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Traduci in volgare fiorentino:
| Ma se presso al mattin del ver si sogna,
tu sentirai di qua da picciol tempo
di qu el che Prato, non ch’altri, t’agogna. | Ma, sei sogni del mattino son veritieri, tu proverai tra poco le sventure che Prato e le altre città ti augurano. |
Traduci in volgare fiorentino:
| E se già fosse, non saria per tempo.
Così foss’ei, da che pur esser dee!
ché più mi graverà, com’più m’attempo. | E, se ciò fosse già accaduto, non sa-rebbe troppo presto. Oh fosse già accaduto, se proprio deve accadere, perché quanto più invecchio tanto più le tue sventuremi faranno soffrire! |
Traduci in volgare fiorentino:
| Noi ci partimmo, e su per le scalee
che n’avea fatto iborni a scender pria,
rimontò ‘l duca mio e t rasse mee;
e proseguendo la solinga via,
tra le schegge e tra ‘ rocchi de lo scoglio
lo piè sanza la man non si spedia. | Noi partimmo di là: la mia guida risalì per le scale di roccia, che prima ci avevano fatto scendere, etrasse anche me. Proseguendo la via solitaria, tra le schegge etra le rocce dell’argine il piede non riusciva ad avanzare senza l’aiuto della mano. |
Traduci in volgare fiorentino:
| Allor mi dolsi, e ora mi ridoglio
quando drizzo la mente a ciò ch’io vidi,
e più lo ‘ngegno affreno ch’i’ non soglio,
perché non corra che virtù nol guidi;
sì che, se stella bona o miglior cosa
m’ha dato ‘l ben, ch’io stessi nol m’invidi. | A llora mi addolorai, ed ancora mi addoloro, quando ricor-do ciò che vidi, e pongo freno all’ingegno più di quanto non faccia solitamente, affinché non corra senza esser guidato dal suo valore. Così, se la mia buona stella o una cosa migliore (=la grazia divina) mi han dato il ben dell’ intelletto, io non ne f arò un cattivo uso. |
Traduci in volgare fiorentino:
| Quante ‘l villan ch’al poggio si riposa,
nel tempo che colui che ‘l mondo schiara
la faccia sua a noi tien meno ascosa,
come la mosca cede alla zanzara,
vede lucciole giù per la vallea,
forse colà dov’e’ vendemmia e ara:
di tante fiamme tutta risplendea
l’ottava bolgia, sì com’io m’accorsi
tosto che fui là ‘ve ‘l fondo parea. | Il contadino, che si riposa sulla collina quando il sole che illumina la terra ci tiene meno nascosta la sua faccia (=d’estate) e nel momento in cui la mosca cede il posto alla zanzara (=al crepuscolo), vede giù per la valle, forse là dove vendemmia ed ara, tante lucciole quante sono le fia mmelle che rendevano tutta splendente l’ottava bolgia. Di ciò mi accorsi non appena fui sull’arco di ponte da cui appariva il fondo della bolgia. |
Traduci in volgare fiorentino:
| E qual colui che si vengiò con li orsi
vide ‘l carro d’Elia al dipartire,
quando i cavalli al cielo erti levorsi,
che nol potea sì con li occhi seguire,
ch’el vedesse altro che la fiamma sola,
sì come nuvoletta, in sù salire:
tal si move ciascuna per la gola
del fosso, ché nessuna mostra ‘l furto,
e ogne fiamma un peccatore invola. | E come E-liseo, che fu vendicato con gli orsi, vide partire il carro d’Elia quando i cavalli si alzarono diretti verso il cielo, e non poteva seguirlo con gli occhi ma vedeva soltanto la fiamma salire inalto, simile ad una nuvoletta; allo stesso modo si muove ciascuna fiamma per lo stretto spazio della bolgia. Ne ssuna lascia vedere il peccatore che rapisce ed ognuna avvolge un peccatore. |
Traduci in volgare fiorentino:
| Io stava sovra ‘l ponte a veder surto,
sì che s’io non avessi un ronchion preso,
caduto sarei giù sanz’esser urto. | Io stavo sopra il ponte emi sporgevo per vedere, così che, se non avessi afferrato un masso, sarei caduto giù senza e sser spinto da alcuno. |
Traduci in volgare fiorentino:
| E ‘l duca che mi vide tanto atteso,
disse: “Dentro dai fuochi son li spirti;
catun si fascia di quel ch’elli è inceso”. | La mia guida, che mi vide così intento a guardare, disse: « Gli spiriti son dentro ai fuochi: ognuno di essi è avvolto da quella fiamma che lo arde». |
Traduci in volgare fiorentino:
| “Maestro mio”, rispuos’io, “per udirti
son io più certo; ma già m’era avviso
che così fosse, e già voleva dirti:
chi è ‘n quel foco che vien sì diviso
di sopra, che par surger de la pira
dov’Eteòcle col fratel fu miso?”. | «O maestro mio» risposi, «dopo le tue parole ne sono più sicuro, ma ero già dell’avviso che fosse così e già ti volevo dire: chi è in quel fuoco che ha due punte, tanto che sembra sorgere dalla pira dove Etéocle fu messo con il fratello Pol inìce? » |
Traduci in volgare fiorentino:
| Rispuose a me: “Là dentro si martira
Ulisse e Diomede, e così insieme
a la vendetta vanno come a l’ira;
e dentro da la lor fiamma si geme
l’agguato del caval che fé la porta
onde uscì de’ Romani il gentil seme. | Mi rispose: « Là dentro scontano la loro pena Ulisse e Diomede: insieme vanno incontro alla vendetta (=giustizia divina) come insieme prepararono i loro inganni. Dentro la fiamma piangono l’agguato del cavallo, che aprì la breccia (=nelle mura di Tr oia), da cui uscì la nobile discendenza dei romani; |
Traduci in volgare fiorentino:
| Piangevisi entro l’arte per che, morta,
Deidamìa ancor si duol d’Achille,
e del Palladio pena vi si porta”. | piangono l’astuzia per la quale anche dopo morta Deidamìa si lamenta di Achille; e scontano la colpa di aver rubato la statua di Pàllade Atena ». |
