentazioni da entrambe le parti: sia da parte di chi sostiene le quote per qualsiasi categoria discriminata, sia di chi le ritiene sbagliate. Nelle loro forme più benintenzionate e riflettute (trascuriamo quelle ignoranti e superficiali), i due approcci si possono riassumere in questo modo: c’è chi crede che le società vadano migliorate rifiutando di accettare e “avallare” lo stato di fatto discriminatorio ed educando a una cultura dell’uguaglianza senza deroghe o eccezioni, per ottenere progressi successivi e a lungo termine; e chi ritiene che invece questi progressi si possano ottenere solo con delle forzature e delle compensazioni che impongano il giusto cambiamento: a costo di introdurre discriminazioni opposte, per evitare che lo stato di cose lavori per autoconservarsi. Volendo, è un’alternativa che ricade dentro quella più generale tra educazione e repressione nelle nostre società.
Come mai discutiamo sempre delle “quote”. Perché a rifletterci, i meccanismi per garantire spazi alle persone più discriminate hanno buoni argomenti a favore e contro: ma è meglio conoscerli.
La sera di martedì 27 gennaio un gruppo di attivisti del Movimento 5 Stelle ha contestato per diversi minuti il deputato Walter Rizzetto, che qualche ora prima aveva dichiarato di aver lasciato il Movimento 5 Stelle insieme ad altri nove colleghi per non aver condiviso l’atteggiamento di rifiuto di ogni discussione deciso da Beppe Grillo riguardo la prossima elezione del presidente della Repubblica. Al momento della contestazione Rizzetto stava arrivando alla sede del Partito Democratico per le consultazioni con Matteo Renzi sul Quirinale. Gli attivisti gli hanno gridato «venduto» e lo hanno accusato di essere un traditore. Rizzetto è stato costretto a rinunciare all’incontro e ha defito le contestazioni «un attacco violento e squadrista». Daniele Del Grosso, deputato del M5S, ha scritto su Facebook a proposito delle contestazioni: «Ragazzi siete fantastici!!! Ps. Magari evitate gli sputi che rischiate di colpire i poliziotti!».
Il video delle contestazioni a Walter Rizzetto, ex M5S. È uno dei 10 deputati che hanno lasciato il M5S, stava andando a incontrare Renzi per le consultazioni sul presidente della Repubblica, gli è stato impedito.
Dopo un nuovo rinvio di due giorni fa, la discussione in Senato sulla molto attesa riforma della legge di cittadinanza – il cosiddetto Ius soli (cos’è?) – dovrebbe riprendere il prossimo 11 luglio e il governo ha detto di essere pronto a mettere la fiducia. La legge è già stata approvata alla Camera nel 2015 e da allora è rimasta bloccata al Senato in attesa che venisse trovata una soluzione per le migliaia di emendamenti presentati dall’opposizione allo scopo di rallentare l’avanzamento della legge. Il testo è stato portato in Senato lo scorso 15 giugno ed è stato deciso che verrà discusso e votato, a prescindere dagli emendamenti. Abbiamo fatto un po’ di conti per vedere chi è favorevole e chi è contrario, stando a quanto detto pubblicamente. Partito Democratico (99 senatori): favorevole ✔️ Il Partito Democratico è quello che più si è speso per l’approvazione della nuova legge e dovrebbe votarla anche al Senato. A questo proposito il senatore Andrea Marcucci ha detto: «Chi sperava in passi indietro dell’ultimo minuto, sarà deluso. Lo Ius soli sarà in Aula al Senato per la discussione generale da domani. Nonostante l’opposizione delle destre con l’esplicito sostegno del M5S, il PD andrà avanti, come ha promesso il segretario Renzi a Milano, perché si tratta di una legge giusta. Un minorenne che frequenta un ciclo di studi di almeno 5 anni, ha diritto di diventare italiano».
Le posizioni dei partiti sullo Ius soli. Uno per uno: chi è favorevole e chi contrario alla riforma della legge sulla cittadinanza, che dovrebbe essere presto votata al Senato.
Dal 28 settembre al 17 marzo 2019 il Museo nazionale Collezione Salce di Treviso ospiterà la mostra Verso il Boom! 1950 – 1962 che raccoglie una selezione di manifesti pubblicitari realizzati in Italia negli anni del Dopoguerra e del boom economico. Ci sono le pubblicità della Simmenthal, delle patatine Pai, della macchina da cucire Necchi e delle macchine da scrivere Olivetti, realizzate da pubblicitari come Erberto Carboni, Marcello Dudovich, Bob Noorda e Armando Testa. Marta Mazza, curatrice della mostra e direttrice del museo, ha spiegato che «passata la guerra, un incontenibile entusiasmo progettuale si diffonde capillarmente nel Paese e la pubblicità riflette e anticipa, sottolinea, enfatizza questo sentimento, vivendo un momento di straordinaria effervescenza».
Manifesti pubblicitari dal boom economico. Locandine di Coca Cola, Simmenthal, Lambretta, detersivi e macchine da scrivere Olivetti, in mostra a Treviso.
Come spiega l’ANSA, Berlusconi sarebbe restato indifferente all’intervista di Fini e ai suoi toni di presunta “distensione”. ROMA – Silvio Berlusconi mette nero su bianco una dura censura politica contro Gianfranco Fini ed i suoi fedelissimi. Ma il presidente della Camera gli lancia un inaspettato ramoscello d’ulivo della tregua auspicando di poter confermare insieme al Cavaliere l’impegno con gli elettori, senza inutili ”mattanze’. ”Qui sto e qui resto’, dice l’ex leader di An, parlando del partito, che pero’ ottiene una risposta negativa dal vertice del Popolo della liberta’ convocato in tarda serata dal premier, e terminato a notte fonda: vertice che conferma la volonta’del Cavaliere di tirare dritto ritenendo tardivo, fuori tempo massimo, il riposizionamento del cofondatore. Da qui il documento di censura che sara’ discusso oggi alle 20 nel corso di una riunione dell’ufficio politico.
Per il PdL è troppo tardi per fare pace. Stasera alle 20 è atteso un "documento di censura" per i finiani.
Lo scorso 7 maggio Joshua Brown, un uomo di 40 anni che stava guidando una Tesla Model S, è morto in un incidente stradale vicino a Williston, in Florida: Brown è stata la prima persona morta in un incidente che ha coinvolto un’auto che si guida da sola. Il sistema di pilota automatico della Tesla di Brown non è riuscito a distinguere il lato bianco di un camion dal cielo: il camion proveniva dalla direzione opposta e stava svoltando a sinistra, e l’auto di Brown lo ha colpito senza frenare. Frank Baressi, l’autista del camion, ha detto che dopo l’incidente ha sentito provenire dall’auto di Brown il suono di un film di Harry Potter: Tesla ha spiegato che è impossibile riprodurre video sul computer di bordo delle sue auto mentre si sta guidando, ma la polizia ha detto di aver trovato un lettore DVD portatile a bordo dell’auto, senza specificare se fosse in funzione al momento dell’incidente. Brown era un appassionato di auto Tesla, e aveva caricato molti video su YouTube in cui mostrava le funzioni della sua auto. Dopo l’incidente si è tornati a parlare delle implicazioni e dei rischi delle auto che si guidano da sole, un settore in cui stanno facendo ricerche quasi tutte le case automobilistiche del mondo. Due tra le principali aziende che si stanno occupando di auto che si guidano da sole sono Tesla Motors e Google: i sistemi di pilota automatico che stanno sviluppando, però, sono completamente diversi, e le differenze sono strettamente legate all’incidente di Brown. In sostanza, il sistema di Tesla prevede che il pilota rimanga costantemente concentrato sulla strada, e intervenga di continuo per modificare e correggere le decisioni automatiche dell’auto. Il sistema di Tesla non è abbastanza avanzato da frenare e sterzare per evitare un ostacolo improvviso senza l’intervento del pilota.
Le auto che si guidano da sole non sono tutte uguali. E anzi stanno seguendo due approcci completamente diversi: le Tesla richiedono che il pilota sia sempre pronto a intervenire; Google vuole arrivare a eliminarlo del tutto, il pilota.
Lincoln nel Bardo di George Saunders ha vinto il Man Booker Prize, il più importante premio letterario britannico, assegnato ogni anno dal 1969 al miglior romanzo pubblicato in Regno Unito durante l’anno, che dev’essere scritto originariamente in inglese. La giuria, composta da cinque critici letterari, romanzieri e artisti, aveva selezionato 13 romanzi finalisti tra 144 proposte pubblicate dal primo ottobre 2016. George Saunders è statunitense e ha 58 anni. Il romanzo Lincoln nel Bardo (edito in Italia da Feltrinelli) è ispirato a un aneddoto sul presidente degli Stati Uniti, Abraham Lincoln, a partire dalla morte di suo figlio. Nell’annunciare il vincitore durante la cerimonia a Londra, la presidente della giuria ha detto: «La forma e lo stile di questo romanzo totalmente originale rivelano una narrazione spiritosa, intelligente e profondamente commovente». Lo scorso anno il premio era stato vinto da un altro scrittore statunitense: Paul Beatty.
“Lincoln nel Bardo” di George Saunders ha vinto il Man Booker Prize.
«Chirurgo musulmano opera un ebreo con un libro di anatomia nazista: sembra quasi una barzelletta», dice al New York Times il dottor Madi el-Haj del centro medico Hadassah di Gerusalemme. Madi el-Haj è un arabo musulmano della Galilea e il paziente in questione è un 31enne israeliano, Dvir Musai, che a 13 anni restò gravemente ferito a una gamba da una mina palestinese e che el-Haj operò quasi 20 anni dopo, un anno fa. Nel farlo, el-Haj lo avvisò che si sarebbe servito di un libro di anatomia realizzato da uno studioso e da quattro illustratori nazisti nella Vienna del Terzo Reich, negli anni Trenta. Avrebbe potuto farne a meno ma sarebbe stato più complicato, inoltre l’uso del trattato aveva l’approvazione rabbinica; Musai accettò, come quasi tutti i pazienti di el-Haj. L’operazione, andata a buon fine, è diventata l’occasione per il New York Times di raccontare di nuovo la storia dell’Atlante di Anatomia Umana di Eduard Pernkopf, scritto sotto il nazismo, tuttora usato da molti chirurghi del sistema nervoso periferico e oggetto di discussioni.
La storia del libro di anatomia fatto dai nazisti che usiamo ancora. Le sue illustrazioni di cadaveri di condannati a morte per motivi politici sono ancora le migliori, racconta il New York Times.
Nello stato indiano dell’Uttarakhand, a poche decine di chilometri dalla Cina e dall’India, nel massiccio dell’Himalaya, c’è un piccolo lago che almeno da una settantina d’anni è al centro di numerose leggende legate a una sua caratteristica misteriosa: nei suoi immediati dintorni, o dentro al lago stesso, sono state ritrovate le ossa di decine e decine di persone, senza che se ne sia mai capito il motivo. Non si sa chi siano queste persone, quante siano (si ipotizza possano essere fino a quattrocento), se siano morte insieme oppure in periodi diversi, se siano morte sul posto o se i loro resti siano stati portati lì in seguito, e soprattutto non si sa cosa li abbia uccisi. Un gruppo di genetisti ha pubblicato questa settimana sulla rivista Nature Communications una ricerca che ha provato a rispondere ad alcune di queste domande: contiene diverse scoperte interessanti, che però per molti versi non hanno fatto altro che accrescere il mistero.
Il lago degli scheletri. Si trova in India e contiene le ossa di centinaia di persone: genetisti e antropologi provano da anni a spiegarsi perché.
La prima giornata di scambi sui mercati dopo le vacanze di Pasqua è una brutta giornata, soprattutto in Italia. L’indice FTSE-MIB della Borsa di Milano perde quasi quattro punti; lo spread tra titoli di Stato italiani e bund decennali tedeschi è tornato sopra 400 punti, dopo che nelle scorse settimane era sceso sotto i 300. Anche lo spread tra titoli tedeschi e spagnoli si è molto allargato ed è alla base della brutta giornata di oggi, insieme ai dati deludenti sulla fiducia degli investitori e a quelli sulla disoccupazione negli Stati Uniti, diffusi venerdì. (fonte: Yahoo! Finanza)
La Borsa di Milano oggi. Il grafico dell'indice FTSE MIB durante una giornata particolarmente brutta sui mercati finanziari (fonte: Yahoo! Finanza).
Lunedì 21 ottobre sono stati diffusi online i testi dei documenti congressuali presentati dai quattro candidati alla segreteria nazionale del Partito democratico, in vista delle primarie del prossimo 8 dicembre: quelli di Gianni Cuperlo, Matteo Renzi, Gianni Pittella e Pippo Civati (in ordine di sorteggio). Come da regolamento, era previsto che entro ieri venissero presentati i testi che contengono le «linee politico-programmatiche» di ciascun candidato, le cosiddette “mozioni”, cioè i programmi e le idee sul partito e il paese in base ai quali si orienterà il voto degli elettori e delle elettrici. Le mozioni saranno presentate e votate entro il prossimo 24 novembre durante le Convenzioni provinciali: i risultati verranno comunicati ufficialmente durante la Convenzione Nazionale del 24 novembre. Solo i tre candidati «che abbiano ottenuto il consenso del maggior numero di iscritti purché abbiano ottenuto almeno il cinque per cento dei voti validamente espressi e, in ogni caso, quelli che abbiano ottenuto almeno il quindici per cento dei voti validamente espressi e la medesima percentuale in almeno cinque regioni o province autonome» potranno superare la seconda fase della candidatura e presentarsi alle primarie dell’8 dicembre.
Le idee dei candidati a segretario del PD. Gli incipit e il testo integrale delle mozioni di Cuperlo, Renzi, Pittella e Civati.
