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Inoltre, è stato ammorbidito il principio paritetico applicato alla presidenza del Consiglio provinciale altoatesino e del Consiglio regionale, consentendo almeno l'accesso dell'etnia ladina a queste cariche.
La legge costituzionale n. 1/2017 ha poi concesso l'accesso dei ladini alla Commissione dei Sei e alla Commissione dei Dodici due organi che svolgono un ruolo essenziale nella stesura dei regolamenti attuativi la cui composizione era precedentemente regolata su base paritetica.
Grazie alla stessa riforma il principio paritetico è stato ammorbidito anche in merito alla carica di vicepresidente della Giunta provinciale altoatesina, rendendone possibile l'accesso, fino a quel momento loro interdetto, anche ai ladini.
Tuttavia, il principio di parità si applica ancora in alcuni settori, come per esempio quello del tribunale amministrativo, e questo comporta inevitabilmente l'esclusione del gruppo etnico ladino.
In questi restanti ambiti, pertanto, dal punto di vista dei ladini lo statuto presenta ancora delle criticità.
Esclusa di fatto dall'Accordo di Parigi, per la popolazione ladina la risoluzione della controversia siglata nel 1992 è stata di grande importanza, in quanto per la prima volta veniva garantita a livello internazionale la tutela dei ladini.
Nel complesso il secondo Statuto di autonomia, integrato con le due riforme sopra citate, ha creato le condizioni quadro per una ripresa economica e culturale anche a beneficio dei ladini, così come naturalmente anche la risoluzione pacifica dei conflitti garantita dall'autonomia. 59 60.
Ogni persona è figlia del suo tempo e vede il mondo in cui vive con gli occhi delle esperienze che ha vissuto. Si può ipotizzare quindi che, per un cinquantenne, l'autonomia abbia un significato diverso rispetto a quello che le attribuisce chi è nato nel 1922 o nel 1942?
Martha Flies Ebner, 100 anni.
Per me autonomia significa libertà.
Quando i testimoni del tempo raccontano le proprie esperienze, i dati storici apparentemente aridi diventano personali, umani e, soprattutto, comprensibili alle nuove generazioni. Quasi nessuno è stato così vicino alla storia dell'Alto Adige le guerre, la ricostruzione, il rafforzamento dell'autonomia come Martha Flies Ebner con i suoi cento anni di vita.
Quando Martha Ebner, alla fine degli anni venti del secolo scorso, iniziò ad andare a scuola, i fascisti avevano già vietato l'insegnamento del tedesco nelle scuole dell'Alto Adige, al fine di italianizzare la popolazione secondo i dettami della dittatura:
A quel tempo frequentavo la Marienschule di Bolzano, gestita privatamente da suore.
Ne conoscevo personalmente alcune e sapevo che la maggior parte di loro era di lingua tedesca.
Ma durante le lezioni si parlava solo italiano e noi bambini non capivamo una parola.
La situazione diventava particolarmente pesante quando c'era l'insegnante di ginnastica, un italiano che sorvegliava le attività ricreative.
A nessun bambino piaceva la sua lezione.
Era un vero fanatico e non ci lasciava nemmeno parlare brevemente in tedesco durante le pause.
Nel pomeriggio, per imparare il tedesco gli scolari andavano al convitto Marieninternat, di fronte alla scuola.
E, cosa alquanto sconcertante, con le stesse suore che al mattino insegnavano in italiano.
I nostri genitori ci avevano insegnato a non mentire.
Allo stesso tempo però non dovevamo tradire le suore...
Non sapevamo più come muoverci.
Io fui fortunata ad andarmene a 14 anni a Landshut, in Baviera, dove frequentai tre anni di scuola superiore e non ebbi problemi a recuperare quello che mi ero persa.
Quando dopo la guerra le lezioni in tedesco furono reintrodotte in Alto Adige, fu difficile trovare insegnanti di tedesco.
La mia generazione non ha imparato bene il tedesco.
Dalle lezioni segrete di tedesco che suo zio, il canonico Michael Gamper, aveva contribuito ad avviare nelle cosiddette Katakombenschulen (chiamate così perché clandestine), alle numerose richieste di intervista per il suo centesimo compleanno nel giugno 2022, Martha Ebner ha condotto una vita assai piena, spesa tra famiglia, politica ed editoria.
Seguì con interesse l'impegno dello zio contro il fascismo e il nazismo, e successivamente anche quello del marito Toni Ebner come membro fondatore della Südtiroler Volkspartei.
Quando il canonico Gamper rilevò la casa editrice Athesia dopo la guerra, anche gli Ebner collaborarono e infine gli succedettero alla sua morte nel 1956.
Ancora oggi Martha Ebner dirige la redazione della rivista Die Südtiroler Frau, si impegna per le pari opportunità e guida la sua Fiat Panda.