Traduci in volgare fiorentino:
| “S’ei posson dentro da quelle faville
parlar”, diss’io, “maestro, assai ten priego
e ripriego, che ‘l priego vaglia mille,
che non mi facci de l’attender niego
fin che la fiamma cornuta qua vegna;
vedi che del disio ver’ lei mi piego!”. | « Se fosse possibile parlare dall’interno di quelle fia mmelle » dissi, «o maestro, ti prego assai e ti prego nuovamente, tanto che la preghiera mi valga come mille preghiere, che tu non mi neghi di aspettarli, finché la fiamma a due punte non viene qui. Vedi che mi piego verso di essa per il desiderio di sentirla parla re!» |
Traduci in volgare fiorentino:
| Ed elli a me: “La tua preghiera è degna
di molta loda, e io però l’accetto;
ma fa che la tua lingua si sostegna. | Ed egli a me: «La tua preghiera è lodevole, perciò l’accolgo. Ma fa’ che la tua lingua si astenga dal parlare. |
Traduci in volgare fiorentino:
| Lascia parlare a me, ch’i’ ho concetto
ciò che tu vuoi; ch’ei sarebbero schivi,
perch’e’ fuor greci, forse del tuo detto”. | Lascia farea me, ho capito ciò che vuoi. Essi potrebbero rifiutarsi di risponderti, perché furono greci (=e perciò altezzosi) ». |
Traduci in volgare fiorentino:
| Poi che la fiamma fu venuta quivi
dove parve al mio duca tempo e loco,
in questa forma lui parlare audivi:
“O voi che siete due dentro ad un foco,
s’io meritai di voi mentre ch’io vissi,
s’io meritai di voi assai o poco
quando nel mondo li alti versi scrissi,
non vi movete; ma l’un di voi dica
dove, per lui, perduto a morir gissi”. | Dopo che la fiamma venne dove parve alla mia guida tempo e luogo opportuni, sentii pronunciare queste pa-role: «O voi, che siete in due dentro un fuoco, se io acquistai merito presso di voi mentre vissi, se io acquistai merito piccolo o grande quando in vita scrissi i versi immortali, fermàt evi! Uno di voi mi dica dove, perdùtosi, andò a morire!». |
Traduci in volgare fiorentino:
| Lo maggior corno de la fiamma antica
comi nciò a crollarsi mormorando
pur come quella cui vento affatica;
indi la cima qua e là menando,
come fosse la lingua che parlasse,
gittò voce di fuori, e disse: “Quando
mi diparti’ da Circe, che sottrasse
me più d’un anno là presso a Gaeta,
prima ch e sì Enea la nomasse,
né dolcezza di figlio, né la pieta
del vecchio padre, né ‘l debito amore
lo qual dovea Penelopé far lieta,
vincer potero dentro a me l’ardore
ch’i’ ebbi a divenir del mondo esperto,
e de li vizi umani e del valore;
ma misi me per l’alto mare aperto
sol con un legno e con quella compagna
picciola da la qual non fui diserto. | Il corno più grande di quella fiamma antica cominciò ad agitarsi ea crepitare, come una fiamma agitata dal vento. Quindi, muovendo la cima qua e là come se fosse una lingua che parlasse, emise una voce e disse: «Quando partii da Circe, che mi trattenne più di un anno vicino a Gaeta prima che così Enea la chiamasse, né la tenerezza per mio figlio né il rispetto per mio padre né il dovuto amore con cui dovevo far felice Penelope riuscirono avincere dentro di me il desiderio che ebbi di divenire esperto del mondo, dei vizi umani e delle capacità. Pe rciò mi diressi verso il mare occidentale soltanto con una nave e con quella piccola compagnia, dalla qu ale non fui mai abbandonato. |
Traduci in volgare fiorentino:
| L’un lito e l’altro vidi infin la Spagna,
fin nel Morrocco, e l’isola d’i Sardi,
e l’altre che quel mare intorno bagna. | Vidi l’una e l’altra spiaggia fino alla Spagna e fino al Marocco, vidi l’isola dei sardi e le altre isole bagnate da quel mare (=la Sardegna e le Baleari). |
Traduci in volgare fiorentino:
| Io e ‘ compagni eravam vecchi e tardi
quando venimmo a quella foce stretta
dov’Ercule segnò li suoi riguardi,
acciò che l’uom più oltre non si metta:
da la man destra mi lasciai Sibilia,
da l’altra già m’avea lasciata Setta. | Io ei miei compagni eravamo vecchie lenti, quando giungemmo allo stretto di Gibilterra, dove Ercole segnò i confini della terra, affinché nessun uomo si spingesse oltre. A destra mi lasciai Siv iglia, mentre a sinistra mi ero già lasciata Cèuta. |
Traduci in volgare fiorentino:
| “O frati”, dissi “che per cento milia
perigl i siete giunti a l’occidente,
a questa tanto picciola vigilia
d’i nostri sensi ch’è del rimanente,
non vogliate negar l’esperienza,
di retro al sol, del mondo sanza gente. | “O fratelli” dissi, “che affrontando mille pericoli siete giunti all’estre mo limite dell’occidente, a questa tanto piccola vigilia dei nostri sensi, che ci rimane, non vogliate negare l’esperienza, seguendo il corso del sole, di e-splorare il mondo senza gente. |
Traduci in volgare fiorentino:
| Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza”. | Considerate la vostra origine: non siete nati per v iver come bruti (=esseri senza ragione), ma per conseguire valore e conoscenza.” |
Traduci in volgare fiorentino:
| Li miei compagni fec’io sì aguti,
con questa orazion picciola, al cammino,
che a pena poscia li avrei ritenuti;
e volta nostra poppa n el mattino,
de’ remi facemmo ali al folle volo,
sempre acquistando dal lato mancino. | Con questo breve discorso io feci i miei compagni così desiderosi di continuare il viaggio, che a fatica poi sarei riuscito a trattenerli. E, volta la nostra poppa nel [sole del] mattino, facemmo dei remi ali al folle volo, piegando sempre più dal lato mancino. |