Il prossimo 4 marzo, lo stesso giorno delle elezioni politiche, si voterà anche per scegliere il nuovo presidente della regione Lazio attualmente governata da Nicola Zingaretti del PD, appoggiato da una coalizione di centrosinistra. Due dei futuri candidati al momento si conoscono già. Zingaretti si candiderà di nuovo per il PD, anche se non è chiaro se avrà l’appoggio del resto del centrosinistra, mentre la senatrice Roberta Lombardi sarà la candidata del Movimento 5 Stelle. Chi non ancora deciso il suo candidato è il centrodestra, che è diviso tra diversi nomi. Il sindaco di Amatrice, Sergio Pirozzi, vicino a Lega Nord e Fratelli d’Italia, ha iniziato da diverse settimane a fare campagna elettorale, ma il suo nome non sarebbe gradito a Forza Italia, che punterebbe invece sul senatore Maurizio Gasparri. Domenica c’è stato un incontro tra i tre leader della coalizione di centrodestra, Silvio Berlusconi, Matteo Salvini e Giorgia Meloni, in cui è stato trovato un accordo per il candidato in Lombardia: dovrebbe essere l’ex sindaco di Varese Attilio Fontana, della Lega Nord. Sul Lazio, invece, non sembra esserci accordo. Gasparri non ha ancora parlato apertamente della sua candidatura e si è limitato a dire che il suo nome «gira, come è già successo altre volte». Quasi tutti i giornali, però, sono concordi nel dire che la sua candidatura è al momento una delle più probabili. Gasparri è romano, è stato nel MSI e poi in Alleanza Nazionale. È stato ministro delle Comunicazioni nel governo Berlusconi tra 2001 e 2005 ed è uno dei senatori di Forza Italia più attivi e conosciuti. Un altro nome che i giornali indicano in questi giorni, ma che sembra avere meno possibilità di spuntare la candidatura, è quello dell’attuale vicedirettore del TG1, Gennaro Sangiuliano, che sarebbe uno dei candidati sostenuti dal presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani.
Chi sono i candidati alle regionali del Lazio. Il PD e il M5S hanno già deciso – Nicola Zingaretti e Roberta Lombardi – mentre il centrodestra ha un problema: il sindaco di Amatrice, Sergio Pirozzi.
Il 21 giugno Rolling Stone ha pubblicato una lunga intervista fatta a Johnny Depp dal giornalista Stephen Rodrick. L’intervista è stata fatta nell’arco di diversi giorni a Londra, nella grande casa di Depp, e Rodrick ha scritto che per organizzarla ci sono volute più di 200 mail. Il titolo dell’articolo è “I problemi di Johnny Depp” e parla di «cause legali multimilionarie, un mucchio di alcol e marijuana, un matrimonio finito molto male e una vita che Depp non si può permettere». Rodrick ha scritto di aver visto Depp solo dopo il tramonto, che è a tratti «esilarante, furbo e incoerente» e che «al momento la sua vita è un facsimile degli ultimi giorni di Elvis Presley». Rodrick ha detto che Depp l’ha accolto dicendo: «Quindi sei qui per ascoltare la verità? È piena di tradimenti». Ha anche scritto che «Non ci vuole uno psichiatra per capire che Depp è stato enormemente influenzato da Marlon Brando e Hunter S. Thompson [giornalista e scrittore], due figure paterne che se ne fottevano di quello che il mondo pensava di loro». Brando è morto nel 2004, Thompson nel 2005 e, secondo Rodrick, «Depp ha perso le due persone che potevano comprendere la sua esistenza da “mondo delle favole”». «Negli ultimi 18 mesi ci sono state praticamente solo brutte notizie per Depp», ha scritto Rodrick.
Tutti i casini di Johnny Depp. Ne ha parlato in una lunga intervista con "Rolling Stone", raccontando del suo divorzio, dei soldi che non ha più e di quelli che ha speso in vino.
Secondo uno studio condotto nel 2007 dal dipartimento di medicina dell’Università di Manchester, è vero che le bevande alcoliche che contengono bollicine fanno ubriacare più in fretta e rendono i postumi del giorno dopo più pesanti e difficili da smaltire. Secondo lo studio, il picco di concentrazione alcolica nel sangue raggiunto da uno shot di vodka aggiunta a una bevanda gassata è più alto del picco raggiunto da uno shot di vodka liscia. I ricercatori hanno attribuito i diversi tassi di assorbimento delle bevande allo “svuotamento gastrico”, cioè al modo in cui lo stomaco rilascia i suoi contenuti nell’intestino tenue, dove viene assorbita la maggior parte dell’alcol ingerito. Il volume aggiunto dal gas delle bollicine allo svuotamento gastrico risulta sempre maggiore a quello di una bevanda alcolica liscia: questo significa che bere un bicchiere di champagne o di spumante provocherà un forte picco di ubriachezza, più rapido di quello di un bicchiere di vino (con una gradazione simile a champagne e spumante) che comporterà invece un picco più basso e regolare prima che gli effetti sedativi dell’alcol facciano effetto.
Perché le bollicine fanno ubriacare più in fretta. A parità di gradazione non solo lo spumante fa ubriacare più velocemente ma rende anche peggiori i postumi del giorno dopo (tutti avvisati).
L’asta dei titoli decennali di ieri (mercoledì) in Germania ha avuto una domanda molto più bassa del previsto, con grandi preoccupazioni per i mercati che iniziano a temere una diffusione della crisi anche nell’economia tedesca, una delle più solide dell’area euro. Il governo è riuscito a vendere solamente 3,9 miliardi di euro di Bund sui 6 miliardi messi complessivamente all’asta con un rendimento intorno all’1,98 per cento. Nelle ore successive all’asta, i tassi d’interesse sono aumentati sensibilmente arrivando al 2,09 per cento, il dato più alto delle ultime tre settimane. I motivi che hanno portato alla riduzione della domanda possono essere molteplici e non hanno necessariamente alla base un indebolimento dell’economia tedesca. Edwal Nowotny, dirigente della Banca Centrale Europea, ha definito la vendita ridotta di Bund un “segnale d’allarme” da non sottovalutare, ma secondo diversi economisti non c’è da preoccuparsi più di tanto per il risultato di ieri. Nei suoi sessant’anni di storia, spiegano sul Wall Street Journal, la Repubblica federale della Germania non aveva mai provato a vendere titoli di Stato decennali con interessi al di sotto del due per cento. Un rendimento più basso del solito ha quindi ridotto gli appetiti degli investitori, che hanno preferito non esporsi più di tanto con nuove acquisizioni di Bund.
Che cosa è successo ai titoli tedeschi? un'asta dei Bund decennali ha avuto una domanda molto più bassa del previsto ed è stata definita "un flop", ma per il momento non c'è da preoccuparsi.
Silk Road è il più conosciuto tra i siti illegali di e-commerce, nascosto e difficilmente raggiungibile, su cui si praticano affari criminali. Fu creato nel febbraio del 2011, e i media di tutto il mondo se ne sono occupati da allora: nei primi sei mesi di quest’anno il suo volume d’affari stimato si aggirava intorno a un milione e 900mila dollari al mese. E anche se le polizie internazionali sanno bene come funziona il traffico illegale sul Web, gli utenti sono sempre di più: grazie alle garanzie offerte dal software Tor, che garantisce l’anonimato in rete, e la moneta elettronica Bitcoin. Quando nel giugno del 2011 il senatore di New York Chuck Schumer chiese alla DEA, (Drug Enforcement Agency, l’agenzia federale antidroga statunitense) di oscurare il dominio, il creatore e proprietario di Silk Road (conosciuto in rete come “Dread Pirate Roberts”, soprannome tratto dal romanzo La principessa sposa) ha pubblicato questo post:
Perché Silk Road prospera. Il sito di e-commerce su droga e beni illegali ha sempre più utenti, e le polizie di mezzo mondo non possono farci molto.
Oggi un bitcoin, cioè un’unità della più popolare criptovaluta al mondo, vale 14.600 dollari. Cinque anni fa, ne valeva circa 13: significa che il suo valore è aumentato di oltre 1.100 volte. Ma l’aumento esponenziale del valore dei bitcoin non è stato graduale, come ha dimostrato il recente nuovo interesse dei media internazionali: soltanto un anno fa, infatti, un bitcoin valeva circa 850 dollari. Ha superato i 2.000 dollari soltanto a maggio, e fino a un mese fa era sotto i 9.000 dollari: dopo aver sfiorato i 20mila dollari, ha subito un crollo tra giovedì e venerdì, arrivando a poco più di 12mila dollari. È stato il più grave crollo della valuta in tre anni, arrivato dopo il più grande picco di sempre. Da diverse settimane, quindi, si è tornati a parlare moltissimo di Bitcoin (la maiuscola si usa solitamente per indicare il sistema, la minuscola per la valuta): di cosa sono, di come funzionano, del loro utilizzo, di quanto sia rischioso investirci e di quanto durerà questo aumento di valore. Ne abbiamo scritto molto sul Post in questi anni, ma abbiamo deciso di raccogliere un po’ di risposte a queste domande in un posto solo: questo.
I bitcoin spiegati bene. Per chi ha resistito finora senza saperne niente, e comincia a rendersi conto che deve rimediare.
Facebook non eliminerà più contenuti che formalmente violano le sue regole di pubblicazioni, come fotografie e video espliciti, nel caso in cui rivestano particolare importanza per l’interesse pubblico o abbiano una rilevanza per informare meglio i suoi utenti. La decisione è stata annunciata da Joel Kaplan, responsabile per le politiche pubbliche, e da Justin Osofsky, che si occupa dei rapporti e delle collaborazioni con le testate giornalistiche. Facebook è stato spesso criticato per l’applicazione molto rigida delle sue regole, che impediscono di pubblicare contenuti molto espliciti – violenti o con scene di nudo – e per i metodi drastici con cui sono rimossi post di questo tipo, con poche possibilità di far valere le proprie ragioni e il rischio di subire la sospensione o la chiusura del proprio account nel caso di ripetute violazioni. La scorsa estate aveva fatto molto discutere la decisione di Facebook di rimuovere l’anteprima di un articolo di un sito di notizie norvegese che era stato illustrato con la famosa fotografia di una bambina senza vestiti per strada dopo un attacco con il napalm durante la guerra del Vietnam, uno degli scatti fotografici più celebri di tutto il Novecento. Oltre a rimuovere l’immagine, Facebook aveva anche sospeso l’account dell’autore dell’articolo, portando a ulteriori lamentele da parte del giornale, il cui direttore aveva accusato il CEO di Facebook, Mark Zuckerberg, di censurare contenuti nonostante la loro rilevanza giornalistica. In quel caso, come in molti altri precedenti, i responsabili di Facebook si erano giustificati dicendo che la procedura di rimozione è in parte manuale e in parte automatica, e che la sua esistenza è essenziale per tutelare la comunità di utenti e non esporla a contenuti espliciti e che potrebbero urtare la loro sensibilità.
Facebook sarà meno severo coi contenuti espliciti. Accogliendo le critiche degli ultimi mesi, non li rimuoverà più a patto che siano di pubblico interesse, significativi e rilevanti per gli utenti.
Chiara Appendino, la candidata del Movimento 5 Stelle, ha battuto al ballottaggio il candidato del centrosinistra e sindaco uscente Piero Fassino. A scrutinio concluso, Appendino ha ottenuto il 54,56 per cento dei voti, Fassino il 46,44. Al primo turno Fassino aveva preso il 41,83 per cento dei voti, Appendino il 30,92 per cento. L’affluenza finale è stata del 54,41 per cento (al primo turno era stata del 57,17 per cento). Piero Fassino, 66 anni, è stato segretario dei Democratici di Sinistra, ministro della Giustizia e del Commercio con l’estero e attualmente è presidente dell’Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI): tra gli altri era sostenuto anche dai Moderati di Giacomo Portas, ex democristiano che poi è passato a Forza Italia e al PD e che in Piemonte candida molti ex forzisti in suo appoggio. Chiara Appendino ha 31 anni, è laureata in Economia in Bocconi ed era stata eletta in consiglio comunale nel 2011. I commentatori l’hanno definita una “grillina anomala”, cioè molto legata al territorio e piuttosto indipendente dagli organi direttivi del Movimento (Appendino, ad esempio, non ha firmato il contratto che vincola Raggi e gli altri consiglieri comunali eletti a Roma allo staff del Movimento).
A Torino a sorpresa ha vinto Chiara Appendino. Lo scrutinio è finito, la candidata del M5S ha staccato il sindaco uscente Piero Fassino di otto punti.
Il Wall Street Journal ha sintetizzato i risultati di un recente studio di alcuni istituti canadesi sulla parte del cervello che si occupa di elaborare gli stimoli che arrivano dalle altre persone, e che contribuiscono alla formazione di un’opinione. L’obiettivo degli scienziati era capire il peso giocato dalla bellezza esteriore in un processo decisionale “a distanza”: per esempio durante una campagna elettorale, durante la quale abbiamo pochi dati a disposizione per farci un’idea precisa della personalità di un candidato. Il risultato dello studio, intitolato La corteccia laterale orbitofrontale lega la prima impressione alla scelta politica e realizzato da diversi dipartimenti della McGill University di Montreal, mostra in pratica che il cervello tiene parecchio in considerazione la bellezza esteriore quando si tratta di compiere scelte avendo pochi dati a disposizione, situazione in cui si trovano in moltissimi proprio nel caso di un’elezione. Esistono già diversi studi che legano un certo tipo di bellezza fisica – per esempio le fattezze da adolescente, con gli zigomi bene in vista e sopracciglia arcuate: più o meno come il candidato Repubblicano alle presidenziali americane Marco Rubio – a una maggiore credibilità, o ancora che tendiamo a conservare l’impressione che ricaviamo da un personaggio politico nei primi secondi in cui lo osserviamo. Ora però gli scienziati hanno individuato una particolare area del cervello connessa con le decisioni di tipo politico: la corteccia orbitofrontale, situata proprio dietro agli occhi.
Quanto conta essere belli in politica? un recente studio canadese ha dato solidità scientifica a una vecchia convinzione, con qualche esempio.
Il pittore italiano Amedeo Modigliani dipinse “Nu Couché” tra il 1917 e il 1918. Oggi il quadro è stato venduto all’asta per 170,4 milioni di dollari (circa 158 milioni di euro) diventando il secondo quadro più costoso di sempre: “Donne di Algeri (Versione ‘‘O’’)” di Picasso era stato venduto per 179,4 milioni di dollari. Il quadro di Modigliani era stato messo in vendita da Laura Mattioli Rossi, figlia del collezionista italiano Gianni Mattioli, tramite la casa d’aste Christie’s che le aveva garantito un prezzo minimo di vendita di 100 milioni di dollari. Gli acquirenti sono dei collezionisti cinesi, ha detto Christie’s: secondo quanto racconta il Wall Street Journal si tratterebbe dei coniugi miliardari Liu Yiqian e Wang Wei. Nell’asta di Christie’s sono state messe in vendita 34 opere d’arte per un totale di 491 milioni di dollari.