L'impegno di quei politici che, nei negoziati per l'autonomia, hanno fatto un passo avanti e poi due indietro, non sarà mai abbastanza riconosciuto.
All'epoca la popolazione probabilmente non si rendeva conto di quanto tempo ci sarebbe voluto per ristabilire il tedesco come lingua ufficiale.
Ai politici di oggi auguro di avere la forza di continuare a lottare e di non essere impazienti.
Spero anche che le giovani generazioni apprezzino il lavoro e gli sforzi compiuti e mantengano vivo l'interesse per la politica.
Perché l'autonomia non è affatto una cosa scontata!
A proposito: cosa significa autonomia per Martha Ebner?
Per me autonomia significa essere libera di vivere da sudtirolese e di realizzarmi come tale.
La lingua e la cultura fanno parte della dignità umana e come tali sono inviolabili. 63 64Anna Palfrader, 70 anni.
Anna Palfrader è nata nel maso Col di Marebbe: è la quinta di tredici figli, due dei quali morti in età infantile.
Malgrado le origini rurali, la sua sete di conoscenza e la sua ambizione l'hanno portata in uno dei mondi più innovativi dagli anni ottanta in poi:
Lei è cresciuta in un maso abbastanza isolato rispetto ai vari nuclei abitati del comune di Marebbe:
come si viveva a quei tempi?
Vengo da un ambiente semplice, nel nostro maso si allevavano mucche, maiali, pecore, cavalli e galline.
Avevamo anche campi di patate e di grano e per quanto riguarda il cibo eravamo quasi autosufficienti; compravamo solo lo zucchero, l'olio e altre cose che non avevamo in casa.
Non andavamo quasi mai in giro, ma in famiglia c'erano già persone a sufficienza per combinare guai...
Ho frequentato la scuola media a Brunico e vivevo nel collegio delle Orsoline, come mia sorella maggiore Tresele, che però vedevo raramente.
Nelle prime classi c'erano regole più severe rispetto alle altre, per esempio potevamo tornare a casa solo per Ognissanti e a Natale.
Avevo tanta nostalgia di casa e all'inizio, da ladina, avevo anche difficoltà con il dialetto tedesco, per cui ho faticato a farmi delle amicizie.
C'era però una ragazza con un padre italiano, che quindi era considerata un tipo un po' speciale, e così abbiamo fatto amicizia.
Quando ho frequentato le scuole superiori invece ho vissuto con mia sorella in un alloggio privato. I nostri genitori erano tranquilli, l'importante è che andassimo bene a scuola.
Ogni sabato tornavamo a casa, prendevamo il bus fino a San Vigilio o a Longega e camminavamo poi per un'ora o due fino a Col.
Dopo la scuola ho insegnato a San Candido, La Villa, Ora e Bolzano.
Nel 1978, quando sono rimasta incinta, siamo tornati a Marebbe, su a Cianorè, nel maso di mio marito.
Il lavoro è stato molto importante per Lei?
Sì, ho insegnato per trentanove anni e per lo più a tempo pieno, solo negli ultimi anni a tempo parziale.
All'epoca non era facile per le madri che volevano lavorare.
Quando ho avuto le mie due figlie, ho preso un anno di congedo non retribuito, l'assegno di maternità praticamente non esisteva. Ma fare solo la vita da contadina sarebbe stato molto duro per me, per quanto idilliaco possa sembrare.
Amo lavorare in un altro contesto, a contatto con altre persone.
Ho avuto la fortuna di poter spostare la mia cattedra di ruolo da Ora all'ITC di Brunico e di poter seguire un corso specialistico di informatica per l'insegnamento.
Fu una grande sfida organizzativa, perché avevo una famiglia e non da ultimo a causa dei lunghi viaggi in auto da affrontare con qualsiasi tempo. Ma mi piaceva, quindi non ho mollato.
Negli anni ottanta e novanta l'ITC di Brunico era considerato un istituto all'avanguardia: merito anche dell'autonomia dell'Alto Adige?
A quei tempi l'EDP e l'informatica erano una novità assoluta in l'Alto Adige. Poi la digitalizzazione ha fatto il suo corso e ha cambiato tutto, e il passaggio dalle schede perforate come supporto dati all'odierna tecnologia degli smartphone è stato velocissimo.
I corsi di formazione specialistici venivano offerti a Innsbruck o a Stoccarda, in Alto Adige non c'era ancora nulla del genere.
Questa innovazione poté essere avviata solo grazie all'autonomia.
Le scuole altoatesine disponevano di attrezzature più moderne rispetto ad altre regioni italiane, perché venivano presi a modello i sistemi innovativi di Austria e Germania.
La Provincia ha investito molto per la formazione continua e per l'acquisto di nuove attrezzature.
