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pi.... Dimmi di te! Dimmi di te! bello il Deserto? |
=Egli parla in una maniera singolare, come trasognando, con un misto di |
agitazione e di stupore.= |
COSIMO DALBO. |
Ti dir. Ma bisogna che tu non ti affatichi. Ti racconter tutto il mio |
pellegrinaggio; verr da te ogni giorno, se mi vuoi; rimarr con te |
quanto ti piacer, ma senza che tu ti stanchi. Siedi qui.... |
LUCIO SETTALA, =sorridendo.= |
Tu credi che io sia tanto debole? |
COSIMO DALBO. |
No; tu stai gi bene, ma meglio che tu non ti stanchi. Siedi qui.... |
=Lo fa sedere presso la finestra; guarda la collina disegnata puramente |
sul cielo d'aprile.= |
Ah, mio caro, cose meravigliose hanno mirato i miei occhi e hanno bevuto |
una luce al cui paragone anche questa sembra smorta; ma, quando rivedo |
una semplice linea come quella l (guarda l San Miniato!), mi sembra di |
ritrovar tutto me stesso dopo un intervallo di errore. Guarda l il |
poggio benedetto! La piramide di Chope non fa dimenticare la Bella |
Villanella; e pi d'una volta, nei giardini di Koubbeh e di Gizeh, |
serbatoi di miele, masticando un grano di resina, ho pensato a uno |
svelto cipresso toscano sul limite di un oliveto magro. |
LUCIO SETTALA, =socchiudendo gli occhi sotto l'alito primaverile.= |
Si sta bene qui; vero? C' un odore di violette.... C' forse un mazzo |
di violette nella stanza? Silvia ne mette da per tutto, anche sotto il |
mio guanciale. |
COSIMO DALBO. |
Sai? Ti ho portato, tra le pagine di un Corano, le violette del Deserto. |
Le ho colte nel giardino di un monastero persiano, in vicinanza della |
Tebaide, ai fianchi del Mokattam, su un'altura di sabbia. L, in una |
caverna scavata nel monte, coperta di tappeti e di cuscini, i monaci |
offrono al visitatore un th d'un sapore speciale, il th arabo, |
profumato di violette. |
LUCIO SETTALA. |
E tu me le hai portate, sepolte nel libro! Tu eri felice quando le |
coglievi, laggi; e io avrei potuto esser teco. |
COSIMO DALBO. |
Tutto era oblio, laggi. Salivo per una lunga scala di pietra, diritta, |
che conduce dal piede della montagna alla porta dei Bectaschiti. Il |
Deserto era intorno: una immensa aridit allucinante dove soli vivevano |
il palpito del vento e il tremolio del calore. Non distinguevo qua e l, |
tra le dune, se non le pietre bianche dei cimiteri arabi. Udivo i gridi |
degli sparvieri, altissimi nel cielo. Guardavo sul Nilo passare a torme |
le barche dalle grandi vele latine, bianche, lente, di continuo, di |
continuo, come fiocca la neve. E a poco a poco mi rapiva un'estasi che |
tu non puoi ancora aver conosciuto: l'estasi della luce. |
LUCIO SETTALA, =con una voce che pare lontana.= |
E io avrei potuto esser teco, oziare, obliare, sognare, inebriarmi di |
luce. Tu hai navigato sul Nilo, vero?, in una vecchia barca carica di |
otri, di sacchi e di gabbie. Tu sei disceso in un'isola verso sera; tu |
eri vestito di lana bianca; tu avevi sete; tu ti sei dissetato a una |
sorgente; tu hai camminato a piedi nudi sui fiori; e l'odore era cos |
forte che ti pareva di non aver pi fame. Ah, ho pensato, ho sentito |
queste cose, dal mio guanciale.... E anche pel deserto ti seguivo, |
quando la febbre era pi alta: per un deserto di sabbie rosse, tutto |
seminato di pietre brillanti che si sfaldavano crepitando come i |
sarmenti al fuoco. |
=Una pausa. Egli si solleva un poco, interrogando con un accento chiaro, |
ad occhi aperti.= |
E la Sfinge? |
COSIMO DALBO. |
La prima volta la vidi di notte, al lume delle stelle, profondata nella |
sabbia che conservava ancora l'impronta violenta dei turbini. Soltanto |
la faccia e la groppa emergevano da quella specie di gorgo placato, la |
forma umana e la bestiale. La faccia, dove l'ombra nascondeva le |
mutilazioni, in quell'ora mi parve bellissima: calma, augusta e cerulea |
come la notte, quasi mite! Non v', Lucio, cosa al mondo che sia pi |
sola di quella; ma la mia anima era come dinanzi a moltitudini che |
dormissero e su le cui ciglia cadesse la rugiada. La rividi, poi, di |
giorno. La faccia era bestiale come la groppa; il naso e le gote erano |
corrosi; il fimo degli uccelli bruttava le bende. Era il pesante mostro |
senz'ali imaginato dagli scavatori di sepolcri, dagli imbalsamatori di |
cadaveri. E mi riapparve nel sole la tua Sfinge imperiosa e pura che |
porta le ali imprigionate vive negli omeri. |
LUCIO SETTALA, =con una commozione subitanea.= |
La mia statua? Tu parli della mia statua? Tu la vedesti, vero, prima |