Il quadro di Modigliani “Nu Couché” è diventato il secondo più costoso al mondo. Il quadro del pittore italiano – considerato da alcuni il suo miglior lavoro – è stato venduto all'asta per 170 milioni di dollari.
Quartz ha segnalato, con un titolo terroristico, un interessante report: secondo una ricerca della società di sicurezza informatica Kaspersky Lab, l’”amnesia digitale” ci sta progressivamente asciugando il cervello. La ricerca è stata realizzata consultando 6mila adulti nei paesi dell’Europa occidentale e mille altre persone negli Stati Uniti, chiedendo cose come i numeri di telefono imparati a memoria e i sistemi che utilizzano quando hanno bisogno di ricordare qualche fatto. La metà degli statunitensi ha detto che preferisce cercare un’informazione online piuttosto che ricordarla, e il 29 per cento ha detto che comunque se la dimenticherebbe poco dopo averla appresa. Gli europei si sono rivelati altrettanto malmessi: il 36 per cento dice di gugolare-prima-e-pensare-dopo; il 24 per cento ha ammesso che probabilmente dimenticherebbe la cosa gugolata poco dopo avere chiuso il browser. Nel complesso, sono tutti risultati ossessionati con i loro smartphone: più del 40 per cento dice che il loro telefono contiene “qualsiasi cosa che occorre sapere”. Va bene, probabilmente non c’è bisogno di uno studio come questo o di una ricerca su larga scala per confermare un fenomeno che già conosciamo. Quante persone imparano ancora a memoria un numero di telefono? Quanti si orientano senza consultare Google Maps?
Google ci rende più smemorati, e va bene così. Non sappiamo più i numeri di telefono a memoria, e allora? Ricordiamo meno cose perché sappiamo dove andarle a cercare: siamo "esseri umani potenziati".
Aggiornamento delle 19.23: Facebook è tornato a funzionare normalmente in tutto il mondo ma continua a dare problemi ad alcuni utenti. Facebook ha diffuso un comunicato sulla sua pagina per sviluppatori in cui ha riconosciuto il problema e spiega di averlo risolto A Facebook-wide issue means the Facebook Graph API is temporarily unavailable. We’re working with our core infrastructure teams to identify the issue and will update you when we have more information.
Facebook down, sta avendo qualche problema. Molti utenti di Facebook stanno avendo difficoltà in tutto il mondo ad accedere al sito.
You don’t have to be beautiful To turn me on Il 5 febbraio 1986, trent’anni fa oggi, in tutto il mondo si cominciò a sentire la canzone “Kiss” di Prince, e poi non si smise più. Cominciava in un modo che sarebbe diventato inconfondibile, e riconoscibile immediatamente, con una specie di giochetto di chitarra, il rantolo di Prince, e l’entrata del ritmo cadenzato che poi non si sposta di un centesimo per tutto il pezzo. Niente basso. E quei primi versi, anche quelli l’inizio di un elenco ripetitivo di cose che la ragazza destinataria del testo non ha bisogno di fare o essere, deve solo dare questo benedetto bacio. Niente ritornello, solo una parziale declinazione della strofa che culmina in quel “kiss”, staccato, definitivo, che si tuffa dal trampolino del solito giro di chitarra.
You don’t have to be rich. Trent'anni fa oggi uscì la canzone di Prince più famosa di tutte, e successe un po' per caso.
Con l’atterraggio dell’Atlantis di questa mattina si è conclusa la missione STS 135, l’ultima nella storia del Programma Shuttle. L’astronave è tornata sulla Terra dopo quasi tredici giorni passati in orbita. L’Atlantis si è agganciato alla Stazione Spaziale Internazionale dove gli astronauti dell’equipaggio hanno trasportato materiali e rifornimenti. Il modulo Multi-Purpose Logistics è stato collegato alla ISS attraverso il braccio meccanico dello Shuttle ed è stato riempito di rifiuti e scarti da riportare poi sulla Terra. Nel corso della missione gli astronauti hanno anche compiuto alcune escursioni spaziali per effettuare lavori di manutenzione della Stazione Spaziale Internazionale. Per la NASA si è trattato del 166esimo volo nello spazio con esseri umani ed era la 33esima missione per l’Atlantis, che ora finirà nei musei insieme agli altri Shuttle. Il programma è stato chiuso e, in attesa dei voli spaziali gestiti dai privati e di nuovi sistemi per portare gli astronauti in orbita, la NASA farà principalmente affidamento sulle Soyuz russe per portare i propri astronauti sulla Stazione Spaziale Internazionale.
Le ultime foto dello Shuttle, ma proprio le ultime. Le immagini più belle della missione che si è appena conclusa.
Da qualche decennio per moltissimi è piuttosto comune andare a correre di tanto in tanto, per passione o perché fa bene: è persino diventato qualcosa di cool, alla moda. Si va a correre con scarpe e vestiti di marchi importanti, comprati apposta, e spesso si corre ascoltando musica e tenendo il conto di chilometri, minuti, pendenze, battiti e ritmi con un contapassi, un braccialetto che faccia da tracker o lo smartphone attaccato al braccio. Insomma, correre non è più parte dell’allenamento per un altro sport: è uno sport. Fino a qualche decennio fa, però, la corsa fine a se stessa era considerata una cosa strana: non si “andava a correre”, i parchi servivano solo per passeggiare e alla corsa erano attribuiti significati diversi e meno nobili. Poi, negli anni Sessanta, qualcuno si inventò il jogging. La parola jogging deriva dal verbo inglese to jog – andare avanti a balzi – e da qualche decennio significa, in breve, correre a passo lento o medio. Il jogging è, per essere più tecnici, un esercizio aerobico, di quelli che non dovrebbero far venire il fiatone: una distinzione non ufficiale ma piuttosto condivisa è che se si corre a un ritmo superiore ai sei minuti per chilometro si sta facendo jogging, se si va più veloci si sta correndo. Fare jogging diventò popolare negli anni Sessanta e il merito è di Bill Bowerman, che al tempo allenava la squadra di atletica leggera dell’Università dell’Oregon.
Quando correre è diventato cool. Il jogging non è sempre esistito: i primi a correre per strada venivano presi per matti, e i tapis roulant si usavano per punire i carcerati.
Oggi il marchio Dior ha presentato a Parigi la sua collezione primavera-estate 2020 disegnata dalla stilista italiana Maria Grazia Chiuri, che ha allestito la sfilata in una specie di arboreto o “giardino inclusivo”, come lo ha definito l’azienda, interamente riciclabile, privo di plastica e con 164 alberi che dopo lo spettacolo verranno ricollocati a Parigi e dintorni, per riflettere sulla biodiversità e il rapporto dell’uomo con la natura. Gli alberi venivano da diversi vivai in Francia, Germania e Italia, e ciascuno aveva un’etichetta con indicate la provenienza e la destinazione futura. Le modelle camminavano tra gli alberi con abiti floreali, cappelli di paglia e calzature basse in tela, ispirate alle espadrillas o agli stivali da giardinaggio. Ad assistere c’erano, tra gli altri, anche Jennifer Lawrence, Monica Bellucci, Julianne Moore e Bianca Jagger.
Le foto della sfilata di Dior a Parigi. Allestita in un arboreto per far riavvicinare uomini e natura, con 164 alberi che saranno piantati a Parigi e dintorni.
È uscito il nuovo video di Feist, diretto da Hollie Singer, che l’ha costruito montando una sequenza di immagini dalla serie “Back to the future” della fotografa argentina Irina Werning. Bittersweet memories è tratta dall’ultimo disco di Feist, “Metals”, uscito lo scorso 30 settembre.
Il nuovo video di Feist. Si chiama Bittersweet memories e si basa sul lavoro della fotografa argentina Irina Werning.
Un infermiere di Emergency, l’organizzazione non governativa (ONG) italiana, è ricoverato da mercoledì 13 maggio presso l’Istituto Spallanzani di Roma dopo essere risultato positivo ai test per rilevare la presenza del virus ebola. Ha febbre e disturbi gastrointestinali “importanti”, ma per ora è cosciente ed è stato sottoposto a una serie di terapie con farmaci sperimentali per tenere sotto controllo i sintomi. L’infermiere aveva lavorato fino alla scorsa settimana presso il centro di cura dei malati di ebola di Emergency in Sierra Leone ed era rientrato in Sardegna l’8 maggio scorso. Nei giorni seguenti aveva seguito le indicazioni date da Emergency e dal ministero della Salute per tenere sotto controllo le sue condizioni in modo da rilevare per tempo un eventuale contagio. Nella serata di domenica 10 maggio ha avvertito i primi sintomi e si è messo in autoisolamento prima di essere trasferito presso l’ospedale di Sassari. Il 13 maggio è stato effettuato il suo trasferimento a Roma, presso l’Istituto Spallanzani, tramite un volo organizzato dall’Aeronautica Militare e in “alto biocontenimento”, cioè con sistemi per isolarlo dal resto del personale medico e dell’equipaggio in modo da evitare il contagio di altre persone.
Come sta l’infermiere italiano malato di ebola. È ricoverato da due giorni all'Istituto Spallanzani di Roma dopo essere risultato positivo al virus, ed è stato sottoposto alle prime terapie.
Bill Gates, il celebre imprenditore e informatico americano fondatore di Microsoft, legge notoriamente un sacco di libri e ha un suo blog – Gatesnote – su cui ogni estate da un paio d’anni pubblica la lista dei libri che consiglia di leggere durante l’estate. “Quest’anno”, ha detto Gates nel video di presentazione pubblicato sul blog, “ho letto diversi libri che potrebbero piacervi”. A differenza dell’anno scorso – in cui per sua stessa ammissione solo uno dei libri consigliati era adatto alle letture da spiaggia – quest’anno Gates si è sforzato di pensare a libri più leggeri. “Ognuno di questi libri mi ha fatto pensare, ridere o entrambe le cose”. Ecco quindi la lista dei libri consigliati da Bill Gates – potete anche leggerli quando tornate dalle vacanze, dice, perché la lista non si muove, rimane sempre sulla stessa pagina. 1) Hyperbole and a Half di Allie Brosh (Un’iperbole e mezza. Il mio cane è scemo, il mondo è crudele e io sconnessa più che mai, Magazzini Salani) Il libro raccoglie i disegni più celebri del blog dell’autrice e racconta con delle vignette le difficoltà della vita quotidiana di una persona depressa e di un cane mentalmente ritardato.
I libri consigliati da Bill Gates per l’estate. Sono sette, diversi sono già usciti in Italia e sono buoni anche per la primavera (e l'autunno, eccetera).
Domenica 15 dicembre si è riunita l'”Assemblea Nazionale” del Partito Democratico che ha nominato Matteo Renzi segretario del partito, in conseguenza del risultato delle primarie: contemporaneamente è stata formata la “Direzione Nazionale”, mentre la “Segreteria” era stata nominata pochi giorni prima. Sono organismi le cui funzioni e competenze non sono sempre chiarissime, e a volte vengono confuse sui media: benché un partito non sia uno Stato, grossolanamente si potrebbe dire che Segreteria, Direzione e Assemblea corrispondano per senso a Governo, Parlamento e Corpo elettorale del Partito Democratico. Ma cerchiamo di spiegarlo meno grossolanamente. Dopo e intorno alla carica del segretario si trova il primo organismo del PD: la segreteria nazionale, i “ministri” del segretario delegati ai diversi campi. La nuova segreteria scelta da Renzi è composta da 13 membri, di cui sette donne e sei uomini: prevalentemente tra persone che hanno sostenuto il suo progetto, ma non soltanto (Filippo Taddei, per esempio, aveva appoggiato Pippo Civati alle primarie). Ognuno dei membri ha una delega e un settore di competenza, tra cui economia, legalità, lavoro, riforme, scuola, comunicazione e ambiente. La delega alla cultura, ha precisato Renzi, resterà a lui.
Come funziona il PD. Cosa sono i vari e spesso confusi organi – assemblea, direzione, segreteria – di cui si parla e che Renzi sta cambiando.
Nel pomeriggio di giovedì 13 novembre all’interno del Partito Democratico – il principale partito della maggioranza di governo – è stato trovato un accordo per modificare almeno in parte il Jobs Act, la legge delega di riforma del mercato del lavoro già approvata dal Senato lo scorso 9 ottobre: secondo quanto dichiarato al termine della riunione a cui erano presenti, tra gli altri, il presidente del PD Matteo Orfini, il responsabile Economia e lavoro del partito Filippo Taddei, e i membri del partito che siedono in commissione Lavoro a Montecitorio, incluso Cesare Damiano, sarebbero state accolte alcune richieste della minoranza del partito, critica con la legge. L’emendamento del governo dovrebbe dunque riprendere il documento votato dalla Direzione del Partito Democratico in un’assemblea che si era svolta il 29 settembre. Stando alle ricostruzioni circolate finora il PD avrebbe deciso di includere nel testo il reintegro obbligatorio per le persone che hanno subito un licenziamento discriminatorio o quelle che l’hanno subito per motivi disciplinari senza giusta causa ma solo in certi casi e ancora da chiarire: La Stampa di oggi precisa che «saranno specificate nei decreti attuativi» e dunque solo in un secondo momento e dopo l’approvazione della delega (ci saranno quindi comunque dei cambiamenti in senso restrittivo rispetto a quanto previsto finora dallo Statuto dei Lavoratori). Si parla anche dell’aumento delle risorse per gli ammortizzatori sociali (aggiuntive rispetto a quelle inserite nella Legge di Stabilità) e di modifiche non contenute nell’ordine del giorno approvato dalla direzione PD, come sul controllo a distanza, che riguarderà non i lavoratori ma gli impianti.
Che succede col Jobs Act. Matteo Renzi ha deciso di accogliere alcune modifiche proposte dalla minoranza del PD, ma ora protestano gli alleati di governo del NCD.
Se questo fine settimana siete andati al cinema e avete visto The Wolf of Wall Street, il film di Martin Scorsese con Leonardo DiCaprio candidato a cinque Oscar, vi è forse venuta la curiosità di sapere quanto c’è di vero nella storia di Jordan Belfort e della Stratton Oakmont. Parecchio, come spiega uno degli articoli che è tra le cose più lette della settimana sul Post. E per rispondere a qualche altra domanda che è diventata di attualità negli ultimi giorni: che cosa cambia ora che la Fini-Giovanardi è stata bocciata dalla Corte Costituzionale? E perché in Danimarca hanno ucciso una giraffa di due anni che non stava male? – Com’è un giorno da donna? Oppressed Majority, un cortometraggio francese, prova a immaginare una società in cui i comportamenti di uomini e donne sono ribaltati.