Traduci in volgare fiorentino:
| Tutte le stelle già de l’altro polo
vedea la notte e ‘l nostro tanto basso,
che non surgea fuor del marin suolo. | La notte già ci mostrava tutte le stelle dell’altro polo, mentre il nostro polo [era divenuto tanto basso sull’orizzonte, che] non sorgeva fuori della superficie marina. |
Traduci in volgare fiorentino:
| Cinque volte racceso e tante casso
lo lume era d i sotto da la luna,
poi che ‘ntrati eravam ne l’alto passo,
quando n’apparve una montagna, bruna
per la distanza, e parvemi alta tanto
quanto veduta non avea alcuna. | Cinque volte si era accesa e cinque spenta la parte inferiore della luna, dopo che avevamo iniziato l’ ardua impresa, quando ci apparve una montagna (=il purgatorio), bruna per la distanza, che mi sembrò tanto alta quanto non ne avevo mai viste. |
Traduci in volgare fiorentino:
| Noi ci allegrammo, e tosto tornò in pianto,
ché de la nova terra un turbo nacque ,
e percosse del legno il primo canto. | Noi ci rallegrammo, ma sù-bito [la nostra gioia] si tramutò in pianto, perché dalla nuova terra sorse un turbine che percosse la prua della nave. |
Traduci in volgare fiorentino:
| Tre volte il fé girar con tutte l’acque;
a la quarta levar la poppa in suso
e la prora ire in giù, com’altrui piacque,
infin che ‘l mar fu sovra noi richiuso”. | Tre volte la fece girare con tutta l’acqua circostante, alla quarta fece alzar la poppa in alto e fece andar la prua in giù, come ad altri (=Dio) piacque, finché il mare si rinchiuse sopra di noi». |
Traduci in volgare fiorentino:
| Già era dritta in sù la fiamma e queta
per non dir più, e già da noi sen gia
con la licenza del dolce poeta,
quand’un’altra, che dietro a lei venia,
ne fece volger li occhi a la sua cima
per un confuso suon che fuor n’uscia. | Ormai la fiamma [di Ulisse] era dritta in alto e quieta, perché non parlava più, e ormai lontano da noi se ne andava con la licenza del dolce poeta, quando un’altra [fiamma] (=Guido da Montefe ltro), che veniva dietro di lei, ci fece volger gli occhi sulla sua cima, per un suono confuso che ne usciva. |
Traduci in volgare fiorentino:
| Come ‘l bue cicilian che mugghiò prima
col pianto di colui, e ciò fu dritto,
che l’avea temperato con sua lima,
mugghiava con la voce de l’afflitto,
sì che, con tutto che fosse di rame,
pur el pareva dal dolor trafitto;
così, per non aver via né forame
dal principio nel foco, in suo linguaggio
si convertian le parole grame. | Come il bue siciliano [di Perillo], che mugghiò prima con il pianto di colui – e ciò fu giusto – che l’aveva costruito con la sua lima, muggiva con la voce del suppliziato, tanto che, per quanto fosse di rame (=bronzo), appariva trafitto dal dolore; c osì, per non trovar da principio nel fuoco né via [d’uscit a] né foro, nel suo (=del fuoco) linguaggio si convertivano le parole grame. |
Traduci in volgare fiorentino:
| Ma poscia ch’ebber colto lor viaggio
su per la punta, dandole quel guizz o
che dato avea la lingua in lor passaggio,
udimmo dire: “O tu a cu’ io drizzo
la voce e che parlavi mo lombardo,
dicendo “Istra ten va, più non t’adizzo”,
perch’io sia giunto forse alquanto tardo,
non t’incresca restare a parlar meco;
vedi che non incresce a me, e ardo!
Se tu pur mo in questo mondo cieco
caduto se’ di quella dolce terra
latina ond’io mia colpa tutta reco,
dimmi se Romagnuoli han pace o guerra;
ch’io fui d’i monti là intra Orbino
e ‘l giogo di che Tever si diserra”. | Ma, dopo che ebbero trovato la loro via su per la punta [della fia mma], dandole quel guizzo che le avrebbe dato la lingua al loro passaggio, udimmo dire: « O tu, al quale io drizzo la voce e che parlavior ora lombardo (=italiano) dicendo “Ora va’, più non ti spingo [a parlare]”, perché io son giunto forse troppo tardi, non ti rincresca direstare a parlare con me: vedi che non rincresce a me, e ardo! Se tu soltanto ora in questo mondo cieco sei caduto da quella dolce terra latina (=italiana) dalla quale io reco tutta la mia colpa, dimmi sei rom agnoli hanno pace o guerra, perché io fui dei monti [che sorgono] là tra Urbino ela giogaia[ dell’Appennino], dalla qu ale nasce il T evere». |
Traduci in volgare fiorentino:
| Io era in giuso ancora attento e chino,
quando il mio duca mi tentò di costa,
dicendo: “Parla tu; questi è latino”. | Io ero ancor tutto attento e chino in giù, quando la mia guida mi toccò [con il gomito] nel fianco, dicendo: «Parla tu; questo è latino (=italiano) ». |
Traduci in volgare fiorentino:
| E io, ch’avea già pronta la risposta,
sanza indugio a parlare incominciai:
“O anima che se’ là giù nascosta,
Romagna tua non è, e non fu mai,
sanza guerra ne’ cuor de’ suoi tiranni;
ma ‘n palese nessuna or vi lasciai. | Ed io, che avevo già pronta la risposta, senza indugio incominciai a parlare: «O anima, che sei laggiù nascosta [dalla fiamma], la tua Rom agna non è, e non fu mai, senza guerra nel cu ore dei suoi tiranni, ma in palese (=di visibile) nessuna ora vi lasciai. |
Traduci in volgare fiorentino:
| Ravenna sta come stata è molt’anni:
l’aguglia da Polenta la si cova,
sì che Cervia ricuopre co’ suoi vanni. | R avenna sta com’è stata da molti anni [a questa parte]: l’aquila dei da Pole nta se la cova (=la protegge), così come ricopre Ce rvia con le sue ali. |
Traduci in volgare fiorentino:
| La terra che fé già la lunga prova
e di Franceschi sanguin oso mucchio,
sotto le branche verdi si ritrova. | La terra (=Forlì), che già fece lunga resistenza e sanguinoso mucchio (=strage) di francesi, siritrova sotto le branche verdi [degli O rdelaffi]. |
Traduci in volgare fiorentino:
| E ‘l mastin vecchio e ‘l nuovo da Verrucchio,
che fecer di Montagna il mal governo,
là dove soglion fan d’i denti succhio. | E il vecchio e il nu ovo mastino (=Malatesta e Malatestino) da Verrucchio, che fece ro strazio di Montagnana dei Parcitadi, là, come il solito, fan succhiello dei denti (=dissanguano i loro sudditi). |
Traduci in volgare fiorentino:
| Le città di Lamone e di Santerno
conduce il lioncel dal nido bianco,
che muta parte da la state al verno. | Le città bagnate dal Lamone e dal Santerno (= Faenza e Imola) son sotto il leoncello dal nido bianco (=Maghinardo Pagani da Susinana) che muta partito dall’estate all’inverno. |
Traduci in volgare fiorentino:
| E quella cu’ il Savio bagna il fianco,
così com’ella sie’ tra ‘l piano e ‘l monte
tra tirannia si vive e stato franco. | E quella (=Cese na), della quale il [fiume] Savio bagna il fianco, così come essa siede tra la pianura ela montagna, vive tra tirannia e libere istituzioni. |
Traduci in volgare fiorentino:
| Ora chi se’, ti priego che ne conte;
non esser duro più ch’altri sia stato,
se ‘l nome tuo nel mondo tegna fronte”. | Ora ti prego dira ccontarci chi sei: non esser duro (=restìo) [a rispondere] più di quanto altri (=Dante stesso) sia stato [con te], possa il tuo nome durare lungamente nel mondo!». |
Traduci in volgare fiorentino:
| Poscia che ‘l foco alquanto ebbe rugghiato
al modo suo, l’aguta punta mosse
di qua, di là, e poi diè cotal fiato:
“S’i’ credesse che mia risposta fosse
a persona che mai tornasse al mondo,
questa fiamma staria sanza più scosse;
ma però che già mai di questo fondo
non tornò vivo alcun, s’i’ odo il vero,
sanza tema d’infamia ti rispondo. | Dopo che il fuoco ebbe ruggito alquanto nel suo [solito] modo, la punta acuta [della fiamma] si mosse di qua e di là; poi emise tali par ole: «Se io credessi che la mia risposta fosse per una persona che dovesse tornare nel mondo, questa fiamma sarebbe senza più scosse (=tacerebbe). Ma, poiché mai da questo fondo tornò alcun vivo, se io odo il vero, senza timore d’infamia ti rispondo. |
Traduci in volgare fiorentino:
| Io fui uom d’arme, e poi fui cordigliero,
credendomi, sì cinto, fare ammenda;
e certo il creder mio venìa intero,
se non fosse il gran prete, a cui mal prenda!,
che mi rimise ne le prime co lpe;
e come e quare , voglio che m’intenda. | Io fui uomo d’arme, e poi fui frate francescano, credendo, così cinto, di fare ammenda [dei miei peccati]. E certamente il mio credere si sarebbe avverato per intero, se non ci fosse stato il gran prete (=papa Bon ifacio VIII), al quale incolga ogni malanno!, che mi rimise nelle prime colpe. E come e perché [avvenne] voglio che tu intenda. |
Traduci in volgare fiorentino:
| Mentre ch’io forma fui d’ossa e di polpe
che la madre mi diè, l’opere mie
non furon leonine, ma di volpe. | Mentre io ebbi forma di ossa e di carne che mia madre mi diede, le mie opere non furon di leone, ma di volpe. |
Traduci in volgare fiorentino:
| Li accorgimenti e le coperte vie
io seppi tutte, e sì menai lor arte,
ch’al fine de la terra il suo no uscie. | Io seppi tutti gliaccorgimenti e tutte le vie coperte, ene feci tale uso, che la fama giunse al confine della terra. |
Traduci in volgare fiorentino:
| Quando mi vidi giunto in quella parte
di mia etade ove ciascun dovrebbe
calar le vele e raccoglier le sarte,
ciò che pria mi piacea, allor m’increbbe,
e pentuto e confesso mi rendei;
ahi miser lasso! e giovato sarebbe. | Quando mi vidi giunto in quella parte della mia età (=la vecchiaia) in cui ciascuno dovrebbe calar le velee racc oglier le sàrtie, ciò che prima mi piaceva, allora mi rincrebbee, pentito e confesso, mi feci frate. Ah imè infelice! E[ppure mi] sarebbe giovato, [se non mi fossi lasciato sviare]! |
Traduci in volgare fiorentino:
| Lo principe d’i novi Farisei,
avendo guerra presso a Laterano,
e non con Saracin né con Giudei,
ché ciascun suo nimico era cristiano,
e nessun era stato a vincer Acri
né mercatante in terra di Soldano;
né sommo officio né ordini sacri
guardò in sé, né in me quel capestro
che solea fare i suoi cinti più macri. | Il principe dei nuovi farisei (=papa Bonifacio VIII), avendo guerra presso il L aterano (=Ro ma) [contro i Colonna] e non con[tro] i saraceni né con[tro] i giudei, perché ciascun suo nemico era cristiano e nessuno era stato avincere [come infedele la città di] Acri [in Siria] né [aveva fatto il] mercante nella terra del sultano, né sommo ufficio né ordini sacri guardò in sé, né in me quel cordone, che soleva far più magri coloro che lo cingevano. |
Traduci in volgare fiorentino:
| Ma come Costantin chiese Silvestro
d’entro Siratti a guerir de la lebbre;
così mi chiese questi per maestro
a guerir de la sua superba febbre:
domandommi consiglio, e io tacetti
perché le sue parole p arver ebbre. | Ma, come C ostantino fece chiamare papa Silvestro dalla grotta del Sora tte, per guarir la lebbra, così mi fece venir costui quale maestro (=me dico e insegnante), per gu arir la sua febbre superba. Egli mi domandò [un] consiglio [fraudolen to], ed io tacqui, perché le sue parole apparvero quelle di un ubriaco. |
