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La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani è stata proclamata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1948.
Pur essendo una dichiarazione universale e globale, non è formalmente vincolante.
Per questa ragione sono state varate numerose convenzioni a livello intergovernativo, che variano in termini di vincolo e pensiero.
Le più importanti sono la Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell'Uomo del 1953, la 86 Convenzione Americana dei Diritti Umani del 1969, la Carta Africana dei Diritti dell'Uomo e dei Popoli del 1981, la Carta Araba dei Diritti dell'Uomo del 1994 e la Carta Asiatica dei Diritti Umani del 2012.
Inoltre vi sono numerosi trattati e accordi regionali che sanciscono il rispetto dei diritti umani.
Tra questi va indubbiamente annoverato anche lo Statuto di autonomia altoatesino, in quanto mezzo di prevenzione di conflitti e di tutela dei diritti umani delle minoranze.
Le convenzioni per i diritti umani tutelano il diritto delle minoranze nazionali, etniche, religiose e linguistiche di condurre una vita priva di ogni tipo di discriminazioni e secondo la propria cultura, di professare e praticare una particolare religione e di parlare la propria lingua.
In tutti gli accordi sopra citati, l'autonomia è considerata una categoria politica in grado di offrire a ogni istituzione sociale la possibilità di determinare i propri interessi, indipendentemente da autorità diverse dalle proprie e di emanare opportune leggi.
Tuttavia, a ogni diritto corrispondono anche dei doveri.
Mentre i diritti sono rivendicazioni che possiamo avanzare nei confronti degli altri o dello Stato, i nostri doveri consistono nel garantire che le rivendicazioni degli altri vengano realmente soddisfatte.
Al fine di integrare i Diritti Umani Universali con doveri altrettanto universali, nel 1997, in occasione del cinquantesimo anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha varato la Carta Universale dei Doveri Fondamentali delle Organizzazioni Umane, su iniziativa del Consiglio InterAction un'associazione di ex capi di Stato e di governo, tra cui Helmut Schmidt, Jimmy Carter, Valéry Giscard d'Estaing, Shimon Peres).
Lo scopo principale di questa dichiarazione, costituita da diciannove articoli, è un atteggiamento di benevolenza, ovvero una condotta pacifica, nonché l'impegno di trattare gli altri con gentilezza e comprensione e all'occorrenza dimostrarsi concretamente solidali nei loro confronti. L'atteggiamento di benevolenza dovrebbe fondare le proprie origini in una reciproca indulgenza:
Tratta gli altri come vorresti essere trattato.
I primi quattro articoli della Carta Universale dei Doveri Fondamentali delle Organizzazioni Umane ne enunciano i principi.
Il primo articolo recita: Ogni individuo, indipendentemente da sesso, origine etnica, condizione sociale, opinioni politiche, lingua, età, nazionalità o religione, ha il dovere di trattare tutti gli esseri umani con umanità.
Il secondo articolo sostiene che: Nessuno deve incoraggiare comportamenti disumani di alcun tipo, ma tutti hanno il dovere di promuovere la dignità e il rispetto dell'altro.
Il terzo articolo specifica che: Nessun individuo, gruppo o organizzazione, Stato, esercito o forza di polizia è posto al di là del bene e del male; in quanto tutti soggetti a norme morali.
Ogni individuo ha il dovere in ogni circostanza di promuovere il bene e di scongiurare il male.
Infine, il quarto afferma che: Tutti gli uomini, dotati di ragione e coscienza, devono, uniti da uno spirito di solidarietà, assumersi la responsabilità verso tutti e tutto, famiglie e comunità, razze, nazionalità e religioni:
non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te. 87.
Predisposizione di un'autonomia etica.
Di seguito, si cercherà di delineare per la prima volta un'autonomia etica nel senso di filosofia pratica basata su dieci principi che, oltre alla filosofia, si avvalorerà anche di scienze psicologiche e pedagogiche.
A tal fine è necessario chiarire alcuni concetti fondamentali strettamente legati alla nozione di autonomia, come la ragione, l'autodeterminazione, il fine in sé, il coraggio e l'indipendenza.