Sunday Post. Un giorno da donna, gli inutili sottomarini della Grecia e perché in Danimarca hanno ucciso una giraffa, tra le cose più viste della settimana sul Post.
Un po’ tutti quelli che seguono il calcio avranno avuto a che fare, in qualche momento della loro vita, con un album di figurine Panini dei calciatori: pagine e pagine da riempire collezionando tutte le figurine adesive, bustina dopo bustina. Dietro alle figurine dei calciatori c’è un lungo lavoro pratico di preparazione: in pratica ogni anno bisogna girare tutta l’Italia per fotografare uno per uno i giocatori e gli allenatori delle squadre di calcio che finiscono nell’album. Per l’album della stagione 2015-2016 sono state scattate foto a 863 persone, tra calciatori e allenatori di squadre di Serie A, Serie B, Lega Pro, Serie D, Campionato Primavera TIM e Seria A femminile: questo significa migliaia di chilometri percorsi dai fotografi di Panini e migliaia di foto scattate, scelte e aggiustate. Questo video mostra come si svolge il lavoro: i set montati sui campi di allenamento e nelle palestre, l’arrivo dei calciatori e l’atmosfera intorno alla fabbricazione dell’album.
Come si fanno le figurine Panini – video. Bisogna coprire migliaia di chilometri in tutta Italia e scattare una montagna di fotografie.
In un post su Instagram, l’attore ed ex wrestler Dwayne “The Rock” Johnson ha annunciato che farà parte del cast di una nuova versione del film Jumanji. Nell’immagine del post The Rock appare con la sceneggiatura del film in mano. Il nuovo Jumanji non sarà un sequel del film del 1995 con Robin Williams e Kirsten Dunst ma un reboot, cioè un rifacimento con modifiche: si distingue dal cosiddetto remake perché prevede personaggi diversi e una nuova trama rispetto all’originale. Secondo il post di The Rock, il film sarà girato quest’autunno dal regista Jake Kasdan, che ha diretto il film del 2011 Bad Teacher – Una cattiva maestra ed è uno dei produttori della serie televisiva New Girl. Non si sa chi altro ci sarà nel nuovo film – non si conosce ancora nemmeno il titolo ufficiale – anche se Variety aveva parlato di un possibile coinvolgimento di Kevin Hart, che ha recitato tra gli altri in Scary Movie 3, …e alla fine arriva Polly, Scary Movie 4. Con The Rock, Hart ha fatto Una spia e mezzo, che in Italia uscirà il 30 giugno 2016. La casa di produzione Sony ha fissato la data di uscita del nuovo Jumanji per il 28 luglio 2017, dopo averlo inizialmente programmato per Natale 2016.
Faranno un nuovo “Jumanji”. Nel 2017 uscirà un "reboot" del film del 1995 con Robin Williams, e ci sarà The Rock.
Giovedì 7 marzo l’amministratore delegato di Facebook, Mark Zuckerberg, ha presentato nel corso di un evento speciale a Menlo Park, California (Stati Uniti), la nuova versione della sezione Notizie (“News Feed” / “Home”) del social network, la prima pagina che di solito viene vista quando ci si collega al sito, quella con gli aggiornamenti di tutte le attività dei propri amici. A parte qualche singola modifica effettuata negli ultimi anni, la sezione era rimasta sostanzialmente invariata rispetto al 2007. Quella nuova presentata oggi dà più spazio ai contenuti, a partire dalle immagini e i video, ed è stata disegnata per mettere maggiormente in risalto i post dei propri amici e delle Pagine che si seguono su Facebook. Dopo l’introduzione del Diario (“Timeline”) a fine 2011 al posto dei classici profili, quella annunciata oggi è tra le più importanti novità del social network nei tempi recenti e coinvolgerà nei prossimi mesi circa un miliardo di iscritti, che utilizzano Facebook quasi tutti i giorni per rimanere in contatto con amici e conoscenti. La nuova sezione Notizie non sarà messa da subito a disposizione di tutti: ci sarà una prima fase di prova che riguarderà un numero limitato di iscritti a Facebook. Ottenuti riscontri e indicazioni sul suo funzionamento, il servizio sarà gradualmente esteso a tutti (ci si può iscrivere qui in una lista d’attesa). I responsabili di Facebook non hanno specificato quanto tempo sarà necessario per il passaggio al nuovo sistema, ma per non farsi trovare impreparati vi raccontiamo come è fatto per immagini.
Facebook ha rifatto la sezione Notizie. Come è fatta la nuova versione della prima cosa che vediamo quando andiamo su Facebook, quella con gli aggiornamenti delle attività di Pagine e amici.
Nintendo Switch, la nuova e attesa console per videogiochi di Nintendo, sarà messa in vendita a partire dal prossimo 3 marzo negli Stati Uniti, in Canada, in Giappone e nei principali paesi europei, con un prezzo intorno ai 300 euro. Il nuovo dispositivo, una sorta di tablet con base di ricarica che può essere collegato al televisore, è la novità più importante di Nintendo dopo anni in cui l’azienda ha avuto non poche difficoltà a tenere il passo con la concorrenza, soprattutto nei confronti di Sony con la sua PlayStation e di Microsoft con la sua Xbox. Nonostante le attese dei fan Nintendo, analisti e osservatori sono stati finora piuttosto scettici sulla nuova Switch: ieri le azioni dell’azienda hanno perso quasi il 6 per cento del loro valore, subito dopo la presentazione in Giappone della console, le cui caratteristiche erano state in parte già anticipate lo scorso anno. Switch è costituita da uno schermo touchscreen da 6,2 pollici con una risoluzione da 1280 x 720 pixel, 32 GB di memoria interna per i giochi, che può essere estesa utilizzando una scheda di memoria microSD. Può essere utilizzata sostanzialmente in due modi: come console portatile (con un’autonomia della batteria che va da 2,5 a 6,5 ore a seconda del videogioco), oppure come console collegata al televisore per giocare su uno schermo più grande e con più persone. Switch si ricarica attraverso la sua base, che viene anche utilizzata come sistema per il collegamento alla tv.
Nintendo ci riprova con Switch. Le cose da sapere sull'attesa nuova console per videogiochi, che sarà messa in vendita il prossimo 3 marzo e su cui punta moltissimo l'azienda giapponese.
L’estate scorsa la politica americana si è occupata a lungo di una questione economica che ha poi portato, tra le altre cose, al declassamento del rating da parte di Standard & Poor’s: il tetto del debito. Ad agosto, infatti, dopo una trattativa complicata ed estenuante, democratici e repubblicani trovarono un accordo per alzare il tetto fissato dalla legge per le dimensioni del debito pubblico americano, concedendo così al governo di continuare a prendere denaro in prestito. Se l’accordo non fosse stato raggiunto il governo avrebbe dovuto cessare le sue attività, lasciare i dipendenti pubblici a casa, smettere di pagare stipendi e sussidi. Standard & Poor’s decise comunque di declassare il rating degli Stati Uniti, per via della complicata trattativa politica e del suo esito, giudicato deludente. L’accordo trovato tra democratici e repubblicani – per il quale Obama fu accusato di subalternità e arrendevolezza – prevedeva il taglio di 2,4 migliaia di miliardi di dollari di spesa pubblica, e prevedeva la scansione dei tagli in due tempi: un primo pacchetto subito, un secondo dopo un ulteriore esame del Congresso, con un’altra scadenza. Quella scadenza è fissata per il prossimo 23 novembre. Il Congresso ha nominato un cosiddetto “super comitato” composto da 12 membri, 6 democratici e 6 repubblicani, dando loro mandato di decidere come e dove tagliare. I sei democratici sono Murray, Baucus, Kerry, Becerra, Clyburn e Van Hollen. I sei repubblicani sono Kyl, Portman, Toomey, Hensarling, Upton e Camp. L’accordo prevedeva un’altra clausola: allo scopo di incentivare i 12 a prendere delle decisioni condivise, si stabiliva che in assenza di un accordo entro il 23 novembre, sarebbero entrati automaticamente in vigore una serie di tagli lineari per 1,2 migliaia di miliardi di dollari. Metà sulle spese militari, care ai repubblicani, e metà sui programmi di welfare, cari ai democratici.
La prossima guerra sul debito americano. Democratici e repubblicani devono trovare un accordo entro il 23 novembre, e non potrebbero essere più lontani di così.
Guy Kawasaki ha 57 anni, si occupa di investimenti nella Silicon Valley e ha contribuito al successo di Apple nei primi anni della sua esistenza. Iniziò a lavorarci nel 1983 e per circa quattro anni si diede da fare per far conoscere i prodotti della società, lavorando a stretto contatto con Steve Jobs. Ad alcuni giorni dalla sua morte, Kawasaki ha deciso di mettere insieme sul suo profilo di Google+ un elenco delle cose che dice di avere imparato lavorando con Jobs, per «non perdere o dimenticare nessuna delle sue lezioni». 1. Gli esperti non ne sanno niente Giornalisti, analisti, consulenti, banchieri e guru non sanno fare e quindi danno consigli. Ti sanno dire che cosa c’è che non va nel tuo prodotto, ma non sono capaci di farne uno. Ti possono dire come vendere qualcosa, ma non sanno vendere. Ti possono spiegare come creare grandi gruppi di lavoro, ma sanno gestire a malapena una segretaria. Per esempio, gli esperti ci dissero che i due principali difetti del Macintosh a metà anni Ottanta erano la mancanza del supporto per una stampante a margherita e l’assenza di Lotus 1-2-3; un’altra perla fu il suggerimento di acquistare Compaq. Questo è quello che dicono gli esperti, ma non bisogna sempre dargli retta.
Steve Jobs mi ha insegnato 13 cose. Guy Kawasaki aveva lavorato col CEO di Apple e ha imparato, tra le altre cose, che il punto d'inizio per cambiare il mondo è cambiare le idee di pochi.
Oggi, giovedì 9 ottobre, i giudici della Corte D’Assise di Palermo hanno deciso di non far partecipare in video conferenza Totò Riina, Leoluca Bagarella e Nicola Mancino alla deposizione del capo dello Stato, fissata per il 28 ottobre al Quirinale e relativa al processo sulla cosiddetta “trattativa Stato-mafia”. Venerdì 26 settembre la Corte d’Assise di Palermo ha stabilito che il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano dovrà deporre come testimone. Il capo dello stato ha la possibilità di ricevere la corte e gli avvocati del processo in un’udienza al Quirinale, come previsto dall’articolo 205 del codice di procedura penale, che si svolgerà il 28 ottobre. Dopo che la decisione era stata annunciata i capi mafia Totò Riina e Leoluca Bagarella avevano chiesto di poter partecipare in video-conferenza all’udienza del 28 ottobre, nel loro ruolo di imputati nel processo. A queste prime due richieste si era aggiunta anche quella di Nicola Mancino che all’epoca dei fatti era ministro dell’Interno e che è accusato di falsa testimonianza. L’articolo 502 del codice di procedura penale – che regola l’esame a domicilio di testimoni, periti e consulenti tecnici – prevede infatti il diritto, per gli imputati, di partecipare alle singole udienze. E dice:
Perché si litiga su Napolitano, ora. La corte di Assise di Palermo ha deciso che i boss mafiosi non parteciperanno in videoconferenza alla testimonianza del Presidente della Repubblica sulla "trattativa Stato-mafia".
Julieta, il nuovo film del regista spagnolo Pedro Almodóvar, è nei cinema italiani dal 26 maggio. Julieta è tratto da tre storie della scrittrice canadese vincitrice del premio Nobel Alice Munro, pubblicate nella raccolta In fuga del 2004: racconta la storia di Julieta, una donna che pochi giorni prima di trasferirsi con il suo partner dalla Spagna al Portogallo scopre per caso che sua figlia Antia, scappata 12 anni prima appena 18enne, è ancora viva e ha 3 figli. Julieta decide di rinunciare a tutti i suoi piani e alla sua relazione per scrivere una lunga lettera a sua figlia, raccontandole la sua vita: il film poi si sviluppa seguendo il racconto di Julieta da quando era ragazza. Julieta è il ventesimo film da regista di Almodóvar, che comprò i diritti per trasformare in film le storie di Munro nel 2007. Inizialmente, ha raccontato, pensava di farne un film in inglese e di girarlo in Canada, dove sono ambientate le storie originali: aveva anche già convinto Meryl Streep a interpretare Julieta, ma poi cambiò idea e decise di riscrivere il film per ambientarlo in Spagna e recitarlo in spagnolo. Nel cast ci sono Emma Suárez e Adriana Ugarte, che interpretano rispettivamente Julieta adulta e ragazza, e Daniel Grao che interpreta suo marito Xoan. Questa scena mostra Julieta da ragazza al suo primo incontro con Marian (interpretata da Rossy De Palma), una donna con cui poi vivrà per un certo periodo.
Una scena di Julieta, il nuovo film di Almodóvar. È uscito in Italia da pochi giorni ed è tratto da tre storie della scrittrice canadese Alice Munro.
La pratica della cremazione è in costante crescita, anche in Italia. I dati dicono che nel 2018 gli impianti per eseguirla sono 83 e che si sono effettuate 220.684 cremazioni (pari cioè al 30 per cento dei decessi). In Europa la cremazione ha a sua volta raggiunto e superato il 38 per cento del settore. La cremazione è una forma di trattamento dei cadaveri, che vengono prima bruciati e poi ridotti in cenere. Era praticata già nell’antichità dagli etruschi, dai greci e dai romani; poi la chiesa la vietò, considerandola una forma pagana: ancora oggi la Chiesa cattolica raccomanda la sepoltura, pur non proibendo la cremazione, dicendo che le ceneri devono essere conservate comunque nei cimiteri e non disperse o conservate altrove. La cremazione rimase dunque una pratica rara, fino a quando l’Illuminismo e Napoleone Bonaparte cambiarono le cose: tramite il celebre Editto di Saint Cloud del 1804, Napoleone pose le basi delle moderne norme legislative in materia di diritto cimiteriale stabilendo che la morte e i cadaveri fossero un problema di salute pubblica. Da allora la cremazione si affermò nel mondo occidentale sia come espressione di un pensiero libero e razionale, sia come soluzione efficace al problema degli spazi cimiteriali. La realizzazione del primo impianto crematorio in Italia avvenne a Milano nel 1876.
La cremazione, spiegata. Come si fa? Dove possono essere conservate le ceneri? Da chi? E possono essere disperse?.