Traduci in volgare fiorentino:
| E’ poi ridisse: “Tuo cuor non sospetti;
finor t’assolvo, e tu m’insegna fare
sì come Penestrino in terra getti. | E poi riprese adire: “Il tuo cuore non so spetti. Fin d’ora ti assolvo, e tu inségnami come fare per gettar in terra (=conquistare) Palestrina. |
Traduci in volgare fiorentino:
| Lo ciel poss’io serrare e diserrare,
come tu sai; però son due le chiavi
che ‘l mio antecessor non ebbe care”. | Io posso chiudere ed aprire il cielo, come tu sai, perché son due le chiavi che il mio predecessore (=papa Celestino V) non ebbe care”. |
Traduci in volgare fiorentino:
| Allor mi pinser li argomenti gravi
là ‘ve ‘l tacer mi fu avviso ‘l peggio,
e dissi: “Padre, da che tu mi lavi
di quel peccato ov’io mo cader deggio,
lunga promessa con l’attender corto
ti farà triunfar ne l’alto seggio”. | Allora gli argomenti gravi mi spinsero là dove il tacer mi apparve [cosa] peggiore, e dissi: “O padre, poiché tu mi lavi di quel peccato nel quale ora io devo cadere, [ecco il mio consiglio:] una grande promessa [di pace e di conciliazione], che poi non manterrai, ti farà trionfare nella tua alta sede”. |
Traduci in volgare fiorentino:
| Francesco venne poi com’io fu’ morto,
per me; ma un d’i neri cherubini
li disse: “Non portar: non mi far torto. | Fra ncesco d’Assisi venne poi, come io fui morto, per [prendere] la mia anima; ma uno dei neri cherubini disse: “Non po rtar[melo via]: non mi far torto. |
Traduci in volgare fiorentino:
| Venir se ne dee giù tra ‘ miei meschini
perché diede ‘l consiglio frodolente,
dal quale in qua stato li sono a’ crini;
ch’assolver non si può chi non si pente,
né pe ntere e volere insieme puossi
per la contradizion che nol consente”. | Deve venir giù trai miei servi, perché diede il consiglio fraudolento, dal quale in qua gli son sempre rimasto alle spalle, perché non si può assolvere chi non si pente, né [ci] si può pentire e voler insieme [peccare], per la contraddizione che non lo consente”. |
Traduci in volgare fiorentino:
| Oh me dolente! come mi riscossi
quando mi prese dicendomi: “Forse
tu non pensavi ch’io loico fossi!”. | Oh me dolente!, come mi riscossi quando mi prese dicendomi: “Forse tu non pensavi che io fossi [un demonio] logico!”. |
Traduci in volgare fiorentino:
| A Minòs mi portò; e quelli attorse
otto volte la coda al dosso duro;
e poi che per gran rabbia la si morse,
disse: “Questi è d’i rei del foco furo”;
per ch’io là dove vedi son perduto,
e sì vestito, andando, mi rancuro”. | Mi portò da Minosse, e quello attorcigliò otto volte la coda al dorso impietoso, e, dopo che per la gran rabbia (=soddisfazione) se la morse, disse: “Costui è dei (=deve andare trai) rei del fuoco ladro”. Perciò io qui, dove vedi, son perduto e, così vestito [dalla fiamma], mi dolgo andando [in giro per la bolgia] ». |
Traduci in volgare fiorentino:
| Quand’elli ebbe ‘l suo dir così compiuto,
la fiamma dolorando si partio,
torcendo e dibattendo ‘l corno aguto. | Quando egli ebbe finito di parlare, la fiamma straziata dal dolore si allontanò, torcendo ed agitando la punta aguzza. |
Traduci in volgare fiorentino:
| Noi passamm’oltre, e io e ‘l duca mio,
su per lo scoglio infino in su l’altr’arco
che cuopre ‘l fosso in che si paga il fio
a quei che scommettendo acquistan
carco. | Noi passammo oltre, io ela mia guida, su per lo scoglio fino all’altro arco che coprela bolgia, nel quale pagano il fio coloro che, provocando di-visioni, si acquistano il carico [di colpa e pena]. |
Traduci in volgare fiorentino:
| Nel tempo che Iunone era crucciata
per Semelè contra ‘l sangue tebano,
come mostrò una e altra fiata,
Atamante divenne tanto insano,
che veggendo la moglie con due figli
andar carcata da ciascuna mano,
gridò: “Tendiam le reti, sì ch’io pigli
la leonessa e ‘ leoncini al varco”;
e poi distese i dispietati artigli,
prendendo l’un ch’avea nome Learco,
e rotollo e percosselo ad un sasso;
e quella s’annegò con l’altro carco. | Nel tempo in cui Giunone era adirata a causa di Sèmele contro il sangue tebano, come mostrò già più volte, Atamante divenne tanto folle che, vedendo la moglie stringersi al collo i figli uno per mano, gridò: «Tendiamo le reti, così cheio pigli al varco la leonessa ei leoncini». Poi distese gli artigli spietati, afferrò quello che aveva nome Leandro, lo rot olò e lo sbatté contro un sasso. Quell a si annegò con l’altro figlio. |
Traduci in volgare fiorentino:
| E quando la fortuna volse in basso
l’altezza de’ Troian che tutto ardiva,
sì che ‘nsieme col regno il re fu casso,
Ecuba trista, misera e cattiva,
poscia che vide Polissena morta,
e del suo Polidoro in su la riv a
del mar si fu la dolorosa accorta,
forsennata latrò sì come cane;
tanto il dolor le fé la mente torta. | Quando la fortuna abbassò la potenza dei troiani che tutto ardiva, così che il re [Pr iamo] fu spento con il suo regno, Ecùba triste, infelice e prigioniera, dopo aver visto Polisséna morta e aver scorto dolorosamente il corpo del suo Polidóro sulla riva del mare, impazzita latrò come un cane, tanto il dolore le sconvolse la mente. |
Traduci in volgare fiorentino:
| Ma né di Tebe furie né troiane
si vider mai in alcun tanto crude,
non punger bestie, nonché membra umane,