In filosofia il concetto di autonomia è generalmente definito come la capacità delle persone di concepirsi come esseri liberi in grado di agire basandosi su di essa.
Una delle definizioni di libertà più convincenti è quella del filosofo tedesco Immanuel Kant (1724-1804) che ne indica i limiti in modo tanto succinto quanto mirato:
La libertà dell'individuo termina dove comincia la libertà altrui.
Di conseguenza, la libertà non è realizzabile in assenza di valori fondamentali come il rispetto, la responsabilità e la considerazione del prossimo.
Secondo Kant ogni individuo è vincolato dalla propria coscienza ed è responsabile delle conseguenze delle proprie azioni da un punto di vista sia pratico che morale.
Vincoli come umanità, non violenza e rispetto per la vita, veridicità e tolleranza fungono da bussola morale.
La libertà quindi può essere certamente intesa come diritto anche se, come accennato, i diritti comportano sempre dei doveri, in assenza dei quali tali diritti non sono realizzabili a lungo termine.
Lo scrittore francese Albert Camus 19131960) afferma che la libertà [...] non è fatta soprattutto di privilegi, bensì è fatta di doveri.
Ciò dovrebbe rendere indubbio il fatto che la nostra pretesa di privilegi possa essere soddisfatta esclusivamente adempiendo anche i nostri doveri.
Il concetto di autonomia al quale, in quanto categoria filosofica, è rivolta principalmente la nostra attenzione, è di portata assai più ampia.
Con la rivendicazione Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza! Sapere aude!), Kant pone in evidenza che gli esseri umani nel prendere decisioni non possono affidarsi ad autorità e tradizione, ma unicamente alla propria ragione.
Di conseguenza per Kant autonomia significa determinazione della volontà per mezzo della ragione:
l'autonomia della volontà è il principio supremo, ovvero la conformità di pensiero e di azione ai valori morali riconducibili a decisioni libere e guidate dalla ragione.
In tal senso la concezione di valori morali significa orientamento a principi come il bene o l'equo, in grado di porre limiti all'egoismo, promuovendo comportamenti socialmente desiderabili.
Kant con la dottrina dell'autonomia dell'etica, si contrappone sia al principio di felicità come fine dell'azione umana, sia alla dottrina morale cattolica del proprio tempo. Il punto di vista kantiano è assai più vicino all'etica protestante secondo la quale l'azione da buon cristiano si esaurisce nel seguire meramente la propria fede in Dio. Ciò nonostante, come si evince dall'opera Critica della ragion pratica, si prefissa di costituire un'etica della ragione in grado di trascendere le confessioni e le religioni:
Nell'elaborazione di un'autonomia etica il primo principio potrebbe essere così formulato: Ogni individuo ha il dovere di adoperarsi per una visione razionale del mondo.
Per azione guidata dalla ragione s'intende la laicizzazione, avvenuta durante il processo di secolarizzazione, che nel corso dell'Illuminismo contribuisce a scindere sempre più le questioni di condotta di vita dalla sovranità interpretativa della religione, consegnandole 88 alla ragione del singolo individuo.
Anche le ideologie politiche rivendicano una sovranità interpretativa e le idee e le teorie derivanti da esse costituiscono e giustificano l'azione politica.
Le ideologie non si limitano a spiegare il mondo, ma azzardano a condizionarlo.
Questo è uno dei motivi per cui numerosi pensatori, come Georg Wilhelm.
Friedrich Hegel, Karl Marx o Sigmund Freud, con le loro critiche alle ideologie, nel corso della storia del pensiero filosofico si sono adoperati per smascherare condizioni sociali che pongono limiti al pensiero del singolo individuo.
La possibilità di esercitare la propria autonomia per Immanuel Kant consiste nel superamento di qualsiasi forma di dipendenza e di eteronomia ideologica. Ciò ha validità altresì nel caso in cui le stesse, come per esempio religione o politica, in apparenza paiono offrire una sorta di sicurezza.
Laddove una visione razionale del mondo è uno dei capisaldi di un'etica dell'autonomia, la morale è l'altro.