Fare pizza, pasta e pane in casa è una delle attività a cui moltissime persone si stanno dedicando per passare il tempo, come dimostrano numerosissime foto di prove culinarie condivise sui social network e la carenza di farina e lievito in molti supermercati. In molti stanno facendo esperimenti anche con una cosa più difficile da fotografare: la produzione casalinga di lievito, cioè di quello che comunemente viene chiamato lievito madre. In breve, si tratta di “coltivare” i lieviti naturalmente presenti nella farina (sono funghi microscopici) per ottenerne in quantità sufficiente per far gonfiare focacce e panini durante la cottura, anche quando al supermercato è finito il lievito di birra. Normalmente a “coltivare” i lieviti per la panificazione – anche se forse “allevare” è il termine è più adatto, dato che un lievito madre deve essere nutrito – sono i panettieri che, nel caso di lunghe tradizioni familiari, continuano a tenere vivi lieviti ereditati dai propri genitori o nonni: per questo si dice che ci siano lieviti che hanno decine, se non centinaia, di anni, anche se ovviamente pure nelle colture di lieviti si avvicendano le generazioni. Vecchi o non vecchi, tutti questi lieviti sono unici: ognuno ha caratteristiche diverse a seconda del tipo di farina con cui viene nutrito e delle specie di lieviti (cioè dei microfunghi) che contiene. Per questo dal 2013, in Belgio, esiste un archivio di lieviti madri fondato per conservarli: ne ha raccontato la storia il New York Times.
In Belgio c’è un archivio di lieviti madri. Ne conserva 125 da 25 paesi diversi, facendo da banca per panettieri di tutto il mondo: il New York Times ne ha raccontato storia e obiettivi.
Spesso il quotidiano britannico Guardian segnala ai propri lettori mete turistiche in tutto il mondo mettendo insieme delle liste di località con alcune caratteristiche in comune: qualche settimana fa ne aveva fatta una per quelli a cui piacerebbe andare in vacanza in montagna o al lago, ora ne ha dedicata una a chi vorrebbe soggiornare in un posto del mare nel sud dell’Europa, scegliendo piccoli paesi in Italia, Portogallo, Spagna, Grecia, Croazia e Francia. La lista è interessante perché non include solo posti famosissimi, fatta eccezione per chi abita nei paesi in cui si trovano. Questo articolo non è più commentabile. Abbonati al Post per commentare le altre notizie.
12 posti di mare in Europa dove andare in vacanza. Scelti e consigliati dal Guardian, tra Italia, Portogallo, Spagna, Grecia, Croazia e Francia.
Amsterdam è stata scelta come nuova sede dell’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA), il cui spostamento da Londra si era reso necessario in seguito a Brexit e alla prevista uscita del Regno Unito dall’Unione Europea. Amsterdam ha vinto al sorteggio finale, reso necessario perché alla terza e ultima votazione aveva ottenuto 13 voti come Milano, l’altra città rimasta candidata. La vittoria è ritenuta un’importante opportunità economica per la città, e Milano e l’Italia ne sono uscite molto deluse. Grazie a Milano e grazie a tutti coloro che si sono impegnati per #Ema, nelle istituzioni e nel privato. Una candidatura solida sconfitta solo da un sorteggio. Che beffa!
Amsterdam sarà la nuova sede dell’Agenzia Europea per i Medicinali. Ha battuto le altre 18 città candidate alle votazioni di oggi da parte dei 27 paesi dell'Unione Europea, compresa Milano con un sorteggio finale per parità.
Un’imbarcazione carica di tunisini diretti a Lampedusa è affondata nelle acque del golfo di Gabesa, a largo della costa della Tunisia, dopo essersi spezzata in due per il sovraccarico. Un giovane è morto e uno è al momento disperso, ma le autorità dicono che il numero delle vittime potrebbe salire. Il Consiglio dei Ministri oggi si è riunito a Palazzo Chigi e ha dichiarato lo stato di emergenza umanitaria in seguito dell’eccezionale afflusso degli ultimi giorni di cittadini provenienti dai paesi nordafricani. A Lampedusa sono sbarcate altri trecento persone soltanto questa notte, ieri ne erano arrivati oltre 1.500. Gli immigrati parlano di altri barconi in arrivo e descrivono una situazione fuori da ogni controllo nei porti del sud della Tunisia, soprattutto a Sfax, dove i pescherecci imbarcano chiunque sia disposto a pagare cifre che vanno da 2.000 a 2.500 dollari.
La nuova emergenza di Lampedusa. Un'imbarcazione è affondata a largo della Tunisia, sull'isola sono arrivate oltre duemila persone negli ultimi due giorni.
Il Corriere della Sera ha pubblicato un’anteprima del piano per la riutilizzazione di 70 mila metri quadri che fino a una settimana fa erano occupati da EXPO 2015, l’esposizione universale che ha chiuso sabato 31 ottobre. Il piano si chiama “Human technopole. Italy 2040” e sarà ufficialmente presentato a Milano martedì prossimo dal presidente del Consiglio Matteo Renzi. Secondo il Corriere, il piano prevede la creazione di un centro di ricerca con lo scopo di studiare “il miglioramento della vita in tutti i suoi aspetti”. Non è ancora chiaro cosa accadrà al resto dell’area EXPO, in tutto più di un milione di metri quadrati, nei pressi del comune di Rho. Una vita più lunga e di qualità. Un progetto molto ambizioso per realizzare a Milano il centro di eccellenza mondiale per il miglioramento della vita in tutti i suoi aspetti. Questo il piano per il dopo Expo (25 cartelle in inglese dal titolo provvisorio «Human technopole. Italy 2040») che il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, presenterà martedì a Milano. Il progetto propone di creare in una parte dell’area dell’Esposizione universale un polo internazionale di ricerca e tecnologia applicata. Dedicato non solo all’ alimentazione, tema dell’Expo, ma a tutte le competenze che possono contribuire all’allungamento e al benessere della vita. Si mira quindi all’interazione fra scoperte e tecnologie mediche, welfare in una società che invecchia, innovazioni nei materiali sostenibili e nel ciclo dell’acqua e dei rifiuti, fino alla valorizzazione del patrimonio artistico e culturale «come parte di una alta qualità della vita per i cittadini di tutte le età».
Il piano del governo per il dopo EXPO. In una piccola parte dell'area occupata dall'esposizione universale verrà creato un centro di ricerca per studiare "il miglioramento della vita", dice il Corriere della Sera.
Lo scorso venerdì ha iniziato l’iter parlamentare una proposta di legge – firmata da parlamentari di PD, Italia Viva, M5S e LeU – per rendere la canzone partigiana Bella ciao l’inno ufficiale della Festa della liberazione dal nazifascismo, che cade ogni 25 aprile. Nel testo presentato i parlamentari motivano la proposta facendo riferimento al «carattere istituzionale» della canzone, rappresentativo dei «valori fondanti della Repubblica», ma in queste ore i partiti più a destra della coalizione di centrodestra – Fratelli d’Italia e Lega – hanno criticato duramente la proposta, accusando i parlamentari che l’hanno voluta di essere «sconnessi con la realtà». In particolare il vicepresidente del Senato Ignazio La Russa, di Fratelli d’Italia, ha detto: «Bella ciao, non per colpa del testo ma per colpa della sinistra, è diventata una canzone che non copre il gusto di tutti gli italiani: è troppo di sinistra. Non è la canzone dei partigiani, è la canzone solo dei partigiani comunisti». In realtà, Bella ciao è stata a lungo una canzone piuttosto trasversale, come ha ricordato anche Concetto Vecchio su Repubblica portando come esempio il congresso democristiano del 1976 – quello in cui fu eletto segretario Benigno Zaccagnini – che si chiuse proprio con quella canzone. Oggi esistono traduzioni di Bella ciao in moltissime lingue ed è stata suonata e cantata in contesti molti diversi, pur rimanendo tra i canti più tradizionali e amati delle manifestazioni di sinistra italiane e non solo.
Che storia ha “Bella ciao”. Il canto partigiano più famoso ha origini incerte e una diffusione trasversale, e se ne riparla per una discussa proposta di legge.
Nella notte tra domenica 5 e lunedì 6 gennaio sono stati consegnati i Golden Globe, gli importanti premi per cinema e tv assegnati dalla Hollywood Foreign Press Association. In tutto sono stati assegnati 25 premi: i più importanti per il cinema – al miglior film drammatico e al miglior film comedy – sono andati a 1917 e a C’era una volta…a Hollywood. I due premi per le serie tv sono andati invece a Succession e Fleabag, mentre Chernobyl ha vinto il premio per la miglior miniserie. Tra i grandi delusi della serata ci sono stati senza dubbio The Irishman, che aveva cinque nomination e non ha vinto nemmeno un premio, e Netflix, le cui serie avevano ottenuto in tutto 34 nomination e che alla fine si è portata a casa solo due premi.
Le foto più belle dei Golden Globe. Joaquin Phoenix, Quentin Tarantino, Phoebe Waller-Bridge e gli altri che valeva la pena fotografare ai premi di film e serie tv.
Ieri ha compiuto 75 anni Debbie Harry, dei Blondie. Pitchfork ha raccontato la storia del ritorno di moda e culto di un vecchio disco di discomusic indiana. Dave Grohl dei Foo Fighters (e dei Nirvana) ha invece scritto sull'Atlantic un bel pezzo sul rapporto col suo ingombrante padre. Questa pagina fa parte dei contenuti visibili agli abbonati del Post. Se lo sei puoi accedere, se non lo sei puoi esserlo.
Una canzone dei Talk Talk. Una band capitata nel successo mondiale mentre si stava dedicando a fare gran musica.
Le città di Pisa e Firenze e la regione Toscana stanno litigando sul futuro dei due principali aeroporti della regione: quello di Firenze (l’Amerigo Vespucci, nella zona di Peretola) e quello di Pisa (il Galileo Galilei, nel quartiere di San Giusto). I motivi del litigio sono piuttosto complicati e si collocano in una storia di rivalità che viene da molto lontano e il cui elemento principale è la preminenza storica dell’aeroporto di Pisa su quello di Firenze, città più importante e capoluogo di regione: c’entrano gli interessi pubblici a più livelli, quelli delle due città, della regione Toscana e dell’Italia, e quelli privati dell’imprenditore argentino Eduardo Eurnekian, che con la sua società Corporacion America sta cercando di acquistare quote di maggioranza nelle società che gestiscono i due aeroporti. Il motivo dell’evoluzione di una vecchia tensione è il timore dei pisani che se Corporacion America dovesse riuscire a comprare i due aeroporti, potrebbe decidere di privilegiare quello di Firenze facendo perdere rilevanza a quello di Pisa, che negli ultimi anni è cresciuto ulteriormente soprattutto grazie al traffico aereo garantito dalle compagnie low cost. Pisa e Firenze hanno due aeroporti che si trovano a circa 80 chilometri di distanza l’uno dall’altro e servono, quindi, più o meno la stessa zona. Essendo molto vicini tra di loro, i due aeroporti si sono sempre fatti concorrenza, ma per diversi motivi negli ultimi anni l’aeroporto di Pisa è cresciuto molto e ha ora il doppio del traffico di quello di Firenze: soprattutto grazie alle compagnie low cost, il traffico dell’aeroporto di Pisa è passato da 1.200.000 passeggeri nel 2000 a 4.500.000 nel 2013, cosa che ha fatto del Galileo Galilei il decimo scalo italiano per numero di passeggeri e per molti turisti l’aeroporto di riferimento per raggiungere la stessa Firenze. A discapito di Peretola.
La contesa sugli aeroporti tra Pisa e Firenze. Comincia con una pista troppo corta e non si sa come finisce: ci sono in mezzo soldi, migliaia di lavoratori, il futuro del turismo toscano, le solite rivalità e accuse di tradimento.
Le Canzoni è la newsletter quotidiana che ricevono gli abbonati del Post, scritta e confezionata da Luca Sofri (peraltro direttore del Post): e che parla, imprevedibilmente, di canzoni. Una per ogni sera, pubblicata qui sul Post l’indomani, ci si iscrive qui. Roger Waters ha messo su YouTube una nuova registrazione di The bravery of being out of range, uno dei bei pezzi di quel suo bellissimo disco da solo del 1992 di cui già parlammo qui. A fine maggio esce un disco di Moby che rifà sue vecchie cose con nuove orchestrazione, per l'illustre casa discografica di musica classica Deutsche Grammophone: intanto ha anticipato questa versione, bella, di The lonely night: in cui insieme a Mark Lanegan (che c'era già nella versione originale) ha tirato dentro Kris Kristofferson, attore e cantante d'altri secoli. C'è una polemica tra Morrissey e i Simpsons, che in una puntata recente lo hanno raffigurato come un grasso razzista (Morrissey si è guadagnato accuse di razzismo in molte occasioni, negli anni passati), e a al suo agente non è andata giù soprattutto la cosa del grasso. Ho letto e studiato le vostre gentili risposte al sondaggio di due settimane fa: trovate le considerazioni nella newsletter ricevuta per email. Questa pagina fa parte dei contenuti visibili agli abbonati del Post. Se lo sei puoi accedere, se non lo sei puoi esserlo.
Una canzone di Cat Power. Di ambizioni, desideri, e come va a finire.
Altra giornata complicata sui mercati e in Borsa, ora che sappiamo di certo che la Grecia andrà al voto e che il primo incontro tra Merkel e Hollande è stato tiepidino. In apertura, stamattina, lo spread tra titoli di Stato e bund decennali tedeschi è tornato abbondantemente sopra quota 450. In questo momento la borsa di Milano perde oltre l’1 per cento, perdono anche Parigi, Francoforte e Londra. (fonte: Yahoo! Finanza)
La Borsa di Milano in diretta. Il grafico dell'indice FTSE MIB durante una giornata complicata (fonte: Yahoo! Finanza).