quant’io vidi in due ombre smorte e nude,
che mordendo correvan di quel modo
che ‘l porco quando del porcil si schiude. | Ma non si videro mai furie di Tebe né di Troia tanto crudeli contro qualcuno nel ferir bestie o membra umane quanto io vidi due ombre smorte e nude (=Mirra e Gianni Schicchi ) che, mordendo [altri dannati], correvano all’impazzata per la bolgia, come fa il porco quando gli si apre il porcile. |
Traduci in volgare fiorentino:
| L’una giunse a Capocchio, e in sul nodo
del collo l’assannò, sì che, tirando,
grattar li fece il ventre al fondo sodo. | Una di esse (=Gianni Schicchi) fu sopra Capocchio, lo a zzannò sulla nuca e, trascinan dolo, gli fece grattare con il ventre il duro fondo della bolgia. |
Traduci in volgare fiorentino:
| E l’Aretin che rimase, tremando
mi disse: “Quel folletto è Gianni Schicchi,
e va rabbioso altrui così conciando”. | Griffol ino, che era rimasto immobile, tremando disse: «Quello spirito furioso è Gianni Schicchi eva pieno di rabbia a conciar così gli altri in questo modo». |
Traduci in volgare fiorentino:
| “Oh!”, diss’io lui, “se l’altro non ti ficchi
li denti a dosso, non ti sia fatica
a dir chi è, pria che di qui si spicchi”. | «Oh» gli dissi, «possa l’altro spirito furioso non ficcarti i denti addosso!, non ti costi fatica dirci chi è, prima che si allontani. » |
Traduci in volgare fiorentino:
| Ed elli a me: “Quell’è l’anima antica
di Mirra scell erata, che divenne
al padre fuor del dritto amore amica. | Ed egli a me: « Quella è l’anima antica della scellerata Mirra, che divenne amante del padre, contro ogni lecito amore. |
Traduci in volgare fiorentino:
| Questa a peccar con esso così venne,
falsificando sé in altrui forma,
come l’altro che là sen va, sostenne,
per guadagnar la donna de la torma,
falsificare in sé Buoso Donati,
testando e dand o al testamento norma”. | Ve nne a peccare con lui falsificando se stessa e prendendo l’aspetto di un’al tra donna. Ugualmente l’altro che fugge in quella direzione, per guadagnar la più bella cavalla della mandria, ardì fingersi Buoso Donati, facendo testamento e dando al testamento valore legale». |
Traduci in volgare fiorentino:
| E poi che i due rabbiosi fuor passati
sovra cu’ io avea l’occhio tenuto,
rivolsilo a guardar li altri mal nati. | Dopo che i due rabbiosi, che avevo tenuto d’occhio, corsero via, mi misi a guardare le altre anime malnate. |
Traduci in volgare fiorentino:
| Io vidi un, fatto a guisa di leuto,
pur ch’elli avesse avuta l’anguinaia
tronca da l’altro che l’uomo ha forcuto . | Io vidi uno (=maestro Ad amo) che sarebbe apparso a forma di liuto, se avesse avuto l’inguine tagliato all’altezza delle cosce. |
Traduci in volgare fiorentino:
| La grave idropesì, che sì dispaia
le membra con l’omor che mal converte,
che ‘l viso non risponde a la ventraia,
facea lui tener le labbra aperte
come l’etico fa, che per la sete
l’un verso ‘l mento e l’altro in sù rinverte. | L’idropisia, che fa pesanti e che rende sproporzionatele membra tra loro a causa dell’umore che si trasforma in modo anormale, così che il viso [magro] non corrisponde al ventre [eno rme], gli faceva tenere le labbra aperte come fa il tisico, che per l’arsura ripiega un labbro verso il mento e l’altro in su. |
Traduci in volgare fiorentino:
| “O voi che sanz’a lcuna pena siete,
e non so io perché, nel mondo gramo”,
diss’elli a noi, “guardate e attendete
a la miseria del maestro Adamo:
io ebbi vivo assai di qu el ch’i’ volli,
e ora, lasso!, un gocciol d’acqua bramo. | « O voi, che siete senz’alcu na pena – non so per quale motivo – in questo mondo pieno di dolore» egli ci disse, « guardate e mirate l’infelicità di maestro Adamo. Io ebbi in vita più di quel che volli ed ora, ahimè!, bramo una goccia d’acqua. |
Traduci in volgare fiorentino:
| Li ruscelletti che d’i verdi colli
del Casentin discendon giuso in Arno,
faccendo i lor canali freddi e molli,
sempre mi stanno innanzi, e non indarno,
ché l’imagine lor vie più m’asciuga
che ‘l male ond’io nel volto mi discarno. | I ruscelletti , che dai verdi colli del C asentino discendono giù in Arno facendo i loro canali freschi e inzuppati d’acqua, mi stanno sempre davanti agli occhi, e non invano, perché la loro immagine mi fa sentir la sete più del male che mi fa dimagrire il volto. |
Traduci in volgare fiorentino:
| La rigida giustizia che mi fruga
tragge cagion del loco ov’io peccai
a metter più li miei sospiri in fuga. | La severa giustizia, che mi tormenta, trae motivo dal luogo in cui peccai, per farmi sospirare di più. |
Traduci in volgare fiorentino:
| Ivi è Romena, là dov’io falsai
la lega suggellata del Batista;
per ch’io il corpo sù arso lasciai. | Lì, nel Casentino, si trova il castello dei conti Guidi da Romena, dove falsificai la lega che reca impressa l’immagine di [Giovanni] Battista (=il fiorino). Perciò lasciai il mio corpo bruciato lassù. |
Traduci in volgare fiorentino:
| Ma s’io vedessi qui l’anima trista
di Guido o d’Alessandro o di lor frate,
per Fonte Branda non darei la vista. | Ma, se io vedessi qui l’anima trista di Guido odi Alessandro odi lor fratello, non scambi erei questo piacere con quellodi bere alla fonte Bra nda. |
Traduci in volgare fiorentino:
| Dentro c’è l’una già, se l’arrabbiate
ombre che vanno intorno dicon vero;
ma che mi val, c’ho le membra legate?