Non è possibile infatti scindere il concetto di autonomia di Kant da quello morale.
Solo nel momento in cui l'uomo, in quanto essere ragionevole libero, si prefigge di seguire l'imperativo categorico e di agire solo secondo quella massima che tu puoi volere, al tempo stesso, che divenga una legge universale, agisce moralmente.
Per Kant un'azione è considerata morale se osserva un principio la cui validità è ammissibile per tutti, sempre e senza eccezioni.
L'autonomia trova la propria realizzazione esclusivamente in questa forma: come costituzione ed espressione di un agire ragionevole, ovvero di autodeterminazione ragionata.
In applicazione dell'imperativo categorico, il secondo principio di un'autonomia etica è dunque:
Tutti i membri della società sono tenuti ad agire esclusivamente in modo tale, che le loro azioni possano elevarsi a principio generale. 89.
I principi sono riconducibili ai valori.
L'agire quotidiano pone costantemente a confrontarci con l'importanza dei valori e del loro riconoscimento collettivo.
I valori, o la concezione comune degli stessi, sono prerogative morali socialmente desiderabili.
Sono valori come la solidarietà, il rispetto e la considerazione, che se non realizzati esclusivamente in ambito amicale o familiare, ma condivisi, per esempio nella quotidianità lavorativa o nella vita sociale, a rendere possibile una convivenza.
Immanuel Kant affronta un ulteriore importante aspetto in grado di incidere sul nostro intelletto e sui nostri processi decisionali, ovvero gli stimoli che percepiamo attraverso i sensi.
Per essi Kant intende tutto ciò che è percepibile attraverso i nostri sensi.
Per il filosofo, stimoli come desideri, passioni e interessi equivalgono a una sorta di determinazione esterna della nostra coscienza.
Kant è convinto che la sola facoltà di percezione sensoriale non sia sufficiente a rendere gli esseri umani esseri razionali.
Spetta quindi alla ragione riconoscere gli aspetti etici e morali nonché le conseguenze delle nostre azioni. Il compito filosofico-morale della ragione consiste quindi nell'attuare grazie a essa la nostra autodeterminazione.
Tuttavia, siamo in grado di gestire in modo autodeterminato l'influsso diretto di stimoli sensoriali esclusivamente se ne prendiamo mentalmente le distanze, per esempio nel corso di un processo decisionale, cioè riflettendo.
Per Kant la nostra volontà è autonoma unicamente nel momento in cui essa si prefigge le proprie leggi, mutando da determinazione esterna (eteronomia) a (estesa) autodeterminazione (autonomia).
Da ciò è possibile dedurre il terzo principio di un'autonomia etica:
L'azione autodeterminata non può essere determinata da desideri, passioni e interessi e/o vincoli a essi associati. 90.
La formulazione di Kant del fine in sé funge da presupposto per un ulteriore principio di autonomia etica, il cosiddetto concetto di auto-scopo che recita:
Agisci in modo da trattare l'umanità, sia nella tua persona sia in quella di ogni altro, sempre anche come fine e mai semplicemente come mezzo Fondazione della metafisica dei costumi).
La sostanziale distinzione tra finalità risiede tra ciò che ha un prezzo (le cose), e ciò che ha un valore come la dignità (le persone).
Queste ultime, in quanto esseri razionali autonomi, non possono mai essere considerate mezzi per ottenere un fine, ma sempre ed esclusivamente come fini in sé e per sé. Pertanto, onde perseguire fini superiori, possono coalizzarsi esclusivamente di loro spontanea volontà.
Il quarto principio di un'autonomia etica quindi sancisce che:
Il filosofo, sociologo e principale rappresentante della Scuola di Francoforte, Theodor W. Adorno (1903-1969), riprende il concetto di autonomia kantiano applicandolo alla teoria sociale.
Durante il nazionalsocialismo Adorno emigrò negli Stati Uniti, fece ritorno in Germania e divenne uno degli intellettuali più autorevole del dopoguerra.