Ermanno Bencivenga è un filosofo e professore universitario stimato e noto, che si è occupato molto di logica e di linguaggio, e insegna in un’universiità californiana avendo vissuto ormai per molto tempo negli Stati Uniti (ha 67 anni). Feltrinelli ha da poco pubblicato un suo nuovo libro, La scomparsa del pensiero, dedicato a spiegare – con argomenti ed esempi familiari e immediati alternati a lezioni più erudite di logica – la tendenza verso un sempre minore uso del ragionamento e della logica da parte degli umani che stanno appaltando sempre più le operazioni intellettuali alle macchine: «Qualcun altro, qualcos’altro, ragionerà per noi; non ci rimane che accettare tanta benevola assistenza ed evitare fatiche ormai rivelatesi inutili. Se non fosse per il fatto che l’offerta ha una coda velenosa: le fatiche ormai inutili che siamo felici di evitare sono indispensabili per sviluppare la pratica del ragionamento; demandare tale pratica significa perderne il controllo». Queste sono alcune pagine del capitolo dedicato da Bencivenga a come affrontare la questione nell’insegnamento scolastico. *****
La fine dei ragionamenti. Nel suo ultimo libro il filosofo Ermanno Bencivenga descrive la nostra disabitudine alla logica e alla riflessione indotta dall'uso delle tecnologie contemporanee (e future).
Nelle prigioni degli Stati Uniti capita che molti detenuti ottengano di nascosto telefoni cellulari per comunicare con l’esterno: a volte li usano semplicemente per mantenere i contatti con i propri familiari, spesso però li utilizzano per organizzare le attività criminali dall’interno del carcere. I direttori di alcuni penitenziari hanno deciso di far schermare le celle e ora una nuova proposta di legge, presentata nella Carolina del Sud, potrebbe rendere illegale la pratica dell’aggiornamento dei profili di Facebook dal carcere tramite telefono cellulare. La proposta è stata presentata dal deputato democratico Wendell Gilliard, convinto che grazie al nuovo divieto potrebbero diminuire i casi di carcerati che gestiscono attività criminali durante la prigionia o che inviano minacce alle vittime che li hanno fatti arrestare e condannare. La nuova norma farebbe aumentare automaticamente di trenta giorni la pena detentiva per chi utilizza i social network attraverso i cellulari, che nelle carceri sono vietati. La legge propone anche di istituire un divieto per la pubblicazione di pagine a sostegno dei detenuti da parte di altre persone. Questo passaggio della proposta, dicono gli esperti, difficilmente sarà applicato perché è in contrasto con il diritto alla libertà di parola garantito dalle leggi statunitensi.
Facebook in carcere. Nella Carolina del Sud vogliono rendere illegale l'aggiornamento dei profili sui social network delle persone detenute.
Nell’ultima settimana negli Stati Uniti sono state rivolte moltissime critiche a Uber – il noto servizio di trasporto privato a metà tra il taxi e il noleggio di auto con autista, attivo anche in Italia, molto apprezzato dai suoi clienti e molto detestato dai tassisti – per via di un articolo scritto dal direttore di Buzzfeed, Ben Smith, in cui al vicepresidente di Uber Emil Michael viene attribuita la volontà di «far venire fuori qualcosa di marcio» nei confronti di una giornalista che aveva parlato male dell’azienda. Smith racconta di avere sentito la frase di Michael durante una cena organizzata da Uber a cui era stato invitato assieme ad altri giornalisti. Nei giorni successivi l’articolo di Smith ha avviato un esteso dibattito sia riguardo le accuse rivolte a Uber di non prendere seriamente le accuse di violenza rivolte ai propri autisti, sia che sul fatto che abbia tenuto in varie occasioni un atteggiamento misogino; e ancora sull’utilizzo, da parte di Uber, di un database in cui sono raccolti informazioni e dati su ciascun utente a cui ogni dipendente dell’azienda può accedere facilmente. Ma si è parlato anche di etica giornalistica e di cosa fare quando una notizia viene fuori in una conversazione “off the records, cioè quando una cosa viene raccontata a un giornalista perché ne sia informato ma proprio a condizione che non venga pubblicata sui giornali.
Uber si è messo nei guai? un articolo di Buzzfeed ha sollevato nuove questioni riguardo le politiche aggressive di Uber e il suo approccio con i giornalisti che criticano la società.
Come ogni anno la rivista statunitense Forbes – che si occupa di economia e finanza ed è famosa per la sua annuale lista di uomini e donne più ricchi del mondo – ha pubblicato la classifica degli attori e delle attrici che hanno guadagnato di più tra il giugno 2017 e il maggio 2018. La classifica tiene conto dei film usciti e delle eventuali percentuali che certi attori hanno sugli incassi, ma anche dei soldi ricevuti per film che ancora non sono usciti e, molto importante, di ogni tipo di guadagno anche non dovuto alla recitazione (per esempio in quanto testimonial di importanti marchi). I dati di Forbes sono i più accurati in giro, ma sono comunque delle stime; in più mostrano un compenso totale lordo, senza calcolare le tasse da pagare e le percentuali dei compensi che gli attori devono dare ai loro agenti. Conclusione: l’attrice che ha fatto più soldi negli ultimi 12 mesi è stata Scarlett Johansson, mentre l’attore che ha guadagnato di più è George Clooney. Occhio però, perché Clooney ha guadagnato moltissimo (239 milioni di dollari) ma quest’anno i film c’entrano poco con i suoi guadagni. La gran parte dei soldi fatti da Clooney arriva dall’acquisto, da parte della società britannica Diageo, di Casamigos, una società che produce tequila di cui Clooney fu tra i fondatori: Diagos l’ha pagata 700 milioni di dollari. Forbes ha stimato che Clooney nel 2013 investì 600mila dollari nella società, e che ora abbia guadagnato circa 233 milioni lordi dalla sua vendita.
Gli attori e le attrici più pagati al mondo. Il primo della consueta classifica di Forbes l'anno scorso ha fatto un sacco di soldi, ma non con i film: con la tequila.
La settimana scorsa sulle riviste e i giornali americani rivolti principalmente alle donne c’è stato un grosso dibattito sui prodotti per la cura della pelle, in inglese skincare. È nato tutto da un articolo pubblicato sul sito The Outline con un titolo molto provocatorio, The skincare con, cioè “La truffa dei prodotti per la cura della pelle”. L’articolo critica chi spende molti soldi e molto tempo acquistando e combinando insieme una lunga serie di prodotti con lo scopo finale di ottenere una pelle senza imperfezioni. Le risposte all’articolo rivendicano invece il diritto di fare ciò che si vuole con la propria pelle, i propri soldi e il proprio tempo, oltre a criticare l’idea che prendersi cura del proprio aspetto esteriore sia una cosa frivola e il pregiudizio che chi si dedica molto alla cura della propria pelle non sappia cosa sta facendo. Per chi non ha mai impiegato molto tempo a pensare all’aspetto e alla manutenzione della pelle tutta la questione potrebbe essere poco chiara, quindi è utile spiegare innanzitutto alcune cose. In primo luogo: si parla soprattutto della pelle del viso. Per migliorarne l’aspetto, il grado di idratazione e di oleosità esistono innumerevoli prodotti, da quelli che si comprano nei supermercati a quelli che vendono solo nelle profumerie e farmacie.
I prodotti per la pelle sono una truffa? se ne è parlato sulle riviste femminili americane dopo che un criticato articolo ne ha messo in discussione effetti, costo e scopo.
Sul Foglio di domenica Giuliano Ferrara ha scritto che l’Italia deve «subire l’invasione» di immigrati, riprendendo sarcasticamente il lessico della Lega, «accogliere gli afflitti, sanare la piaga»: e quindi occuparsi dei migranti e «smetterla di pensare e di dire che c’è un’alternativa». Ferrara aggiunge poi che due alternative in realtà ci sarebbero: la prima sarebbe «sparargli, affondarli, respingerli», ed è sbagliata e impraticabile; la seconda sarebbe «fare la guerra», cioè intervenire pesantemente nella politica estera di quella regione, e l’Italia non vuole farlo. Bisogna accogliere gli afflitti e accettare l’invasione, bisogna sanare la piaga, accettare la posizione marittima speciale dell’Italia e farne fonte di condivisione e corresponsabilità in Europa, bisogna curare la scabbia degli immigrati sfortunati e trattare con delicatezza i neonati raccolti nelle stazioni ferroviarie, e bisogna farsi largo tra folle impreviste di clochard del nostro secolo, pulire dove qualcuno defeca in assenza di servizi con la stessa delicatezza e rassegnazione con cui io pulisco appresso alle mie tre creature canine. Bisogna sporcarsi le mani (letteralmente) con la tragedia di disordine, di malagrazia, di povertà e di abissale follia che incombe alle nostre frontiere. Bisogna subire l’invasione e smetterla di pensare e di dire che c’è un’alternativa.
La scabbia si cura con poco. Giuliano Ferrara spiega che o andiamo a fare la guerra, o spariamo agli immigrati: oppure li accogliamo e curiamo, che è meglio.
L’OMS ha inviato ai suoi dipendenti una mail che contiene una serie di domande e risposte sul caso del documento «Una sfida senza precedenti, la prima risposta dell’Italia al Covid», pubblicato sul sito dell’OMS lo scorso 13 maggio e rimosso dopo 24 ore. Il documento raccontava di come l’Italia fosse sprovvista di un piano pandemico aggiornato, e la sua rimozione ha generato discussioni e polemiche. La mail si intitola “Q&A reattive in caso di domande da parte dei media” ed è stata pubblicata dal sito Health Policy Watch. L’intera storia è complessa e delicata: se ne sta occupando anche la procura di Bergamo, che ha avviato un’indagine per capire quali fossero le direttive comunicate ai medici tra fine febbraio e inizio marzo. Gli inquirenti vogliono capire se l’Italia avesse un piano pandemico nazionale, un documento importante perché indica la strategia sanitaria da adottare nell’eventualità di una pandemia. Da quanto è emerso finora, sembrerebbe che il piano pandemico dell’Italia fosse risalente al 2006, e riproposto identico in tutti gli aggiornamenti successivi, fino all’ultima pubblicazione del 2017: lo diceva anche il documento dell’OMS pubblicato e poi rimosso dopo 24 ore.
L’OMS ha indicato ai suoi dipendenti come rispondere sul piano pandemico italiano. Un documento interno mostra che i dipendenti hanno ricevuto istruzioni con le risposte già pronte, un po' evasive.
I medici più coinvolti nella crisi sanitaria dovuta alla COVID-19 sono sicuramente quelli delle terapie intensive degli ospedali, ma non sono gli unici. Anche i medici di famiglia hanno dovuto e devono occuparsi quotidianamente di malati di COVID-19 e insieme a loro, da qualche settimana, ci sono le USCA, cioè le Unità Speciali di Continuità Assistenziale, istituite dal governo con il decreto legge 14 del 9 marzo. Le USCA sono squadre di giovani medici, in media intorno ai 30 anni, incaricate di fare visite domiciliari ai malati (o presunti tali) di COVID-19 che non hanno bisogno di essere ricoverati in ospedale. Le USCA sono state istituite perché i malati di COVID-19 in isolamento a casa propria potessero essere visitati da un medico in sicurezza. I medici di famiglia infatti non sono stati forniti di mascherine o altri dispositivi di protezione individuale dal Servizio sanitario nazionale, e – in particolare per i molti di loro vicini alla pensione – visitare tutti i propri pazienti con sintomi riconducibili alla COVID-19 è rischioso. Dall’inizio dell’epidemia risulta che in Italia siano morti 50 medici di base.
Le unità speciali di medici create per il coronavirus. Ci siamo fatti raccontare il lavoro delle USCA, le nuove squadre di giovani medici che visitano i malati di COVID-19 che non sono ricoverati in ospedale.
Due mesi fa il Wall Street Journal pubblicò un lungo articolo anticipando alcune novità che avrebbero interessato Google, e di conseguenza le centinaia di milioni di persone che lo usano ogni giorno. La notizia, che aveva ricevuto solamente qualche conferma ufficiosa, era che fossero quasi terminati i lavori per rendere Google più “intelligente”, così che fosse in grado di ottenere direttamente le risposte a particolari domande senza il solito elenco di link da consultare nella pagina dei risultati. Ieri Google ha annunciato una prima importante innovazione, che si chiama Knowledge Graph, destinata a cambiare il modo in cui usiamo il motore di ricerca. Che cos’è È un nuovo sistema che si affianca a quelli già esistenti che fanno funzionare Google, ma fa qualcosa di diverso: seleziona e mostra contenuti rilevanti per le ricerche effettuate direttamente nelle pagine dei risultati. Fa riferimento a circa 500 milioni di diversi soggetti e mette in relazione una rete di 3,5 miliardi tra dati e fatti. Elaborando queste informazioni, fornisce risultati pertinenti che consentono di ottenere informazioni direttamente da Google o di avviare ricerche via via più specifiche.
Google è diventato più intelligente. Un nuovo sistema permette al motore di ricerca di capire meglio cosa vogliamo: si chiama "Knowledge Graph" e funziona così.
Ogni mattina in Italia ha luogo un rituale che unisce il paese intero, dal Piemonte alla Sicilia. Mamme, nonni, studenti fuori-sede, single, omosessuali, tutti indistintamente compiono un unico gesto dove non c’è ombra di razzismo. Fare la spesa. Scegliere i prodotti tra i banchi di un supermercato, di un mercato rionale o di una salumeria e poi tornare a casa a preparare il pranzo oppure la cena. E, senza che se ne abbia la consapevolezza, spesso dietro a quel rituale incombe l’ombra della criminalità organizzata. Anzi, molto più che un’ombra. Dall’antipasto a base di mozzarella di bufala, agli spaghetti alle vongole; e per secondo un’ampia varietà di scelta: spigola all’acqua pazza, filetto di “Sandokan” o bistecca connection. Per chiudere con la frutta al percolato e gli immancabili gelato e caffè. Neanche un rinomato chef potrebbe elaborare un “menù della camorra” così perfetto. È tutto vero: nessuno li vede, nessuno li ha invitati, ma spesso si cena con i boss. Sono loro a imporre marchi e prodotti, a scegliere il menù. I clan sono in grado di soddisfare anche i palati più esigenti. Forniscono di tutto. Noi paghiamo, loro incassano. Un giro d’affari di circa 70 miliardi di euro l’anno. Di fatto una tassa occulta sui prodotti, una tassa che pesa sulle tasche degli ignari consumatori e che arricchisce i trentuno clan che hanno le mani in pasta. La faccia concreta di una mafia ingorda e insaziabile che agisce in ogni comparto, dalla coltivazione alla vendita, altera la libera concorrenza, influenza i prezzi di mercato, scarica i costi sul portafoglio dei cittadini e sfrutta il mondo del lavoro. Difficile da sanare, complicato da contrastare. Le attività criminali in questo settore si intrecciano e si confondono con quelle legali attraverso un complesso sistema di relazioni che coinvolge il contesto sociale, la struttura economica e quella istituzionale.