Tuttavia, l'autonomia ha comportato anche degli svantaggi per la mia carriera.
All'epoca non c'erano molti apprendistati nel mio settore e la proporzionale rendeva difficile fare esperienze lavorative al di fuori delle valli ladine.
In quanto ladini, si era quasi costretti a cambiare l'appartenenza al gruppo linguistico. 69 70.
È molto più di una semplice provincia.
Luigi Ruggera è nato e cresciuto a Bressanone, dove ha frequentato le scuole di lingua italiana, conseguendo la maturità al liceo linguistico Dante Alighieri.
Vive tuttora a Bressanone, anche se da oltre vent'anni il giornalista del Corriere dell'Alto Adige lavora a Bolzano, occupandosi principalmente di cronaca giudiziaria.
L'anno della Sua nascita è lo stesso di quello del secondo Statuto.
Cosa significa l'autonomia per Lei?
Il secondo statuto entrò in vigore pochi mesi prima della mia nascita, anche se poi per la sua completa attuazione ci vollero ancora diversi anni.
Considero l'impatto di questa forma di governo provinciale sulla vita quotidiana sicuramente positivo, in quanto la centralità delle istituzioni provinciali e un regime finanziario favorevole comportano in molti ambiti una gestione efficace della cosa pubblica.
Credo che questo sia abbastanza evidente.
L'autonomia ha sicuramente degli effetti positivi anche sul mio settore lavorativo in quanto noi giornalisti possiamo raccontare una realtà molto più ricca e complessa di quanto potrebbe apparire una provincia con poco più di 500.000 abitanti.
Il Consiglio provinciale, per esempio, ha competenza legislativa in molte materie ed è questo a rendere il nostro territorio così interessante: è molto più di una semplice provincia.
Riscontra anche degli aspetti più problematici?
A mio avviso, gli aspetti più problematici riguardano un'applicazione forse troppo rigida della proporzionale etnica e la mancata apertura a forme più concrete di reale convivenza, come potrebbe esserlo per esempio una scuola mistilingue.
Cosa si augura per l'autonomia del futuro?
Per il futuro mi auguro che l'autonomia possa aggiornarsi per rispecchiare meglio le esigenze di una società che, come altrove, in questo mezzo secolo è cambiata molto.
Ovviamente senza dimenticare che l'autonomia, comunque, è frutto di una particolare vicenda storica e della presenza di diversi gruppi linguistici. 73 74Alidad Shiri, 30 anni.
C'è sempre il confronto con l'altra lingua e cultura.
Fugge dalla guerra in Afghanistan da solo, legato sotto un camion, a 14 anni.
Oggi è laureato, scrittore e giornalista.
Si racconta nel suo libro Via dalla pazza guerra, che avrà modo di presentare in varie occasioni, affinché il mondo non distolga lo sguardo dal suo Paese di nascita.
E accolga il tema dell'immigrazione, i nuovi concittadini e le nuove concittadine con la dovuta correttezza.
Che idea si è fatto della vita in Alto Adige?
Ho sempre notato che in Alto Adige c'è un reciproco riconoscimento e rispetto verso i gruppi etnici e linguistici diverso dal proprio. Studiando e parlando con le persone anziane, ho conosciuto la storia della presenza dei tre gruppi sul territorio, e della convivenza che non è stata facile.
Un lavoro lungo e paziente dei politici di una volta, capaci e competenti, ha portato allo Statuto di autonomia agganciato a livello internazionale e all'ONU, dove anche il mio Paese di origine ha avuto un ruolo molto importante nel riconoscimento.
Quali sono i vantaggi e gli svantaggi di un territorio con uno statuto autonomo?
Tutti possono riscontrare i vantaggi, basta viaggiare un po' all'interno dello Stato italiano.
Si tratta di vantaggi economici, della valorizzazione del bellissimo paesaggio, anche di vantaggi culturali perché c'è sempre il confronto con l'altra lingua e cultura.
Ma soprattutto una politica intelligente che ha evitato lo spopolamento delle zone di montagna, incoraggiando i contadini con le agevolazioni a rimanere nei loro masi, incentivando anche il turismo, la modernizzazione dell'agricoltura, il collegamento con i centri più grandi tramite tante strade ben curate e servizi di trasporto efficienti, che tante zone d'Italia ci invidiano.
Gli svantaggi possono essere forse la chiusura nel proprio benessere economico, non curandosi delle difficoltà di altre zone che non hanno l'autonomia.
Comunque vedo anche segni di solidarietà da parte della nostra Provincia.
L'anno scorso si è laureato in filosofia politica a Trento presentando una tesi intitolata L'Afghanistan e la tragedia della politica, un tema pressoché inedito a livello accademico in Italia e in Alto Adige.
Cosa possiamo imparare da questa tragedia?