Nel corso dell'intervento radiofonico del 1966, L'educazione dopo Auschwitz, afferma che: L'unica forza reale contro il principio di Auschwitz sarebbe l'autonomia, se posso usare l'espressione kantiana:
la forza della riflessione, dell'autodeterminazione, della non partecipazione.
Agire autonomamente significa: non rendersi partecipe!
Non rendersi partecipe significa non permettere a nulla di accadere passivamente, o non agire, senza porsi la questione di giustificare il proprio comportamento.
Non rendersi partecipe significa anche non sottrarsi alle proprie responsabilità.
Al contrario rendersi partecipe, a seconda della situazione, è il risultato di sconsideratezza, egoismo o mancanza di responsabilità o coscienza.
Rendersi partecipi è una sorta di atteggiamento di tolleranza o di benevolo sostegno nei confronti di raggruppamenti che agiscono in modo immorale.
Simpatizzanti, seguaci o conformisti si adattano alle condizioni prevalenti in base a considerazioni opportunistiche; gli opportunisti agiscono in modo sconsiderato e senza scrupoli.
Tutti perseguono l'obiettivo del tornaconto personale.
L'antinomia del rendersi partecipi è il coraggio civile. 91.
Questo aspetto di coraggio quotidiano implica, in una situazione spiacevole o minacciosa, la capacità e la volontà di porre, nel difendere una causa considerata giusta, in secondo piano la propria persona.
La persona coraggiosa si impegna a difendere i valori e i principi sociali di fondamentale importanza quali la difesa dei diritti dei deboli e/o il ribellarsi contro azioni arbitrarie dello Stato , per il bene comune.
Il coraggio civile è un modello di disobbedienza civile che necessita di una coscienza etica onde divenire una sorta di filosofia di vita messa in pratica (Siegbert A. Warwitz).
Anche la psicologia si occupa della correlazione tra eteronomia e autonomia.
La psicologia della personalità considera eteronomia e autodeterminazione impulsi umani fondamentali, in grado di assoggettare la personalità di ogni individuo a una costante tensione tra vicinanza e distanza.
In Le quattro forme dell'angoscia, lo psicoanalista e scrittore Fritz Riemann (1902-1979) ha illustrato come la paura di divenire sé stessi possa, in determinate circostanze, portare a un aumento del bisogno di attaccamento e che la paura di donare sé stessi o di dipendenza possa sfociare in un eccessivo desiderio di autonomia.
Prendendo spunto da tale presupposto, è possibile determinare il sesto principio di un'autonomia etica:
Innumerevoli studi psicologici hanno confermato che la paura è una cattiva consigliera perché in condizioni di paura il pensiero e l'azione sono incentrati esclusivamente sulla sopravvivenza.
Nel momento in cui ci troviamo in modalità di sopravvivenza, le nostre reazioni si riducono a due opzioni:
La nostra intelligenza, come ambito mentale valutativo e decisionale, a seconda della situazione, si riduce in proporzione all'aumento dello stato ansioso.
Una via d'uscita consiste nel respingere, servendosi del pensiero razionale, il più rapidamente possibile lo stato di paura, sino a superarlo.
Il miglior antidoto alla paura è il coraggio.
Il coraggio permette di passare da un pensiero statico a uno dinamico.
Dimostrare coraggio significa fare ciò che riteniamo giusto secondo i concetti morali individuali e collettivi, nonostante gli svantaggi che ci si può aspettare.
Il coraggio civile è una sorta di azione sociale, non una caratteristica permanente individuale perché anche se i propri valori, come la giustizia o la tolleranza, sono condivisi dalla maggioranza di una società, siamo sempre e solo noi che nel caso concreto abbiamo l'onere di prendere decisioni.
Sostanzialmente il coraggio civile è il nucleo fondante della nostra società civile, perché è la democrazia stessa ad avere le proprie origini nel coraggio civile come esigenza sociale-morale e ogni forma di democrazia vive tuttora di esso. 92.
Alla filosofia e alla psicologia si annette una terza disciplina scientifica, in quanto anch'essa ricopre, in merito a un'autonomia etica, un considerevole ruolo:
la pedagogia, intesa come educazione e formazione infantile e giovanile.