A tavola con i boss. Il nuovo libro di Peppe Ruggiero, un viaggio nel business dei prodotti alimentari gestiti dalla camorra.
Se i clienti non vanno da McDonald’s, allora saranno i Big Mac ad andare da loro. Almeno questo è il piano per gli Stati Uniti. Dopo un periodo di prova di due mesi in Florida, questa settimana McDonald’s ha detto che si sta preparando a introdurre la consegna in domicilio in alcuni ristoranti americani. La speranza – ha detto l’azienda – è compensare gli anni di vendite in calo rendendo ancora più difficile sfuggire a una delle catene più diffuse al mondo. «Vista la nostra straordinaria diffusione, McDonald’s è in una posizione unica per diventare il leader mondiale nel settore delle consegne», ha detto la società in un comunicato, aggiungendo che oggi quasi il 75 per cento degli americani vive a meno di cinque chilometri da un McDonald’s. «Il mercato delle consegne a domicilio dei ristoranti ha un valore da circa 94 miliardi di euro ed è cresciuto molto rapidamente», ha detto questa settimana la vicepresidente di McDonald’s Lucy Brady durante un evento con gli investitori, ha riportato da Bloomberg. «È un’opportunità importante», ha aggiunto Brady. Negli ultimi anni le consegne a domicilio nel settore alimentare – che è stato dominato dalla pizza per gran parte del secolo – sono cresciute molto. Secondo gli analisti gran parte di questa crescita è arrivata grazie a servizi esterni come Seamless, Postmates e DoorDash, che stringono collaborazioni con i ristoranti per portare il cibo nelle case dei clienti. Oggi negli Stati Uniti catene come Burger King e Cheesecake Factory offrono servizi di consegne a domicilio, come molti ristoranti locali. «Oggi quella delle consegne a domicilio è la tendenza più grande nel settore della ristorazione», ha detto Jonathan Maze, che scrive di finanza sulla rivista per addetti ai lavori Nation’s Restaurant News. «Molte catene di ristoranti stanno andando in questa direzione, e non c’è motivo per cui McDonald’s non dovrebbe fare altrettanto», ha aggiunto Maze.
McDonald’s farà consegne a domicilio negli Stati Uniti. Solo in alcuni ristoranti, per il momento: è un settore pieno di potenzialità, ma gli esperti non sono sicuri che funzionerà.
Dall’8 febbraio 2015 AMC trasmetterà uno spin-off di Breaking Bad, la serie tv di grande successo con Bryan Cranston terminata nel 2013. Lo spin-off in questione sarà intitolato Better Call Saul, come il motto del suo protagonista Saul Goodman, il bizzarro e cinico avvocato di Walter White e Jesse Pinkman interpretato da Bob Odenkirk. Dopo i teaser trailer e un atipico video promozionale, AMC ha diffuso una prima clip in cui compare uno dei personaggi più memorabili di Breaking Bad, Mike Ehrmantraut (interpretato da Jonathan Banks), e si intuisce come lui e Saul si sono conosciuti.
La prima clip di “Better Call Saul”, con Mike Ehrmantraut. Nelle prime immagini diffuse da AMC si intuisce come Saul ha conosciuto uno dei personaggi più memorabili di Breaking Bad.
Il cantante e chitarrista Dave Matthews è nato il 9 gennaio 1967 in Sudafrica, e oggi compie 50 anni: ha vissuto dai due anni in poi negli Stati Uniti, dove è diventato famosissimo tra gli anni Novanta e i Duemila con la sua Dave Matthews Band, un gruppo che ha sfornato un sacco di dischi finiti in testa alle classifiche americane. Le loro canzoni sono un po’ rock e un po’ folk, a volte mascherate con atmosfere jazz, spesso più articolate ritmicamente e melodicamente di quelle del loro stesso campionato: e sempre con attenzioni particolari per la parte strumentale, dimostrate soprattutto negli spettacolari e lunghi concerti (molto affollati, per via di una base di fan molto vasta e affezionata) in cui si divertono a rigirare e cambiare le proprie canzoni. Under the Table and Dreaming, il loro primo disco del 1994, arrivò all’undicesimo posto delle classifiche di vendita americane; Crash, del 1996, arrivò fino al secondo posto: da lì in avanti sono sempre arrivati al primo posto, fino al loro ultimo disco in studio, Away from the World del 2012. Matthews è sempre stato il leader e il componente più in vista della band, nella cui formazione iniziale c’era anche il sassofonista LeRoi Moore, morto nel 2008 per le conseguenze di un incidente mentre guidava un quad nella sua fattoria in Virginia. Nel 2017 la Dave Matthews Band si è presa il primo anno di pausa dai concerti da quando esiste, forse per fare un nuovo disco. Finora ne hanno venduti più di 30 milioni. Queste sono le sette canzoni scelte da Luca Sofri, peraltro direttore del Post, per il libro Playlist, la musica è cambiata.
7 canzoni della Dave Matthews Band. Famosissima e seguitissima negli Stati Uniti, un po' di nicchia dalle nostre parti, e da oggi guidata da un cinquantenne.
Facebook ha messo a disposizione di tutti Threads, una nuova applicazione per scambiarsi messaggi con i propri contatti più stretti su Instagram. Alcune caratteristiche della app erano già stata svelate lo scorso agosto dai siti di tecnologia, ma senza che Instagram fornisse conferme. Threads è stata pensata per rendere più semplice lo scambio di contenuti – fotografie e video – con i propri amici, assecondando la crescente richiesta degli utenti di spazi in cui possano rimanere in contatto solamente con le persone cui tengono di più tramite i social. Alcune funzionalità della nuova app, come la possibilità di creare aggiornamenti di stato automatici, sollevano però qualche preoccupazione per la privacy e sembrano (molto) ispirate a Snapchat. Quando viene avviata, Threads ricorda le app per la fotocamera: la prima cosa che si vede è infatti l’inquadratura fornita dall’obiettivo del proprio smartphone. L’idea è fornire un sistema che sia immediatamente pronto per scattare una fotografia o girare un video da condividere con i propri amici. Ai contenuti non si possono aggiungere filtri come avviene invece sulla classica app di Instagram. I propri contatti preferiti possono essere aggiunti nella parte inferiore della schermata, in modo da girargli più rapidamente i contenuti, senza doverli andare a cercare in un secondo momento nell’elenco degli amici.
Che cos’è Threads, la nuova app di Instagram. Serve per comunicare con gli amici più stretti, e ha un sistema un po' inquietante per condividere automaticamente gli aggiornamenti di stato.
In seguito a un concorso per artisti indetto nella primavera scorsa, la Norges Bank, la banca centrale norvegese, ha selezionato i disegni per le nuove banconote della corona norvegese che saranno stampate a partire dal 2017. Tra le varie proposte arrivate alla banca, sono stati scelti due disegni diversi: per il fronte delle banconote sarà usato il disegno proposto dallo studio The Metric System – più classico, molto elegante. Per il retro sarà usato il disegno “pixeloso”, molto originale, dello studio di architettura norvegese Snøhetta, uno dei più famosi e apprezzati al mondo. (La proposta di “The Metric System” per la banconota da 100, scelta per il fronte)
Le nuove banconote norvegesi, coi pixel. Sul fronte sarà utilizzato uno stile più classico, sul retro ci saranno immagini “pixelose” disegnate dallo studio norvegese Snøhetta.
La sonda spaziale OSIRIS-REx della NASA ha raccolto molto più materiale del previsto dall’asteroide Bennu, intorno al quale orbita a circa 320 milioni di chilometri da noi, causando un’anomalia nel suo sistema di raccolta. La copertura del braccio meccanico con cui ha effettuato l’operazione è rimasta lievemente aperta a causa dei detriti in eccesso, e alcuni di questi stanno fuoriuscendo nell’ambiente spaziale circostante. OSIRIS-REx è una delle missioni spaziali più ambiziose degli ultimi tempi per la NASA. La sonda era stata lanciata nel 2016 e nel 2018 ha raggiunto Bennu, un asteroide che ha una massa stimata intorno ai 70 milioni di tonnellate e un diametro massimo di 565 metri. Uno degli obiettivi della missione, il più complicato, prevede che OSIRIS-REx prelevi frammenti dell’asteroide, li raccolga in un contenitore e li riporti poi sulla Terra per poterli analizzare. Lo studio di quei frammenti potrebbe infatti offrire nuovi indizi su come si formò il nostro sistema solare, miliardi di anni fa.
La sonda OSIRIS-REx ha esagerato. Ha raccolto più materiale del previsto dall'asteroide Bennu, a 320 milioni di chilometri da noi, e ora ne sta perdendo un po' dando qualche grattacapo alla NASA.
Il blog Pop Topoi ha pubblicato un’infografica che racconta efficacemente come sono andate le cose per la musica in Italia nel 2012, da chi è rimasto più a lungo in classifica ai paesi di provenienza delle canzoni.
La classifica italiana della musica nel 2012. In un'infografica, fatta da Pop Topoi.
Le consultazioni tra Matteo Renzi e Beppe Grillo sono iniziate alle 13.45 e sono finite dopo dieci minuti – dieci minuti di niente: Grillo ha detto che Renzi rappresenta i poteri forti e le banche e non lo ha mai fatto parlare per più di tre secondi (durante queste pause Renzi gli ha detto “Esci da questo blog!”, e più di una volta gli ha chiesto “fammi parlare”). Era la prima volta che Grillo “discuteva” in diretta con un leader politico nazionale. L’incontro con il M5S conclude le consultazioni: Renzi ha detto che stasera andrà da Napolitano a riferire sull’esito dei colloqui, si prenderà la giornata di domani per la scrittura di un “documento programmatico” e pensa di poter presentare il governo sabato, per portarlo in Parlamento la settimana prossima a chiedere la fiducia. Il video dell’incontro Renzi-Grillo:
L’imbarazzante incontro tra Renzi e Grillo. Il video delle "consultazioni" tra il presidente del Consiglio incaricato e il capo del M5S, che sono finite dopo dieci minuti di niente; intanto Renzi dice che farà il governo sabato.
Il presidente Obama potrebbe avere presto il potere di monitorare e controllare il traffico internet sul territorio statunitense, arrivando fino al punto di oscurare alcuni siti o “spegnere” del tutto la rete, in caso di emergenza nazionale. La misura è inserita in un progetto di legge bipartisan in discussione al senato. La legge consegna all’esecutivo il potere di dichiarare lo stato di “emergenza da sicurezza informatica” e chiudere o limitare il traffico di dati sulla rete “nell’interesse della sicurezza nazionale”. Inoltre, qualora entrasse in vigore, la misura darebbe al ministro del commercio la possibilità – sempre e solo in caso di emergenza nazionale – di avere accesso o monitorare qualsiasi dato transitato su qualsiasi rete senza dover rendere conto a nessuna delle leggi che normalmente regolerebbero queste pratiche. La legge sta agitando molto la rete americana e diversi gruppi per le libertà civili, secondo i quali la norma permetterebbe al presidente Obama – e a qualsiasi altro presidente, dopo di lui – la facoltà di “spegnere internet” per un tempo che potrebbe durare anche trenta giorni. Dall’altra parte, i sostenitori della legge sostengono che la sua finalità è la creazione di uno scudo che protegga gli Stati Uniti e le sue aziende dalla crescente minaccia dei cyberattacchi, come quelli occorsi a Google negli scorsi mesi provenienti dalla Cina.
Obama potrà spegnere internet? una legge in discussione al senato USA potrebbe dare al presidente la facoltà di bloccare la rete in caso di emergenza nazionale.
Stanotte qualcuno ha sparato cinque colpi di pistola contro la casa di Ario Gervasutti, giornalista del principale quotidiano di Venezia, Il Gazzettino, nella periferia di Padova: non ci sono feriti. Nella casa, oltre a Gervasutti, c’erano la moglie e i due figli. Al momento degli spari stavano tutti dormendo. Secondo la ricostruzione di Repubblica, che riprende una dichiarazione dello stesso Gervasutti, tre dei cinque colpi avrebbero bucato le tapparelle e i vetri della camera da letto di uno dei due figli e si sarebbero fermati in una parete interna della camera. I restanti due colpi si sarebbero invece fermati nel muro esterno della casa. Gervasutti ha detto di avere chiamato il numero di emergenza intorno all’1:45 del mattino; nella notte la strada è stata chiusa per permettere alla polizia scientifica di effettuare i rilievi. I giornali riprendono un virgolettato del giornalista pubblicato dal Gazzettino: «Al momento non ho idea di chi sia stato: non ho ricevuto minacce, ma non escludo che l’episodio sia legato alla mia attività professionale».
Qualcuno ha sparato contro la casa del giornalista Ario Gervasutti a Padova.
Honda, Hyundai e Toyota sono i principali produttori di automobili a batterie al mondo, e pensano che un giorno tutti guideremo automobili alimentate a idrogeno: o almeno lo sperano per i loro affari. Il problema è che le tecnologie per l’auto a idrogeno sono ancora costose, poco diffuse e da sviluppare, per essere pienamente sostenibili. Per questo motivo, in attesa di tempi migliori, le tre case automobilistiche hanno deciso di concentrare i loro investimenti nelle auto ibride elettriche plug-in (PHEV), le cui batterie possono essere caricate attraverso una presa per la corrente elettrica e non solo tramite il motore a combustione interna. Automobili di questo tipo sono considerate più versatili e in alcune circostanze più economiche: un buon compromesso in attesa di soluzioni più radicali come l’alimentazione esclusivamente a idrogeno. Nelle classiche auto ibride elettriche ci sono due motori: uno a combustione interna e uno elettrico. Il primo, oltre a generare il movimento, carica le batterie per il secondo: in alcuni modelli, come la Prius di Toyota, il motore elettrico può funzionare da solo escludendo quello a combustione; in altre auto si attiva per dare più potenza a quello tradizionale. Per rendere più efficiente il sistema, alcune automobili trasformano inoltre l’energia delle frenate in energia elettrica, consentendo di ridurre ulteriormente il consumo di benzina. Fino a qualche anno fa il circuito delle auto ibride elettriche era chiuso: la carica delle batterie avveniva internamente e senza la possibilità di collegarle ad altre fonti per accumulare energia. Le cose sono cambiate con l’introduzione delle PHEV, che permettono ai loro proprietari di collegarle a una presa elettrica per caricare le batterie, rendendo meno costosa la ricarica rispetto a quella basata sulla benzina che fa muovere il motore a combustione.