S’io fossi pur di tanto ancor leggero
ch’i’ potessi in cent’anni andare un’oncia,
io sarei messo già per lo sentiero,
cercando lui tra questa gente sconcia,
con tutto ch’ella volge undici miglia,
e men d’un mezzo di traverso non ci ha. | Qui dentro c’è già l’anima di uno di loro (=Gui do), se le ombre arrabbiate che qui si aggirano dicono il vero. Ma che cosa mi giova con queste membra che m’impediscono di muovermi ? Se io fossi ancora tanto agile, da potermi muovere in cento anni anche soltanto di qualche pollice, mi sarei già messo in cammino verso il fondo della bolgia, per cercarlo tra questa gente deforme, anche se la bolgia ha la circonferenza di undici miglia ed è larga non meno di mezzo miglio. |
Traduci in volgare fiorentino:
| Io son per lor tra sì fatta famigli a:
e’ m’indussero a batter li fiorini
ch’avevan tre carati di mondiglia”. | Per colpa loro io mi trovo in mezzo a questa famiglia, perché m’indus-sero a batter fiorini che avevano tre carati di metallo vile.» |
Traduci in volgare fiorentino:
| E io a lui: “Chi son li due tapini
che fumman come man bagnate ‘l verno,
giacendo stretti a’ tuoi destri confini?”. | Ed io a lui: «Chi son quei due tapini, che per la febbre fumano come lemani bagnate d’inverno e giacciono stretti alla tua destra? ». |
Traduci in volgare fiorentino:
| “Qui li trovai – e poi volta non dierno –”,
rispuose, “qua ndo piovvi in questo greppo,
e non credo che dieno in sempiterno. | «Li trovai qui» rispose, «quando precipitai in questa bolgia. Non si mossero maie credo che non si muoveranno in eterno. |
Traduci in volgare fiorentino:
| L’una è la falsa ch’accusò Gioseppo;
l’altr’è ‘l falso Sinon greco di Troia:
per febbre aguta gittan tanto leppo”. | Una è la falsa (=la moglie di P utifarre) che accusò Giuseppe; l’altro è il falso S inone, greco di Troia. Per la febbre altissima mandano qu esta gran puzza di olio bruciato. » |
Traduci in volgare fiorentino:
| E l’un di lor, che si recò a noia
forse d’esser nomato sì oscuro,
col pugno li percosse l’epa croia. | Uno di loro, forse indispettito dal modo spregevole in cui era st ato indicato, gli diede un pugno sulla pancia gonfia e dura. |
Traduci in volgare fiorentino:
| Quella sonò come fosse un tamburo;
e mastro Adamo li percosse il volto
col braccio suo, che non parve men duro,
dicendo a lui: “Ancor che mi sia tolto
lo muover per le membra che son gravi,
ho io il braccio a tal mestiere sciolto”. | dicendogli: «Anche se non posso muover le membra rese pesanti dall’idropisia, ho ancora il braccio capace di colpire». |
Traduci in volgare fiorentino:
| Ond’ei rispuose: “Quando tu andavi
al fuoco, non l’avei tu così presto;
ma sì e più l’avei quando coniavi”. | Egli rispose: « Quando tu andavi al rogo, non l’avevi così rapido. L’avevi così agile, eanche di più, quando coniavi moneta». |
Traduci in volgare fiorentino:
| E l’idropico: “Tu di’ ver di questo:
ma tu non fosti sì ver testimonio
là ‘ve del ver fosti a Troia richesto”. | E l’idropico: « Tu dici il veroin questo caso; ma tu non fosti un testimone così verace, quando a Troia ti fu chiesto di dire il vero». |
Traduci in volgare fiorentino:
| “S’io dissi falso, e tu falsasti il conio”,
disse Sinon; “e son qui per un fallo,
e tu per più ch’alcun altro demonio!”. | «Se io dissi il falso, tu falsasti il conio (=la moneta) disse Sinone; « io son qui per un solo inganno, tu sei qui per più inganni di qualsiasi demonio! » |
Traduci in volgare fiorentino:
| “Ricorditi, spergiuro, del cavallo”,
rispuose quel ch’avea infiata l’epa;
“e sieti reo che tutto il mondo sallo!”. | «Ricòrdati , o spergiuro, del cavallo di Troia » rispose quel che aveva la pancia gonfia, «vergògnati che tutto il mondo lo sa! » |
Traduci in volgare fiorentino:
| “E te sia rea la sete onde ti crepa”,
disse ‘l Greco, “la lingua, e l’acqua marcia
che ‘l ventre innanzi a li occhi sì t’assiepa!”. | «E tu vergògnati della sete» disse il greco, « che ti fa screpolare la lingua e dell’umore guasto chedavanti agli occhi ti gonfia il ventre come una siepe! » |
Traduci in volgare fiorentino:
| Allora il monetier: “Così si squarcia
la bocca tua per tuo mal come suole;
ché s ’i’ ho sete e omor mi rinfarcia,
tu hai l’arsura e ‘l capo che ti duole,
e per leccar lo specchio di Narcisso,
non vorresti a ‘nvitar molte parole”. | E il monetiere: «Che ti si squarci la tua bocca per la febbre ora come sempre!, perché, se io ho sete e se l’umor maligno mi gonfia [il ventre], tu hai l’arsura e il capo che ti duole. Né ti faresti pregar molto per leccar lo specchio di Narciso (=l’acqua) ». |
Traduci in volgare fiorentino:
| Ad ascoltarli er’io del tutto fisso,
quando ‘l maestro mi disse: “Or pur mira,
che per poco che t eco non mi risso!”. | Io ero tutto proteso ad ascoltarli, quando il maestro mi disse: « Continua purea guardare etra poco litigo anch’io con te! ». |
Traduci in volgare fiorentino:
| Quand’io ‘l senti’ a me parlar con ira,
volsimi verso lui con tal vergogna,
ch’ancor per la memoria mi si gira. | Quando lo sentii parlare con voce adirata, mi volsi verso di lui con una tale vergogna che ancora me ne ricordo. |
Traduci in volgare fiorentino:
| Qual è colui che suo dannaggio sogna,
che sognando desidera sognare,
sì che quel ch’è, come non fosse, agogna,
tal mi fec’io, non possendo parlare,
che disiava scusarmi, e scusava
me tuttavia, e nol mi credea fare. | Come colui che sogna e che, mentre sogna, desidera di star so-gnando, tanto che desidera di sognare come se non stesse sognando; così mi feci io, che non riuscivo a parlare e che volevo scusarmi, ma che mi scusavo proprio con il silenzio, anche se non credevo di farlo. |