Le auto ibride elettriche col filo. Toyota, Hyundai e Honda stanno investendo nelle macchine che si caricano attaccandole a una presa, in attesa delle tecnologie all'idrogeno.
I presidenti delle Regioni hanno presentato al governo una proposta per cambiare il complesso sistema di parametri attualmente utilizzato per decidere i colori delle regioni e quindi le conseguenti misure restrittive. L’obiettivo delle Regioni è semplificare il modello con il superamento dell’indice Rt, uno dei principali indicatori utilizzati per monitorare l’epidemia, e arrivare in tempi brevi all’abolizione del sistema a colori adottato dallo scorso novembre. Il governo dovrebbe valutare le proposte nei prossimi giorni, e sembra probabile che saranno accolte in larga parte. Contemporaneamente, si parla di un posticipo dell’orario di inizio del coprifuoco. Il nuovo modello proposto dalle Regioni si basa su due soli indicatori: l’incidenza settimanale e la percentuale di posti letto occupati da malati di COVID-19 in terapia intensiva e negli altri reparti sul totale dei posti disponibili. I criteri che regolano le chiusure sono molto semplici: con un’incidenza settimanale superiore ai 250 casi ogni 100mila abitanti ci sarà la zona rossa, tra i 150 e i 249 casi ogni 100mila abitanti la zona arancione, in giallo andranno le Regioni tra i 50 e i 149 contagi settimanali ogni 100mila abitanti, mentre è prevista la zona bianca con un’incidenza settimanale fino a 49 casi ogni 100mila abitanti.
La proposta delle regioni per cambiare i parametri dei colori. L'obiettivo è dare più peso all'incidenza settimanale, alla pressione sulle terapie intensive e meno all'indice Rt.
Un impegno molto insistente per il riconoscimento dei diritti agli stranieri senza cittadinanza è stato preso dalla campagna L’Italia sono anch’io e dal movimento Italiani senza cittadinanza. Oltre a informare l’opinione pubblica, tra il 2011 e il 2012 l’attività della campagna aveva raccolto le firme necessarie per depositare in Parlamento due leggi di iniziativa popolare: una riguardante la cittadinanza per i ragazzi nati o cresciuti in Italia da genitori stranieri e una relativa al diritto di voto alle amministrative per cittadini che lavorano e vivono in Italia regolarmente da più di cinque anni. Nel febbraio di quest’anno, le associazioni promotrici della campagna hanno intensificato la loro attività con una serie di iniziative, individuate sui social con lo hashtag #FebbraioDellaCittadinanza: per tutti i martedì del mese è stato organizzato un sit-in in piazza del Pantheon a Roma, nel quale i manifestanti hanno esposto dei grandi passaporti cartonati; tra 21 e il 24 febbraio sono state organizzate manifestazioni anche in altre città, come Milano e Torino, mentre il 28 c’è stata la manifestazione organizzata a livello nazionale.
Un febbraio da italiani. Il sit-in e le iniziative social che nel mese di febbraio sono state organizzate dalla campagna L'Italia sono anch'io e dal movimento Italiani senza cittadinanza.
Nelle prime ore della mattina del 18 maggio del 1944 una pattuglia dell’esercito polacco cominciò ad inerpicarsi lungo gli ultimi cento metri di parete rocciosa che separavano le rovine dell’Abbazia di Montecassino dalle posizioni che avevano raggiunto la notte precedente. I polacchi erano così spossati da settimane di combattimento che gli ufficiali avevano impiegato diversi minuti per mettere insieme abbastanza uomini ancora in forze da affrontare quell’ultimo tratto di strada. Quando arrivarono in cima issarono una bandiera in mezzo alle rovine e si fermarono a pregare per i compagni caduti nelle giornate precedenti. Tra le macerie del monastero trovarono soltanto una trentina di soldati tedeschi, feriti troppo gravemente per potersi muovere. Nella notte i “diavoli verdi”, uno dei reparti più temuti dell’esercito tedesco, avevano evacuato le rovine ritirandosi lungo la strada che portava a Roma. Dopo cinque mesi di combattimenti la battaglia più sanguinosa della campagna d’Italia, in cui si erano affrontati soldati di dieci nazioni diverse e che aveva visto l’inutile distruzione del monastero di Cassino insieme alla sua antichissima biblioteca, era finalmente terminata. La pugnalata all’ascella La campagna d’Italia cominciò nel luglio del 1943, quando l’esercito anglo-americano sbarcò in Sicilia (la storia di quella battaglia si può leggere qui). Nei piani dei comandanti alleati, la campagna sarebbe dovuta essere – come scrisse il primo ministro inglese Winston Churchill – “una pugnalata all’ascella della Germania”. Il piano era sconfiggere l’Italia, costringere i tedeschi a ritirarsi dalla penisola e arrivare rapidamente ai passi che dall’Italia del nord conducevano in Austria e di là in Germania. Questi piani ebbero successo soltanto per metà. L’8 settembre del 1943 l’Italia uscì effettivamente dalla guerra, ma i tedeschi non si ritirarono affatto e decisero di difendere la penisola palmo a palmo. Sfruttando il terreno montagnoso e la mancanza di strade riuscirono a combattere in Italia fino quasi alla fine della guerra.
Montecassino. Il 18 maggio 1944 terminò la più sanguinosa battaglia della campagna d'Italia, in cui si affrontarono eserciti di dieci nazioni diverse e fu distrutta un'antichissima abbazia.
L’1 novembre lo stabilimento di Napoli di Whirlpool, multinazionale specializzata nella produzione di elettrodomestici, smetterà la produzione. Lo ha annunciato l’azienda in una nota dopo l’incontro di martedì tra i dirigenti e il governo a palazzo Chigi, durante il quale il governo avrebbe voluto convincere l’azienda a tornare sulla sua decisione di cedere lo stabilimento, in cui lavorano 420 persone. Al termine dell’incontro, il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli ha detto ai giornalisti che l’azienda «continua a proporre come unica soluzione una cessione del ramo d’azienda sostanzialmente verso l’ignoto» e che «se Whirlpool continua ad avere un atteggiamento di scelte unilaterali, anche il governo farà le sue scelte unilaterali». La proposta del governo, ha detto Patuanelli, era di lasciare a Whirlpool la possibilità di cambiare il tipo di produzione dello stabilimento per andare incontro alle esigenze dell’azienda e evitando così la cessione, cosa che metterebbe a rischio i posti di lavoro.
Whirlpool ha confermato che lo stabilimento di Napoli smetterà la produzione a partire dall’1 novembre.
A partire da domenica 26 gennaio, il quotidiano tedesco Die Welt ha iniziato a pubblicare in esclusiva alcune foto e lettere dalla corrispondenza privata di Heinrich Himmler, uno degli uomini più importanti e potenti del regime nazista tedesco, il capo delle SS e una delle persone maggiormente responsabili dell’olocausto. Le lettere sono state scritte tra il 1927 e il 1945, e sono quasi tutte indirizzate alla moglie Margarete Boden e a sua figlia Gudrun. L’ultima lettera venne scritta 4 settimane prima che Himmler si suicidasse con un capsula di cianuro in una prigione inglese. Le lettere al momento sono conservate in una banca di Tel Aviv, in Israele. A quanto scrive Die Welt vennero recuperate nel 1945 da un militare americano in una cassaforte che si trovava nella casa della famiglia Himmler. Quello che accadde dopo non è chiaro e non si sa come le lettere siano finite in mano ad un cittadino israeliano che, dopo averle conservate per molti anni, le ha cedute ad un archivio privato che ha permesso a Die Welt di esaminarle. Gli esperti dell’Archivio Federale Tedesco che hanno studiato i documenti hanno certificato che si tratta di lettere autentiche.
Le lettere di Heinrich Himmler. Sono state ritrovate in Israele a 69 anni dalla morte di uno dei più importanti capi nazisti e sono indirizzate alla moglie.
La Lombardia è la regione in cui ci sono più casi confermati di contagi da coronavirus (SARS-CoV-2): più di 150. Il presidente della regione, Attilio Fontana, ha parlato di un «focolaio» di epidemia in provincia di Lodi, dove era stato individuato il primo caso confermato di coronavirus, a Codogno. A seguito dell’aumento dei casi, domenica sera la regione ha emanato un’ordinanza con cui è stata disposta una serie di divieti e chiusure per diminuire il rischio di contagio e diffusione del virus. Oltre ai casi della Lombardia, durante il weekend sono stati segnalati numerosi casi anche in altre regioni del Nord: in Veneto, in Emilia-Romagna, in Piemonte e in Trentino-Alto Adige.
Le cose da sapere sul coronavirus in Lombardia. Il numero dei contagi, cosa dice l'ordinanza della Regione e cosa fare in caso si presentino sintomi.
Quando un libro, un film o una serie tv hanno molto successo, capita che i luoghi in cui sono ambientati diventino famosi e diano vita anche a fenomeni turistici: tour gastronomici che ripropongono i piatti preferiti del protagonista, gite organizzate nelle strade che frequenta abitualmente, ricettari a tema, drink bevuti nelle hall degli hotel come il celebre Plaza di New York o l’Hotel des Bains di La morte a Venezia. Un altro oggetto di interesse sono le case più o meno immaginarie che hanno ispirato film o romanzi, come il castello di Dracula, o che sono state costruite rispettando le descrizioni del testo e trasformate in musei, come la Villa Villacolle di Pippi Calzelunghe. Paula Erizanu ha messo insieme su CNN un elenco di famose abitazioni fittizie, e ha chiesto alle società immobiliari di calcolare quanto costerebbe comprarle oggi sulla base delle loro dimensioni, della loro posizione, eccetera: per avere la sfarzosa e opulenta villa de Il Grande Gatsby ci vorrebbero 30 milioni di euro, e anche l’appartamento di Amélie Poulain a Montrmatre non è proprio accessibile a tutti, valendo più di 470 mila euro.
Quanto costerebbe la villa del Grande Gatsby? e l'appartamento di Amélie Poulain a Parigi? CNN ha calcolato il valore di alcune famose case di libri e serie tv.
Il bambino più fotografato dai giornali di questi giorni continua a essere il principe George di Inghilterra, ma al Post abbiamo deciso che questa settimana Annalise Bishop Foxx lo batteva di gran lunga, specialmente in questa foto insieme col padre Jamie Foxx e Denzel Washington. Per i nostalgici ci sono i musicisti Emmylou Harris e Willie Nelson, e l’attrice portoricana Rita Moreno – l’unica latinoamericana ad aver il premio Oscar, gli Emmy, i Grammy e i Tony Awards – che ha 82 anni e indossa senza problemi pizzi e pantaloni in pelle. John Travolta pare divertirsi molto a ballare con l’attrice di Bollywood Priyanka Chopra, Sharon Stone è sempre bellissima, e la famiglia reale olandese è decisamente la più simpatica d’Europa. Questo articolo non è più commentabile. Abbonati al Post per commentare le altre notizie.
Celebripost. Sharon Stone, Carlos Santana e soprattutto Annalise Bishop Foxx con suo padre Jamie e Denzel Washington, tra le persone venute bene in foto questa settimana.
Basta provare un rossetto comprato al supermercato per 4 euro e uno di Chanel acquistato per 35 euro per comprendere la differenza di qualità, dalla brillantezza del colore alla tenuta; ma è anche normale chiedersi se questo margine, insieme al prestigio del marchio, giustifichi un prezzo quasi otto volte superiore. E quant’è effettivamente costato produrre i due rossetti? Quando si parla di cosmetici è sempre molto difficile farsi un’idea del loro valore, perché è un’industria poco trasparente: sugli ingredienti, sulla catena di produzione e sui costi. Negli ultimi anni però, soprattutto negli Stati Uniti, sono nate nuove aziende che puntano sulla trasparenza e su un rapporto più chiaro con i clienti. Alcune si impegnano a non servirsi di test sugli animali, altre garantiscono la tutela dei diritti dei lavoratori, altre ancora rendono conto di ingredienti e prezzi. Sul Post abbiamo raccontato l’esperienza di Deciem, un’azienda statunitense famosa per la comunicazione diretta e una linea di prodotti molto essenziale, che vende a prezzi bassi i singoli ingredienti di creme e sieri, come la vitamina C, i retinoidi e gli antiossidanti. Un’altra storia di successo è quella di Beauty Pie, fondata nel 2017 da Marcia Kilgore. È una sorta di Netflix dei cosmetici di alta qualità venduti a prezzi di produzione; per ora spedisce solo in Regno Unito e Stati Uniti e non ci sono progetti di farlo in altri paesi. Sono possibili due forme di sottoscrizione: una da 10 dollari al mese (8,56 euro) per almeno tre mesi, oppure una annuale a 99 dollari (85 euro), con due mesi gratis. Per ogni prodotto sono indicati due prezzi: quello a cui si trova un prodotto dalla qualità equivalente in negozio e quello del prodotto di Beauty Pie, di cui vengono anche indicati i singoli costi di produzione e impacchettamento, magazzino e test per la sicurezza.
Quanto costa veramente un rossetto? anche dodici volte in meno del prezzo a cui lo compriamo: ma ora ci sono nuove aziende di cosmetici che riescono a contenere molto i prezzi.
Il 27 gennaio 2014 l’ex ministro Claudio Scajola, 66 anni, è stato assolto al termine di un processo riguardo la vicenda che nel 2010 portò alle sue dimissioni da ministro dello Sviluppo Economico: un appartamento di 210 metri quadrati a Roma, nei pressi del Colosseo (in via del Fagutale), secondo l’accusa era stato pagato in parte da un costruttore, Diego Anemone, mentre Scajola aveva versato una cifra molto inferiore al valore di mercato dell’immobile. Scajola all’epoca disse che Anemone aveva pagato parte della cifra «a sua insaputa», frase che generò molte ironie e prese in giro. I giudici però gli hanno dato ragione. Per questa vicenda Scajola si era dimesso da ministro nell’allora governo Berlusconi il 4 maggio 2010 ed era stato rinviato a giudizio per finanziamento illecito alla fine del 2011. Nel corso del processo, il pubblico ministero aveva chiesto tre anni di carcere e una multa di un milione di euro. Anche Diego Anemone – coinvolto in alcune inchieste sui lavori per il G8 della Maddalena – era stato rinviato a giudizio, ma è stato assolto per prescrizione.
Perché Scajola è stato assolto. Il giudice ha detto che la casa al Colosseo – la storia per cui si dimise da ministro – fu davvero parzialmente pagata da altri «a sua insaputa».