Traduci in volgare fiorentino:
| “Maggior difetto men vergogna lava”,
disse ‘l maestro, “che ‘l tuo non è stato;
però d’ogne trestizia ti disgrava. | «Una vergogna minore della tua lava una colpa maggiore di quanto la tua non sia stata» disse il maestro; « perciò deponi ogni rammarico. |
Traduci in volgare fiorentino:
| E fa ragion ch’io ti sia sempre allato,
se più avvien che fortuna t’accoglia
dove sien genti in simigliante piato:
ché voler ciò udire è bassa voglia”. | Fa’ conto che io ti sia sempre a fianco, se mai succederà che la fortuna ti faccia incontrare genti litigiose come queste, perché voler ascoltare ciò è un desiderio meschino. » |
Traduci in volgare fiorentino:
| La bocca sollevò dal fiero pasto
quel peccator, forbendola a’capelli
del capo ch’elli avea di retro gu asto. | Quel peccatore sollevò la bocca dal pasto feroce, forbendola coni capelli del capo, che egli aveva già guastato dietro. |
Traduci in volgare fiorentino:
| Poi cominciò: “Tu vuo’ ch’io rinovelli
disperato dolor che ‘l cor mi preme
già pur pensando, pria ch’io ne favelli. | Poi cominciò: « Tu vuoi che io rinnovi il dolore disperato che mi opprime il cuore soltanto a pensarci, prima che io ne parli. |
Traduci in volgare fiorentino:
| Ma se le mie parole esser dien seme
che frutti infamia al traditor ch’i’ rodo,
parlar e lagrimar vedrai insieme. | Ma, se le mie parole devono esser il seme che frutti infamia al traditore che io rodo, mi vedrai parlare e insieme piangere. |
Traduci in volgare fiorentino:
| Io non so ch i tu se’ né per che modo
venuto se’ qua giù; ma fiorentino
mi sembri veramente quand’io t’odo. | Io non so chi tu sei né in che modo sei venuto quaggiù, ma mi sembri veramente di Firenze quando ti ascolto. |
Traduci in volgare fiorentino:
| Tu dei saper ch’i’ fui conte Ugolino,
e questi è l’arcivescovo Ruggieri:
or ti dirò perché i son tal vicino. | Tu devi sapere che io fui il conte Ugolino della Gherardesca e che costui è l’arci vescovo Ruggieri degli U baldini. Ora ti dirò perché gli sono un vicino così molesto. |
Traduci in volgare fiorentino:
| Che per l’effetto de’ suo’ mai pensieri,
fidandomi di lui, io fossi preso
e poscia morto, dir non è mestieri;
però quel che non puoi avere inteso,
cioè come la morte mia fu cruda,
udirai, e saprai s’e’ m’ha offeso. | Non occorre dirti che peri suoi malvagi intrighi, fidandomi di lui, io fui catturato e poi ucciso. Perciò udrai ciò che non puoi aver saputo, cioè come la mia morte fu crudele, e deciderai se mi ha offeso. |
Traduci in volgare fiorentino:
| Breve pertugio dentro da la Muda
la qual per me ha ‘l titol de la fame,
e che conviene ancor ch’altrui si chiuda,
m’avea mostrato per lo suo forame
più lune già, quand’io feci ‘l mal sonno
che del futuro mi squarciò ‘l velame. | Una stretta feritoia dentro la torre della Muta [dei Gu alandi], che da me ha preso il nome di torre della fame e che richiuderà ancora altri [prigionieri], mi aveva già mostrato più lune attraverso la sua apertura, quando io feci un sogno funesto, che mi squarciò il velo del futuro. |
Traduci in volgare fiorentino:
| Questi pareva a me maestro e donno,
cacciando il lupo e ‘ lupicini al monte
per che i Pisan veder Lucca non ponno. | Costui appariva a me la guida ed il signore della brigata che cacciava il lupo eilupetti sul monte san Giuliano, il qualeimpedisce ai pisani di veder Lucca. |
Traduci in volgare fiorentino:
| Con cagne magre, studiose e conte
Gualandi con Sismondi e con Lanfranchi
s’avea messi dinanzi da la fronte. | Aveva messo in prima filai Gual andi, i Sismondi ei Lanfranchi, con cagne magre (=il popolo), avide di preda e ben addestrate. |
Traduci in volgare fiorentino:
| In picciol corso mi parieno stanchi
lo padre e ‘ figli, e con l’agute scane
mi parea lor veder fender li fianchi. | Dopo una breve corsa mi apparivano stanchi il padre ed i figliemi pareva di vedere [le cagne] azzannare i loro fianchi coni denti appuntiti. |
Traduci in volgare fiorentino:
| Quand o fui desto innanzi la dimane,
pianger senti’ fra ‘l sonno i miei figliuoli
ch’eran con meco, e dimandar del pane. | Quando, prima del giorno, mi destai, sentii pianger nel sonno i miei figli, che erano con me, e chiedermi del pane. |
Traduci in volgare fiorentino:
| Ben se’ crudel, se tu già non ti duoli
pensando ciò che ‘l mio cor s’annunziava;
e se non piangi, di che pianger suoli?
Già eran dest i, e l’ora s’appressava
che ‘l cibo ne solea essere addotto,
e per suo sogno ciascun dubitava;
e io senti’ chiavar l’uscio di sotto
a l’orribile torre; ond’io guardai
nel viso a’ mie’ figliuoi sanza far motto. | Sei ben crudele, se già non t’addolori pensando a ciò che siannunziava al mio cuore. E, se non piangi, per che cosa sei solito piangere? Er ano già sveglie siavvicinava il momento in cui di solito ci veniva portato il cibo, ma a causa del sogno ciascuno dubitava. Sentii inchiodare l’uscio sottostante di quell’orribile torre, perciò guardai nel viso i miei figli senza dir parole. |
Traduci in volgare fiorentino:
| Io non piangea, sì dentro impetrai:
piangevan elli; e Anselmuccio mio
disse: “Tu guardi sì, padre! che hai?”. | Io non piangevo, tanto ero impietrito dentro. Piangevano essi. Il mio Anselmuccio disse: “Tu ci guardi così, o padre. Che cos’hai?”. |
Traduci in volgare fiorentino:
| Perciò non lacrimai né rispuos’io
tutto quel giorno né la notte appresso,
infin che l’altro sol nel mondo uscìo. | Io non piansi né risposi per tutto quel giorno e per la notte che seguì, finché il nuovo sole non sorse sull’orizzonte. |